Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 144 - (Servizi di ristorazione) 1

Licia Grassucci

(Servizi di ristorazione)1

[1. I servizi di ristorazione indicati nell'allegato IX sono aggiudicati secondo quanto disposto dall'articolo 95, comma 3. La valutazione dell'offerta tecnica tiene conto, in particolare, degli aspetti relativi a fattori quali la qualità dei prodotti alimentari con particolare riferimento a quella di prodotti biologici, tipici e tradizionali e di prodotti a denominazione protetta e indicazione geografica tipica. Tiene altresì conto del rispetto delle disposizioni ambientali in materia di green economy, dei criteri ambientali minimi pertinenti di cui all'articolo 34 del presente codice, della qualità della formazione degli operatori e della provenienza da operatori dell'agricoltura biologica e sociale. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 5-quater, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, nonché quelle di cui all'articolo 6, comma 1, della legge 18 agosto 2015, n. 1412.

2. Con decreti del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, sono definite e aggiornate le linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica. Fino all'adozione di dette linee di indirizzo, si applica l'articolo 216, comma 18.

3. L'attività di emissione di buoni pasto, consistente nell'attività finalizzata a rendere per il tramite di esercizi convenzionati il servizio sostitutivo di mensa aziendale, è svolta esclusivamente da società di capitali con capitale sociale versato non inferiore a settecentocinquantamila euro che hanno come oggetto sociale l'esercizio dell'attività finalizzata a rendere il servizio sostitutivo di mensa, a mezzo di buoni pasto e di altri titoli di legittimazione rappresentativi di servizi. Il bilancio delle società di cui al presente comma deve essere corredato dalla relazione redatta da una società di revisione iscritta nel registro istituito presso il Ministero della giustizia ai sensi dell'articolo 2409-bis del codice civile.

4. Gli operatori economici attivi nel settore dell'emissione di buoni pasto aventi sede in altri Paesi dell'Unione europea possono esercitare l'attività di cui al comma 3 se a ciò autorizzati in base alle norme del Paese di appartenenza. Le società di cui al comma 3 possono svolgere l'attività di emissione dei buoni pasto previa segnalazione certificata di inizio attività dei rappresentanti legali comprovante il possesso dei requisiti richiesti di cui al comma 3 e trasmessa ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, al Ministero dello sviluppo economico.

5. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l'ANAC, sono individuati le modalità attuative della disposizione di cui al comma 6-bis, nonché gli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto, le caratteristiche dei buoni pasto e il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione di buoni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili.  I predetti accordi devono comunque prevedere una garanzia fideiussoria rilasciata da imprese bancarie o assicurative che rispondano ai requisiti di solvibilità previsti dalla legislazione vigente, che le società emittenti sono tenute a consegnare agli esercizi convenzionati 3.

6. L'affidamento dei servizi sostitutivi di mensa avviene esclusivamente con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo. Il bando di gara stabilisce i criteri di valutazione dell'offerta pertinenti, tra i quali:

a) il ribasso sul valore nominale del buono pasto [in misura comunque non superiore allo sconto incondizionato verso gli esercenti] 4;

b) la rete degli esercizi da convenzionare;

c) lo sconto incondizionato verso gli esercenti, in misura non superiore al 5 per cento del valore nominale del buono pasto. Tale sconto incondizionato remunera altresì ogni eventuale servizio aggiuntivo offerto agli esercenti5;

d) i termini di pagamento agli esercizi convenzionati;

e) il progetto tecnico.

6-bis. In caso di buoni pasto in forma elettronica previsti dall'articolo 4, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 7 giugno 2017, n. 122, è garantito agli esercizi convenzionati un unico terminale di pagamento6.

7. Ai fini del possesso della rete di esercizi attraverso cui si espleta il servizio sostitutivo di mensa eventualmente richiesto come criterio di partecipazione o di aggiudicazione è sufficiente l'assunzione, da parte del concorrente, dell'impegno all'attivazione della rete stessa entro un congruo termine dal momento dell'aggiudicazione fissato in sede di bando. La mancata attivazione della rete richiesta entro il termine indicato comporta la decadenza dell'aggiudicazione.

8. Le stazioni appaltanti che acquistano i buoni pasto, le società di emissione e gli esercizi convenzionati consentono, ciascuno nell'esercizio della rispettiva attività contrattuale e delle obbligazioni di propria pertinenza, la utilizzabilità del buono pasto per l'intero valore facciale.]

[1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo.

[4] Lettera sostituita dall'articolo 90, comma 1, del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56 e successivamente modificata dall'articolo 26-bis, comma 1, lettera a), del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla Legge 15 luglio 2022, n. 91.

[5] Lettera sostituita dall'articolo 26-bis, comma 1, lettera b), del D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla Legge 15 luglio 2022, n. 91.

Inquadramento

Secondo i Considerando della direttiva 2014/24/UE, i servizi alberghieri e di ristorazione sono offerti generalmente solo da operatori ubicati nel luogo specifico di prestazione di tali servizi e hanno pertanto anche una dimensione limitatamente transfrontaliera.

L'art. 1, lett. d) della legge delega n. 11/2016 ha previsto la «ricognizione e riordino del quadro normativo vigente nelle materie degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, al fine di conseguire una drastica riduzione e razionalizzazione del complesso delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative vigenti e un più elevato livello di certezza del diritto e di semplificazione dei procedimenti, tenendo in debita considerazione gli aspetti peculiari dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e dei diversi settori merceologici e di attività e salvaguardando una specifica normativa per il settore dei servizi sostitutivi di mensa, nel rispetto di quanto disposto dalla lett. r)».

Si è voluto, in tal modo, cercare di snellire la normativa in materia in un'ottica di semplificazione normativa.

Il Codice dei contratti pubblici, nel determinare le soglie di rilevanza comunitaria, recependo la direttiva 2014/24/UE, e la direttiva 2014/25/UE, fissa per i servizi alberghieri e di ristorazione, la soglia di euro 750.000 nei settori ordinari e di 1.000.000 euro nei settori speciali rispetto a quella ordinaria per i servizi.

Nell'articolo 144, rubricato “servizi di ristorazione”, trovano in realtà disciplina due ambiti distinti:

 i servizi di ristorazione in senso proprio

 e il servizio di fornitura dei buoni pasto sostitutivi dei servizi di mensa per i dipendenti pubblici.

Nel precedente Codice, invece, gli appalti di servizi alberghieri e di ristorazione erano inclusi tra i servizi di cui all'allegato II B per i quali era prevista l'applicazione solo di specifiche regole tecniche e avvisi relativi agli appalti aggiudicati.

La disciplina dei servizi di ristorazione, completata dalla legge n. 221 del 2015, deve rispettare le regole afferenti:

1. ai criteri ambientali minimi

2. al criterio di aggiudicazione

3. al regime transitorio.

Inoltre, il decreto correttivo, nel novellare l'articolo 142, introducendo per alcuni servizi un nuovo regime, nei commi dal 5-ter al 5-octies, ha affermato che le disposizioni di cui ai commi dal 5-ter al 5-octies si applicano ai servizi di mensa e ristorazione di cui all'articolo 144, compatibilmente con quanto previsto nel medesimo articolo.

La legge n. 61 del 2022 ha modificato il comma 1 dell’articolo in esame ai fini di valorizzare e a promuovere la domanda e l'offerta dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero e di quelli provenienti da filiera corta, favorendone il consumo e la commercializzazione e garantendo ai consumatori un'adeguata informazione sulla loro origine e sulle loro specificità (art. 1). La novella si pone in coerenza con i criteri di qualità, continuità, accessibilità, disponibilità e completezza dei servizi di cui all’art. 142, comma 5-ter e in particolare con i precedenti criteri di valutazione dell’offerta, già orientati a valorizzare prodotti alimentari di maggiore qualità.

L'aggiudicazione dei servizi di ristorazione

L'art. 1 della legge delega, alla lett. gg) ha stabilito che «l'aggiudicazione dei contratti pubblici relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché a quelli di servizi ad alta intensità di manodopera, definiti come quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50% dell'importo totale del contratto» devono essere affidati «esclusivamente sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, come definita dalla lett. ff), escludendo in ogni caso l'applicazione del solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d'asta».

L'art. 95, comma 3, infatti, ha stabilito espressamente che il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa debba essere utilizzato per:

– i servizi sociali;

– i servizi di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica;

– tutti i servizi ad alta intensità di manodopera, nei casi in cui la manodopera sia pari ad almeno il 50% dell'importo totale del contratto.

Scopo della norma, come già risulta di tutta evidenza nell'intento della legge delega, è quello di evitare offerte al ribasso proprio nei servizi della ristorazione dove prezzi bassi potrebbero voler dire cattiva qualità dei prodotti con rischio di danno alla salute.

Infatti, «la valutazione dell'offerta tecnica tiene conto, in particolare, degli aspetti relativi a fattori quali la qualità dei generi alimentari, con particolare riferimento a quella di prodotti biologici, tipici e tradizionali, di quelli a denominazione protetta, nonché di quelli provenienti da sistemi di filiera corta e da operatori dell'agricoltura sociale, in rispetto delle diposizioni ambientali in materia di green economy, dei criteri ambientali minimi pertinenti di cui all'art. 34 del presente codice e della qualità della formazione degli operatori».

Il disegno complessivo in ordine ai servizi di ristorazione è quello di introdurre criteri ambientali minimi in percentuale maggiore che in altri servizi, privilegiare la qualità sul costo, fissando come esclusivo il criterio di aggiudicazione dell'OEPV e introducendo specifici criteri di valutazione della qualità, garantire la qualità anche mediante specifiche tecniche, rimesse a future linee di indirizzo nazionali afferenti agli specifici settori della ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica.

I successivi decreti ministeriali.

Il comma 2 dell'art. 144 del Codice dei contratti pubblici ha stabilito che attraverso successivi «decreti del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, sono definite e aggiornate le linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica. Fino all'adozione di dette linee di indirizzo, si applica l'art. 216, comma 18».

L'art. 216, comma 18, stabilisce che «fino all'adozione delle linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica di cui all'art. 144, comma 2, le stazioni appaltanti individuano nei documenti di gara le specifiche tecniche finalizzate a garantire la qualità del servizio richiesto».

Come è stato osservato, l'obiettivo di una regolamentazione sintetica ed unitaria rischia di perdersi nel moltiplicarsi dei decreti attuativi (De Nictolis, 513).

Inoltre, l'obiettivo di un tempestivo e rapido cambio della vecchia disciplina rischia di essere frenato a causa del ritardo nell'adozione dei decreti attuativi per cui nel frattempo continueranno ad applicarsi le vecchie regole.

Ad ogni buon fine, le attese le Linee di indirizzo sono intervenute e rese disponibili a cura del Ministero della salute (17 novembre 2021, ultimo aggiornamento 29 marzo 2022).

Il ruolo dell'ANAC per il servizio sostitutivo di mensa

L'ANAC assume un ruolo di consulenza per il servizio sostitutivo di mensa, reso a mezzo dei buoni pasto, e per il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione di buoni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili (N. Parisi, 21).

Da tale disposizione si evince il ruolo centrale dell'ANAC nel contribuire alla gestione dei contratti pubblici.

Si tratta di una competenza che ha il precipuo scopo di unificare presso un unico ente la funzione di prevenzione della corruzione.

L'ANAC è chiamata ed intervenire non tanto nei rapporti tra imprese e consumatori, ma soprattutto nelle relazioni tra le PP.AA. nei loro rapporti reciproci e con le imprese, in quanto i consumatori sono solo destinatari indiretti della loro attività. Si vuole, quindi, che l'ANAC offra un supporto attivo agli operatori del settore, sia nella fase di affidamento che in quella di esecuzione dei contratti pubblici, anche attraverso raccomandazioni o rilievi vincolanti finalizzati alla rimozione di irregolarità e all'adozione di misure correttive.

La vigilanza ha, inoltre, lo scopo di assicurare la corretta applicazione delle norme di settore al fine di garantire qualità, economicità, efficienza e trasparenza.

L'affidamento dei servizi sostitutivi di mensa

Il “buono pasto” assolve il compito di garantire al lavoratore dipendente un servizio sositutivo in luogo della mensa aziendale.

Esso in Italia è nato nel 1976 ed è reso da apposite società di emissione di buoni pasto.

I buoni pasto sostitutivi della mensa acquisiti dalla p.a. mediante gare pubbliche, che essa, a differenza di un'impresa privata, è tenuta a svolgere, non sono sostituibili con i buoni pasto offerti in regime di libera attività imprenditoriale nel settore privato, sì che occorre distinguere il mercato dei buoni pasto nel settore pubblico dal mercato dei buoni pasto nel settore privato (Cons. St. VI, n. 926/2004).

Nel Codice dei contratti pubblici non è riprodotta la previgente definizione di buono pasto e la nozione viene data per presupposta: è rimasta di perdurante attualità la nozione previgente, che è stata in prosieguo confermata dal d.m. n. 122/2017, adottato in attuazione dell'art. 144, comma 5 del Codice.

Il “buono pasto” è il documento di legittimazione, anche in forma elettronica, che attribuisce al titolare, ai sensi dell'art. 2002 c.c. il diritto ad ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono.

Il d.m. n. 122 del 2017 amplia notevolmente l'ambito degli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa; ciò risponde all'esigenza di rafforzare la concorrenza nel settore di riferimento mediante l'aggiornamento della previgente disciplina in base al cambiamento delle abitudini di acquisto e di consumo degli utenti ed al mutamento del mercato, nel quale si è verificato un incremento delle tipologie degli esercizi idonei a somministrare prodotti alimentari per il consumo, così da ampliare per gli utenti le possibilità di usufruire del servizio in questione.

L'articolo 4 comma 1, del d.m., oltre a ricalcare sostanzialmente la disciplina contenuta nell'articolo 285, comma 4, del d.P.R. n. 207 del 2010, innova rispetto alla stessa prevedendo espressamente alla lettera d) che i buoni pasto non sono cedibili, né cumulabili oltre il limite di otto buoni, né commmerciabili o convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare.

Una tale innovazione normativa è stata introdotta al fine di uniformare le norme alle prassi reali di utilizzo del servizio in argomento e di tutelare l'interesse dei consumatori, tenuto anche conto che nella maggior parte dei casi l'importo del buono fissato non consente di poter usufruire di un pasto completo e della necessità di consentire all'utente di concentrare l'acquisto di prodotti alimentari da utilizzare per i propri pasti quotidiani senza imporre la necessità di effettuare acquisti giornalieri.

La società che emette i buoni pasto deve possedere i requisiti specifici di cui al comma 3 dell'art. 144:

– un capitale sociale minimo di euro 750.000;

– l'oggetto sociale deve essere l'esercizio dell'attività finalizzata a rendere il servizio sostitutivo di mensa.

Il capitale sociale minimo, cui fa riferimento l'art. 144, comma 3 d.lgs. n. 50/2016 non consiste nel semplice capitale sociale, ma piuttosto nel capitale sociale “versato”.

Con tale distinzione il legislatore ha segnato la differenza dunque tra capitale sociale nominale e capitale sociale versato. La differenziazione non è puramente terminologica, posto che il legislatore, chiedendo il versamento integrale del capitale, ha evidentemente rimarcato una nozione reale e sostanziale di capitale a cui corrisponde un maggiore rafforzamento patrimoniale e, di conseguenza, una soglia minima di affidabilità della società emittente, stabilita ex lege e superiore a quella prevista dalla normativa comune delle società di capitali. Coerentemente, il citato art. 144, comma 3, indica, tra i documenti in grado di dimostrare la detta capacità economico-finanziaria, “il bilancio della società corredato dalla relazione redatta da una società di revisione”, documenti da cui si evince appunto l'entità effettiva del patrimonio sociale, e la cui allegazione sarebbe superflua se il legislatore avesse invece voluto alludere al solo capitale sociale nominale, già indicato nell'atto costitutivo ai sensi dell'art. 2463 c.c. (T.A.R. Lazio - Roma, III, n. 6478/2020).

Il correttivo 2017 ha sostituito la lett. a) dell'art. 144, comma 6, con la seguente espressione: «il ribasso sul valore nominale del buono pasto in misura comunque non superiore allo sconto incondizionato verso gli esercenti».

La recente novella introdotta dall'articolo 90, comma 1, d.lgs. n. 56/2017, ha stabilito che il ribasso sul valore nominale del buono pasto, praticato dalla società di emissione a beneficio della stazione appaltante (il c.d. “sconto”), non debba essere comunque superiore allo sconto incondizionato verso gli esercenti (la c.d. “commissione” praticata dalla società di emissione al momento del ritiro dei buoni presso gli esercenti o comunque al momento del pagamento delle prestazioni rese dagli esercenti convenzionati).

Tale disposizione comporta una serie di conseguenze di non poco momento, tra cui una tendenziale diminuzione degli sconti attualmente praticati dalle Società di emissione nei confronti delle stazioni appaltanti (normalmente più elevati delle commissioni praticate nei confronti degli esercizi convenzionati, anche in ragione della diversa aliquota IVA applicabile al ciclo attivo e al ciclo passivo del buono pasto), tenuto conto del fatto che gli esercizi non possono essere gravati di commissioni eccessive, pena la disgregazione delle reti ed il rischio di disfunzioni nella regolarità del servizio; donde un aumento frontale della spesa pubblica per l'approvvigionamento del servizio in discorso, che il Legislatore delegato parrebbe non aver minimamente considerato (Perulli, 300).

Il bando di gara, quindi, deve stabilire idonei criteri di valutazione dell'offerta, tra i quali il codice annovera:

«a) il ribasso sul valore nominale del buono pasto;

b) la rete degli esercizi da convenzionare;

c) lo sconto incondizionato verso gli esercenti;

d) i termini di pagamento agli esercizi convenzionati;

e) il progetto tecnico».

Ai fini del possesso della rete di esercizi attraverso cui si espleta il servizio sostitutivo di mensa, eventualmente richiesto come criterio di partecipazione o di aggiudicazione, è sufficiente l'assunzione, da parte del concorrente, dell'impegno all'attivazione della rete stessa entro un congruo termine dal momento dell'aggiudicazione fissato in sede di bando. La mancata attivazione della rete richiesta entro il termine indicato comporta la decadenza dell'aggiudicazione.

Le stazioni appaltanti che acquistano i buoni pasto, le società di emissione e gli esercizi convenzionati consentono, ciascuno nell'esercizio della rispettiva attività contrattuale e delle obbligazioni di propria pertinenza, la utilizzabilità del buono pasto per l'intero valore facciale.

Problemi attuali: gli oneri della sicurezza negli appalti per i servizi di ristorazione

Perplessità relative agli oneridellasicurezza furono sollevate nel codice del 2006 nel senso che si era posto il dubbio se essi fossero esclusi nel caso di appalti per i servizi di ristorazione.

Nel previgentecodice, alle attività di «ristorazione», riconducibili a quelle di cui all'allegato II B del Codice degli Appalti Pubblici, si applicavano solo i principi generali richiamati dall'art. 27 del d.lgs. n. 163/2006, il quale disponeva che «1. L'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L'affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l'oggetto del contratto. L'affidamento dei contratti di finanziamento, comunque stipulati, dai concessionari di lavori pubblici che sono amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori avviene nel rispetto dei principi di cui al presente comma e deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti. 2. Si applica altresì l'art. 2, commi 2, 3 e 4».

Inoltre, l'art. 20 stabiliva che «l'aggiudicazione degli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nell'allegato II B è disciplinata esclusivamente dall'art. 68 (specifiche tecniche), dall'art. 65 (avviso sui risultati della procedura di affidamento), dall'art. 225 (avvisi relativi agli appalti aggiudicati)».

Pertanto, in tali casi, non trovava applicazione la disciplina di cui agli artt. 86, commi 3-bis, 3-tere 87,comma 4, del codice degli appalti del 2006, relativaaglioneriperlasicurezza.

  A tal proposito, ilConsigliodiStatosierapronunciatonelsensodellanonapplicabilitàdellenormeinesamenelcasodiappaltiaventiadoggettoiservizielencatinell'AllegatoIIB. Tali servizi non sono richiamati dall'art. 20, comma 1, del «vecchio» codice, non sono principi generali e neppure possono divenire norme di principio solo perché poste a presidio di interessi aventi rilevanza costituzionale (Cons.St.V, n. 4510/2012; TAR Piemonte, n. 807/2012; Id. n. 1376/2012; TAR BasilicataI, n. 650/2012).

Il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, all'articolo 95, comma 10, contiene la previsione secondo cui nell'offerta economica l'operatore deve indicare i propri costi della manodopera egli oneri aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Tale norma trova applicazione nei settori speciali in forza del rinvio operato dal primo comma dell'articolo 133.

Rispetto agli effetti della previsione di cui all'art. 95, la giurisprudenza si è divisa tra chi ritiene che essa giustifichi l'automatica esclusione del concorrente che non abbia evidenziato la specifica voce di costo nell'offerta e chi sostiene che, nell'ipotesi in cui gli atti di gara non contengano l'espressa menzione di tale obbligo e della sanzione espulsiva collegata alla sua inosservanza, non sia possibile escludere il concorrente che non abbia indicato nell'offerta gli oneri di sicurezza, senza che sia stato attivato il soccorso istruttorio.

Tuttavia, l'Adunanza plenaria ha affermato che l'art. 95, 10° comma, del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 50/2016 va interpretato nel senso che la mancata puntuale indicazione in sede di offerta dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza comporta l'esclusione dalla gara senza possibilità di ricorrere al soccorso istruttorio (Cons. St. Ad. Plen., n. 1/2019).

Pertanto, l'automatismo espulsivo correlato al mancato scorporo nell'offerta economica dei costi inerenti alla manodopera ed alla sicurezza interna derivante dal combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 83, comma 9, del codice dei contratti pubblici deve ormai considerarsi, alla luce della sentenza della Corte di giustizia Ue, sez. IX, 2 maggio 2019, causa C-309-18, conforme al diritto europeo. A tal fine non rileva che il bando non preveda espressamente l'obbligo di separata evidenziazione dei costi in questione, essendo a tal fine sufficiente, in virtù del principio di eterointegrazione della lex specialis ad opera della lex generalis, che nella documentazione di gara sia riportata una dicitura per cui, per quanto non espressamente previsto nel bando, nel capitolato e nel disciplinare di gara, deve farsi applicazione delle norme del codice dei contratti pubblici (Cons. St. V, n. 1008/2020).

I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/Ce, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un'offerta economica presentata nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l'esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell'ipotesi in cui l'obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d'appalto, sempre che tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d'appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall'amministrazione aggiudicatrice (Cons. St. Ad. plen., n. 7/2020).

Sempre alla luce della giurisprudenza europea è stato altresì precisato che la ratio dell'obbligo dell'indicazione separata dei costi della manodopera è esplicitata nell'ultimo periodo dell'art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016. Dato tale presupposto normativo, l'indicazione separata dei propri costi della manodopera è componente essenziale dell'offerta economica e perciò la relativa carenza è di regola sottratta, ai sensi dell'art. 83, comma 9, del Codice dei contratti pubblici alla sanatoria con soccorso istruttorio. Tuttavia, già la menzionata Corte di Giustizia ha fatto salvo il caso in cui «le disposizioni della gara d'appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche» (sentenza del 2 maggio 2019, C-309/18), per il quale, secondo il citato principio di trasparenza e quello di proporzionalità, deve ritenersi consentita la regolarizzazione dell'offerta mediante il potere di soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante. Tale eccezione si giustifica ogniqualvolta l'operatore economico “ragionevolmente informato e normalmente diligente” possa nutrire un valido e concreto affidamento sulla correttezza, non solo della modulistica predisposta dalla stazione appaltante, ma anche delle richieste da questa avanzate con i documenti di gara, in conformità ai principi di tutela del legittimo affidamento, nonché di trasparenza e di certezza del diritto (Cons. St. V, 283/2021; Cons. St. V, n. 1191/2022).

Bibliografia

Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2021; De Nictolis, Appalti pubblici e concessioni, Bologna, 2020; Parisi, La centralità dell'ANAC nella regolazione e vigilanza per prevenire la corruzione, in Codice degli appalti/2, La guida alle nuove regole, il Sole 24 Ore, maggio 2016, Perulli, Contratti pubblici, Torino 2021.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario