Provvedimento abnorme ed actio nullitatis

28 Dicembre 2021

Rimessa al Presidente della Sezione I per l'assegnazione alla pubblica udienza la questione relativa al vizio che affligge l'ordinanza di ricusazione adottata dal giudice ricusato, nonché delle ricadute sulla successiva decisione di merito adottata dallo stesso magistrato.
Massima

Deve essere rimessa al Presidente della Sezione I per l'assegnazione alla pubblica udienza la questione relativa al vizio che affligge l'ordinanza di ricusazione adottata dal giudice ricusato, nonché delle ricadute sulla successiva decisione di merito adottata dallo stesso magistrato. Si deve considerare che contro un tale provvedimento emesso dalla Corte di cassazione, non si può ricorrere al meccanismo di cui all'art. 161, comma primo, c.p.c., applicabile solo per le decisioni soggette ad appello o a ricorso per cassazione.

Il caso

L'ordinanza interlocutoria ha ad oggetto una vicenda giudiziaria piuttosto complessa.

Dopo aver proposto alcuni ricorsi per cassazione, il ricorrente aveva ricusato otto componenti del collegio giudicante. L'istanza veniva decisa e respinta da un collegio giudicante del quale facevano parte alcuni dei giudici che si volevano ricusare, alla presenza del solo Procuratore Generale, in assenza del recusante, neppure avvisato, e senza neanche sentire i giudici da recusare. Di seguito, i ricorsi in cassazione venivano decisi da quello stesso collegio giudicante.

Il ricorrente soccombente agiva nuovamente con atto di citazione avanti al Tribunale di Roma, per denunciare la nullità-inesistenza dell'ordinanza sulla ricusazione, che, a suo dire, avrebbe compromesso anche la validità dei provvedimenti sulla causa principale. Il Tribunale dichiarava inammissibile la domanda.

Contro la pronuncia del Tribunale veniva proposto appello; a sua volta la Corte d'appello rigettava l'impugnazione, osservando che per esperire la querela nullitatis occorreva che la pronuncia impugnata difettasse dei requisiti minimi per sua esistenza; al contrario, la pronuncia in questione era affetta da vizi procedurali riconducibili all'art. 158 c.p.c. e come tale non sottratta al principio dell'assorbimento dei vizi di nullità nei mezzi di gravame. La Corte d'appello aggiungeva che a nulla rilevava il fatto che si trattasse di una pronuncia della Corte di cassazione: infatti, a sua opinione, ove fosse consentito di impugnare con querela nullitatis un provvedimento della Cassazione per vizi procedurali che non ne inficiassero l'esistenza, si avrebbe l'effetto di minare la stabilità di tali pronunce al di fuori dei casi consentiti dalla legge, di cui artt. 391-bis e 391-ter c.p.c., e si introdurrebbe abusivamente un quarto grado di giudizio.

La sentenza d'appello veniva a sua volta impugnata in cassazione.Il ricorrente relativamente alla questione principale, oltre a ribadire le argomentazioni espresse in appello, aggiungeva che anche a voler ipotizzare la nullità dell'ordinanza, questa non sarebbe denunciabile nella successiva fase processuale, perché verificatasi in sede di revocazione, perciò, non si potrebbe negare che la stessa possa essere contestata in via autonoma mediante actio nullitatis.

Esaminata la causa in camera di consiglio, il Collegio ha ritenuto che essa debba essere rimessa al Presidente della Sezione, per l'assegnazione alla pubblica udienza, perché presenta questioni meritevoli di approfondimento.

La questione

Molti sono i motivi sottoposti all'attenzione del Supremo Collegio, ma la questione di primaria importanza rimane quella della natura del vizio dalla quale è affetta l'ordinanza che decide sulla ricusazione, emessa dal giudice o da alcuni membri del collegio sottoposti allo stesso giudizio di ricusazione.

Questione strettamente correlata alla prima è come impugnare l'eventuale provvedimento della Cassazione sul giudizio principale, viziato per trasmissione dall'ordinanza sulla ricusazione pronunciata da un siffatto collegio giudicante.

Le soluzioni giuridiche

Sulla prima questione il Collegio parte da un punto fermo. Il giudice ricusando può valutare in via preventiva l'ammissibilità o meno dell'istanza e decidere di procedere oltre nel giudizio in caso di ritenuta manifesta inammissibilità della stessa, ma l'art. 53 c.p.c. viene costantemente interpretato nel senso che in nessun caso sull'istanza di ricusazione possa lo stesso giudice pronunciarsi (Cass. civ., sez. un., 13 gennaio 2021, n. 461). Proprio per garantire il diritto ad un giudizio equo ed imparziale, implicito nel nucleo essenziale del diritto alla tutela giurisdizionale di cui agli art. 24 e 111 della Costituzione, nonché dell'art. 6, comma, della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, non potrebbe mai ammettersi che la decisione sulla ricusazione sia rimessa allo stesso magistrato ricusato o ad un collegio di cui faccia parte (così Corte cost., 21 marzo 2002, n. 78).

Stabilito ciò, si passa ad esaminare il punto cardine dell'intero ricorso: il provvedimento illegittimamente emesso dal giudice o da alcuni membri del collegio giudicante destinatari dell'istanza di ricusazione è nullo o inesistente?

Secondo la prevalente giurisprudenza della Corte di cassazione una decisione siffatta sarebbe affetta da nullità, non da inesistenza: sussisterebbe, infatti, la violazione dell'art. 51 c.p.c., quando l'istanza di ricusazione venisse decisa in contrasto con l'art. 53 c.p.c., da un Collegio composto da magistrati ricusati; l'eventuale vizio di attività causato dalla partecipazione del giudice oggetto dell'istanza si riverberebbe sulla decisione assunta (Cass. civ., sez. un., 16 novembre 2007, n. 23729); il provvedimento così viziato sarebbe denunciabile mediante il mezzo di impugnazione al quale è sottoposto (vedi per tutte: Cass. civ., sez. un., 16 novembre 2007, n. 23729); non sarebbe, quindi, impugnabile in via autonoma l'ordinanza di ricusazione mediante ricorso straordinario in cassazione (Cass. civ., sez. un., 20 novembre 2003, n. 17636).

Insomma, secondo la giurisprudenza precedente, la decisione resa da un giudice ricusando o ricusato non è una decisione resa da un non-giudice, quindi inesistente.

Nella pronuncia in commento il Collegio sollecita la trattazione della causa in pubblica udienza, perché ritiene che la giurisprudenza di cassazione, finora, non si sia adeguatamente confrontata con il palese conflitto esistente tra la decisione assunta da un giudice ricusato e il precetto costituzionale in virtù del quale il processo deve svolgersi davanti ad un giudice terzo ed imparziale. Inoltre, a suo parere, se si concludesse per la mancata sanatoria del vizio, bisognerebbe vedere le ricadute sulla decisione nel merito adottata dal giudice ricusato; questa eventualità andrebbe verificata in relazione al giudizio di legittimità, anche in considerazione del fatto che il meccanismo di cui all'art. 161, primo comma, c.p.c. non si applica alle pronunce della Corte di cassazione.

Osservazioni

Nel provvedimento in commento, il Collegio sembra instillare il dubbio che una decisione affetta da un tale vizio di attività possa essere inesistente non semplicemente nulla, perché contraria al precetto che costituisce l'essenza della giurisdizione: il principio della terzietà del giudice.

Una decisione siffatta, in verità, sembra essere viziata da abnormità-inesistenza.

Secondo la definizione della giurisprudenza di Cassazione, Il provvedimento abnorme è il risultato di un procedimento illegittimo: esso, infatti, è frutto di un'attività esorbitante dai poteri attribuiti nella fattispecie all'organo giudiziario e, perciò, nella sua essenza contraria al diritto fondamentale di difesa oppure che si pone «(in) contrasto insanabile con i principi generali dell'ordinamento» (così Cass. civ., sez. un., 1 marzo 1995, n. 2317, in Corr. giur., 1995, 444).

Secondo l'opinione prevalente il provvedimento abnorme provoca un vizio radicale da denunciare in ogni tempo, sia per mezzo delle impugnazioni, sia con autonoma azione (Cass. civ., 19 luglio 2016, n. 14790; Cass. civ., 14 gennaio 2015, n. 488); non mancano, tuttavia, pronunce che la considerano una patologia da far valere con ricorso straordinario in cassazione entro il termine per impugnare, perciò in ultima analisi sanabile, (così Cass. civ., 30 settembre 2015, n. 19498, in Guida al dir., 2015, 49-50, 63).

Dalla giurisprudenza di Cassazione possiamo trarre alcuni esempi di provvedimento abnorme.

Se viene cassata con rinvio la sentenza non definitiva, con cui il giudice di appello abbia dichiarato la nullità della sentenza di primo grado e disposto la prosecuzione del giudizio innanzi a sé, si ha l'inefficacia sopravvenuta dell'attività istruttoria svolta e la cessazione della potestas iudicandi del giudice d'appello; perciò la sentenza definitiva successivamente emessa dal giudice d'appello, nonostante la pronuncia della Cassazione, sarebbe affetta da inesistenza per abnormità, che pur potendo essere denunciata in ogni tempo con una azione di accertamento, potrebbe essere fatta valere anche con i mezzi ordinari di impugnazione, per l'interesse concorrente della parte e del sistema ad espellere dall'ordinamento un provvedimento abnorme (Cass. civ., 14 gennaio 2015, n. 488).

È stato considerato abnorme, poi, il decreto con il quale il giudice ordinario, dopo essersi spogliato del potere di decidere la causa ed aver rimesso le parti al giudice del lavoro, ha dichiarato estinto il giudizio di opposizione ed esecutivo un decreto ingiuntivo, per aver giudicato intempestivo l'atto di riassunzione. Secondo la Cassazione spettava al giudice a quem valutare della legittimità del provvedimento, essendo il giudice a quo ormai privo di potere decisorio (sul punto: Cass. civ., 24 dicembre 2006, n. 22825; Id., 28 dicembre 2009, n. 27428; Id. 19 luglio 2016, n. 14790).

Il caso in esame potrebbe presentare alcune affinità con quest'ultima ipotesi richiamata: la ricusazione, infatti, è un subprocedimento all'interno del processo principale, in cui il potere decisorio ai sensi dell'art. 53, primo comma c.p.c., come interpretato dalla giurisprudenza di Cassazione, passa ad organo giudicante differente dal magistrato ricusando. Dato che nessuno può essere giudice in una causa propria, l'ordinanza adottata dallo stesso giudice da ricusare è viziata nel profondo, perché contraria ad un principio cardine del sistema giudiziario. Perciò, contro di essa dovrebbe essere possibile in esperire in ogni tempo un'autonoma azione di accertamento dell'abnormità-inesistenza.

Riferimenti
  • Besso, La sentenza civile inesistente, Torino, 1996;
  • Carratta, Sul provvedimento giudiziale c.d. abnorme e sui limiti della prevalenza della «sostanza» sulla «forma», nota a Cass., 29 maggio 1999, n. 5250, in Giur. it., 2000, 924 ss.;
  • Denti, Provvedimenti giudiziali abnormi, in Giur. it., 1955,I, 2, 532;
  • Mandrioli, L'assorbimento dell'azione civile di nullità e l'art. 111 Cost., Milano, 1967, 101 ss.;
  • Oriani, Nullità degli atti processuali, voce dell'Enc. giur. Treccani, XXI, Roma, 1990;
  • Sorace, Spunti intorno ai provvedimenti giudiziali civili emessi in forma diversa da quella corrispondente alla sostanza degli stessi e ai rimedi esperibili, in Studi in memoria di Salvatore Satta, II, Padova, 1982, 1639 ss.;
  • Tarzia, Profili della sentenza civile impugnabile, Milano, 1967;
  • Tiscini, Il ricorso straordinario in cassazione, Torino, 2005.

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