Determinazione del reddito ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato

Edoardo Rossi
18 Novembre 2021

Quali sono i criteri per poter beneficiare dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato?
Massima

Al fine di determinare i limiti richiesti per poter beneficiare dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, occorre fa riferimento al reddito complessivo e non a quello imponibile.

Il caso

Il Tribunale di Milano ha respinto l'opposizione promossa ex art. 170 d.P.R. n. 115/2002 e 15 d.lgs. n. 150/2011, confermando la revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato per superamento dei limiti reddituali, dovendo considerarsi il reddito complessivo e non il reddito imponibile.

La questione

La decisione in commento individua quale sia il reddito da prendere in considerazione (al lordo o al netto degli oneri deducibili) ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Le soluzioni giuridiche

L'art. 76 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 prevede la possibilità, in favore di chi è titolare di un reddito imponibile ai fini Irpef (risultante dall'ultima dichiarazione) non superiore - ad oggi - ad € 11.746,68, di poter beneficiare del patrocinio a spese dello Stato.

Un primo orientamento giurisprudenziale - seguito dal Tribunale di Milano nella pronuncia in esame - ritiene che debba essere preso in considerazione il reddito complessivo e quindi al lordo degli oneri deducibili. Secondo tale orientamento, le detrazioni o deduzioni stabilite dal legislatore sono finalizzate alla determinazione delle imposte da pagare, concetto diverso rispetto al reddito imponibile di cui all'art. 76 del D.P.R. 115/2002, che intende dare rilevanza a tutti i redditi, anche non assoggettabili ad imposta ma indicativi delle condizioni personali, familiari e del tenore di vita del richiedente. Considerare il reddito al netto degli oneri deducibili porterebbe ad “abbattere” il limite richiesto per l'ammissione con poste poco indicative dello stato di non abbienza della parte istante (cfr. Cass. pen. 16 febbraio 2011. 28802; Cass. pen. 21 gennaio 2015 n. 19751).

Un secondo orientamento ritiene, invece, che per reddito imponibile debba intendersi il reddito al netto degli oneri deducibili indicati nell'art. 10 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, costituiti da “spese” (e non da “redditi”) che il soggetto sostiene nell'anno di imposta e che, al contrario dei redditi, non sono indicativi delle condizioni dell'istante, bensì di situazioni espressive di costrittività, necessarietà o liberalità (apprezzata dal legislatore), determinanti esborsi incidenti sulle disponibilità effettive del contribuente al momento di presentazione della dichiarazione dei redditi e che sono - per scelta legislativa - esclusi dal cumulo dei redditi tassabili. Se, conseguentemente gli oneri deducibili individuano la parte di reddito di cui non si deve tener conto per determinare il livello di contribuzione del singolo alle spese della collettività, analogamente non dovranno essere considerati con riferimento all'attivazione dei meccanismi giudiziari quali il patrocinio a spese dello Stato (cfr. Cass. pen. n. 16583/2011; Cass. pen., n. 349462016/; App. Campobasso 12 settembre 2016, ined.). Sulla base di tale secondo orientamento, la Cassazione ha ritenuto che una somma di denaro - quale l'assegno di mantenimento per il coniuge separato - trattata fiscalmente come reddito del coniuge destinatario non possa concorrere, al fine della determinazione del reddito rilevante ai sensi dell'art. 76 d.P.R. n. 115/2002, a formare il reddito imponibile dell'obbligato (Cass. pen. n. 28802/2011; Cass. pen., n. 19751/2015), trattandosi di una somma che non viene goduta dall'obbligato ma dal beneficiario della stessa, il quale è tenuto a pagare l'imposta ad essa relativa.

L'Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 15/E del 21 gennaio 2008 ha ritenuto - sulla base di una interpretazione letterale dell'art. 76 - che il reddito a cui far riferimento per poter essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato sia il reddito imponibile ai fini dell'Irpef (detratti quindi gli oneri deducibili) quale definito dall'art. 3 del Tuir, che prevede che «l'imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell'art. 10».

Il Tribunale di Milano ha, peraltro, considerato detta circolare risalente nel tempo e comunque non vincolante per il giudice, decidendo in modo difforme e considerando – per la determinazione dell'amissione al patrocinio, il reddito complessivo.

Osservazioni

L'art. 76, comma 3, d.P.R. n. 115/2002 prevede che ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tenga conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta ovvero ad imposta sostitutiva.

Ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato non si deve, pertanto, tener solamente conto del reddito (imponibile o complessivo, a seconda se considerato al netto o al lordo degli oneri deducibili in base ai diversi orientamenti giurisprudenziali su richiamati), ma di tutti i redditi, anche se non sottoposti a tassazione. Rientrano - pertanto - i redditi percepiti a titolo di assegno di separazione o divorzio, le vincite derivanti da lotterie o concorsi a premi, gli interessi percepiti da banche e poste su conti correnti, i libretti e certificati di deposito, i proventi da partecipazioni a fondi di investimento, gli interessi provenienti da BOT, CCT, BTP. Secondo recente giurisprudenza, anche l'assegno a favore dei figli, qualora conviventi con la parte istante, va computato, in quanto - nella determinazione dei limiti di reddito - si deve tener conto della somma dei redditi conseguiti da ogni componente della famiglia, dovendo tenersi conto del solo reddito personale dell'istante quando oggetto della causa per cui si chiede l'ammissione al patrocinio riguardi diritti della personalità ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente siano in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo famigliare con il medesimo conviventi (Cass. civ., 30 settembre 2019 n. 24378). La Cassazione ha affermato che per la determinazione dei limiti di reddito rilevano anche i redditi derivanti da attività illecite (Cass. pen.12 ottobre 2010 n. 36362), nonché i redditi per i quali l'imposizione fiscale è stata esclusa come, ad esempio, il reddito di cittadinanza (introdotto con d.l. n. n. 4/2019, convertito con la l. n. 26/2019), come confermato dall'Agenzia delle Entrate con la risposta all'interpello n. 956 -2517/2020 del 27 gennaio 2020 al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Isernia. Ne consegue che non possa essere ammesso al patrocinio a spese dello stato il soggetto che per effetto di tali erogazioni superi il limite di reddito a tal fine previsto.

La giurisprudenza ha, peraltro, specificato che nella determinazione del reddito rilevante per l'ammissione al beneficio non può tenersi conto di quanto percepito a titolo di indennità di accompagnamento a favore degli invalidi totali (Cass. pen. n. 24842/2015). Tale indennità ha infatti natura di sussidio destinato a far fronte agli impegni di spesa indispensabili per consentire alle persone disabili condizioni di vita compatibili con la dignità umana e, per tale ragione, non può rientrare nella nozione di reddito di cui all'art. 76 DPR 115/2002 (Cass. pen. n.. 26302/2018). Così pure non rientra nella nozione di reddito l'assegno divorzile una tantum (ord. Corte cost. n. 383/2001).

L'opzione per l'una o l'altra interpretazione è certamente foriera di rilevanti implicazioni sul piano pratico, incidendo sulla selezione delle domande di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.

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