La formazione di una nuova famiglia comporta la revoca dell'assegno di divorzio?

25 Novembre 2021

Il Tribunale di Salerno dice no all'assegno divorzile se l'ex coniuge ha una relazione stabile e non convive.
Massima

La formazione di una nuova famiglia da parte del coniuge divorziato rescinde ogni connessione con la pregressa fase matrimoniale e fa venire meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno divorzile a carico dell'altro, anche nel caso in cui la richiedente l'assegno divorzile e il nuovo compagno abbiano scelto per qualsiasi ragione di non coabitare.

Il caso

Tizio nel marzo del 2021 depositava il ricorso per chiedere la modifica delle condizioni di divorzio previste dalla sentenza emessa nel 2015 e già oggetto di modifica nel luglio del 2018.

In particolare, chiedeva sia la revoca dell'assegno divorzile in favore dell'ex moglie sia la riduzione dell'assegno di mantenimento stabilito per i due figli, poiché egli stesso aveva costituito un nuovo nucleo familiare con la nascita di una figlia, l'ex moglie aveva un legame stabile con il compagno e, infine, perché si era interrotto ogni rapporto tra Tizio ed i figli.

Caia si costituiva, chiedendo il rigetto del ricorso e, in via subordinata, l'aumento dell'assegno per i ragazzi stante l'aumentare delle loro esigenze parallelamente alla loro crescita.

Il G.D., sentite le parti ed i difensori, riservava la decisione al Collegio.

La questione

L'assegno divorzile può essere revocato nel caso in cui l'ex coniuge abbia una nuova stabile relazione anche senza coabitare?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale revocava l'assegno divorzile posto a carico di Tizio in favore di Caia e rideterminava, con decorrenza dall'emissione dello stesso provvedimento, in € 1000 complessivi (€ 500 per ciascuno) l'assegno per il mantenimento dei due figli.

Erano rigettate le altre domande delle parti e compensate le spese di lite.

In particolare, la prima delle tre argomentazioni addotte da Tizio, ovvero la costituzione di una sua nuova famiglia, non costituiva un fatto sopravvenuto poiché già considerato dal Tribunale nel precedente giudizio di modifica, ove aveva condotto alla riduzione sia dell'assegno divorzile sia di quello di mantenimento per i figli.

Era giudicata irrilevante poi l'interruzione del rapporto tra padre e figli, dato che la mancata frequentazione del figlio, anche se per scelta volontaria di quest'ultimo, «non interferisce, in termini economici, col fatto che il ricorrente non vada incontro ad alcun diretto esborso o ad alcuna cura in favore della stessa» (v. Cass. civ., n. 2735/2019) secondo i parametri di cui all'art. 337-ter c.c.

Era, anzi, accolta la domanda subordinata di Caia finalizzata ad ottenere l'incremento dell'assegno per i figli Sempronio e Caietto, stanti le loro maggiori esigenze economiche, «il cui accrescimento, in funzione del progredire degli anni non abbisogna (…) di specifica dimostrazione» (v. Cass. civ., n. 8927/2012; Cass. civ., n. 400/2010).

La terza questione, infine, su cui porre l'attenzione riguardava il legame stabile che Caia aveva instaurato con il proprio compagno: relazione confermata da Caia, che negava la convivenza, ma che non impediva comunque a Tizio di richiedere la revoca dell'assegno divorzile.

Il Tribunale richiamava così l'orientamento della Suprema Corte tale per cui «l'instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorchè di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno divorzile a carico dell'altro coniuge, sicchè il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso» (v. Cass. civ., n. 5974/2019; Cass. civ., n. 2732/2018; Cass. civ., n. 6855/2015).

Si precisava che “l'instaurazione (…) di una nuova famiglia” non era esclusa solo per il fatto che «i due partner abbiano liberamente optato per soprassedere, al momento, dalla instaurazione di una stabile convivenza, il che del resto ben può avvenire anche per le coppie coniugate» (v. Cass. civ., n. 19349/2011), ma che, al contrario, la mancanza della coabitazione non è «dirimente al fine di ritenere provata quella situazione fattuale che nell'ottica della Suprema Corte vale ad elidere ogni rapporto con il precedente vincolo matrimoniale”»(v. Trib. Milano, Sez. IX, 30 gennaio 2018).

Nel caso in oggetto era pacifica e incontestata la relazione affettiva di Caia, che ne sottolineava la stabilità e la durata (nove anni) e il progetto di vita comune emergeva dai documenti prodotti dal ricorrente, che attestavano la condivisione di momenti importanti e frequenti, anche insieme a Sempronio e Caietto.

Queste le ragioni che hanno giustificato l'accoglimento della domanda di Tizio finalizzata a revocare l'assegno divorzile in favore di Caia.

Osservazioni

Il caso in questione merita di essere analizzato sotto diversi punti di vista.

In primo luogo, la costituzione di una nuova famiglia da parte di Tizio, con relativa nascita di una figlia, non è stata valutata dal Tribunale perché già considerata nel precedente giudizio di modifica e priva, quindi, del carattere di novità. Ciò coerentemente con il principio per cui in sede di modifica delle condizioni di divorzio, il Giudice deve «limitarsi a verificare se, e in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto e ad adeguare l'importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale-reddituale accertata». (v. Cass. civ., n.1119/2020; Cass. civ., n. 787/2017).

La decisione dei figli di interrompere ogni rapporto con il padre, invece, non ha esonerato Tizio dal corrispondere un assegno per il loro mantenimento: la mancata frequentazione è stata ritenuta una circostanza irrilevante che non interferisce in termini economici.

Sempronio è maggiorenne, mentre Caietto, pur essendo minorenne (sedici anni), non può subire l'imposizione di frequentare l'altro genitore.

Il diritto dei figli di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori e quello di costoro nell'avere un rapporto costante con i figli deve essere valutato nel caso concreto (v. Corte EDU, 17 dicembre 2013, Santilli/Italia), tale per cui la decisione deve essere incentrata «sulla valutazione dell'interesse del minore e sulla valorizzazione della sua capacità di autodeterminazione» al fine di favorire il recupero della relazione con il genitore stesso (v. Cass. civ., n. 20107/2016).

Nel caso in questione, indipendentemente dalla frequentazione, l'assegno di mantenimento per Sempronio e Caietto non solo è stato confermato, ma anche incrementato (v. Magli, Sulla persistenza del diritto al mantenimento del figlio maggiorenne, in Fam. e dir., 2014; Belelli, I doveri dei figli verso i genitori nella legge di riforma della filiazione, in Dir. fam. e pers., Giuffrè, 2013).

Le loro esigenze economiche, infatti, aumentano in virtù della crescita e dello sviluppo della loro personalità per cui, come detto, non è necessaria alcuna specifica dimostrazione (v. Cass. civ., n. 8927/2012; Cass. civ., n. 400/2010).

Si consideri poi che ai fini della determinazione del quantum dell'assegno per la prole, l'art. 337-ter c.c. elenca tra gli elementi da ponderare anche i tempi di permanenza presso ciascun genitore.

Quanto alla nuova relazione di Caia con il compagno, pare opportuno osservare che essa costituisce una famiglia di fatto e come tale è portatrice di «valori di stretta solidarietà, di arricchimento e sviluppo della personalità di ogni componente» (v. Cass. civ., n. 6855/2015). In tal senso, si rinviene, seppur indirettamente, nella stessa Carta Costituzionale una garanzia quale formazione sociale in cui si svolge la personalità dell'individuo, ai sensi dell'art. 2 Cost.

Si tratta, dunque, di una “scelta esistenziale, libera e consapevole” e in ossequio al principio di auto-responsabilità la persona deve mettere in conto, quale esito della scelta compiuta, il venir meno dell'assegno divorzile e di ogni forma di residua responsabilità post-matrimoniale.

La portata applicativa di quanto affermato era stata estesa anche alle relazioni caratterizzate dalla mancanza di coabitazione: come in questo caso dove Caia contestava la sussistenza della convivenza poiché il compagno risiedeva presso l'abitazione dei genitori.

Argomentazione qui ritenuta ininfluente ai fini del decidere perché la mancanza di coabitazione tra la richiedente l'assegno divorzile e il nuovo compagno non vale a superare la prova della sussistenza di un progetto di vita in comune, presupposto per l'esclusione del diritto all'assegno (v. Trib. Salerno, 3 gennaio 2020; Trib. Milano, 30 gennaio 2018; S. Pellegatta, Convivenza di fatto e dichiarazione anagrafica: natura costitutiva o probatoria? in Fam. e Dir.).

Anche in costanza di matrimonio il dovere di coabitazione può essere derogato per accordo tra i coniugi “nel superiore interesse della famiglia, per ragioni di lavoro, studio ecc” (v. Cass. civ., n. 19349/2011) e, quindi, non vi è motivo perché detta facoltà non possa essere esercitabile anche da parte delle coppie non coniugate, unite affettivamente (v. Trib. La Spezia, 23 novembre 2020; Trib. Como, 12 aprile 2018).

Sulla non indispensabilità della coabitazione ai fini della individuazione di una famiglia di fatto si è espressa anche la Corte Europea che ha già «accettato che l'esistenza di un'unione stabile è indipendente dalla convivenza. Infatti, nel mondo globalizzato di oggi diverse coppie (…) attraversano periodi in cui vivono la loro relazione a distanza, dovendo mantenere la residenza in paesi diversi, per motivi professionali o di altro tipo” (v. CEDU, 21 luglio 2015, Oliari e altri c. Italia).

Occorre evidenziare, infine, il recentissimo intervento delle Sezioni Unite sul tema (v. Cass. sez. un., n. 32198/2021) che hanno precisato che l'instaurazione da parte dell'ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide “sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione nonché sulla quantificazione del suo ammontare (…) ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all'assegno”: cancellato qualunque automatismo tra nuova convivenza e perdita dell'assegno in favore del coniuge economicamente più debole.

Il richiedente dovrà fornire «la prova del contributo offerto alla comunione familiare; della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio; dell'apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell'ex coniuge” per conservare l'assegno “in funzione esclusivamente compensativa”.

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