Le società unipersonali nel sistema del d.lgs. n. 231/2011: verso una soluzione di compromesso

Ciro Santoriello
13 Dicembre 2021

Dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 231 del 2001 sono sorte alcune perplessità in ordine all'ambito di applicazione di tale normativa discutendosi se la stessa dovesse interessare alcune particolari tipologie di società, aventi caratteristiche particolari, come ad esempio le società fallite, gli enti monocollettivi o le società a partecipazione pubblica. Se una posizione ormai univoca in senso assolutamente positiva è stata assunta con riferimento alle società fallite...
Premessa

Dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 231 del 2001 sono sorte alcune perplessità in ordine all'ambito di applicazione di tale normativa, discutendosi se la stessa dovesse interessare alcune particolari tipologie di società, aventi caratteristiche particolari, come ad esempio le società fallite, gli enti monocollettivi o le società a partecipazione pubblica.

Se una posizione ormai univoca in senso assolutamente positiva è stata assunta con riferimento alle società fallite (fra le tante, Cass., sez. II, 27 marzo2015, n. 13017; Cass., sez. VI, 25 luglio 2017, n. 49056; Cass., sez. un., 25 settembre 2014, n. 11170 secondo cui la dichiarazione di insolvenza della persona giuridica – quale che sia la procedura concorsuale che viene ad aprirsi – non è normativamente prevista quale causa estintiva dell'illecito dell'ente e non è possibile assimilare il fallimento della società alla morte del reo perché una società in stato di dissesto, per la quale si apra la procedura fallimentare, non può dirsi estinta, tanto è vero che il curatore ha esclusivamente poteri di gestione del patrimonio al fine di evitare il depauperamento dello stesso e garantire la par condicio creditorum mentre la proprietà del patrimonio compete ancora alla società) ed alle società a partecipazione pubblica, intese ai sensi dell'art. 1 d.lgs. n. 175 del 2016 come le società costituite dalle pubbliche amministrazioni (la giurisprudenza in più occasioni si è pronunciata nel senso di ritenere sussistente una responsabilità da reato delle cosiddette società miste: Cass., sez. II, 9 luglio 2010, sez. n. 28699; Cass., sez. II, 26 ottobre 2010, dep. 2011, n. 234), decisamente più articolato risulta invece il quadro giurisprudenziale con riferimento alla possibilità di applicare il d.lgs. n. 231 del 2001 alle società unipersonali

ex

art. 2463-bis c.c.

, da intendersi quale società a responsabilità limitata che, pur con il mantenimento del beneficio della responsabilità limitata per le obbligazioni sociali, è stata costituita mediante atto unilaterale da parte di un singolo socio ovvero quello in cui un unico centro imputativo di interessi giuridici dispone di tutta la partecipazione della società in ragione della proprietà sulla quota o di un diritto di pegno o di usufrutto della stessa (la società unipersonale, dunque, va distinta da altre figure giuridiche similiari aventi caratteristiche analoghe).

Le pronunce che escludono la sanzionabilità ex d.lgs. n. 231/2001 delle società unipersonali.

Per lungo tempo, alla questione in esame la giurisprudenza, specie di merito ha fornito risposta negativa.

In senso contrario si è espressa, in tempi ormai risalenti, Cass., sez. VI, 3 marzo 2004, n. 18941 secondo cui la disciplina in esame non si applica alle imprese individuali, in quanto si riferisce ai soli enti collettivi, come indicato dalla mancata previsione di tali soggetti fra quelli destinatari delle prescrizioni contenute nel d.lgs. n. 231 del 2001; tale conclusione, peraltro, non sarebbe foriera di una disparita di trattamento, stante la diversità netta e sostanziale tra imprenditore individuale ed enti collettivi. Inoltre, «quale che sia la natura giuridica di questa responsabilità "da reato" è certo che in tutta la normativa (convenzioni internazionali; legge di delegazione; decreto delegato) e, segnatamente, nell'art. 1 comma 1 del decreto legislativo n. 231 del 2001 essa è riferita unicamente agli "enti", termine che evoca l'intero spettro dei soggetti di diritto metaindividuali»; più di recente, Cass., sez. VI, 16 maggio 2012, n. 30085 nonché Cass., sez. VI, 16 maggio 2020, n. 30085).

Questa conclusione è presente anche in decisioni di merito in cui si sottolinea come in tali casi l'applicazione della normativa 231 pregiudicherebbe «la ratio di fondo della normativa sulla responsabilità delle persone giuridiche, la quale immagina contegni penalmente devianti tenuti da persone fisiche nell'interesse di strutture organizzative di un certo rilievo di complessità quale centro autonomi di imputazioni di rapporti giuridici distinto da chi ha materialmente operato» ed inoltre il d.lgs. n. 231/2001 punisce la c.d. “colpa di organizzazione” dell'ente, per cui dove non esiste – e non può esistere – alcuna organizzazione dell'ente, come nelle società unipersonali, non esiste – e non può esistere – la colpa della società ma soltanto, semmai, la condotta della persona fisica (o delle persone fisiche) che hanno commesso il reato presupposto (Trib. Milano, Sez. GIP, Sent. 16 luglio 2020, n. 971, est. Dr. Barazzetta, secondo cui osta ad all'applicazione del d.lgs. n. 231 del 2001 alle società unipersonali la mancanza di due centri di interessi autonomi e distinti, uno, facente capo alla persona giuridica e, l'altro, riconducibile alle persone fisiche imputate del reato presupposto, con la conseguenza che in questo caso – stante la coincidenza tra la persona fisica che ha agito e l'ente -, l'interesse (o vantaggio) perseguito è unico e identico, sia per l'ente che per la persona fisica. Si veda anche Trib. Roma, 30 maggio 2003, in Merito, 2004, 57).

In questo senso, si iscrive anche la decisione del Trib. Ravenna, ud. 24 maggio 2021, (dep. 7 giugno 2021), n. 1056, Est. Coiro secondo cui la lettera dell'art. 1 d.lgs. n. 231/2001 già dovrebbe condurre a ritenere le imprese individuali escluse dal novero dei soggetti destinatari della disciplina, posto che nella lettura di tale disposizione – in disparte la nozione di “società” o di “associazioni anche prive di personalità giuridica”, cui pacificamente non può essere associata l'impresa individuale – residua il solo lemma di “ente”, categoria per vero non definita dal punto di vista normativo, a differenza di quanto accade per quelle di società (art. 2247 c.c.) e associazione (artt. 14 ss. c.c.). Tuttavia, si legge nella decisione «la scelta del termine “ente” deve essere letta – stante l'impossibilita di formulare un elenco tassativo di soggetti – in sinergia con la espressa indicazione di soggetti nominati, quali le “società” o le “associazioni” anche prive di personalita giuridica», di guisa da «indirizzare l'interprete verso la considerazione di enti che, seppur sprovvisti di personalità giuridica, possano comunque ottenerla». In altri termini, «il discrimine deve essere individuato in tutti quei soggetti giuridici meta-individuali che siano tuttavia – ed almeno – degli autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, destinatari dunque degli atti compiuti dalla persona fisica che agisca nel loro interesse o a loro vantaggio, ma da questa senz'altro distinti». Il principio di legalità, dunque, porta ad escludere che l'impresa individuale (meglio, l'imprenditore individuale) sia destinataria della disciplina prevista dal d.lgs. 231/2001, poiché essa si applica ai soli soggetti meta-individuali e d'altronde «nell'impresa individuale, imprenditore ed attività coincidono e non ricorre quella duplicità di centri di imputazione necessaria ai fini che occupano. Dunque, stante, l'assenza di una tale scissione soggettiva tra persona fisica e soggetto meta-individuale, con l'applicazione all'impresa individuale del d.lgs. n. 231/2001 – che lo si ricorda, si aggiunge alle disposizioni recate dal codice penale nei confronti della persona fisica – si finirebbe per dar luogo ad una doppia punizione del medesimo soggetto per il medesimo fatto, con violazione del principio del ne bis in idem sostanziale: la persona fisica, difatti, sarebbe punito quale autore materiale del reato e quale titolare dell'impresa che con lui, alfine, si immedesima». D' altra parte – si conclude – la ratio del d.lgs. n. 231/2001 è «quella di sanzionare quei soggetti collettivi che siano colpevolmente disorganizzati, ossia reprimere quelle situazioni riconducibili alla c.d. colpa di organizzazione, che rappresenta il terreno fertile per quelle prassi illecite che si annidano proprio nei meandri delle organizzazioni complesse, caratterizzate dalla moltiplicazione dei centri decisionali. Colpa di organizzazione che non sarebbe possibile ravvisare nell'ambito dell'impresa individuale, in ragione di quella sostanziale coincidenza tra persona fisica ed attività imprenditoriale esplicata».

Le posizioni favorevoli all'applicazione delle sanzioni 231 anche alle società unipersonali. In particolare, la decisione n. 45100 del 2001

Più di recente, tuttavia, la giurisprudenza, o meglio la Cassazione, ha iniziato a modificare il proprio orientamento sostenendo che anche le imprese individuali devono ritenersi incluse nella nozione di ente fornito di personalità giuridica utilizzata dall'art. 1 comma secondo d.lgs. n. 231 del 2001 per identificare i destinatari delle suddette disposizioni (Cass., sez. VI, 25 luglio 2017, n. 49056. In precedenza, Cass., sez. III, 15 dicembre 2010, n. 15657).

La questione risulta affrontata con un particolare grado di approfondimento in Cass., sez. VI, 16 febbraio 2021, n. 45100. Nell'annullare un provvedimento dei giudici di merito che avevano assunto una soluzione negativa alla questione in esame, sostenendo che le società unipersonali non potrebbero considerarsi soggetti autonomi e dunque non potrebbero costituire un cento di imputazione giuridico distinto rispetto alla persona fisica, la Cassazione sviluppa una acuta riflessione che va oltre il mero richiamo alla circostanza che l'art. 1 del d.lgs. n. 231 del 2001 evoca l'intero spettro dei soggetti di diritto non riconducibili alla persona fisica, indipendentemente dal conseguimento o meno della personalità giuridica e dallo scopo lucrativo o meno perseguito, per soffermarsi sulle modalità con cui si articola la responsabilità da reato degli enti collettivi.

Richiamando anche una decisione della Corte costituzionale (n. 218 del 2014), la Cassazione afferma che l'ente risponde di un proprio illecito che non coincide con il reato presupposto commesso dalla persona fisica: si tratta di una fattispecie complessa in cui il delitto costituisce solo uno degli elementi che formano l'illecito, unitamente alla qualifica soggettiva del soggetto agente, alle condizioni perché della sua condotta debba essere ritenuto responsabile l'ente e alla sussistenza dell'interesse o del vantaggio di questo (nello stesso senso, Cass., sez. VI, 5 ottobre 2010, n. 2251, secondo cui l'illecito dell'ente «non si identifica con il reato commesso dalla persona fisica, ma semplicemente lo presuppone»; l'illecito "amministrativo" ascrivibile all'ente non coincide con il reato, ma costituisce qualcosa di diverso, che addirittura lo ricomprende. Si veda anche Cass., sez. un., 30 gennaio 2014, n. 10561; Cass., sez. un., 24 aprile 2014, n. 38343).

È sulla (innovativa) base di tali presupposti che viene posta la questione dell'applicabilità del d.lgs. n. 231/2001 alle società unipersonali, anche prescindendo dalla lettera della legge che – come detto – parrebbe condurre senz'altro ad una conclusione positiva.

In proposito, in primo luogo la decisione evidenzia come il profilo relativo all'assoggettamento della società unipersonale al sistema del d.lgs. n. 231 del 2001 è ben distinto da quello dell'applicazione del d.lgs. n.231 del 2001 all'impresa individuale, nonostante «l'estrema semplificazione della struttura, l'origine e la consistenza patrimoniale dell'ente, la gestione della società unipersonale inducono a ritenere, sul piano percettivo, inesistenti le differenze con l'impresa individuale ed a considerare di fatto coincidenti i due soggetti». La società unipersonale è un soggetto giuridico autonomo e distinto dalla persona fisica dell'unico socio; un soggetto metaindividuale a cui la legge riconosce, in presenza di determinati presupposti, una personalità diversa rispetto a quella della persona fisica; si tratta di un soggetto che ha un proprio patrimonio autonomo, che costituisce un autonomo centro di imputazione di interessi, che ha una sua soggettività, che la legge fa discendere automaticamente in presenza di determinati presupposti. Le imprese individuali, di converso, possono anche avere un'organizzazione interna estremamente complessa, ma non sono enti e dunque per ciò solo sono escluse dall'ambito di applicazione della responsabilità degli enti; in esse in sostanza, non si riscontra – come invece si verifica quando si esamini la società con un unico socio - un ente autonomo rispetto al socio, all'interno del quale viene formata la volontà negoziale secondo precise regole organizzative, che acquista diritti e assume obblighi secondo regole di imputazione proprie e che espone alla responsabilità per l'adempimento di questi il patrimonio di cui viene dotata, al pari di ogni società pluripersonale.

Se dunque, come compare nelle motivazioni che escludono l'applicazione delle sanzioni 231 alle società unipersonale, si fonda sulla mancata distinzione tra soggettività giuridica autonoma e presupposti per la responsabilità dell'ente, le superiori considerazioni dimostrano come una tale distinzione ben si rinvenga e quindi la società a responsabilità limitata unipersonale è un soggetto giuridico a cui il decreto legislativo si applica, anche se con alcune precisazioni opportunamente evidenziate nella decisione in esame.

La suddetta conclusione non presenta alcun profilo problematico se riferita alle ipotesi di società unipersonale partecipata da una società di capitali o di società unipersonali che evidenzino una complessità e una patrimonializzazione tali da rendere percettibile, palpabile, l'esistenza di un centro di imputazione di interessi giuridici autonomo ed indipendente rispetto a quello facente capo al singolo socio.

Quando invece si considerino le società unipersonali di piccole dimensioni, «in cui la particolare struttura dell'ente rende labile e difficilmente percettibile la dualità soggettiva tra società ed ente, tra l'imputazione dei rapporti alla persona fisica ed imputazione alla persona giuridica», allora occorre prestare doverosa attenzione nell'adottare soluzioni in contrasto con il principio del bis in idem sostanziale, che si realizzerebbero imputando alla persona fisica un cumulo di sanzioni punitive per lo stesso fatto, pur dovendosi salvaguardare l'esigenza di evitare che la persona fisica, da una parte, si sottragga alla responsabilità patrimoniale illimitata, costituendo una società unipersonale a responsabilità limitata, ma, al tempo stesso, eviti l'applicazione del d.lgs. n. 231 del 2001, sostenendo di essere una impresa individuale.

Per conciliare queste due finalità, parzialmente in contrasto fra loro la decisione sollecita i giudici di merito a non andare alla ricerca di una soluzione univoca e valida per ogni situazione bensì ad accertare, in ogni singola concreta fattispecie sottoposta al loro esame, se, in presenza di una società unipersonale a responsabilità limitata, vi siano i presupposti per affermare la responsabilità dell'ente, «un accertamento che non è indissolubilmente legato solo a criteri quantitativi, cioè di dimensioni della impresa, di tipologia della struttura organizzativa della società, quanto, piuttosto, a criteri funzionali, fondati sulla impossibilità di distinguere un interesse dell'ente da quello della persona fisica che lo 'governa', e dunque, sulla impossibilità di configurare una colpevolezza normativa dell'ente- di fatto inesigibile - disgiunta da quella dell'unico socio. Un accertamento secondo i criteri dettati dal d.lgs. n. 231 del 2001 di imputazione oggettiva e soggettiva del fatto della persona fisica all'ente, in cui la dimensione sostanziale interferisce con quella probatoria, in cui assume rilievo la distinzione e la distinguibilità fra l'interesse della società e quello della persona fisica del rappresentante».

Per fornire una qualche esemplificazione in ordine alle modalità con cui tale ricostruzione va compiuta, la Cassazione suggerisce di verificare a) l'organizzazione della società, b) l'attività in concreto posta in essere, c) la dimensione della impresa, d) i rapporti tra socio unico e società, e) l'esistenza di un interesse sociale e del suo effettivo perseguimento. D'altronde, proprio allo scopo di prevenire comportamenti abusivi, il codice civile ricollega all'unipersonalità nella società per azioni talune previsioni che finiscono per gravare la posizione del socio e degli amministratori di specifici oneri sia in tema di conferimenti sia in ambito pubblicitario ed al rispetto di tali adempimenti è, tra l'altro, condizionata l'applicazione del regime di responsabilità esclusiva della società col proprio patrimonio sociale per le obbligazioni insorgenti dalla propria attività.

Le posizioni della dottrina

La dottrina prevalente si è espressa nel senso di escludere l'applicazione del d.lgs. n. 231 del 2001 alle società unipersonali, sostenendo che nell'ipotesi in cui alla presenza della personalità giuridica non si accompagni una situazione di pluralità di soci allora lo schermo societario assolve l'essenziale funzione di limitazione della responsabilità, senza però che si ravvisino vere differenze qualitative - almeno rispetto alla sostanza economica del fenomeno - con l'impresa individuale e quindi in tali ipotesi il cumulo delle sanzioni penali e delle sanzioni del diritto punitivo degli enti rischierebbe di risolversi in una duplicazione che integrerebbe una violazione del fondamentale divieto del ne bis in idem sostanziale (STORTONI-TASSINARI, La responsabilità degli enti: quale natura? Quali soggetti?, in Ind. Pen., 2006, 22, secondo cui «l'interrogativo che sta alla base del tema dei soggetti è, dunque, quello del “quando” la duplicazione della sanzione e la ricerca, ad essa correlata, di un equilibrio fra la sfera individuale e quella collettiva della responsabilità sia rispondente alle intrinseche esigenze di commisurazione proprie del diritto punitivo». Analogamente, ZANNOTTI, Il nuovo diritto penale dell'economia. Reato societari e reati in materia di mercato finanziario, Milano 2008, 61, che ravvisa nel carattere della “collettività” il presupposto dell'applicazione delle prescrizioni del d.lgs. 231/2001).

Con il tempo, tuttavia, altre voci hanno evidenziato che l'art. 1 comma 2 d.lgs. 231/2001, recependo le indicazioni contenute nella l. n. 300/2000, stabilisce che sono responsabili dei reati commessi nel proprio interesse o od a proprio vantaggio sia gli enti forniti di personalità giuridica, sia le società e le associazioni che di tale personalità siano sfornite; la responsabilità ex d.lgs. 231/2001 è, dunque, configurabile nei confronti di tutte le persone giuridiche private in senso proprio (associazioni, fondazioni ed altre istituzioni di carattere privato che non abbiano lo scopo di svolgere attività economica e che acquistano personalità giuridica ai sensi del d.P.R. 361/2001, nonché le società di capitali e le società cooperative) nonché di tutti gli enti privati sprovvisti di personalità giuridica (e quindi le società a base personale – comprese le società «di fatto» e quelle «irregolari» – e le associazioni non riconosciute ex art. 36 c.c.) (GENNAI - TRAVERSI, La responsabilità degli enti, Milano, 2001; PECORELLA, in Aa.Vv., La responsabilità amministrativa degli enti, Milano, 2002, 69). In particolare, la formula utilizzata nell'art. 1 comma 2 cit. (società e associazioni anche prive di personalità giuridica) sembra indirizzare l'interprete verso la selezione, come destinatari delle disposizioni in tema di responsabilità da reato, di quegli enti che, ancorché privi di personalità, potrebbero ottenerla, e che comunque risultano dotati di una apprezzabile complessità organizzativa in grado di differenziarli dalla persona fisica che commette il reato presupposto, e ciò a prescindere dal fatto che gli stessi perseguano o meno uno scopo di lucro (così DI GIOVINE, Lineamenti sostanziali del nuovo illecito punitivo, in Aa.Vv., Reati e responsabilità degli enti, Lattanzi (a cura di), II edizione, Milano, 2010, 68); si è conseguentemente ritenuto che anche i «comitati» (artt. 39 ss. c.c.) rientrassero tra i destinatari del d.lgs. 231/2001.

Al contrario, si è escluso che vi rientrassero gli imprenditori individuali, anche se operanti attraverso institori e con ampi supporti materiali, nonché i consorzi di gestione, i fondi patrimoniali tra coniugi, i condomini, le imprese familiari, le associazioni in partecipazione e le associazioni temporanee di imprese (CERQUA, La responsabilità amministrativa degli enti collettivi: prime applicazioni giurisprudenziali, in Riv. Resp. Amm. Enti, 1/2006, 181; BRUNELLI - RIVERDITI, in PRESUTTI-BERNASCONI-FIORIO, La responsabilità degli enti, Padova, 2008, 77). Con riferimento agli imprenditori individuali, si è ritenuto mancare il carattere della collettività che costituisce la ragion d'essere della responsabilità da reato degli enti (ZANNOTTI, Il nuovo diritto penale dell'economia. Reato societari e reati in materia di mercato finanziario, Milano 2008, 61; STORTONI-TASSINARI, La responsabilità degli enti: quale natura? Quali soggetti?, in Ind. Pen., 2006, 22), ed anzi in tali ipotesi il cumulo delle sanzioni penali e delle sanzioni del diritto punitivo degli enti rischierebbe di risolversi in una duplicazione che integrerebbe una violazione del fondamentale divieto del ne bis in idem sostanziale (DI GERONIMO, La Cassazione esclude l'applicabilità alle imprese individuali della responsabilità da reato prevista per gli enti collettivi: spunti di diritto comparato, in Cass., Pen., 2004, 4047).

In conclusione

A nostro parere plurimi indici normativi depongono nel senso di applicare il decreto n. 231 del 2001 alle società unipersonali.

In primo luogo, l'art. 1 comma 2 d.lgs. 231/2001 afferma che le disposizioni del medesimo decreto “si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica”, così evidenziato come sia indifferente che l'ente abbia o meno conseguito la personalità giuridica e sia irrilevante l'esistenza di un carattere collettivo dell'ente (e, pertanto, dall'esistenza di un substrato associativo o patrimoniale dello stesso). In secondo luogo, l'art. 27 d.lgs. n. 231/2001 stabilisce che dell'obbligazione per il pagamento della sanzione pecuniaria risponde il solo ente con il proprio patrimonio, anche nelle ipotesi di enti privi di autonomia patrimoniale perfetta.

In terzo luogo, ed a contrastare l'osservazione secondo cui sarebbe opportuno escludere dall'applicazione delle prescrizioni del d.lgs. 231/2001 le società in discorso in quanto assai di frequente di modeste dimensioni, sta la previsione di cui all'art. 6 del medesimo decreto. In proposito, va ricordato come alcuni autori ritengano che l'applicazione della indiscutibilmente complessa ed articolata normativa contenuta nel decreto n. 231 a realtà organizzative minimali sarebbe decisamente inopportuna ed inutile, tant'è vero che nel corso dell'elaborazione del decreto era stato proposto l'inserimento di una clausola di esclusione della responsabilità per gli enti di limitate dimensioni: tuttavia, queste considerazioni sono decisamente messe nel nulla (risultando così confermata la conclusione raggiunta dalla Cassazione nella decisione in commento) dalla previsione di cui al citato art. 6 comma 4 d.lgs. 231/2001, che prevede “negli enti di piccole dimensioni” il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei Modelli di Organizzazione dell'ente e di curare il loro aggiornamento può essere svolto direttamente dall'organo dirigente, il che chiaramente evidenzia come il legislatore abbia inteso assoggettare alla responsabilità da reato anche realtà organizzative di modeste dimensioni, le quali abbiano assunto la forma di persona giuridica.

Come è stato detto, dunque, «in tale contesto sistematico non può, pertanto, dubitarsi dell'idoneità della società unipersonale ad assurgere a destinataria delle prescrizioni e delle sanzioni di cui al d.lgs. 231/2001, anche nelle ipotesi in cui tale compagine, in assenza di un'articolata organizzazione interna, paia difficilmente distinguibile sul piano economico dall'esercizio dell'attività d'impresa in forma individuale… [andando riconosciuto che] alla stregua del diritto positivo la netta distinzione tra interessi e rapporti giuridici facenti capo alla società rispetto a quelli del suo socio (seppur unico)» (D'ARCANGELO, La responsabilità da reato, cit., 145, secondo cui «la società unipersonale [non] può essere giuridicamente assimilata all'esercizio in forma individuale dell'attività d'impresa, in quanto la società evidenzia pur sempre un'autonomia patrimoniale che la rende soggetto distinto dal suo titolare e la assoggetta ad un regime giuridico diverso ed irriducibile a quello dell'imprenditore individuale»).

Lascia perciò perplessi la posizione assunta di recente della Cassazione di negare validità a tale conclusione quando vengano all'esame dei giudici strutture imprenditoriali in cui, pur nella formale diversificazione dei soggetti giuridici, non si rinvengano due centri di interessi autonomi e distinti. Ci pare che l'operatività della disciplina presente nel d.lgs. n. 231 del 2001, disciplina, quale che se ne voglia ritenere la natura, ha senz'altro una portata sanzionatoria, non possa discendere da una discrezionale valutazione circa la presenza o meno, nella società a giudizio, di un'organizzazione pluripersonale interna, di un'organizzazione interna complessa (come suggerito anche da MORGESE, L'ente come soggetto di diritto metaindividuale: l'archetipo dell'imputazione soggettiva della responsabilità 231 tra dato letterale, esigenze di sistema e prospettive comparatistiche, in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 1-bis. Si veda anche ID. SRL unipersonali e 231: un connubio non sempre possibile,ivi, 2018, 12), ma debba derivare da un'opzione univoca, peraltro facilmente ricavabile dal dato normativo come si è visto.

Inoltre, vi è un'ulteriore considerazione che porta a ritenere applicabile la disciplina contenuta nel d.lgs. n. 231 del 2001 alle società unipersonali. Di fatto, quando si sottolinea come in tali persone giuridiche sia assente una duplicità di centri di interesse si intende evidenziare – non solo la circostanza che l'applicazione delle sanzioni di cui al d.lgs. n. 231 del 2001 porterebbe ad una violazione del divieto di ne bis in idem, ma anche – la sostanziale inutilità del modello organizzativo in tali circostanze. Sarebbe infatti illusorio riconoscere una reale efficacia preventiva e cautelare al sistema 231 nell'ambito delle piccole imprese, nelle quali non ci sono dirigenti e dipendenti ma un numero assai scarno di soggetti che curano ogni esigenza aziendale, dalla tenuta della contabilità alla progettazione, dall'amministrazione al lavoro presso la catena di montaggio, ecc.; in queste ultime ipotesi, infatti, la volontà individuale del singolo può facilmente avere la meglio sul sistema organizzativo adottato proprio perché in tali realtà è pressoché impossibile vincolare le condotte delle poche persone presenti in azienda a moduli comportamentali predefiniti.

Orbene, sicuramente la disciplina n. 231 ha una maggiore efficacia con riferimento alla condotta dei dipendenti rispetto alla capacità impeditiva che può riconoscersi con riferimento alle condotte criminose tenute dai vertici dell'impresa – e di questo non è che il legislatore non ne tenga conto, tant'è che è diversa la regola di giudizio cui bisogna attenersi per valutare la responsabilità da reato dell'ente a seconda che il delitto sia stato commesso da soggetti cosiddetti apicali o da soggetti subordinati -, specie poi se l'azienda è di piccole o “minuscole” dimensioni. Certo, quando in azienda si pongono determinati procedure, si adottano misure organizzative atte ad ostacolare in qualche modo l'adozione di illeciti, è indiscusso che il vincolo derivante dalle stesse è diverso per i dipendenti (i quali difficilmente possono sottrarsene) o per l'amministratore delegato soggetto a verifiche e valutazioni da parte del C.d'A., del collegio sindacale, ecc. rispetto a quanto può dirsi con riferimento al titolare di una piccolissima impresa, il quale essendo il dominus dell'azienda può senz'altro stabilire che, in quell'occasione, la procedura usuale ed ordinaria sia bypassata, ma anche per costui un qualche significato il vincolo lo riveste: deve comunque dare disposizioni perché l'ordinaria modalità di svolgimento di quel compito non sia rispettata, deve richiedere l'ausilio di qualche dipendente, vede lo sguardo di perplessità nei suoi più stretti collaboratori, deve dare qualche spiegazione, è consapevole che della sua attività delittuosa – non foss'altro per l'anomalia della vicenda – sta lasciando continue tracce e quindi è assai probabile che verrà scoperto.

Sono tutti elementi e considerazioni certo non sufficienti per escludere ogni discrezionalità in capo all'amministratore, ma sono anche misure precauzionali alla cui efficacia non pare opportuno rinunciare.

La prima procedura a carattere preventivo fu descritta da Omero, quando descrisse la preparazione di Ulisse all'incontro con le sirene

“Le sirene erano mostri del mare, figlie del fiume Acheloo. Avevano piume e piedi di uccelli con unghie adunche, volto di fanciulle dalla straordinaria forma, emettevano voci umane. Abitavano le isole del mar Tirreno, presso le coste della Campania e Sicilia e trattenevano le navi con la soavità delle loro voci a ammaliavano i marinai, che dimentichi dei genitori, delle mogli e dei figli, approdavano sull'isola e erano puniti dalle sirene con una morte severa: una moltitudine di ossa giaceva ovunque sugli scogli dell'isola. Anche Ulisse, uomo greco di grande ingegno, autore di molti inganni, vuole ascoltare le voci canore delle sirene e con l'aiuto di Circe, figlia del Sole, evita la morte. Infatti la dea ammonisce così l'astuto uomo: "Quando ti avvicinerai all'isola delle Sirene, ammorbidisci con le dita la cera e con essa ostruisci le orecchie dei marinai: pertanto non ascolteranno la splendida voce delle Ninfe e eviteranno l'ingiusta morte. Tu, invece, legato all'albero della nave dai compagni con robuste funi, ascolterai i versi delle sirene e non sarai condotto verso la morte”.

Nulla poteva impedire che Ulisse si sciogliesse dalle funi e conducesse la barca sugli scogli. Però intanto l'Odisseo non rinunciò comunque a legarsi stretto al palo della nave….

Guida all'approfondimento

PISTORELLI, L'insostenibile leggerezza della responsabilità da reato delle imprese individuali in Cass. pen., 2011, 7-8, 2; GENNAI - TRAVERSI, La responsabilità degli enti, Milano, 2001; PECORELLA, in Aa.Vv., La responsabilità amministrativa degli enti, Milano, 2002, 69; DI GIOVINE, Lineamenti sostanziali del nuovo illecito punitivo, in Aa.Vv., Reati e responsabilità degli enti, Lattanzi (a cura di), II edizione, Milano, 2010, 68; CERQUA, La responsabilità amministrativa degli enti collettivi: prime applicazioni giurisprudenziali, in Riv. Resp. Amm. Enti, 1/2006, 181; BRUNELLI - RIVERDITI, in PRESUTTI-BERNASCONI-FIORIO, La responsabilità degli enti, Padova, 2008, 77; ZANNOTTI, Il nuovo diritto penale dell'economia. Reato societari e reati in materia di mercato finanziario, Milano 2008, 61; STORTONI-TASSINARI, La responsabilità degli enti: quale natura? Quali soggetti?, in Ind. Pen., 2006, 22; DI GERONIMO, La Cassazione esclude l'applicabilità alle imprese individuali della responsabilità da reato prevista per gli enti collettivi: spunti di diritto comparato, in Cass., Pen., 2004, 4047; MORGESE, L'ente come soggetto di diritto metaindividuale: l'archetipo dell'imputazione soggettiva della responsabilità 231 tra dato letterale, esigenze di sistema e prospettive comparatistiche, in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 1-bis. Si veda anche ID. SRL unipersonali e 231: un connubio non sempre possibile,ivi, 2018, 12. In senso contrario SCARCELLA, La Cassazione ribadisce l'inapplicabilità del d.lgs. 231/2001 alle imprese individuali: scongiurata la rimessione alle Sezioni Unite?, in Riv. Resp. Amm. Enti,1/2012, 175

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario