Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 213 - (Autorità Nazionale Anticorruzione) 1

Caterina Bova

(Autorità Nazionale Anticorruzione)1

[1. La vigilanza e il controllo sui contratti pubblici e l'attività di regolazione degli stessi, sono attribuiti, nei limiti di quanto stabilito dal presente codice, all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) di cui all'articolo 19 del decreto legge 24 giugno 2014, n.90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, che agisce anche al fine di prevenire e contrastare illegalità e corruzione.

2. L'ANAC, attraverso linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolazione flessibile, comunque denominati, garantisce la promozione dell'efficienza, della qualità dell'attività delle stazioni appaltanti, cui fornisce supporto anche facilitando lo scambio di informazioni e la omogeneità dei procedimenti amministrativi e favorisce lo sviluppo delle migliori pratiche. Trasmette alle Camere, immediatamente dopo la loro adozione, gli atti di regolazione e gli altri atti di cui al precedente periodo ritenuti maggiormente rilevanti in termini di impatto, per numero di operatori potenzialmente coinvolti, riconducibilità a fattispecie criminose, situazioni anomale o comunque sintomatiche di condotte illecite da parte delle stazioni appaltanti. Resta ferma l'impugnabilità delle decisioni e degli atti assunti dall'ANAC innanzi ai competenti organi di giustizia amministrativa. L'ANAC, per l'emanazione delle linee guida, si dota, nei modi previsti dal proprio ordinamento, di forme e metodi di consultazione, di analisi e di verifica dell'impatto della regolazione, di consolidamento delle linee guida in testi unici integrati, organici e omogenei per materia, di adeguata pubblicità, anche sulla Gazzetta Ufficiale, in modo che siano rispettati la qualità della regolazione e il divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalla legge n. 11 del 2016 e dal presente codice2.

3. Nell'ambito dei poteri ad essa attribuiti, l'Autorità:

a) vigila sui contratti pubblici, anche di interesse regionale, di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei settori speciali e sui contratti secretati o che esigono particolari misure di sicurezza ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera f-bis), della legge 6 novembre 2012, n. 190, nonché sui contratti esclusi dall'ambito di applicazione del codice;

b) vigila affinché sia garantita l'economicità dell'esecuzione dei contratti pubblici e accerta che dalla stessa non derivi pregiudizio per il pubblico erario;

c) segnala al Governo e al Parlamento, con apposito atto, fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o di applicazione distorta della normativa di settore;

d) formula al Governo proposte in ordine a modifiche occorrenti in relazione alla normativa vigente di settore;

e) predispone e invia al Governo e al Parlamento la relazione prevista dall'articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, come modificato dall'articolo 19, comma 5-ter, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, annuale sull'attività svolta evidenziando le disfunzioni riscontrate nell'esercizio delle proprie funzioni3;

f) vigila sul sistema di qualificazione degli esecutori dei contratti pubblici di lavori ed esercita i correlati poteri sanzionatori;

g) vigila sul divieto di affidamento dei contratti attraverso procedure diverse rispetto a quelle ordinarie ed opera un controllo sulla corretta applicazione della specifica disciplina derogatoria prevista per i casi di somma urgenza e di protezione civile di cui all'articolo 163 del presente codice;

h) per affidamenti di particolare interesse, svolge attività di vigilanza collaborativa attuata previa stipula di protocolli di intesa con le stazioni appaltanti richiedenti, finalizzata a supportare le medesime nella predisposizione degli atti e nell'attività di gestione dell'intera procedura di gara4.

h-bis) al fine di favorire l'economicità dei contratti pubblici e la trasparenza delle condizioni di acquisto, provvede con apposite linee guida, fatte salve le normative di settore, all'elaborazione dei costi standard dei lavori e dei prezzi di riferimento di beni e servizi, avvalendosi a tal fine, sulla base di apposite convenzioni, del supporto dell'ISTAT e degli altri enti del Sistema statistico nazionale, alle condizioni di maggiore efficienza, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico della pubblica amministrazione, avvalendosi eventualmente anche delle informazioni contenute nelle banche dati esistenti presso altre Amministrazioni pubbliche e altri soggetti operanti nel settore dei contratti pubblici5.

4. L'Autorità gestisce il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza.

5. Nell'ambito dello svolgimento della propria attività, l'Autorità può disporre ispezioni, anche su richiesta motivata di chiunque ne abbia interesse, avvalendosi eventualmente della collaborazione di altri organi dello Stato nonché dell'ausilio del Corpo della Guardia di Finanza, che esegue le verifiche e gli accertamenti richiesti agendo con i poteri di indagine ad esso attribuiti ai fini degli accertamenti relativi all'imposta sul valore aggiunto e alle imposte sui redditi.

6. Qualora accerti l'esistenza di irregolarità, l'Autorità trasmette gli atti e i propri rilievi agli organi di controllo e, se le irregolarità hanno rilevanza penale, alle competenti Procure della Repubblica. Qualora accerti che dalla esecuzione dei contratti pubblici derivi pregiudizio per il pubblico erario, gli atti e i rilievi sono trasmessi anche ai soggetti interessati e alla Procura generale della Corte dei conti.

7. L'Autorità collabora con l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per la rilevazione di comportamenti aziendali meritevoli di valutazione al fine dell'attribuzione del "Rating di legalità" delle imprese di cui all'articolo 5-ter del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Il rating di legalità concorre anche alla determinazione del rating di impresa di cui all'articolo 83, comma 106.

8. Per le finalità di cui al comma 2, l'Autorità gestisce la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, nella quale confluiscono, oltre alle informazioni acquisite per competenza tramite i propri sistemi informatizzati, tutte le informazioni contenute nelle banche dati esistenti, anche a livello territoriale, onde garantire accessibilità unificata, trasparenza, pubblicità e tracciabilità delle procedure di gara e delle fasi a essa prodromiche e successive. Con proprio provvedimento, l' Autorità individua le modalità e i tempi entro i quali i titolari di suddette banche dati, previa stipula di protocolli di interoperabilità, garantiscono la confluenza dei dati medesimi nell'unica Banca dati accreditata, di cui la medesima autorità è titolare in via esclusiva. Per le opere pubbliche, l'Autorità, il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la Presidenza del Consiglio dei ministri e le Regioni e le Province autonome quali gestori dei sistemi informatizzati di cui al comma 4 dell'articolo 29 concordano le modalità di rilevazione e interscambio delle informazioni nell'ambito della banca dati nazionale dei contratti pubblici, della banca dati di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, della banca dati di cui all'articolo 1, comma 5, della legge 17 maggio 1999, n. 144 e della banca dati di cui all'articolo 36 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, al fine di assicurare, ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 e del presente codice, il rispetto del principio di unicità dell'invio delle informazioni e la riduzione degli oneri amministrativi per i soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, l'efficace monitoraggio dalla programmazione alla realizzazione delle opere e la tracciabilità dei relativi flussi finanziari o il raccordo degli adempimenti in termini di trasparenza preventiva. [ Ferma restando l'autonomia della banca dati nazionale degli operatori economici di cui all'articolo 81, l' Autorità e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti concordano le modalità di interscambio delle informazioni per garantire la funzione di prevenzione dalla corruzione e di tutela della legalità dell'Autorità e nel contempo evitare sovrapposizione di competenze e ottimizzare l'utilizzo dei dati nell'interesse della fruizione degli stessi da parte degli operatori economici e delle stazioni appaltanti] 7.

9. Per la gestione della Banca dati di cui al comma 8, l'Autorità si avvale dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, composto da una sezione centrale e da sezioni regionali aventi sede presso le regioni e le province autonome. L'Osservatorio opera mediante procedure informatiche, sulla base di apposite convenzioni, anche attraverso collegamento con i relativi sistemi in uso presso le sezioni regionali e presso altre Amministrazioni pubbliche e altri soggetti operanti nei settore dei contratti pubblici. L'Autorità stabilisce le modalità di funzionamento dell'Osservatorio nonché le informazioni obbligatorie, i termini e le forme di comunicazione che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono tenuti a trasmettere all'Osservatorio. Nei confronti del soggetto che ometta, senza giustificato motivo, di fornire informazioni richieste ovvero fornisce informazioni non veritiere, l'Autorità può irrogare la sanzione amministrativa pecuniaria di cui al comma 13. La sezione centrale dell'Osservatorio si avvale delle sezioni regionali competenti per territorio per l'acquisizione delle informazioni necessarie allo svolgimento dei compiti istituzionali, [ovvero di analoghe strutture delle regioni] sulla base di appositi accordi con le regioni [stesse]. La sezione centrale dell'Osservatorio provvede a monitorare l'applicazione dei criteri ambientali minimi di cui al decreto di cui all'articolo 34 comma 1 e il raggiungimento degli obiettivi prefissati dal Piano d'azione per la sostenibilità dei consumi nel settore della pubblica amministrazione8.

10. L'Autorità gestisce il Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, istituito presso l'Osservatorio, contenente tutte le notizie, le informazioni e i dati relativi agli operatori economici con riferimento alle iscrizioni previste dall'articolo 80. L'Autorità stabilisce le ulteriori informazioni che devono essere presenti nel casellario ritenute utili ai fini della tenuta dello stesso, della verifica dei gravi illeciti professionali di cui all'articolo 80, comma 5, lettera c), dell'attribuzione del rating di impresa di cui all'articolo 83, comma 10, o del conseguimento dell'attestazione di qualificazione di cui all'articolo 84. L'Autorità assicura, altresì, il collegamento del casellario con la banca dati di cui all'articolo 819.

11. Presso l'Autorità opera la Camera arbitrale per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture di cui all'articolo 210.

12. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 67, legge 23 dicembre 2005, n. 266.

13. Nel rispetto dei principi di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, l'Autorità ha il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dei soggetti che rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dalla stessa e nei confronti degli operatori economici che non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante o dell'ente aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento, entro il limite minimo di euro 250 e il limite massimo di euro 25.000. Nei confronti dei soggetti che a fronte della richiesta di informazioni o di esibizione di documenti da parte dell'Autorità forniscono informazioni o esibiscono documenti non veritieri e nei confronti degli operatori economici che forniscono alle stazioni appaltanti o agli enti aggiudicatori o agli organismi di attestazione, dati o documenti non veritieri circa il possesso dei requisiti di qualificazione, fatta salva l'eventuale sanzione penale, l'Autorità ha il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie entro il limite minimo di euro 500 e il limite massimo di euro 50.000. Con propri atti l'Autorità disciplina i procedimenti sanzionatori di sua competenza10.

14. Le somme derivanti dal pagamento delle sanzioni di cui all'articolo 211 sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione in un apposito fondo da istituire nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per essere destinate, con decreto dello stesso Ministro, alla premialità delle stazioni appaltanti, secondo i criteri individuati dall'ANAC ai sensi dell'articolo 38. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio11.

15. L'Autorità gestisce e aggiorna l'Albo Nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici di cui all'articolo 78 nonché l'elenco delle stazioni appaltanti che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house ai sensi dell'articolo 192.

16. E' istituito, presso l'Autorità, nell'ambito dell'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti l'elenco dei soggetti aggregatori.

17. Al fine di garantire la consultazione immediata e suddivisa per materia degli strumenti di regolazione flessibile adottati dall'ANAC comunque denominati, l'ANAC pubblica i suddetti provvedimenti con modalità tali da rendere immediatamente accessibile alle stazioni appaltanti e agli operatori economici la disciplina applicabile a ciascun procedimento.

17-bis. L'ANAC indica negli strumenti di regolazione flessibile, di cui al comma 2, e negli ulteriori atti previsti dal presente codice, la data in cui gli stessi acquistano efficacia, che di regola coincide con il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e che, in casi di particolare urgenza, non può comunque essere anteriore al giorno successivo alla loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Gli atti stessi si applicano alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o gli avvisi, con cui si indice la procedura di scelta del contraente, siano pubblicati successivamente alla data di decorrenza di efficacia indicata dall'ANAC ai sensi del primo periodo; in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi si applicano alle procedure e ai contratti in relazione ai quali, alla data di decorrenza di efficacia, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte12 .]

[1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo.

[2] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164).

[4]  Per il Regolamento sull'esercizio dell'attività di vigilanza collaborativa in materia di contratti pubblici, di cui alla presente lettera, vedi il Provvedimento 28 giugno 2017.

[6] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164).

[7] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164),  modificato dall'articolo 125, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56 e successivamente dall'articolo 53, comma 5, lettera f) del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni dalla Legge 29 luglio 2021, n. 108.

[10] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164), successivamente modificato dall'articolo 125, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56.

[11] Così rettificato con Comunicato 15 luglio 2016 (in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164).

Inquadramento

Nel 2014 l'Italia decide di sopprimere l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) e istituire l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) in un'ottica di razionalizzazione delle competenze in materia di contrasto alle infiltrazioni criminali nel sistema degli appalti pubblici e tutela della legalità nella pubblica amministrazione; l'ANAC, infatti, istituita ai sensi dell'art. 19 del d.l. n. 90 del 2014, ingloba sia le funzioni e le competenze attribuite all‘ex AVCP sia quelle assegnate alla Commissione per la valutazione e la trasparenza nella pubblica amministrazione. A distanza di qualche anno e alla luce della discussione in atto in Italia sul Codice degli appalti del 2016, è necessario chiedersi se l'obiettivo è stato raggiunto o se si è trattato di un'occasione perduta e, in tal caso, in che modo è possibile (se è possibile) intervenire a livello nazionale a correggere la disciplina degli affidamenti dei contratti pubblici per perseguire le finalità e gli obiettivi indicati nelle direttive.

Compiti e funzioni dell'Autorità Nazionale Anticorruzione

L'art. 213 del Codice appalti ridefinisce i compiti e le funzioni dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, istituita con il d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, nel settore dei contratti pubblici.

Il nuovo codice degli appalti, nello specifico colloca l'ANAC in posizione centrale e le attribuisce delicate funzioni normative e decisorie (Chiarella, 2019). La centralità del ruolo dell'ANAC si evince, in particolare, dall'art. 213, comma 1, il quale afferma che «La vigilanza e il controllo sui contratti pubblici e l'attività di regolazione degli stessi sono attribuiti, nei limiti di quanto stabilito dal presente codice, all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) (...)». La previsione in commento si impernia sulla tripartizione vigilanza, controllo e regolazione; tali funzioni devono essere esercitate anche al fine di contrastare la corruzione, coerentemente con la mission istituzionale dell'Autorità, accanto a quelle di promozione dell'efficienza e di sostegno allo sviluppo delle migliori pratiche che connotano invece il Codice.

Il comma 2 attribuisce all'ANAC il potere di regolazione che è esercitato attraverso linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile, comunque denominati; l'ANAC attraverso questi atti garantisce la promozione dell'efficienza, della qualità dell'attività delle stazioni appaltanti, cui fornisce supporto anche facilitando lo scambio di informazioni e la omogeneità dei procedimenti amministrativi e favorisce lo sviluppo delle migliori pratiche. La norma precisa che tutti questi atti sono impugnabili in sede giurisdizionale amministrativa.

L'introduzione nell'ordinamento degli atti di soft law a cura dell'ANAC ha determinato in dottrina e in giurisprudenza una ampia discussione; tant'è che nonostante il Consiglio di Stato nel parere n. 855/2016 avesse catalogato tre tipologie di linee guida: a) quelle approvate con decreto ministeriale, b) quelle vincolanti adottate dall'ANAC e c) quelle non vincolanti, sempre adottate dall'ANAC, il legislatore con l'approvazione del decreto Sblocca cantieri e, in particolare, con l'aggiunta del comma 27-octies all'art. 216 d.lgs. n. 50/2016, ha stabilito che con l'entrata in vigore del regolamento unico recante disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione del Codice cessano di avere efficacia delle Linee Guida ANAC di cui all'art. 213, comma 2, vertenti sulle materie indicate dalla stessa norma nonché quelle che comunque siano in contrasto con le disposizioni recate dal regolamento. Il nuovo comma 27-octies non investe la totalità delle norme del codice dei contratti pubblici il cui contenuto precettivo può essere attuato o integrato dall'ANAC con linee guida vincolanti. Non muta, infatti, la formulazione dell'art. 80, comma 13, del d.lgs. n. 50/2016 secondo cui è rimessa all'ANAC la precisazione dei mezzi di prova e delle specifiche carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto strumentali alla dimostrazione dei gravi illeciti professionali di cui al comma 5, lett. c), del medesimo art. 80. Parimenti, risultano inalterati i poteri dell'Autorità con riguardo sia alle procedure di affidamento in caso di fallimento dell'esecutore o di risoluzione del contratto (art. 110, comma 6, del d.lgs. n. 50/2016), sia al monitoraggio dell'Amministrazione aggiudicatrice sull'attività dell'operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato (art. 181, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016). Il predetto Regolamento non è ancora stato adottato anche se i lavori di predisposizione dovrebbero essere conclusi e il provvedimento in via di definizione. Pertanto, l'attività regolatoria dell'ANAC è proseguita ed è stata orientata a coadiuvare le stazioni appaltanti nell'utilizzo corretto della disciplina codicistica e nell'interpretazione e attuazione delle nuove procedure e disposizioni normative, mediante l'adozione di linee guida, delibere, comunicati del Presidente, bandi tipo, e a coadiuvare il legislatore, segnalando attraverso appositi atti le criticità riscontrate nella normativa.

Nel corso del 2021 l'Autorità ha adottato circa 12 Comunicati del Presidente in materia di contrattualistica pubblica, su argomenti molto diversi fra loro: del 7 luglio 2021 è il Comunicato avente ad oggetto «Indicazioni in merito alla gestione degli accordi quadro e delle convenzioni quadro di cui all'articolo 3, comma 1, lettera cccc) del codice dei contratti pubblici» da leggersi unitamente al Comunicato del Presidente del 27 marzo 2021 e alla Delibera n. 461 del 16 giugno 2021. Con il Comunicato del 7 luglio 2021, l'ANAC fornisce chiarimenti in ordine ai compiti delle centrali di committenza e dei soggetti aggregatori nei confronti delle stazioni appaltanti nella pianificazione dei fabbisogni e nel monitoraggio dei consumi e della spesa, al fine della corretta quantificazione della domanda complessiva e, quindi, dell'importo da porre a base di gara per l'affidamento dell'accordo quadro o della convenzione.

Il citato Comunicato specifica, altresì, che le centrali di committenza/soggetti aggregatori controllano l'esecuzione dell'accordo quadro/convenzione, anche al fine del monitoraggio dei consumi e della spesa. Tale attività è distinta rispetto al controllo in merito all'esecuzione dei contratti discendenti, che è rimesso, invece, alla singola amministrazione. Ciò, a meno che la delega di funzioni in favore della centrale di committenza/soggetto aggregatore non riguardi anche la fase di esecuzione del contratto discendente.

Con il Comunicato del 23 giugno 2021, l'Autorità – nell'ambito delle sue attività istituzionali – ha ritenuto necessario fornire indicazioni circa i soggetti che, ai sensi dell'articolo 183, comma 9 del Codice dei contratti pubblici, possono svolgere l'attività di asseverazione del piano economico finanziario, con particolare riferimento alle «società di revisione ai sensi dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966». La stessa ha quindi chiarito che l'articolo 183, comma 9, del Codice dei contratti pubblici deve essere inteso nel senso che l'attività di asseverazione del piano economico finanziario può essere svolta, oltre che dalle società autorizzate ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 1966/1939, anche dalle società iscritte nel registro dei revisori legali e delle società di revisione attualmente tenuto dal Ministero dell'economia e delle finanze.

Con il Comunicato del 9 giugno 2021, l'Autorità si è invece espressa sull'utilizzo, ai fini del conseguimento dell'attestazione di qualificazione, di certificazioni di qualità emesse da Organismi accreditati da Enti aderenti agli accordi internazionali IAF MLA. In aderenza al principio generale del mutuo riconoscimento, l'Autorità ritiene che possa affermarsi l'equivalenza tra le certificazioni emesse da Organismi accreditati da Enti aderenti agli accordi internazionali IAF MLA e quelle emesse da Organismi accreditati da Enti aderenti agli accordi EA MLA, anche al fine del conseguimento dell'attestazione di qualificazione. Chiarisce l'ANAC che una diversa interpretazione potrebbe finire con il vanificare lo scopo perseguito con la sottoscrizione degli Accordi di mutuo riconoscimento, introducendo una disparità di trattamento tra gli operatori economici. Pertanto,le certificazioni di qualità ISO 9001/2015 emesse da Organismi accreditati da Enti aderenti all'accordo IAF MLA possono essere utilizzate ai fini del conseguimento dell'attestazione di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici. La verifica della regolarità di dette certificazioni è riscontrata dalle SOA mediante il collegamento informativo con gli elenchi ufficiali tenuti dagli enti partecipanti all'International Accreditation Forum (IAF). Con il Comunicato del 26 maggio 2021, l'Autorità fa chiarezza su un altro delcato tema che è il conferimento interno dell'incarico di direttore dei lavori. Una lettura sistematica delle disposizioni del Codice (artt. 24, 101 e 111) consente di ritenere che qualora le stazioni appaltanti intendano affidare al proprio interno le attività di direzione dei lavori, le stesse debbano individuare, prima dell'avvio della procedura, il direttore dei lavori, specificandone il nominativo. In tal caso, il direttore dei lavori, in possesso dei requisiti prescritti dal legislatore per lo svolgimento dell'incarico di RUP, deve essere scelto tra i dipendenti: a) dei propri uffici tecnici; b) degli uffici consortili di progettazione e di direzione dei lavori che i Comuni, i rispettivi consorzi e unioni, le Comunità montane, le aziende sanitarie locali, i consorzi, gli enti di industrializzazione e gli enti di bonifica possono costituire; c) degli organismi di altre pubbliche amministrazioni di cui le singole stazioni appaltanti possono avvalersi per legge.

Con il Comunicato del 13 aprile 2021 sono state fornite indicazioni sull'«Impatto dell'emergenza sanitaria da COVID-19 sui requisiti di partecipazione alle procedure di affidamento» e con il Comunicato del 23 marzo 2021 l'Autorità ha fornito «Indicazioni interpretative sull'art. 106, comma 12, del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 e s.m.i., in merito alle modifiche contrattuali fino a concorrenza di un quinto dell'importo del contratto»; il 9 marzo 2021 è intervenuta sui «Requisiti di qualificazione – Modalità di dimostrazione dell'adeguato organico medio annuo (art. 79, commi 10 e 11, del d.P.R. 207/2010)» fornendo «Chiarimenti sulle indicazioni e le puntualizzazioni fornite agli operatori di settore con i Comunicati del Presidente del 9 marzo e 31 maggio 2016»; il 24 febbraio 2021 ha specificato quali sono i «Presupposti di ammissibilità e modalità di presentazione delle istanze per il rilascio del parere sulla congruità del prezzo ai sensi dell'art. 163, comma 9, del d.lgs. n. 50/2016» mentre con il Comunicato del 17 febbraio 2021 ha dettato precisazioni sull'»Aggiornamento dei prezziari regionali». Il primo Comunicato del 2021 ha riguardato invece i «Corrispettivi a base di gara per le procedure di affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria» ed è stato adottato il 3 febbraio.

Anche il 2020 è stato un anno intenso per l'attività di regolazione dell'Autorità che è stata svolta seguendo due direttrici fondamentali: mediante il ricorso all'adozione di delibere, volte a fornire immediatamente indicazioni interpretative e operative al mercato, e, mediante l'introduzione di concrete misure volte a superare alcune criticità emerse in relazione alla pandemia da COVID-19. L'Autorità è intervenuta, per esempio, a richiamare l'attenzione delle stazioni appaltanti sullo scarso utilizzo di strumenti telematici per lo svolgimento delle procedure di gara, che avvengono ancora nella maggior parte dei casi mediante sistemi cartacei. Con l'adozione del Comunicato del Presidente del 20 maggio 2020, l'Autorità ha reso note le proposte di strategia e di azioni per l'effettiva semplificazione e trasparenza nei contratti pubblici attraverso la completa digitalizzazione delle procedure di gara. Inoltre, al fine di supportare le stazioni appaltanti in tale delicata e importante transizione, in data 22 dicembre 2020, ha approvato un documento di consultazione, che reca il nuovo bando tipo per procedure di acquisto di servizi e forniture, svolte interamente mediante strumenti telematici, di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza comunitaria, da aggiudicarsi in base al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa secondo il miglior rapporto qualità/prezzo. Il documento è stato posto in consultazione dal 12 gennaio al 15 marzo 2021 e una volta approvato sostituirà il precedente Bando tipo n. 1. Rispetto ai bandi tipo già adottati dall'Autorità e predisposti per dare indicazioni alle stazioni appaltanti per lo svolgimento di «gare tradizionali» (ossia svolte con supporto cartaceo), la preparazione del nuovo modello ha richiesto, da un lato, l'introduzione di apposite clausole connesse all'utilizzo di sistemi informatici per lo svolgimento della gara e, dall'altro, l'adeguamento di diversi istituti giuridici alle previsioni normative introdotte dai d.l. n. 32/2019 e 76/2020.

L'Autorità ha inoltre proseguito i lavori per l'adozione dello schema di «Contratto standard di concessione per la progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche a diretto utilizzo della Pubblica Amministrazione da realizzare in partenariato pubblico privato», la cui attività si è conclusa nel dicembre 2020 con l'adozione del predetto documento, strutturato con riferimento a una operazione di partenariato pubblico privato (PPP), aggiudicata sulla base di un progetto definitivo, nella quale a fronte delle prestazioni rese dal concessionario (realizzazione investimento e gestione di servizi volti a consentire la disponibilità e il pieno funzionamento dello stesso), l'Amministrazione concedente paga un canone per la disponibilità dell'opera nonché, ove previsto dal bando, un contributo pubblico a titolo di prezzo dei lavori realizzati, ai sensi degli artt. 165, comma 2, e 180, comma 6, del Codice. La scelta di redigere uno schema di Contratto di concessione/PPP a tariffazione sulla PA deriva dalla necessità di allocare correttamente, attraverso clausole chiare e inequivocabili, i rischi propri delle operazioni di PPP, nel rispetto dei principi della Direttiva 2014/23/UE delle previsioni del codice dei contratti pubblici e delle indicazioni fornite da Eurostat per la contabilizzazione fuori bilancio delle medesime operazioni, con l'obiettivo di incentivare e sostenere gli investimenti in infrastrutture, tutelando al contempo la finanza pubblica ed aiutando le stazioni appaltanti a superare le criticità emerse in ordine alle clausole da inserire nel predetto contratto.

Nel corso degli ultimi anni, a seguito della novella di cui si è detto sopra, l'ANAC ha limitato l'adozione di Linee guida concentrando la propria attenzione sull'attività di aggiornamento delle linee guida precedentemente adottate. Ciò nonostante nel cordo dell'ultimo anno, l'Autorità ha ritenuto necessario intervenire su un tema molto complesso qual è quello degli affidamenti in house predisponendo una Linea guida recante “Indicazioni in materia di affidamenti in house di contratti aventi ad oggetto lavori, servizi o forniture disponibili sul mercato in regime di concorrenza ai sensi dell'art. 192, comma 2 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i.”. La Linea guida de qua è stata trasmessa con nota del 14 settembre 2021 all'attenzione del Consiglio di Stato che, nell'esercizio della sua funzione consultiva, dovrà emettere il relativo parere. L'intenzione dell'Autorità è quella di fornire indicazioni pratiche non vincolanti alle stazioni appaltanti per la formulazione della motivazione di cui all'art. 192, comma 2 del Codice nel caso di affidamento diretto a società in house con l'obiettivo di orientare l'azione degli enti interessati verso comportamenti conformi alla discipina di settore. Nel corso del 2019, subito prima della conversione del d.l. 32/2019 sono state adottate le Linee Guida n. 15 recanti “Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici”, approvate con Delibera n. 494 del 5 giugno 2019; mentre qualche mese prima dell'approvazione del citato d.l. 32/2019 erano state approvate le Linee Guida n. 14 recanti «Indicazioni sulle consultazioni preliminari di mercato», di cui alla delibera n. 161 del 06 marzo 2019 e le Linee Guida n. 13 recanti «La disciplina delle clausole sociali», approvate con Delibera numero 114 del 13 febbraio 2019 cui ha fatto seguito anche il Comunicato del Presidente del 29 maggio 2019 con il quale sono stati forniti ulteriori chiarimenti sul tema. L'Autorità è intervenuta con delibera del Consiglio n. 417 del 15 maggio 2019 – ovvero dopo l'approvazione del predetto decreto legge – ad aggiornare le Linee Guida n. 1, di attuazione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 recante «Indirizzi generali sull'affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria» approvate con delibera n. 973 del 14 settembre 2016. Con delibera n. 636 del 10 luglio 2019, l'Autorità ha provveduto anche ad aggiornare le Linee Guida n. 4 «Procedure per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici», nei punti 1.5, 2.2, 2.3 e 5.2.6 lett. j) a seguito dell'entrata in vigore della l. 14 giugno n. 55 di conversione del d.l. 18 aprile 2019 n. 32, per consentire alla Commissione di chiudere la procedura di infrazione nei confronti dello Stato Italiano. Nel 2018 erano state adottate le Linee guida n. 12 recanti indicazioni su «Affidamento dei servizi legali» approvate dal Consiglio dell'Autorità con delibera n. 907 del 24 ottobre 2018 cui ha fatto seguito l'adozione della delibera n. 303 del 01 aprile 2020 con la quale l'Autorità, riscontrando una richiesta di parere, ha precisato che «gli operatori economici che prendono parte all'esecuzione di appalti pubblici devono possedere i requisiti generali di moralità, tra cui quello di regolarità contributiva. In caso di costituzione di un apposito elenco di avvocati, da consultare ai fini del conferimento del singolo incarico professionale, tali requisiti devono essere posseduti dai professionisti al momento della richiesta di iscrizione nel citato elenco e debbono essere controllati al momento di ogni singolo affidamento, fermo restando, da un lato, che non può esigersi il medesimo rigore formale di cui all'art. 80 d.lgs. n. 50/2016 (prima art. 38 d.lgs. n. 163/2006) e, dall'altro, che la stazione appaltante nell'esercizio della propria discrezionalità amministrativa può valutare di svolgere in ogni momento le verifiche ritenute necessarie». Nel medesimo anno sono state adottate anche le Linee Guida n. 11 recanti «Indicazioni per la verifica del rispetto del limite di cui all'art. 177, comma 1, del codice, da parte dei soggetti pubblici o privati titolari di concessioni di lavori, servizi pubblici o forniture già in essere alla data di entrata in vigore del codice non affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea», approvate con delibera numero 614 del 04/07/2018, aggiornate con la Delibera n. 570 del 26 giugno 2019.

Oltre all'attività di regolazione, l'art. 213 attribuisce all'ANAC altre importanti competenze; in particolare al comma 3, lett. a) è previsto che l'Autorità svolga l'attività di vigilanza finalizzata ad appurare la sussistenza di eventuali anomalie nello svolgimento degli affidamenti e il mancato rispetto dei principii e delle previsioni normative dettate in tema di contrattualistica pubblica. All'esito dei procedimenti di vigilanza, l'ANAC provvede a censurare le violazioni riscontate, esortando la stazione appaltante, ove possibile, all'adozione di provvedimenti che riconducano a legalità o che eliminino, anche attraverso l'esercizio del potere di autotutela, i vizi accertati, ovvero adottando raccomandazioni per il futuro. Inoltre, nelle ipotesi di maggiore gravità, l'Autorità rimette gli atti, per gli eventuali seguiti di competenza, alla Procura della Repubblica ovvero alla Corte dei Conti, con il coinvolgimento delle specifiche sezioni regionali.

Le maggiori criticità riscontrate in fase di gara, nell'esercizio dell'attività di vigilanza dell'Autorità, come emerge dalle Relazioni presentate annualmente al Parlamento, riguardano, le violazioni concernenti le disposizioni dettate in materia di progettazione; l'elusione delle disposizioni in tema di frazionamento; la non adeguata preventiva individuazione dei parametri oggettivi e criteri motivazionali necessari nell'ipotesi di aggiudicazione della gara con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa; l'illegittimo ricorso a procedure negoziate dovuto ad errori (se non addirittura all'assenza) nella programmazione della corretta individuazione del fabbisogno della stazione appaltante. Con riferimento alla fase di esecuzione, le anomalie più rilevanti riguardano invece la gestione delle varianti, spesso carenti di istruttoria e di motivazione, nonché la tardiva attivazione della procedura di accordo bonario di cui all'art. 205 del Codice e la mancanza di un'analitica valutazione del RUP circa l'ammissibilità e la non manifesta infondatezza delle riserve, come prescritto dalla legge. Con specifico riguardo all'affidamento di forniture e servizi, l'Autorità riscontra un uso improprio dell'istituto dell'affidamento senza previa pubblicazione del bando di gara, spesso utilizzato in assenza dei presupposti previsti dalla legge e impiegato all'esito di artificiosi frazionamenti del fabbisogno delle stazioni appaltanti tesi ad eludere l'applicazione delle disposizioni normative in tema di procedure di gara di importo superiore alla soglia comunitaria. Inoltre, l'Autorità ha avuto modo di riscontrare un frequente ricorso da parte delle stazioni appaltanti alle proroghe, c.d. tecniche, in assenza dei requisiti imposti ex lege, nonché a rinnovi, anche taciti, disposti per far fronte a carenza di programmazione, nonché ritardi o errori nella predisposizione e pubblicazione degli atti di gara. L'Autorità ha di recente svolto una specifica indagine sull'istituto del Partenariato pubblico privato, che ha portato alla predisposizione di una delibera, e che dà atto delle più significative criticità emerse negli ultimi anni e fornisce suggerimenti alle stazioni appaltanti per svolgere correttamente procedure di gara tese ad affidare partenariati pubblici-privati. L'analisi evidenzia che le problematiche maggiori si verificano quando la procedura di gara è bandita da amministrazioni di piccole dimensioni, sprovviste di pregresse esperienze in materia, atteso che, di norma, i partenariati pubblici-privati si configurano come operazione estremamente complesse per le quali risulta fondamentale un adeguato supporto tecnico, oltre che legale. Spesso le stazioni appaltanti non effettuano in maniera adeguata l'analisi dei rischi insiti nel progetto e non inseriscono clausole contrattuali adeguate a una corretta ripartizione dei rischi fra concessionario e Amministrazione pubblica.

La vigilanza collaborativa

L'Autorità svolge anche una attività di vigilanza collaborativa, prevista dall'art. 213, comma 3, lett. h), e disciplinata nello specifico dal Regolamento ANAC del 28 giugno 2017, pubblicato in G.U. n. 178 del 1° agosto 2017. Si tratta di una forma particolare ed eccezionale di verifica, prevalentemente preventiva, finalizzata a garantire il corretto svolgimento delle operazioni di gara e dell'esecuzione dell'appalto ed impedire tentativi di infiltrazione criminale. Lo svolgimento dell'attività di vigilanza collaborativa è caratterizzata, infatti, dalla preventiva stipula di appositi Protocolli d'azione e si sostanzia oltre che in una disamina preventiva degli atti di gara predisposti dalla stazione appaltante, condotta nell'ottica di accertare il rispetto della normativa vigente e di individuare le clausole e le condizioni maggiormente idonee a prevenire tentativi di infiltrazione criminale, ma anche in un monitoraggio della procedura di affidamento nel corso della fase di gara, fino all'aggiudicazione della stessa. Tale attività è stata svolta in maniera ancora più intensa nell'ultimo anno in considerazione della situazione emergenziale vissuta dal Paese. L'istituto ha la finalità di fornire supporto e ausilio alle stazioni appaltanti e per tale motivo è stato adottato il Comunicato del Presidente del 1° aprile 2020 con il quale è stata manifestata la disponibilità ad incrementare l'attività di vigilanza collaborativa a favore delle stazioni appaltanti interessate.

Dai dati disponibili sul sito istituzionale risulta che nel corso dell'anno 2020, è stato registrato un aumento significativo del numero di protocolli d'intesa stipulati, pari a 19 nuovi protocolli con un aumento significativo anche delle procedure vigilate. Risulta evidente che l'istituto è apprezzato sia a livello nazionale che locale; infatti, da un punto di vista soggettivo, la stipula dei nuovi Protocolli ha interessato la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i Ministeri, la Delegazione italiana per il G20, Invitalia, Consip, e le società partecipate così come l'ambito locale e in particolare le Regioni, i Comuni e le Prefetture. Anche gli ambiti di intervento sono vari perché spaziano dall'organizzazione di grandi eventi e progetti strategici di rilevanza nazionale, ai servizi di progettazione, da iniziative per l'emersione del lavoro sommerso e del rilascio dei permessi di soggiorno ad interventi per la valorizzazione del patrimonio storico italiano, da affidamenti di lavori di importo superiore ai 130.000.000 di Euro ad appalti concernenti il settore sanitario. L'ANAC ha prestato supporto anche ad altre Autorità, per esempio, all'Autorità di Regolazione per l'Energia e nell'ambito del contrasto alla diffusione del COVID-19, al Commissario Straordinario. Nel mese di settembre 2021, inoltre, è stato stipulato il Protocollo di vigilanza collaborativa con la struttura commissariale dell'autorità di sistema portuale del mar tirreno settentrionale finalizzato a verificare la conformità degli atti di gara alla normativa di settore, all'individuazione di clausole e condizioni idonee a prevenire tentativi di infiltrazione criminale.

L'istituto della vigilanza collaborativa si caratterizza per speditezza e velocità perché ai sensi del citato Regolamento le interlocuzioni fra Autorità e stazione appaltante devono avvenire in tempi strettissimi, circa una settimana. La speditezza non influenza l'attenzione e la scrupolosità dell'azione dell'ANAC che infatti si avvale per alcune attività del supporto della Guardia di Finanza che, in ragione delle proprie competenze istituzionali, svolge indagini mirate all'emersione di eventuali aspetti significativi ai fini del corretto svolgimento della procedura di gara.

Potere di segnalazione a Governo e Parlamento

Il citato art. 213 del Codice, al comma 3, lett. c) attribuisce all'ANAC anche un potere di segnalazione a Governo e Parlamento delle criticità presenti nella normativa o relative alle modalità con cui la stessa viene attuata; tale funzione riguarda sia la disciplina della contrattualistica pubblica sia quella di prevenzione della corruzione.

Dal sito dell'ANAC risulta che nel 2021 sono stati formulati tre atti di segnalazione: il più recente è l'atto segnalazione n. 3 del 28 luglio 2021, concernente l'articolo 89, commi 1 e 11 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i. approvato con Delibera n. 578/2021; il 27 aprile 2021 è stato approvato l'atto di segnalazione al Governo e al Parlamento n. 2, concernente il sistema di centralizzazione e aggregazione degli acquisti, approvato dal Consiglio dell'Autorità con Delibera n. 358 del 27 aprile 2021 e il 9 marzo 2021 è stato approvato dal Consiglio dell'Autorità con Delibera n. 204 1‘atto di segnalazione avente ad oggetto l'art. 113 del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50. Nel 2020 sono stati, invece, formulati 10 Atti di segnalazione, di cui 8 relativi al settore dei contratti pubblici e 2 inerenti la prevenzione della corruzione e la trasparenza. In particolare il contenuto delle segnalazioni ha riguardato, per lo più, l'applicabilità alle società quotate della normativa in materia di trasparenza, la disciplina adottata per far fronte all'emergenza sanitaria da Covid-19 con particolare riguardo agli effetti delle misure anti-contagio sui contratti pubblici in corso di affidamento, i requisiti per l'iscrizione nell'elenco dei soggetti aggregatori di cui all'art. 9 del d.l. n. 66/2014, la disciplina degli oneri di conferimento a discarica nell'ambito di un appalto di lavori ed alla disciplina dei sistemi telematici di affidamento dei contratti di forniture e servizi, la disciplina dei requisiti aggiuntivi per la partecipazione a gare, l'affidamento di subappalti e la stipulazione dei relativi contratti da parte di imprese in concordato, nonché proposte di modifica del d.l. n. 162/2019, della disciplina del pantouflage di cui all'art. 53, comma 16-ter del d.lgs. n. 165/2001, agli artt. 93-comma 1, 36 comma 2 lett. a) e 98 del d.lgs. n. 50/2016.

Gestione del sistema di qualificazione

I commi successivi individuano gli ulteriori poteri dell'Autorità, tra i quali si segnalano, rispetto al previgente Codice dei contratti pubblici, quelli di gestione del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e dell'Albo nazionale dei componenti delle commissioni giudicatrici e delle centrali di committenza; di vigilanza del sistema di qualificazione degli esecutori dei contratti pubblici di lavori. La qualificazione delle stazioni appaltanti costituisce una delle più importanti innovazioni del d.lgs. n. 50/2016, dato che il possesso della qualificazione condiziona gli adempimenti successivi delle stazioni appaltanti pubbliche.

L'introduzione della norma sulla qualificazione delle stazioni appaltanti era tesa a garantire una migliore performance e una maggiore professionalità delle stazioni appaltanti, e a far sì che alla gara partecipino solo operatori in grado di assicurare alla P.A. un'esecuzione qualificata del contratto. La qualificazione delle stazioni appaltanti – punto cardine della riforma del sistema dei contratti pubblici – aveva lo scopo di razionalizzare le procedure di spesa attraverso l'applicazione di criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione delle stazioni appaltanti, prevedendo una riorganizzazione delle loro funzioni, con particolare riferimento alle fasi di programmazione e controllo; il sistema era teso a consentire una valutazione della effettiva capacità tecnica e organizzativa della stazione appaltante, sulla base di parametri obiettivi, in modo da giungere a ridurre il numero delle stazioni appaltanti. Ciò avrebbe anche consentito di stabilire a seconda del grado di qualificazione conseguito dalle stazioni appaltanti, quali di esse potevano gestire contratti di maggiore o minore complessità, salvaguardando l'esigenza di garantire la suddivisione in lotti nel rispetto della normativa dell'Unione europea, e fatto salvo l'obbligo, per i comuni non capoluogo di provincia, di ricorrere a forme di aggregazione o centralizzazione delle committenze, a livello di unione dei comuni, ove esistenti, o ricorrendo ad altro soggetto aggregatore secondo la normativa vigente, garantendo la tutela dei diritti delle minoranze linguistiche come prevista dalla Costituzione e dalle disposizioni vigenti (Massari, 2019).

Il decreto sblocca-cantieri è intervenuto anche sul sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, previsto dall'art. 38 comma 2 del Codice, in attesa dell'adozione del necessario dPCM (sul quale l'ANAC risulta aver espresso parere favorevole con determinazione n. 2 dell'11 febbraio 2015). La modifica introdotta all'art. 37 comma 4 del Codice consente anche ai comuni non capoluogo di provincia di procedere direttamente e autonomamente allo svolgimento delle procedure di gara, senza l'ausilio degli strumenti aggregativi (centrali di committenza, ai soggetti aggregatori o alle stazioni appaltanti uniche). Come si ricorderà, tale facoltà era vietata dalla precedente formulazione della norma, che imponeva a tali enti locali minori il ricorso a forme di aggregazione (ANAC, Relazione al Parlamento, 2020).

La disciplina relativa alla qualificazione delle stazioni appaltanti di cui all'art. 38 del nuovo Codice dei contratti a oggi non è ancora operativa, poiché è necessario, come detto sopra, il varo di disposizioni attuative e, in particolare, del citato dPCM; nelle more, tutte le stazioni appaltanti devono ritenersi qualificate mediante la semplice iscrizione presso l'ANAC. È, infatti, prevista l'istituzione presso l'ANAC di un apposito elenco delle stazioni appaltanti qualificate, di cui fanno parte anche le centrali di committenza. L'iscrizione ha una validità di 5 anni rinnovabili ed è automatica per alcuni soggetti quali il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Consip S.p.A, Invitalia S.p.A. ed i soggetti aggregatori regionali. L'art. 216, comma 10 del d.lgs. n. 50/2016 dispone che «Fino alla data di entrata in vigore del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti di cui all'art. 38, i requisiti di qualificazione sono soddisfatti mediante l'iscrizione all'anagrafe di cui all'art. 33-ter del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv., con modif., dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221». (Panetta, 2016).

Al momento risultano qualificati 32 soggetti aggregatori, senza dimenticare una certa diffusività delle centrali di committenza locali, pertanto, come chiarito dall'ANAC appare necessario dare avvio con tempestività al sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, al fine di rafforzare le professionalità dei buyers pubblici e di procedere alla aggregazione delle stazioni appaltanti, soprattutto a tutela dei piccoli comuni, non dotati di strutture adeguate (come segnalato anche dal Presidente della Corte dei Conti, nell'audizione dell'8 aprile 2019).

Semplificazione, informatizzazione e digitalizzazione: il principio once only

Gli obiettivi del legislatore europeo prima e di quello nazionale poi sono tesi a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese anche attraverso la riduzione degli oneri burocratici e finanziari a loro carico, a contrastare la corruzione ad i conflitti di interesse, favorire la semplificazione delle procedure di gara attraverso l'introduzione di regole più flessibili e, in particolare, attraverso l'introduzione di un più ampio ricorso all'autocertificazione. Questi obiettivi sono perseguibili innanzitutto attraverso il completamento del processo di digitalizzazione delle procedure di gara. E infatti il vigente art. 213 del Codice, ma anche il PNRR in via di approvazione, confermano il ruolo dell'Autorità nazionale anticorruzione quale organismo di supporto alle stazioni appaltanti anche attraverso lo sviluppo e l'implementazione della Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP). La BDNCP – rinnovata e implementata – è considerata uno degli elementi intorno a cui ruota la costruzione di un nuovo modello di gestione delle procedure di affidamento dei contratti pubblici: maggiore efficienza, semplificazione, riduzione degli oneri amministrativi e maggiore trasparenza.

La BDNCP è uno strumento prezioso a disposizione del Paese; essa è annoverata tra le basi di dati di interesse nazionale in base all'art. 60 comma 3-bis del Codice dell'Amministrazione Digitale (d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82), e nel 2018 ha ricevuto dalla Commissione Europea il 1° premio nell'ambito della competizione «Better Governance through Procurement Digitalization», sulla base della sua «completezza, integrità dei dati, interoperabilità, disponibilità di funzioni di aeccesso ed analisi delle informazioni, governance e sostenibilità» risultando il miglior esempio di «National Contract Register» nell'Unione Europea. È ormai consapevolezza comune che, nella materia dei contratti pubblici, la progressiva digitalizzazione insieme all'utilizzo di strumenti elettronici e alla standardizzazione dei procedimenti di gara nonché alla disponibilità diffusa di dati sui contratti, rappresentano potenti strumenti a supporto della trasparenza, della concorrenza e per la prevenzione della corruzione.

Il decreto cd. Semplificazioni riposiziona l'ANAC al centro del complesso e articolato settore degli appalti e dei contratti pubblici e, in particolare, della fase di raccolta, monitoraggio e analisi dei dati. Il d.l. n. 77 del 2021, per quanto qui di interesse, modifica l'art. 29 stabilendo al nuovo comma 2 che tutte le informazioni inerenti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione, alla scelta del contraente, all'aggiudicazione e all'esecuzione di lavori, servizi e forniture relativi all'affidamento, inclusi i concorsi di progettazione e i concorsi di idee e di concessioni, compresi quelli di cui all'articolo 5, sono gestite e trasmesse tempestivamente alla BDNCP dell'ANAC attraverso le piattaforme telematiche ad essa interconnesse secondo le modalità indicate all'articolo 213, comma 9. L'ANAC ha, altresì, il compito di garantire, attraverso la predetta Banca Dati, la pubblicazione dei dati ricevuti, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 53 e ad eccezione di quelli che riguardano contratti secretati, la trasmissione dei dati all'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea e la pubblicazione ai sensi dell'articolo 73.

Il d.l. 77 modifica, altresì, l'art. 81 stabilendo che la Banca dati nazionale degli operatori economici – gestita dall'ex Ministero delle infrastrutture e dei trasporti oggi Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili – transiti nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici gestita dall'ANAC. Anche tale modifica appare di particolare rilievo in quanto funzionale a centrallizare il sistema degli appalti garantendo maggiore efficienza ed evitando duplicazioni e possibili asimmetrie fra diversi soggetti istituzionali competenti nella gestione delle infrastrutture informatiche.

Il decreto cd. Semplificazioni interviene anche sull'art. 213, comma 8 eliminando il quarto capoverso e coordinando la norma con le modifiche di cui all'art. 81. È bene ricordare che già il decreto correttivo era intervenuto a riformulare il citato comma 8 dell'art. 213.La versione riformulata del citato comma, introduce il principio once only ovvero l'univocità dell'invio delle informazioni. Tale modifica era funzionale ad assicurare minori oneri amministrativi a carico di stazioni appaltanti e operatori economi. L'introduzione del fascicolo virtuale dell'operatore economico di cui all'art. 81 va nella medesima direzione Per garantire il corretto funzionamento del sistema e il raggiungimento degli obiettivi prefissati è necessario investire in sviluppo delle infrastrutture informatiche, a partire dalla BDNCP.

Il principio once only è ribadito anche con la modifica del comma 4-bis dell'art. 29, ad opera sempre del d.l. semplificazioni che ha previsto che l'interscambio dei dati e degli atti tra la BDNCP dell'ANAC, il sistema di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, e le piattaforme telematiche ad essa interconnesse avviene, nel rispetto del principio di unicità del luogo di pubblicazione e di unicità dell'invio delle informazioni, in conformità alle Linee guida AgID in materia di interoperabilità. L'insieme dei dati e delle informazioni condivisi costituiscono fonte informativa prioritaria in materia di pianificazione e monitoraggio di contratti. La norma precisa, infine, che per le opere pubbliche si applica quanto previsto dall'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229.

Nell'ambito del PNRR l'Autorità nazionale anticorruzione è, dunque, individuata quale organismo deputato ad assicurare attraverso la completa digitalizzazione delle procedure di affidamento delle commesse pubbliche una effettiva semplificazione del sistema degli appalti. Il citato comma 8 dispone, inoltre, che ANAC, Ministero dell'economia e delle finanze e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (oggi denominato Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili) nonché la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le Regioni e le Province autonome concordino le modalità di rilevazione e di interscambio delle informazioni nell'ambito della Banca Dati nazionale dei contratti pubblici, della Banca Dati delle Amministrazioni Pubbliche (BDAP), della Banca Dati Investimenti pubblici e della Banca Dati di cui all'art. 36 del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, conv., con modif., dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, garantendo, l'efficace monitoraggio dalla programmazione alla realizzazione delle opere, la tracciabilità dei relativi flussi finanziari e il raccordo degli adempimenti in termini di trasparenza.

Per la gestione della Banca dati di cui al comma 8, l'Autorità si avvale – secondo quanto previsto al comma 9, dell'art. 213 del Codice – dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. L'Osservatorio, composto da una sezione centrale e da sezioni regionali aventi sede presso le regioni e le province autonome, opera mediante procedure informatiche, sulla base di apposite convenzioni, anche attraverso collegamento con i relativi sistemi in uso presso le sezioni regionali e presso altre Amministrazioni pubbliche e altri soggetti operanti nel settore dei contratti pubblici

È compito dell'Autorità stabilire le modalità di funzionamento dell'Osservatorio nonché le informazioni obbligatorie, i termini e le forme di comunicazione che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono tenuti a trasmettere. La norma stabilisce che nei confronti del soggetto che ometta, senza giustificato motivo, di fornire informazioni richieste ovvero fornisce informazioni non veritiere, l'Autorità può irrogare la sanzione amministrativa pecuniaria di cui al comma 13. L'ultima parte della norma stabilisce anche che la sezione centrale dell'Osservatorio si avvale delle sezioni regionali competenti per territorio per l'acquisizione delle informazioni necessarie allo svolgimento dei compiti istituzionali, sulla base di appositi accordi con le regioni; la modifica introdotta con il c.d. decreto correttivo prevede, infine, che la sezione centrale dell'Osservatorio provvede a monitorare l'applicazione dei criteri ambientali minimi di cui al decreto di cui all'art. 34 comma 1 e il raggiungimento degli obiettivi prefissati dal Piano d'azione per la sostenibilità dei consumi nel settore della pubblica amministrazione. Con l'adozione del decreto correttivo il legislatore ha anche riscritto l'ultimo periodo del comma 10, prevedendo che l'Autorità – che gestisce il Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture – stabilisca le ulteriori informazioni che devono essere presenti nel casellario ritenute utili ai fini della tenuta dello stesso, della verifica dei gravi illeciti professionali, dell'attribuzione del rating di impresa, o del conseguimento dell'attestazione di qualificazione. Si stabilisce, infine, che l'Autorità assicuri, altresì, il collegamento del casellario con la banca dati di cui all'art. 81.

La funzione di elaborazione dei costi e di regolazione di prezzi

Il vigente art. 213 prevede, altresì, che l'ANAC, al fine di favorire l'economicità dei contratti pubblici e la trasparenza delle condizioni di acquisto, provvede all'elaborazione dei costi standard dei lavori e dei prezzi di riferimento di beni e servizi, alle condizioni di maggiore efficienza, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico della pubblica amministrazione, avvalendosi eventualmente anche delle informazioni contenute nelle banche dati esistenti presso altre Amministrazioni pubbliche e altri soggetti operanti nel settore dci contratti pubblici. La funzione di regolazione dei prezzi di riferimento appare essere, soprattutto per le ricadute economiche che essa potrebbe determinare sul mercato, un'attività molto rilevante e che invece sembra aver ricevuto una limitata attenzione sia da parte dell'ANAC sia degli analisti del settore. Da quanto risulta, infatti, al momento l'Autorità ha concentrato l'attività di regolazione dei prezzi all'ambito sanitario, ritenendo tale ambito di gran lunga più importante quanto ad effetti concreti sul mercato. L'attenzione a questa funzione è determinata dalla rigorosa metodologia di determinazione dei prezzi di riferimento che rende l'informazione finale particolarmente attendibile; risulta infatti che la metodologia seguita prevede un complesso percorso di standardizzazione dei beni/servizi per i quali calcolare i prezzi, effettuata sulla base delle loro specifiche tecniche, nonché di una valutazione di sostituibilità di tali beni/servizi. La metodologia prevede generalmente la predisposizione di un articolato questionario, che va progettato in maniera assai accurata pena la non attendibilità dei risultati stessi, somministrato ad un insieme di stazioni appaltanti individuate anche queste in modo preciso, eventualmente tramite una procedura di campionamento statistico. Anche la trattazione dei risultati dell'indagine prevede dei rigorosi trattamenti di data quality e una complessa analisi statistica finalizzata ad identificare i fattori che influiscono sul prezzo. La rilevanza di tale funzione regolatoria consiste, inoltre, nell'acquisizione da parte di ANAC, a valle della definizione dei prezzi di riferimento, di una significativa mole di informazioni che potrebbero essere ampiamente utilizzati per la costruzione degli indicatori di rischio corruttivo che, al momento, invece non sembrano essere disponibili.

È rimessa all'ANAC – sempre in chiave regolatoria – anche la competenza di cui all'art. 163, comma 9 del Codice ovvero il rilascio dei c.d. pareri di congruità sui prezzi. La norma prevede che limitatamente agli appalti pubblici di forniture e servizi di importo pari o superiore a 40.000 Euro, per i quali non siano disponibili elenchi di prezzi definiti mediante l'utilizzo di prezzari ufficiali di riferimento – laddove i tempi resi necessari dalla circostanza di somma urgenza non consentano il ricorso alle procedure ordinarie – gli affidatari si impegnano a fornire i servizi e le forniture richiesti ad un prezzo provvisorio stabilito consensualmente tra le parti e ad accettare la determinazione definitiva del prezzo a seguito di apposita valutazione di congruità. La disposizione prevede altresì che il responsabile del procedimento comunica all'ANAC il prezzo provvisorio, unitamente ai documenti esplicativi dell'affidamento, che provvede, entro 60 giorni, a rendere il proprio parere sulla congruità del prezzo. L'ultimo periodo del comma 9 prevede infine che nelle more dell'acquisizione del parere di congruità si procede al pagamento del 50% del prezzo provvisorio. Avverso la decisione dell'ANAC sono esperibili i normali rimedi di legge mediante ricorso ai competenti organi di giustizia amministrativa.

La previsione di cui al citato comma 9, dell'art. 163 ha assunto un ruolo ancora più rilevante nel periodo emergenziale dovuto alla pandemia da COVID-19. In tale periodo l'ANAC ha, infatti, rilasciato numerosissimi pareri di congruità dei prezzi soprattutto con riferimento ad acquisti di beni e servizi sanitari. Si tratta di una attribuzione importante che consente, anche a posteriori, di verificare se il prezzo pagato dalla Stazione appaltante in una fase di urgenza è comunque congruo oppure meno.

Problemi attuali: il regime di pubblicità degli atti dell'ANAC

Con parere 6 maggio 2020, reg. n. 1484/2019, la prima sezione del Consiglio di Stato ha esaminato il documento concernente «Regole per la classificazione, redazione, massimazione e pubblicazione degli atti dell'Autorità» che ha la «finalità di ricondurre a unitarietà alcune precedenti delibere e linee guida adottate dall'Autorità in materia classificazione, redazione e massimazione delle proprie pronunce, nonché di disciplinare ulteriori aspetti inerenti, in particolare, la tematica della pubblicazione allo scopo di favorire la massima trasparenza e conoscibilità all'esterno delle decisioni assunte» e ha fornito importanti indicazioni. Preme precisare che il quesito posto dall'Autorità al Consiglio di Stato riguarda innanzi tutto l'individuazione della normativa di riferimento per la pubblicazione degli atti inerenti la propria attività istituzionale, con l'ulteriore dubbio interpretativo relativo al trattamento dei dati personali eventualmente presenti negli atti da pubblicare. Inoltre, a parere dell'Autorità dall'individuazione della disciplina sulle modalità di pubblicazione degli atti discendono conseguenze in tema di disciplina della tutela dei dati personali, concludendo che “il combinato disposto di tale norma (l'articolo 7-bis, comma 3) e dell'art. 2-ter, comma 3, del d.lgs. 196/2003 sembra indicare la necessità di anonimizzare i dati personali (quindi anche i dati sensibili e giudiziari, che rientrano tra le categorie particolari di dati personali di cui all'art. 2 octies) eventualmente presenti nelle delibere da pubblicare in modo tale che i soggetti (persone fisiche) ivi citati non siano identificati o identificabili”.

La questione sollevata dall'ANAC consente di affrontare uno dei temi di maggiore interesse per il diritto pubblico, ossia quello relativo al (complesso) rapporto tra le regole della trasparenza e quelle della riservatezza.

Sul punto, il d.lgs. n. 33/2013 ha, per un verso, rafforzato gli obblighi di pubblicazione gravanti sulle amministrazioni e, per altro verso, dotato il cittadino di due strumenti per accedere rispettivamente ai documenti che l'amministrazione deve obbligatoriamente pubblicare (accesso civico) e a quelli che, pur non essendo oggetto di pubblicazione obbligatoria, possono essere conosciuti (accesso generalizzato).

Accedendo a una nozione lata di trasparenza, è possibile notare che l'ordinamento prevede diverse modalità per garantirla. La principale è certamente quella della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di determinati tipi di atti, quali, ad esempio, i regolamenti governativi e ministeriali. In secondo luogo, nei termini e con le modalità descritte nel paragrafo precedente, l'ordinamento contempla la pubblicazione sui siti internet, ai sensi del d.lgs. n. 33/2013, con relativa applicazione dell'istituto dell'accesso civico o di quello generalizzato. In particolare, su quest'ultima modalità di diffusione di dati e informazioni della pubblica amministrazione, la Corte costituzionale, con la sentenza del 21 febbraio 2019, n. 20, ha precisato che: «Rilievo cruciale, anche ai fini del presente giudizio, hanno le modalità attraverso le quali le ricordate finalità della normativa sulla trasparenza vengono perseguite.

In base alle disposizioni generali del d.lgs. n. 33/2013, le pubbliche amministrazioni procedono all'inserimento, nei propri siti istituzionali (in un'apposita sezione denominata «Amministrazione trasparente»), dei documenti, delle informazioni e dei dati oggetto degli obblighi di pubblicazione, cui corrisponde il diritto di chiunque di accedere ai siti direttamente e immediatamente, senza autenticazione né identificazione (art. 2, comma 2).

Tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, di utilizzarli e riutilizzarli (art. 3, comma 1).

Le amministrazioni non possono disporre filtri e altre soluzioni tecniche atte ad impedire ai motori di ricerca web di indicizzare ed effettuare ricerche all'interno della sezione «Amministrazione trasparente» (art. 9).

Gli obblighi di pubblicazione dei dati personali “comuni”, diversi dai dati sensibili e dai dati giudiziari (questi ultimi, come tali, sottratti agli obblighi di pubblicazione), comportano perciò la loro diffusione attraverso siti istituzionali, nonché il loro trattamento secondo modalità che ne consentono la indicizzazione e la rintracciabilità tramite i motori di ricerca web, e anche il loro riutilizzo, nel rispetto dei principi sul trattamento dei dati personali. In particolare, le pubbliche amministrazioni provvedono a rendere non intelligibili i dati personali non pertinenti (art. 7-bis, comma 1).

Si tratta perciò di modalità di pubblicazione che privilegiano la più ampia disponibilità dei dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ivi inclusi quelli personali. Di questi ultimi, solo quelli sensibili e giudiziari vengono sottratti alla pubblicazione, in virtù di tale loro delicata qualità, mentre per gli altri dati resta il presidio costituito dall'obbligo, gravante sull'amministrazione di volta in volta interessata, di rendere inintelligibili quelli «non pertinenti», in relazione alle finalità perseguite dalla normativa sulla trasparenza.

(...) 5.2. – In nome di rilevanti obiettivi di trasparenza dell'esercizio delle funzioni pubbliche, e in vista della trasformazione della pubblica amministrazione in una “casa di vetro”, il legislatore ben può apprestare strumenti di libero accesso di chiunque alle pertinenti informazioni, «allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche» (art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013).

Resta tuttavia fermo che il perseguimento di tali finalità deve avvenire attraverso la previsione di obblighi di pubblicità di dati e informazioni, la cui conoscenza sia ragionevolmente ed effettivamente connessa all'esercizio di un controllo, sia sul corretto perseguimento delle funzioni istituzionali, sia sul corretto impiego delle risorse pubbliche».

È possibile infine ricorrere all'accesso agli atti del procedimento amministrativo, ai sensi della l. n. 241/1990.

Tutto ciò premesso, prima di rispondere al quesito posto dell'ANAC, è necessario ancora evidenziare che l'Autorità può adottare diverse tipologie di atti. In via meramente esemplificativa, e non esaustiva, la Sezione reputa di poter individuare:

a) Atti rientranti tra quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del d.lgs. n. 33/2013. Si tratta degli atti contemplati agli artt. 13 e seguenti del predetto decreto legislativo che l'Autorità deve pubblicare sul proprio sito nella sezione amministrazione trasparente, al pari di tutti gli altri soggetti pubblici, e privati, tenuti a tale pubblicazione.

b) Atti rientranti tra quelli contemplati dall'art. 12, comma 1, secondo periodo, del d.lgs. n. 33/2013, ai sensi del quale «sono altresì pubblicati [sul sito istituzionale, n.d.r.] le direttive, le circolari, i programmi e le istruzioni emanati dall'amministrazione e ogni atto, previsto dalla legge o comunque adottato, che dispone in generale sulla organizzazione, sulle funzioni, sugli obiettivi, sui procedimenti ovvero nei quali si determina l'interpretazione di norme giuridiche che le riguardano o si dettano disposizioni per l'applicazione di esse, ivi compresi i codici di condotta, le misure integrative di prevenzione della corruzione individuate ai sensi dell'art. 1, comma 2-bis, della l. n. 190/2012, i documenti di programmazione strategico-gestionale e gli atti degli organismi indipendenti di valutazione».

Con particolare riferimento all'Amministrazione che ha formulato il quesito, gli atti indicati nella disposizione ora citata riguardano sicuramente tutti gli atti avente valore normativo nonché le direttive e le circolari relative all'organizzazione e al funzionamento dell'ANAC.

c) Atti per i quali è richiesta la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale da specifiche diposizioni di legge. Ad esempio, in relazione alle linee guida, l'art. 213, comma 2, d.lgs. n. 50/2016, stabilisce espressamente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale in ragione della loro natura giuridica («L'ANAC, per l'emanazione delle linee guida, si dota, nei modi previsti dal proprio ordinamento, di forme e metodi di consultazione, di analisi e di verifica dell'impatto della regolazione, di consolidamento delle linee guida in testi unici integrati, organici e omogenei per materia, di adeguata pubblicità, anche sulla Gazzetta Ufficiale, in modo che siano rispettati la qualità della regolazione e il divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalla l. n. 11/2016 e dal presente codice»).

In ordine al potere dell'ANAC di emanare le linee guida, la Sezione ricorda quanto già affermato nel parere del 17 ottobre 2019, n. 2627, reso all'Adunanza del 9 ottobre 2019, sul quesito relativo alla «interpretazione dell'art. 32 del d.l. n. 90/2014».

d) Atti a contenuto normativo o di carattere generale per i quali non è prevista dal legislatore una disciplina specifica ma che presuppongono la pubblicità, quali, ad esempio, i contratti-tipo e i bandi-tipo per i quali non si pongono esigenze di tutela della privacy. Giova incidentalmente ricordare che, con parere 28 aprile 2020, n. 823, la Sezione ha affermato che «se è vero, da un lato, che rientra senz'altro nella competenza di carattere generale delle pubbliche amministrazioni, nei limiti dei propri fini istituzionali stabiliti per legge, il potere di elaborare e pubblicare schemi generali di contratti-tipo, accordi e convenzioni, allo scopo di orientare e di dare uniformità alla prassi applicativa degli uffici, è altresì vero che, nella specifica materia dei contratti pubblici preordinati alla realizzazione di opere pubbliche, in base al codice di settore, esiste una disciplina normativa di rango primario che regola in modo puntuale, tra i tanti profili, anche quello dell'adozione di linee guida e contratti tipo, e che demanda tale compito all'ANAC (art. 213, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016)». È stato altresì specificato che «solo l'ANAC ... in questo contesto ordinamentale ha attribuito dalla legge il compito di assicurare la «omogeneità dei procedimenti amministrativi» e di favorire «lo sviluppo delle migliori pratiche»» e che se tali compiti fossero demandati alle singole amministrazioni, verrebbe in radice frustrata la possibilità di assicurare l'omogeneità dei procedimenti. Non è inutile ricordare infatti che il legislatore nel tempo ha introdotto numerose disposizioni volte a garantire la concorrenza attraverso l'omogeneizzazione delle condizioni di partecipazione alle procedure di evidenza pubblica (artt. 46, comma 1-bis, 64, comma 4-bis, d.lgs. n. 163/2006, ormai abrogato; artt. 71 e 213 d.lgs. n. 50/2016).

e) Atti relativi all'attività di vigilanza e consultiva svolta dall'ANAC. Per questi ultimi atti, in ragione della loro eterogeneità, non può stabilirsi un regime specifico; tuttavia, per tali atti risultano pertinenti, a giudizio della Sezione, i riferimenti ai commi 3 e 4 dell'art. 7-bis, d.lgs. n. 33/13, ai sensi dei quali «3. Le pubbliche amministrazioni possono disporre la pubblicazione nel proprio sito istituzionale di dati, informazioni e documenti che non hanno l'obbligo di pubblicare ai sensi del presente decreto o sulla base di specifica previsione di legge o regolamento, nel rispetto dei limiti indicati dall'art. 5-bis, procedendo alla indicazione in forma anonima dei dati personali eventualmente presenti.

4. Nei casi in cui norme di legge o di regolamento prevedano la pubblicazione di atti o documenti, le pubbliche amministrazioni provvedono a rendere non intelligibili i dati personali non pertinenti o, se sensibili o giudiziari, non indispensabili rispetto alle specifiche finalità di trasparenza della pubblicazione».

La classificazione compiuta dimostra che la trasparenza dell'attività dell'ANAC non è affidata ad un unico regime di pubblicità, essendo al contrario possibile individuare numerose, e molto differenti, regole volte ad assicurare la trasparenza.

Per tale ragione il Consiglio di Stato ritiene che spetti all'ANAC, di volta in volta, sussumere i diversi atti in una delle cinque categorie ora rappresentate.

Dopo aver compiuto tale operazione di qualificazione, l'Amministrazione individuerà il relativo regime di pubblicità.

In relazione al rispetto della normativa sulla privacy, è chiaro che le regole da osservare saranno molto diverse a seconda che la legge prescriva la pubblicazione sulla gazzetta ufficiale o sul proprio sito internet o, in ipotesi, nulla dica.

È evidente che quando la legge prescrive la pubblicazione sulla gazzetta ufficiale, ragionevolmente si tratterà di atti rispetto ai quali generalmente non viene in rilievo l'esigenza di garantire la riservatezza di eventuali terzi.

Nelle altre ipotesi, invece, le esigenze di riservatezza di eventuali terzi, dovranno essere garantite nel rispetto della legge e delle regole, nonché delle modalità, indicate dal Garante per la protezione dei dati personali nel parere 26 febbraio 2020, n. 38 prima esposto e che si condivide integralmente.

Conseguentemente spetterà all'ANAC osservare le Linee guida in materia di trasparenza (provvedimento n. 243 del 15 maggio 2014 recante le «Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri soggetti obbligati») nella parte in cui prevedono che:

– «laddove l'amministrazione riscontri l'esistenza di un obbligo normativo che impone la pubblicazione dell'atto o del documento nel proprio sito web istituzionale è necessario selezionare i dati personali da inserire in tali atti e documenti, verificando, caso per caso, se ricorrono i presupposti per l'oscuramento di determinate informazioni»;

– «i soggetti pubblici, infatti, in conformità ai principi di protezione dei dati, sono tenuti a ridurre al minimo l'utilizzazione di dati personali e identificativi ed evitare il relativo trattamento quando le finalità perseguite nei singoli casi possono essere realizzate mediante dati anonimi o altre modalità che permettano di identificare l'interessato solo in caso di necessità»;

– «è, quindi, consentita la diffusione dei soli dati personali la cui inclusione in atti e documenti da pubblicare sia realmente necessaria e proporzionata alla finalità di trasparenza perseguita nel caso concreto (c.d. «principio di pertinenza e non eccedenza» di cui all'art. 11, comma l, lett. d), del Codice [oggi «principio di minimizzazione» di cui all'art. 5, par. 1, lett. c), del RGPD]). Di conseguenza, i dati personali che esulano da tale finalità non devono essere inseriti negli atti e nei documenti oggetto di pubblicazione online. In caso contrario, occorre provvedere, comunque, all'oscuramento delle informazioni che risultano eccedenti o non pertinenti».

Sotto altro aspetto, fermo restando quanto prima osservato, non v'è dubbio che le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 33/2013, nella parte in cui prevedono obblighi di pubblicazione in materia di trasparenza, «costituiscono sicuramente una base giuridica idonea anche per la diffusione di dati personali online, ai sensi dell'art. 2-ter, commi 1 e 3, del Codice».

In relazione agli atti compiuti dall'Autorità in adempimento dei compiti consultivi e di vigilanza, è chiaro che non si potrà individuare un regime uniforme, spettando all'ANAC il compito di qualificarli di volta in volta.

Per i casi in cui non sia applicabile l'art. 12, comma l, del d.lgs. n. 33/2013 – ferma restando l'opportunità di «valutare anche l'assunzione di ulteriori cautele per assicurare il rispetto del principio proporzionalità e di minimizzazione dei dati (art. 5, par. l, lett. c), del RGPD), come l'adozione tenuto conto delle tecnologie disponibili, di misure volte a impedire ai motori di ricerca generalisti (es. Google) di indicizzarli ed effettuare ricerche rispetto a essi, trascorso un adeguato numero di anni dall'adozione della deliberazione» – come ricordato dal Garante l'Autorità deve «procede[re] alla indicazione in forma anonima dei dati personali eventualmente presenti» (art. 7-bis, comma 3, del d.lgs. n. 33/2013), pena l'applicazione delle sanzioni previste dal RGPD per violazione dell'art. 2-ter, commi 1 e 3, del Codice».

Giova ricordare infine che l'ANAC ha, per legge, un'importante facoltà stabilita dall'art. 3, comma 1-bis, d.lgs. n. 33/2013 ai sensi del quale: «L'Autorità nazionale anticorruzione, sentito il Garante per la protezione dei dati personali nel caso in cui siano coinvolti dati personali, con propria delibera adottata, previa consultazione pubblica, in conformità con i principi di proporzionalità e di semplificazione, e all'esclusivo fine di ridurre gli oneri gravanti sui soggetti di cui all'art. 2-bis, può identificare i dati, le informazioni e i documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della disciplina vigente per i quali la pubblicazione in forma integrale è sostituita con quella di informazioni riassuntive, elaborate per aggregazione. In questi casi, l'accesso ai dati e ai documenti nella loro integrità è disciplinato dall'art. 5».

È chiaro che ricorrendone i presupposti e le condizioni, l'Autorità ben potrà avvalersi di tale strumento.

Questioni applicative

1) L'ANAC è legittimata ad appellare la sentenza che abbia annullato  un provvedimento  adottato in conformità a un suo parere?

Positiva la risposta di Cons St, V, 1191 del 17 febbraio 2022 , secondo cui  sussiste la legittimazione di ANAC in quanto pacificamente parte del giudizio di primo grado nella qualità di amministrazione resistente ritualmente evocata, al suo interno, ad opera dell'odierna appellata (cfr. epigrafe sentenza di primo grado). E ciò dal momento che la stessa aveva adottato il parere su cui si era poi basato il provvedimento di esclusione originariamente gravato. La medesima è inoltre risultata chiaramente soccombente, in esito al richiamato giudizio di prime cure, tanto da essere persino condannata alle spese di lite (e la soccombenza, giova rammentare, costituisce condizione essenziale per radicare l'interesse all'appello). Di qui la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 102 c.p.a., ossia la legittimazione (in quanto parte del giudizio di primo grado, come già detto) e l'interesse ad appellare (legato alla conservazione di un atto che, sebbene di natura consultiva, comunque costituisce indice della bontà o meno del proprio operato in ordine a competenze istituzionalmente attribuite), ed il conseguente rigetto della suddetta eccezione.

 

 

 

Bibliografia

Caringella, Protto, Il codice dei contratti pubblici dopo il correttivo, Roma 2017; Contessa, Crocco, Codice degli appalti e delle Concessioni, Roma 2016; Deodato, Le linee guida dell'ANAC: una nuova fonte del diritto?, in www.giustizia-amministrativa.it; Ferrari, Morbidelli, Codice degli appalti pubblici, Piacenza 2017; Garofoli, Ferrari, Codice dei contratti pubblici, Milano 2017; Massari, Gli appalti pubblici dopo il decreto “sblocca-cantieri” e le altre recenti novità, Rimini, 2019; Ponzone, Codice degli appalti pubblici ragionato, Roma, 2020; Romano, Codice dei contratti pubblici, Commentario di dottrina e giurisprudenza, in Esposito (a cura di), Milano 2017; Sandulli, De Nictolis, Trattato sui contratti pubblici, vol. III, Milano 2019.

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