Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di responsabilità genitoriale: dal Reg. CE 2201/2003 al Reg. UE 1111/2019 – Procedure

Sergio Matteini Chiari
24 Dicembre 2021

Il presente contributo è incentrato sulle novità squisitamente processuali del Regolamento UE 1111/2019, che entrerà in vigore nei prossimi mesi, sostituendo - in tema di giurisdizione, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale di responsabilità genitoriale - il Regolamento CE 2201/2003.
Inquadramento

La materia relativa al riconoscimento delle decisioni in materia di responsabilità genitoriale è attualmente disciplinata dal Regolamento CE 2201/2003 del 27 novembre 2003 (in seguito: Regolamento CE 2201/2003), cui, a far tempo dal 1° agosto 2022, subentrerà il Reg. UE del Consiglio 2019/1111 del 25 giugno 2019 (in seguito: Regolamento UE 1111/2019).

Ai sensi dell'art. 100 del nuovo Regolamento, le relative disposizioni saranno applicabili «solo alle azioni proposte […] posteriormente al 1° agosto 2022», mentre il Regolamento CE 2201/2003 dovrà continuare ad applicarsi alle decisioni rese nelle azioni proposte anteriormente alla predetta data.

Entrambi i suddetti Regolamenti sono valevoli per tutti gli Stati membri dell'Unione Europea eccezion fatta per la Danimarca, cui le due fonti normative non sono applicabili, non avendo partecipato alla loro adozione.

Riconoscimento di decisioni in tema di responsabilità genitoriale. Regolamenti 2201/2003 e 1111/2019. In genere

Per gli aspetti di carattere generale (nozioni, competenza, rapporti dei due Regolamenti in esame con le Convenzioni internazionali in materia), si fa rinvio allo specifico focus sul medesimo oggetto già pubblicato in questo Portale, Newsletter 15-21 settembre 2021.

In questa sede ci si limita a ricordare che, mentre il Regolamento CE 2201/2003 prevede che le decisioni in materia di responsabilità genitoriale sono, salve alcune eccezioni (art. 41: decisioni con cui venga conferito il diritto di visita; art. 11, par. 8: decisioni con cui sia stato ritualmente ordinato il «ritorno del minore», successive all'emanazione di un provvedimento di diniego del ritorno) soggette ad exequatur (art. 28), il Regolamento UE 1111/2019 prevede che le medesime decisioni, rese ed esecutive in un determinato Stato membro, sono esecutive negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività (art. 34).

Regolamento CE 2201/2003. Procedura di exequatur. Generalità

Secondo le previsioni del Regolamento CE 2201/2003, per ciò che riguarda il riconoscimento delle decisioni relative all'esercizio della responsabilità genitoriale, è necessaria, almeno di regola, una procedura di exequatur.

Ai sensi dell'art. 28 Reg. cit., le suddette decisioni, emesse ed esecutive in un determinato Sato membro, sono eseguite in un altro Stato membro (ad esclusione della Danimarca) soltanto dopo esservi state dichiarate esecutive su istanza della parte interessata, purché siano state notificate (in ordine alle regole di notifica si veda il Regolamento CE 1393/1997 del 13 novembre 2007).

La decisione può essere eseguita in una delle tre parti del Regno Unito (Inghilterra e Galles, Scozia e Irlanda del Nord) soltanto dopo che essa sia stata ivi registrata per esecuzione, su istanza di una parte interessata.

Ai sensi dell'art. 29 Regolamento cit., la competenza per il procedimento di exequatur spetta al giudice del luogo ove abbiano residenza abituale la parte contro cui è chiesta l'esecuzione o il minore, mentre spetta al giudice del luogo di esecuzione (ove, ad es., si trovino i beni del minore da conservare) qualora la residenza abituale dei predetti non si trovi nello Stato richiesto.

Ciascuno Stato membro deve designare gli organi giurisdizionali funzionalmente e territorialmente competenti e deve farne comunicazione alla Commissione (art. 68 Regolamento cit.).

L'organo giurisdizionale competente è, nel nostro Paese, la Corte di Appello.

(segue) Procedimento di exequatur

È prevista una prima fase di tipo sommario ed a contraddittorio differito.

La domanda (le cui forme e le cui modalità di deposito sono determinate in base alla normativa interna) deve essere proposta all'autorità competente dello Stato membro in cui il riconoscimento viene richiesto.

Alla domanda devono essere uniti copia autentica della decisione di cui viene chiesto il riconoscimento e «certificato» (redatto secondo il modello riportato nell'allegato II al Regolamento) redatto dall'autorità competente dello Stato membro di origine.

Qualora si tratti di decisione contumaciale, devono, inoltre, essere prodotti l'originale o una copia autentica del documento comprovante che la domanda giudiziale o l'atto equivalente sono stati notificati o comunicati al contumace oppure un documento comprovante che il convenuto ha inequivocabilmente accettato la decisione.

L'a.g. adita deve decidere «senza indugio».

In questa fase, ai sensi dell'art. 31, par. 1, Regolamento cit., né la parte contro cui è richiesto il riconoscimento né il minore interessato (che, giusta il sicuro ricorrere dell'ipotesi del conflitto di interessi con i genitori e salva l'ipotesi di avvenuta nomina di un tutore, dovrà essere rappresentato da un curatore speciale), hanno facoltà di presentare osservazioni (v., peraltro, C.G.U.E., III sez., 11 luglio 2008 in causa C-195/08, secondo cui la disposizione in esame è da ritenere inapplicabile nel caso di un procedimento di non riconoscimento di una decisione giudiziaria avviato senza che sia stata precedentemente proposta un'istanza di riconoscimento nei confronti della stessa decisione: poiché l'oggetto della procedura mira ad un giudizio negativo che, per sua natura, esige il contradditorio, la parte convenuta non può essere privata della possibilità di presentare osservazioni).

Vi è assoluto divieto di riesame della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro di origine e di riesame del merito (v., rispettivamente, art. 24 e art. 26 Regolamento cit.).

L'esistenza delle condizioni per attribuire efficacia alla decisione nello Stato richiesto deve essere accertata dal giudice d'ufficio.

Adottata la decisione, che potrà essere di riconoscimento (con autorizzazione all'esecuzione anche soltanto parziale - art. 36 Regolamento cit.) o di non riconoscimento, la parte interessata può proporre opposizione.

La successiva fase (nei cui ambiti, laddove ricorrano le ipotesi descritte nell'art. 35 Regolamento cit. può essere disposta la sospensione del procedimento di esecuzione) deve svolgersi innanzi all'a.g. indicata dagli Stati membri alla Commissione, nel pieno contraddittorio tra le parti (quanto alle forme ed ai termini, si fa rinvio al disposto dell'art. 33 Regolamento cit.).

La relativa decisione può essere fatta oggetto di impugnazione soltanto con le procedure che siano state comunicate dagli Stati membri alla Commissione (art. 34 Regolamento cit.).

(segue) Diniego del riconoscimento delle decisioni

I motivi di non riconoscimento delle decisioni relative alla responsabilità genitoriale sono tassativamente indicati nell'art. 23 Regolamento CE 2201/2003.

Tali motivi rilevano soltanto nell'ipotesi in cui sia necessario l'exequatur e non anche quando lo stesso non sia previsto.

I motivi di non riconoscimento sono sussumibili in tre categorie:

i) Il riconoscimento non può avvenire «se, tenuto conto dell'interesse superiore del minore, il riconoscimento è manifestamente contrario all'ordine pubblico dello Stato membro richiesto».

Pur dato il tenore letterale della norma, non è discusso che l'ordine pubblico di riferimento debba essere non semplicemente l'ordine pubblico interno in senso stretto (costituito da qualsiasi norma imperativa dell'ordinamento civile), bensì la risultante dei principi e dei valori posti a fondamento dell'U.E.; rileva, cioè, la violazione di una norma giuridica considerata essenziale nell'ordinamento giuridico dell'Unione, e dunque in quello dello Stato membro richiesto, o di un diritto riconosciuto come fondamentale in tali ordinamenti giuridici (v., in tal senso, C.G.U.E., I Sez., 16 luglio 2015, in causa C-681/13).

Inoltre, secondo il pensiero della C.G.U.E., la violazione suddetta deve essere «manifesta»: l'art. 23 lett. a) Reg. cit. deve essere interpretato nel senso che, in mancanza di una violazione manifesta, tenuto conto dell'interesse superiore del minore, di una norma giuridica considerata essenziale nell'ordinamento giuridico di uno Stato membro o di un diritto riconosciuto come fondamentale in detto ordinamento giuridico, tale disposizione non consente al giudice di uno Stato membro che si ritenga competente a statuire sull'affidamento di un minore di negare il riconoscimento della decisione di un giudice di un altro Stato membro che abbia statuito sull'affidamento di tale minore (C.G.U.E., IV Sez., 19 novembre 2015, in causa C-455/15; C.G.U.E., I Sez., 16 luglio 2015, in causa C-681/13).

Va, altresì, chiarito che il limite dell'ordine pubblico è da riferire sia al contenuto (c.d. ordine pubblico sostanziale) della decisione straniera di cui si chiede il riconoscimento, sia al suo procedimento formativo (c.d. ordine pubblico processuale – v. Cass. civ., sez. I, 14 gennaio 2003, n. 365 ove, con riferimento ai disposti della l. 218/1995, è stato affermato che il concetto di ordine pubblico processuale è da riferire al complesso dei principi inviolabili posti a garanzia del diritto di agire e di resistere in giudizio, non anche alle modalità con cui tali diritti sono regolamentati o si esplicano nelle singole fattispecie. Si vedano, nello stesso senso, quanto al primo dei due detti assunti, Cass. civ., sez. I, 18 maggio 1995, n. 5451; Cass. civ., sez. I, 3 marzo 1999, n. 1769; Cass. civ., sez. I, 22 luglio 2004, n. 13662.

ii) Il riconoscimento non è consentito in caso di violazione di alcune regole processuali fondamentali, attinenti per lo più al principio del contraddittorio: a) la mancata o tardiva (non in tempo utile per consentire alla controparte di presentare le proprie difese) notificazione o comunicazione della domanda giudiziale o di un atto equivalente al convenuto che sia rimasto contumace (salvo che sia stato accertato che il medesimo abbia accettato inequivocabilmente la decisione); b) salvi i casi di urgenza, il mancato ascolto del minore, in violazione dei principi fondamentali di procedura dello Stato membro richiesto; c) la mancata audizione di colui che ritenga che la decisione sia lesiva della propria responsabilità genitoriale; d) la violazione della procedura prevista dall'art. 56 Regolamento, relativo al collocamento del minore in un altro Stato membro.

iii) Il riconoscimento non può avvenire qualora la decisione sia incompatibile con altra decisione successiva sulla responsabilità genitoriale emessa nello Stato membro richiesto oppure in un altro Stato membro o nel paese terzo in cui il minore risieda, provvista dei requisiti per esservi riconosciuta.

Regolamento UE 1111/2019. Immediata esecutività delle decisioni. Generalità

L'art. 34 Regolamento UE 1111/2019 sancisce l'abolizione dell'exequatur. Ai sensi di tale disposizione, le decisioni in materia di responsabilità genitoriale rese ed esecutive in un determinato Stato membro, «sono esecutive negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività».

Ai sensi dell'art. 52 Regolamento cit., la procedura di esecuzione deve essere introdotta innanzi all'autorità competente in materia di esecuzione nello Stato membro in cui l'esecuzione deve avere luogo, quale comunicata da tale Stato membro alla Commissione in conformità del successivo art. 103.

Ai sensi dell'art. 51 Regolamento cit., il procedimento di esecuzione delle decisioni rese in un altro Stato membro è disciplinato dal diritto dello Stato membro dell'esecuzione.

(segue) Procedura

Ai sensi dell'art. 35 Regolamento UE 1111/2019, la parte istante deve fornire all'autorità competente per l'esecuzione una copia della decisione, che presenti le condizioni di autenticità prescritte e il «certificato» (conforme al modello di cui all'allegato III) rilasciato ai sensi del successivo art. 36.

Qualora necessario, l'autorità competente in materia di esecuzione può imporre alla parte istante di fornire, in conformità ai disposti dell'art. 91 Regolamento cit., la traduzione o la traslitterazione del «contenuto traducibile dei campi di testo libero del certificato rilasciato che specifica l'obbligo da eseguire», nonché, la traduzione o la traslitterazione della decisione se non sia in grado di procedere senza tale traduzione o traslitterazione.

(segue) Esecuzione parziale

Ai sensi dell'art. 53 Regolamento cit., può essere chiesta un'esecuzione parziale.

Ciò può avvenire, ad es., laddove la decisione di origine abbia statuito su vari capi della domanda e l'esecuzione sia stata negata soltanto per uno o alcuni di essi.

(segue) Esecuzione di provvedimenti provvisori o cautelari

Ai sensi dell'art. 35 Regolamento cit., con riguardo all'esecuzione di una decisione che abbia disposto provvedimenti provvisori o cautelari, l'istante deve fornire all'autorità competente in materia di esecuzione una copia della decisione, che presenti le condizioni di autenticità prescritte e il certificato rilasciato ai sensi dell'art. 36 Regolamento cit. attestante che la decisione è eseguibile nello Stato membro di origine e che l'autorità giurisdizionale d'origine è competente a conoscere del merito. Inoltre, qualora il provvedimento sia stato disposto senza che il convenuto sia stato invitato a comparire, l'istante deve dare prova della notificazione o comunicazione della decisione.

(segue) Motivi di diniego dell'esecuzione di decisioni in materia di responsabilità genitoriale

Ai sensi dell'art. 41 Regolamento cit., l'esecuzione di una decisione in materia di responsabilità genitoriale è rifiutata qualora sia dichiarata la sussistenza di uno dei motivi di diniego del riconoscimento indicati (tassativamente) nel precedente art. 39.

Tale ultima disposizione riproduce sostanzialmente l'art. 23 Regolamento CE 2201/2003 - si fa, pertanto, richiamo alla relativa trattazione -, con alcune «precisazioni» per ciò che attiene all'inosservanza del prescritto sull'ascolto del minore ed al mancato rispetto della procedura di collocamento del minore in un altro Stato membro.

Con riguardo a tale secondo oggetto, la «precisazione» deriva dal fatto che la procedura in questione viene disciplinata dall'art. 82 del Regolamento UE 1111/2019 con modalità diverse da quelle previste dall'art. 56 del Regolamento CE 2201/2003.

Per ciò che attiene all'ascolto del minore, mentre nel Regolamento CE 2201/2003 [art. 23 lett. b)] è previsto che tale ascolto è imprescindibile salvi i casi di urgenza, nel Regolamento UE 1111/2019 (art. 39, par. 2), è disposto che «Il riconoscimento di una decisione in materia di responsabilità genitoriale «può» essere negato qualora sia stata resa senza aver dato al minore capace di discernimento una possibilità di esprimere la propria opinione a norma dell'art. 21, «salvo se: a) il procedimento riguardava esclusivamente i beni del minore e se non era necessario dare tale possibilità in considerazione della questione oggetto del procedimento; o b) sussistevano seri motivi in considerazione, in particolare, dell'urgenza del caso».

Deve osservarsi che tale previsione non appare perfettamente in linea con la «norma-principio» richiamata (art. 21), che sancisce il diritto del minore (capace di discernimento) di esprimere la propria opinione (direttamente o tramite un rappresentante o un organismo appropriato), della quale dovrà essere tenuto il debito conto (in funzione dell'età del e del grado di maturità) nei procedimenti che lo riguardano.

Quanto agli atti pubblici ed agli accordi in materia di responsabilità genitoriale, sostanzialmente equiparati alle decisioni ai fini del riconoscimento e dell'esecuzione, nel 71° «considerando» si chiarisce che, pur se l'obbligo di dare al minore la possibilità di esprimere la propria opinione «non si dovrebbe applicare» a tali atti ed accordi, tuttavia il diritto del minore di esprimere la propria opinione dovrebbe essere fatto salvo in forza dei disposti della Carta dei diritti fondamenti dell'U.E. e della Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989, come recepite nell'ordinamento e nelle procedure nazionali, e che, pur se al minore non sia stata data la possibilità di esprimere la propria opinione, ciò non dovrebbe costituire automaticamente un motivo di diniego del riconoscimento e dell'esecuzione degli atti e degli accordi in questione.

Da ultimo, va osservato che resta prerogativa del diritto nazionale stabilire se i motivi di diniego dell'esecuzione possano essere fatti valere solo ad istanza di parte oppure possano essere rilevati anche d'ufficio.

(segue) Domande di diniego dell'esecuzione

Ai sensi dell'art. 59 Regolamento cit., il procedimento per la presentazione di una domanda di diniego dell'esecuzione è disciplinato dal diritto dello Stato dell'esecuzione, nella misura in cui non sia disciplinato dal Regolamento stesso. Ne deriva che, mediante la domanda, possono essere proposti motivi di diniego ulteriori rispetto a quelli previsti da tale Regolamento, purché non incompatibili (v. art. 57 Reg. cit.).

Quanto alle forme della domanda ed ai documenti da produrre ed alla forma degli stessi e ad ulteriori adempimenti in tema di recapito e rappresentanza dell'istante, i relativi prescritti si rinvengono nei paragrafi da 2 a 6 della suddetta disposizione, cui si fa rinvio.

Quanto alla competenza, ai sensi dell'art. 58 Regolamento cit., la domanda di diniego deve essere proposta all'a.g. o all'altra autorità eventualmente competente secondo il diritto nazionale che siano state comunicate alla Commissione, a seconda che si facciano valere i motivi di diniego previsti dall'art. 39 Regolamento cit. oppure motivi «permessi» diversi.

La competenza territoriale è determinata dal diritto nazionale.

L'a.g. o la diversa autorità competente in materia di esecuzione deve procedere «senza indebito ritardo» al trattamento della domanda di diniego dell'esecuzione.

La decisione può essere contestata o impugnata da ciascuna delle parti e la competenza a provvedere sul gravame spetta all'a.g. o alla diversa autorità competente comunicate alla Commissione.

La decisione di secondo grado può essere impugnata a sua volta unicamente innanzi all'autorità giurisdizionale, a condizione che questa sia stata indicata dallo Stato membro interessato alla Commissione conformemente all'art. 103 Regolamento cit.

(segue) Sospensione dell'esecuzione

Ai sensi dell'art. 56, d'ufficio oppure su istanza della persona nei cui confronti è chiesta l'esecuzione oppure, in quanto ammissibile secondo il diritto nazionale, del minore interessato, l'autorità competente per l'esecuzione o l'a.g. sospendono la relativa procedura se l'esecutività della decisione è sospesa nello Stato membro d'origine.

L'esecuzione può essere, inoltre, sospesa, in tutto o in parte, ma solo ad istanza dell'esecutando o, ove ammesso, del minore nelle ipotesi descritte nel par. 2 della disposizione citata.

Nei casi in cui l'esecuzione potrebbe comportare l'esposizione del minore a un grave rischio di pericoli fisici o psichici a causa di «impedimenti temporanei emersi successivamente alla pronuncia della decisione o in virtù di altri mutamenti significativi delle circostanze», la relativa procedura potrebbe essere sospesa ad istanza dei predetti soggetti oppure di un'altra parte interessata che agisca nell'interesse superiore del minore.

Qualora il suddetto grave rischio avesse carattere permanente, l'autorità competente in materia di esecuzione o l'a.g. potrebbe, su richiesta, rifiutare l'esecuzione della decisione.

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