Forma dell'accordo delle parti per omettere l'appello

15 Dicembre 2021

Quale forma deve rivestire l'accordo delle parti per rinunciare, o meglio, omettere l'appello come previsto dal secondo comma dell'art. 360 c.p.c.?

In tale ipotesi, invero non frequente, si parla di ricorso in Cassazione per saltum, per indicare, appunto, il “salto” del grado di appello su accordo delle parti.

Questo, però, può avere ad oggetto unicamente censure per violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, c.p.c. (come precisa lo stesso art. 360 c.p.c. al secondo comma ove si prevede, appunto, il patto in questione).

Il patto può essere concluso ove si tratti di risolvere questioni di mero diritto ove esista incertezza e che si ritenga opportuno sottoporre subito al giudice di legittimità, mentre si ritenga del tutto inutile lo svolgimento del grado di appello essendo, magari, incontestata la ricostruzione del fatto.

Dal tenore del secondo comma dell'art. 360 c.p.c., sembra che un tale patto possa riguardare solo una sentenza in senso formale ed emessa dal tribunale.

Il patto ha natura divero e proprio negozio giuridico sia dal punto di vista sostanziale che processuale in quanto svolge i suoi effetti in conseguenza dell'espressione della volontà delle parti all'interno del processo. A seguito del patto la sentenza diverrà, quindi, inappellabile e ricorribile solamente per Cassazione nei limiti detti.

Il patto va concluso dalle parti o dai loro difensori muniti di procura speciale, non essendo sufficiente che l'accordo intervenga tra i rispettivi procuratori ad litem (come si evince dall'art. 366, comma 3, c.p.c.).

Così Cass. civ. sez. III, 12 novembre 2010, n.22956, per la quale «L'accordo diretto all'immediata impugnazione in sede di legittimità della sentenza di primo grado (c.d. ricorso per saltum) costituisce un negozio giuridico processuale, quantomeno sotto il profilo della rilevanza della manifestazione di volontà dei dichiaranti, il cui effetto è quello di rendere inappellabile la sentenza oggetto dell'accordo. Tale accordo, che consiste nella rinunzia ad un grado di giudizio, deve intervenire personalmente fra le parti, anche tramite loro procuratori speciali, mentre non è sufficiente che esso venga concluso dei rispettivi procuratori ad litem, e deve altresì precedere la scadenza del termine per la proposizione dell'appello, avendo quale oggetto una sentenza « ;appellabile ;» e non essendo previsto come mezzo per superare l'intervenuta formazione del giudicato bensì quale strumento per ottenere una sorta di interpretazione preventiva della legge da parte della Corte di cassazione. Esso infine deve preesistere o quanto meno essere coevo alla proposizione del ricorso per cassazione».

Quanto alla forma, sembra necessaria la forma scritta, non solo ai fini probatori ma anche ai fini della sua validità: in tal senso depone il disposto dell'art. 366, comma 3, c.p.c., ove precisa che l'accordo delle parti deve risultare mediante visto apposto sul ricorso dalle altre parti o dai lodo difensori muniti di procura speciale oppure mediante atto separato anche anteriore alla sentenza impugnata da unirsi al ricorso stesso.

Sempre dal disposto dell'art. 366, comma 2, c.p.c. si evince che tale accordo non possa più intervenire se la sentenza sia passata in giudicato (in tal senso si esprime Cass. civ., n. 22956/2010 sopra riportata) e deve preesistere od essere al più coevo alla proposizione del ricorso per Cassazione, ma non ad esso successivo: «L'accordo diretto alla immediata impugnazione in sede di legittimità della sentenza di primo grado (cosiddetto revisio "per saltum"), concretandosi nella rinunzia ad un grado di giudizio, deve intervenire personalmente fra le parti, anche tramite loro procuratori speciali, mentre non è sufficiente che esso venga concluso dei rispettivi procuratori ad litem, e deve altresì precedere la scadenza del termine per la proposizione dell'appello, avendo quale oggetto, secondo l'espressa previsione comma ultimo dell'art. 360 c.p.c., una sentenza "appellabile" e non essendo previsto come mezzo per superare l'intervenuta formazione del giudicato bensì quale strumento per ottenere una sorta di interpretazione preventiva della legge da parte della Corte di cassazione. Il suddetto accordo, in quanto presupposto indeclinabile per l'impugnazione di una sentenza di primo grado dinanzi al giudice di legittimità, deve inoltre preesistere o quanto meno esser coevo alla proposizione del ricorso per cassazione» (Cass. civ. sez. lav., 29 aprile 1998, n.4397, ripresa, sostanzialmente, dalla più recente Cass. civ., n. 22956/2010 sopra riportata).

Da precisare, per completezza, che si ritiene che l'accordo per omettere l'appello possa essere convenuto anche in pendenza di questo ove il giudice del gravame non si sia ancora pronunciato: «Nell'ipotesi in cui avverso la medesima sentenza di primo grado venga proposto sia il ricorso per cassazione "per saltum" sull'accordo delle parti sia l'appello e il giudice d'appello si sia pronunciato, l'esame del ricorso per cassazione è precluso per la formale mancanza della sentenza di primo grado avverso la quale fu proposto, dovendo questa ritenersi interamente assorbita dalla sentenza emessa in sua sostituzione dal giudice di appello, senza che, in senso contrario, possa dedursi l'inammissibilità del proposto appello per effetto della consumazione dell'impugnazione a seguito di proposizione di ricorso "per saltum" in Cassazione, sia perché la consumazione dell'impugnazione non può ritenersi verificata quando non sia ancora intervenuta alcuna pronuncia del giudice dell'impugnazione, né in rito né nel merito, sia perché, ai fini dell'accertamento della consumazione di uno dei mezzi di impugnazione esperiti, deve sussistere identità tipologica tra i medesimi». (Cass. civ. sez. lav., 5 aprile 2000, n. 4242).

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