Rifiuto del conduttore di consegnare l'immobile al comproprietario alla scadenza del rapporto1. Bussole di inquadramentoLa restituzione della cosa locata Il dovere di restituire il bene, pur non essendo espressamente previsto dall' art. 1587 c.c. tra le obbligazioni principali nascenti dal contratto di locazione a carico del conduttore, va certamente annoverato tra queste ultime. Quindi, finito il contratto di locazione, sia in caso scadenza naturale sia per disdetta anticipata, sorge in capo al conduttore l'obbligo di restituire il bene locato. L'art. 1590, comma 1, c.c. dispone, infatti, che, al termine del contratto, il conduttore deve restituire il bene locato nello stato medesimo in cui lo ha ricevuto, salvo il consumo o il deterioramento causato dall'uso conforme alla destinazione pattuita. L'obbligazione restitutoria del conduttore ha fondamento contrattuale e, conseguentemente, è contrattuale la natura della responsabilità per il suo inadempimento. Invero, l'obbligazione di restituire la cosa locata non ha carattere sinallagmatico, ma scaturisce dalla natura propria della locazione che è contratto a termine; essa nasce alla scadenza della locazione ed ha natura contrattuale, proprio in quanto derivante dal contratto stesso. In sintesi, l'inquilino ha diritto a rimanere nell'alloggio fino all'ultimo giorno previsto dal contratto ed è tenuto a restituire l'abitazione, nello stesso stato in cui l'aveva precedentemente affittata, fatto salvo ovviamente il normale deterioramento dovuto all'uso. Alla scadenza della locazione, la restituzione dell'immobile si realizza con la riconsegna delle chiavi, in molti casi prevista da una postilla contenuta nel verbale di riconsegna dell'immobile, in cui si indica il giorno della riconsegna, con la firma delle parti contraenti. Laddove, dunque, il contratto di locazione sia scaduto e l'inquilino si rifiuti di lasciare l'immobile, è possibile intimare a quest'ultimo lo “sfratto”, rivolgendosi, poi, al giudice, al fine di ottenerne la “convalida”. Pluralità di proprietari Qualora più persone abbiano concesso l'immobile in locazione, ciascuna di esse è legittimata ad agire per il rilascio della res, salvo il dissenso degli altri locatori. Se, poi, i comproprietari-locatori non concordino sulla gestione e l'amministrazione del bene comune, trova applicazione l' art. 1105 c.c. Di talché, a fronte dell'uguaglianza delle rispettive quote, tale contrasto deve risolversi con l'intervento dell'Autorità giudiziaria, come sancito nell'ultimo comma dell'art. 1105 c.c. Al giudice è, dunque, demandato il compito di dirimere i conflitti in ordine all'opportunità e necessità di determinati atti di amministrazione della res comune, con l'eventuale nomina di un amministratore, allorché non sia possibile raggiungere la statuita formazione della debita maggioranza fra i comunisti calcolata secondo il valore delle relative quote. Ne deriva, in mancanza di ciò, la carenza per il singolo comunista della legittimazione ad agire, da solo e contro l'espressa volontà dell'altro pari compartecipe alla comunione della res locata, per la risoluzione del relativo contratto. Sfratto per finita locazione In base all' art. 657, comma 2, c.p.c. , la procedura di sfratto per finita locazione può essere chiesta al termine della scadenza naturale del contratto di locazione qualora il conduttore non rilasci spontaneamente l'immobile. Si tratta di un giudizio che viene definito sommario, in quanto la procedura è semplificata rispetto a quella ordinaria. La procedura ha inizio con la c.d. intimazione da parte del locatore di lasciare libero l'immobile e che contiene anche la contestuale citazione dell'inquilino per la convalida innanzi al Tribunale del luogo in cui si trova l'immobile dato in affitto. Nella citazione, deve essere inserito necessariamente l'avvertimento al convenuto che, in caso di mancata comparizione o mancata opposizione, il giudice provvederà a convalidare lo sfratto. L'effetto della citazione sarà la fissazione di un'udienza di convalida, il cui esito è vincolato alla comparsa o meno dell'inquilino che continua ad occupare l'immobile dopo la scadenza del contratto. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
In caso di rifiuto del conduttore nel rilascio dell'immobile, il locatore comproprietario può agire autonomamente con lo sfratto?
Validità ed efficacia del contratto di locazione in comproprietà Il rapporto derivante dal contratto di locazione e che si instaura tra il locatore e il conduttore ha una natura personale, quindi chiunque abbia la disponibilità di fatto di un bene può validamente decidere di concederlo o meno in locazione. Ciò significa che il contratto di locazione stipulato dal comproprietario dell'immobile è da ritenersi pienamente valido ed efficace pure in assenza della sottoscrizione da parte di altri comproprietari (Cass. III, n. 20371/2013). Ed ancora, in tale situazione, si presume che il comproprietario stipulante agisca col tacito consenso degli altri comproprietari (Cass. III, n. 549/2012). Orientamento delle Sezioni Unite Contratto stipulato dal comproprietario in mancanza del tacito consenso In mancanza del tacito consenso, il comproprietario che ha sottoscritto il contratto si espone a pretese risarcitorie. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno precisato che, qualora uno dei comproprietari decida di stipulare un contratto all'insaputa dell'altro, si tratta di «gestione di affari», assoggettabile all' art. 2032 c.c. : il comproprietario non locatore potrà ratificare l'operato del gestore e, ai sensi dell'art. 1705, comma 2, c.c. applicabile per effetto del richiamo al mandato contenuto nel citato art. 2032 c.c., esigere dal conduttore, nel contraddittorio con il comproprietario locatore, la quota dei canoni corrispondente alla quota di proprietà indivisa (Cass. S.U., n. 11135/2012). Presunzione del consenso degli altri comproprietari In tema di tutela del diritto di comproprietà, qualora il partecipante alla comunione compia un atto di ordinaria amministrazione, anche consistente in un negozio giuridico o in un'azione giudiziale aventi tali finalità, come l'agire per finita locazione contro i conduttori della cosa comune, la presunzione del consenso degli altri – che sussiste ai sensi dell' art. 1105, comma 1, c.c. – può essere superata dimostrando l'esistenza del dissenso degli altri comunisti per una quota maggioritaria o eguale della comunione, senza che occorra che tale dissenso risulti espresso in una deliberazione a norma dell'art. 1105, comma 2, c.c. (Cass. III, n. 5014/2017: nella specie, non vi era stata alcuna violazione dell'art. 1105 c.c., perché il coerede succeduto al locatore nel contratto di locazione – pur informato dell'azione di sfratto per morosità e/o per finita locazione intentata dal coerede-comproprietario – non aveva manifestato alcun dissenso e quindi non era necessario l'intervento del giudice per legittimare la comproprietaria a chiedere la risoluzione nei confronti della conduttrice morosa, oltre che ad agire per il pagamento dei canoni e degli oneri accessori). L'azione del comproprietario per il rilascio dell'immobile Quanto al rilascio dell'immobile, i giudici hanno precisato che il comproprietario dell'immobile locato può agire in giudizio per ottenere il rilascio del bene per finita locazione, trattandosi di atto di ordinaria amministrazione della cosa comune per il quale deve presumersi che sussista il consenso degli altri comproprietari, o quanto meno della maggioranza dei partecipanti alla comunione, sicché non ricorre la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti degli altri partecipanti (Cass. III, n. 21153/2013). Invero, nel caso d'immobile in comproprietà ceduto in locazione, ciascun comproprietario può agire per la risoluzione del contratto, presumendosi il consenso di tutti all'iniziativa volta alla tutela di interessi comuni, salvo che si deduca e si dimostri, a superamento di tale presunzione, il dissenso della maggioranza dei contitolari, nel qual caso è necessario il preventivo intervento dell'autorità giudiziaria ai sensi dell' art. 1105 c.c. (Cass. III, n. 2399/2008: nella specie, sulla scorta dell'enunciato principio, si era confermata la sentenza impugnata con la quale era stata rigettata l'azione di rilascio intentata da uno solo dei comproprietari nei confronti del conduttore del bene, malgrado l'altro comproprietario si fosse opposto alla disdetta). Inoltre, al fine di impedire il rinnovo del contratto di locazione, è efficace la disdetta intimata anche da uno solo dei locatori, tanto più se dichiari di agire anche in nome e per conto degli altri (Cass. III, n. 5518/1985). Dunque, in tema di sfratto intimato al conduttore da uno dei comproprietari dell'immobile locato, il consenso dell'altro comproprietario all'intimazione deve presumersi in mancanza di prova contraria (Cass. III, n. 8550/1999); diversamente, nel caso in cui i due comproprietari, per quote pari, di un immobile concesso in locazione, siano in contrasto sull'intimazione dello sfratto al conduttore, è invalido lo sfratto intimato da uno solo di essi: in questi casi, l'azione di risoluzione può essere proposta solo previo ricorso al giudice perché dia i provvedimenti di cui all'art. 1105 c.c. (App. Potenza 25 novembre 2003). La condanna al rilascio di un immobile ha effetto non soltanto nei confronti di colui cui è rivolta la statuizione di condanna, ma anche in confronto del terzo, se occupante senza titolo o se il titolo in base al quale costui si trova nella detenzione dell'immobile deriva da quello del condannato, nel senso che lo presuppone, ed è incompatibile con l'immissione in possesso dell'esecutante, al fine di conseguire l'adeguamento dello stato di fatto alla situazione giuridica che la sentenza di condanna ha accertato in capo all'attore, poiché detto soggetto è l'unico in grado di poter adempiere l'obbligazione di restituzione del bene. Se, invece, il terzo è un detentore c.d. interessato, vale a dire titolare di un diritto di godimento del bene opponibile al creditore, l'esecuzione per rilascio si compie nella forma particolare dell'art. 608, comma 2, c.p.c. Pertanto, soggetto passivo dell'esecuzione per rilascio è il destinatario dell'ordine contenuto nella sentenza se si trovi, attualmente, nel possesso della cosa da rilasciare ed a lui vanno notificati titolo esecutivo, precetto e preavviso di rilascio; se, invece, il bene è detenuto da un terzo, senza titolo, destinatario dell'azione esecutiva per rilascio sarà quest'ultimo e nei suoi confronti dovranno essere compiuti gli atti prodromici all'esecuzione, sempre ché tale detenzione sia precedente l'esecuzione e sia nota al creditore procedente (Trib. Cassino 21 aprile 2022: fattispecie in cui l'immobile oggetto di esecuzione era stato successivamente locato dalla comproprietaria della locatrice ad altro soggetto). Intimazione da parte del locatore divenuto proprietario dell'immobile dopo la scadenza del contratto Il locatore che – divenuto comproprietario dell'immobile locato prima della conclusione del contratto – abbia poi allo scioglimento della locazione acquisito in via esclusiva la proprietà dell'immobile quando ormai il contratto era già cessato, continua a mantenere tutti i diritti prima spettatigli come comproprietario e, dunque, anche la legittimazione ad agire e a resistere nei giudizi inerenti al bene oggetto della locazione. Se, infatti, egli poteva agire per la finita locazione prima dello scioglimento della comunione, questa facoltà non può ovviamente venire meno dopo (e ciò proprio in quanto, una volta escluso che chi abbia acquistato il bene posteriormente alla cessazione del rapporto subentri in questo, va simmetricamente affermata la persistente titolarità dei poteri contrattuali in capo a quanti ne erano muniti prima del perfezionarsi della vicenda estintiva: diversamente, la locazione si protrarrebbe per un tempo indefinito). Ne consegue che, in tale ipotesi, il locatore ha titolo ad agire contro il conduttore con l'azione di sfratto per finita locazione (Trib. Roma 2 novembre 2005). 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale Il comproprietario di un'unità immobiliare, prima di ricorrere al giudice civile per conseguire la disponibilità dell'immobile che il conduttore si rifiuta di lasciare alla scadenza del contratto, nonostante la precedente disdetta ricevuta nel rispetto del termine previsto ex lege, può tentare di raggiungere un accordo, che consenta di evitare l'azione giudiziaria. In particolare, l'avente diritto a conseguire la restituzione della cosa locata può concedere al conduttore, in difficoltà nel reperire altra abitazione, un congruo termine per eseguire il rilascio consensualmente, decorso il quale, senza ulteriore preavviso, si vedrà costretto a ricorrere alla procedura di sfratto, addebitandogli le relative spese e gli eventuali danni conseguenti al rifiuto. L'eventuale riuscita della contrattazione, finalizzata al rilascio consensuale dell'immobile, consentirebbe al comproprietario il vantaggio di rientrarne quanto prima in possesso, ed al conduttore di avere un maggiore periodo di tempo a disposizione per reperire un'altra abitazione, corrispondendo per lo stesso periodo soltanto l'indennità di occupazione, evitando ulteriori esborsi per spese legali e maggiorazioni od altri danni da corrispondere a favore della controparte nel caso in cui quest'ultima decida di avviare l'azione giudiziaria. Funzione e natura del giudizio L'intimazione di sfratto, con la contestuale citazione per la convalida, dopo la scadenza del contratto, è un procedimento speciale caratterizzato dalla sommarietà del rito, che lo distingue dall'ordinario processo di cognizione, la cui funzione è quella di risolvere – in assenza di opposizione del conduttore – il contratto di locazione, consentendo all'avente diritto di rientrare nel possesso della res locata. Aspetti preliminari Mediazione L'azione proponibile dall'avente diritto ai sensi dell' art. 657 c.p.c. non richiede per la sua immediata esperibilità la preventiva instaurazione di un autonomo procedimento di mediazione, la cui osservanza è prevista obbligatoriamente ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 in materia condominiale o locatizia prima di avviare un giudizio a cognizione piena. Competenza Ai sensi dell' art. 661 c.p.c. , quando si intima la licenza o lo sfratto per finita locazione, la citazione a comparire per la convalida deve farsi inderogabilmente davanti al Tribunale del luogo in cui si trova la cosa locata (forum rei sitae). Legittimazione Il locatore – ovvero il comproprietario o l'acquirente dell'immobile subentrato nel diritto di credito alla restituzione già maturato in capo al locatore-proprietario cedente, laddove il contratto sia cessato per l'intimata disdetta alla scadenza, con facoltà piena di esercitare i diritti non esauriti ed i poteri spettanti al proprietario e dal medesimo cedutigli – è il soggetto legittimato attivo ad intimare lo sfratto per finita locazione con la contestuale citazione per la convalida, mentre il conduttore è il soggetto legittimato passivo. Profili di merito Onere della prova L'onere di allegare, nello speciale procedimento sommario i presupposti per l'utile esperimento del procedimento di intimazione di sfratto per finita locazione con la contestuale citazione per la convalida, grava sul comproprietario. Contenuto dell'atto di citazione L'azione si propone con atto di citazione, nel quale deve essere indicata l'autorità giudiziaria dinanzi alla quale è proposta l'azione ex art. 657 c.p.c. , seguita dalle generalità dell'istante (data di nascita e codice fiscale) e l'indicazione del difensore (che deve, a sua volta, inserire il proprio codice fiscale) dal quale è rappresentato e difeso e presso il quale è elettivamente domiciliato. La parte istante deve, infatti, eleggere domicilio nel Comune in cui ha sede il giudice adìto. Nell'atto devono essere indicate le generalità del conduttore e la precisa indicazione dell'immobile, compresi i dati catastali dello stesso. Nel suddetto atto, deve essere indicato il contratto di locazione con la relativa data di scadenza e la disdetta formulata in precedenza nel rispetto del relativo termine, rimasta senza esito. Sùbito dopo la parte narrativa, va indicata l'intimazione formale dello sfratto per finita locazione nei confronti del conduttore, con l'invito a rilasciare nella disponibilità dell'intimante l'immobile precedentemente locato libero e sgombero da persone e cose, con la successiva vocatio in jus dello stesso conduttore a comparire dinanzi al giudice adìto indicando l'udienza di comparizione ed inserendo l'invito a costituirsi nei prescritti modi e termini di legge. Tra la data di notifica dell'intimazione e quello dell'udienza devono intercorrere almeno venti giorni liberi. L'atto deve contenere l'avviso ex art. 663 c.p.c. , secondo cui se l'intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convaliderà lo sfratto. Nelle conclusioni, l'intimante deve chiedere al giudice adìto la convalida dello sfratto con la condanna del conduttore al rilascio dell'immobile libero da persone e cose, con dichiarazione di cessazione del contratto, e la pronuncia dell'ordinanza ex art. 665 c.p.c. in caso di opposizione dell'intimato, e la sua condanna al pagamento delle spese di lite. Va anche precisata la concessione del termine minimo ex art. 56 della l. n. 392/1978. All'atto vanno allegati: il contratto, la disdetta e la dichiarazione di valore riguardante il pagamento del contributo unificato. L'atto deve essere sottoscritto dal difensore, e contenere con separato atto il mandato alla lite, sottoscritto dalla parte, la cui firma deve essere autenticata dal difensore. Richieste istruttorie Il comproprietario, che agisce per conseguire dal conduttore la disponibilità dell'immobile locato libero e sgombero da persone e cose, deve dimostrare per tabulas la propria qualità di avente diritto a proporre l'actio ex art. 657 c.p.c. ed i relativi presupposti, tra cui il contratto da cui si evince la data di scadenza e la disdetta formulata nel rispetto dei termini di legge, così come la lettera di costituzione in mora riguardante il rilascio. In tale ottica, nella fase sommaria, in assenza di comparizione del conduttore o di una sua opposizione, basterà quindi che il comproprietario attesti la persistenza dell'inadempimento del conduttore a rilasciare l'immobile per conseguire la convalida dell'intimazione, con la relativa condanna al rilascio. 4. ConclusioniIn materia di procedimento di sfratto per finita locazione, il comproprietario può agire in giudizio per ottenere il rilascio dell'immobile nei confronti del conduttore che si è rifiutato di restituirlo, trattandosi di un atto di ordinaria amministrazione della cosa comune per il quale, salvo il dissenso dei comproprietari di maggioranza rispetto a tale iniziativa, si deve presumere che sussista il consenso degli altri comproprietari o quanto meno della maggioranza dei partecipanti alla comunione, sicché non ricorre la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri partecipanti (Trib. Siena 3 dicembre 2020). Infatti, ciascun comproprietario può stipulare il contratto di locazione ed è attivamente legittimato all'esercizio dell'azione di sfratto o di risoluzione, nonché passivamente legittimato nei confronti delle azioni del conduttore, mentre nel caso di trasferimento della proprietà, se il contratto sia cessato per effetto dell'intimata disdetta del contratto alla scadenza contrattuale, l'acquirente subentra nel diritto di credito alla restituzione già maturato in capo al locatore-proprietario cedente (Cass. III, n. 12883/2012). Il comproprietario, che intende conseguire la restituzione dell'immobile dal conduttore nel proporre l'azione di sfratto ex art. 657 c.p.c. , deve preliminarmente verificare il rispetto del termine per la disdetta che per iscritto deve essere stata comunicata al conduttore, con la quale gli è stata manifestata la volontà del locatore di non proseguire ulteriormente nel rapporto. Inoltre, unitamente all'atto di intimazione, nel fascicolo dell'istante va allegato il contratto di locazione, in modo che il giudice possa verificare per tabulas la scadenza del termine di durata della locazione, perché, nella fase sommaria, per potere conseguire l'ordinanza di rilascio, anche in presenza dell'opposizione del conduttore, non è possibile espletare i mezzi di prova che normalmente trovano ingresso soltanto a seguito del mutamento del rito. Tuttavia, se l'attrice ha chiesto che venga dichiarata abusiva ed illegittima l'occupazione dell'immobile di sua proprietà da parte del convenuto, con la conseguente condanna del medesimo al rilascio del bene immobile, senza ricollegare la propria pretesa al venire meno di un negozio giuridico, che avesse giustificato la consegna della cosa e la relazione di fatto sussistente tra questa ed il medesimo convenuto, e dunque in assenza di un qualsiasi rapporto obbligatorio personale inter partes, in questo caso, appare evidente che l'azione promossa non possa essere qualificata come azione di restituzione ma come azione di rivendica (App. Ancona 27 gennaio 2022). |