Decreto legislativo - 18/04/2016 - n. 50 art. 206 - (Accordo bonario per i servizi e le forniture)1

Mariano Protto

(Accordo bonario per i servizi e le forniture)1

[1. Le disposizioni di cui all'articolo 205 si applicano, in quanto compatibili, anche ai contratti di fornitura di beni di natura continuativa o periodica, e di servizi, quando insorgano controversie in fase esecutiva degli stessi, circa l'esatta esecuzione delle prestazioni dovute.]

[1] Articolo abrogato dall'articolo 226, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2. Per le disposizioni transitorie vedi l'articolo 225 D.Lgs. 36/2023 medesimo.

Inquadramento

L'art. 206 prevede che l'accordo bonario si applica, con l'unico limite della «compatibilità», anche ai contratti di fornitura di beni di natura continuativa o periodica e di servizi, quando insorgano controversie in fase esecutiva degli stessi, circa l'esatta esecuzione delle prestazioni dovute.

Poiché il legislatore ha cercato di omogeneizzare la disciplina dell'esecuzione delle forniture e servizi con quella dei lavori pubblici, l'estensione dell'accordo bonario pare più che giustificata, rimanendo peraltro da risolvere il problema della compatibilità.

La scelta era già stata compiuta dal precedente Codice, prevedendo che le disposizioni relative all'accordo bonario «si applicano, in quanto compatibili, anche ai contratti pubblici relativi a servizi e a forniture nei settori ordinari, nonché ai contratti di lavori, servizi, forniture nei settori speciali, qualora a seguito di contestazioni dell'esecutore del contratto, verbalizzate nei documenti contabili, l'importo economico controverso sia non inferiore al 10% dell'importo originariamente stipulato. Le competenze del direttore dei lavori spettano al direttore dell'esecuzione del contratto».

Tale disposizione aveva suscitato alcune perplessità dovute al richiamo alle «contestazioni verbalizzate nei documenti contabili» poiché, nei servizi e forniture, i «documenti contabili» consistono, nella maggior parte dei casi, nel fatturato dell'assuntore, in sé e per sé non suscettibile di essere verbalizzato. Con ogni probabilità il legislatore intendeva riferirsi ai maggiori costi che l'assuntore si sia trovato a fronteggiare in occasione di eventi imprevedibili, comprovati dal fatturato e formalmente contestati al soggetto aggiudicatore. Desumere la prova dei maggiori costi dalla contabilità dell'esecutore implicava che le scritture e i documenti contabili siano conformi agli artt. 2214 e 2215 c.c. e comportava, per l'amministrazione, la difficoltà di una prova contraria, una volta che l'esecutore abbia dimostrato la regolarità contabile delle scritture dell'impresa.

Ambito e portata dell'accordo bonario

Sebbene confermativa della scelta effettuata dal precedente Codice, l'art. 206 ha certamente portata innovativa, poiché estende l'ambito di applicazione a tutte le controversie «circa l'esatta esecuzione delle prestazioni dovute».

Si tratta di un ambito di applicazione apparentemente molto più ampio rispetto alla disciplina previgente che limitava l'accordo bonario alle «contestazioni», ossia alle riserve, dell'appaltatore, prevedendo anche il limite minimo del loro importo suscettibile di attivare la procedura di accordo bonario.

L'art. 206 estende invece l'accordo bonario a qualsiasi controversia relativa all'esatta esecuzione delle prestazioni e quindi potenzialmente a qualsiasi controversia insorta in sede di esecuzione che possa riguardare la conformità delle prestazioni a quanto previsto non solo in termini economici.

Peraltro, l'estensione dell'accordo bonario anche alle controversie di natura non strettamente economica rischierebbe di snaturare l'istituto, trasformandolo in una sorta di organo per la risoluzione delle controversie, incompatibile con la natura stessa dell'accordo bonario, che inoltre dovrebbe essere attivato per ogni controversia dovesse insorgere in fase esecutiva.

Anche se limitato alle controversie di natura economica, deve segnalarsi che, diversamente dalla previgente disciplina, l'art. 206 non prevede un limite minimo di importo delle contestazioni al di sopra del quale deve essere attivato l'accordo bonario.

Deve peraltro ritenersi che, per ragioni di ordine sistematico, valgano gli stessi limiti previsti per gli appalti di lavori e quindi sia il limite minimo del 5% che il limite massimo del 15% dell'importo dell'appalto.

Rimane il problema della formalizzazione delle contestazioni che deriva dall'assenza nelle forniture e servizi della disciplina della contabilità tipica dei lavori con tutte le conseguenze in merito ai documenti contabili su cui iscrivere le riserve e alla tempestività delle medesime. In mancanza di precise indicazioni normative, deve ritenersi operi il generale principio di buona fede, secondo cui l'esecutore di forniture e servizi dovrà formulare la pretesa tempestivamente appena a conoscenza del fatto che ne costituisce il fondamento.

Trova così applicazione, mutatis mutandis, l'orientamento costante della giurisprudenza civile secondo cui «In materia di appalto di opere pubbliche, secondo cui l'onere di iscrivere apposita riserva nel registro di contabilità, posto dagli art. 53, 54 e 65, r.d. n. 350/1895, a carico dell'appaltatore che intenda ottenere il riconoscimento di maggiori compensi, rimborsi o indennizzi in dipendenza di fatti sopravvenuti nel corso dell'esecuzione dell'opera, sorge al momento della prima registrazione successiva al verificarsi del fatto dal quale traggono origine gli oneri denunciati, e ciò anche con riferimento a quelle situazioni di non immediata portata onerosa, la cui potenzialità dannosa si presenti peraltro, già dall'inizio, obiettivamente apprezzabile secondo criteri di media diligenza e di buona fede. L'istituto della riserva risponde, infatti, all'esigenza di assicurare la tempestiva e costante evidenza di tutti i fattori incidenti sui costi dell'appalto che costituiscano oggetto di contrastanti valutazioni delle parti, in modo tale da consentire all'amministrazione di procedere senza ritardo alle verifiche necessarie per accertare la fondatezza delle pretese dell'appaltatore e, al tempo stesso, da assicurare la continua evidenza della spesa complessiva occorrente per la realizzazione dell'opera, in funzione della corretta utilizzazione e dell'eventuale integrazione dei mezzi finanziari a tal fine predisposti, nonché da rendere possibile in qualsiasi momento la valutazione dell'opportunità di recedere dal contratto, in relazione al perseguimento dei fini d'interesse pubblico» (Cass. I, n. 21205/2014).

Bibliografia

Delsignore, La transazione e l'arbitrato nel Codice dei contratti pubblici, in Riv. arb., 2019, 361 ss.; Lattanzi, Transazione e accordo bonario, in L'Amministrativista, 2017; Lombardini, Il difficile presente dell'arbitrato nei contratti pubblici e l'introduzione di altri nuovi rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale: il collegio consultivo tecnico (ex art. 1, commi 11-14 del d.l. 18 aprile 2019, n. 32 coordinato con la legge di conversione 14 giugno 2019, n. 55), in Riv. arb., 2019, 841 ss.

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