Deterioramenti dell'immobile locato dovuti al normale uso o vetustà

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

L'obbligo di mantenere l'immobile locato in stato da servire all'uso convenuto

L' art. 1576 c.c. riempie di significato, da un lato, l'art. 1575, n. 2), c.c. in relazione all'obbligazione positiva di mantenimento (o di manutenzione) gravante sul locatore e, dall'altro, l'art. 1587, n. 1) c.c. in relazione all'obbligo di custodia e diligente uso della cosa locata gravante sul conduttore. Gli obblighi diventano efficaci al momento della consegna della cosa locata, ma la prestazione diviene esigibile solo nel momento della sopravvenienza di fatti che compromettano il godimento della cosa secondo l'uso convenuto. La manutenzione va eseguita, ad opera del locatore, non appena questi ha conoscenza dell'inconveniente e cioè, secondo quanto previsto in linea generale dall'art. 1183 c.c., nell'immediatezza, tenendo conto del tempo all'uopo necessario, anche sotto un profilo organizzativo, in relazione alla natura ed all'entità del guasto. Invero, l'art. 1575, n. 2), c.c. sancisce, a carico del locatore, l'obbligo di mantenere l'immobile locato in stato da servire all'uso convenuto e, quindi, di assicurare al conduttore il godimento del bene in conformità del contratto (c.d. obbligazione di mantenimento o di manutenzione): tale obbligo deve considerarsi violato non solo quando, per incuria del locatore, il bene locato sia divenuto specificamente inidoneo all'uso, ma anche quando, sempre per fatto imputabile al locatore, la concreta utilizzazione dell'immobile locato non sia possibile. Ad esso corrisponde il simmetrico obbligo, gravante sul conduttore, di tollerare le riparazioni che, nel corso della locazione, non possano differirsi fino al termine del contratto, anche quando queste importino privazione del godimento di parte della cosa locata. In tale ottica, si spiega, dunque, la previsione contenuta nell'art. 1576 c.c., a mente del quale, nel caso di locazione avente ad oggetto beni immobili, il locatore deve eseguire tutte le riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore.

Riparazioni e manutenzione

A tal proposito, è stato precisato che la nozione di riparazione urgente è diversa tanto dalle riparazioni necessarie, come anche da quelle riparazioni che non possono differirsi fino al termine del contratto, di cui all'art. 1583 c.c. Queste ultime hanno come riferimento la scadenza del contratto e, quindi, sono di intensità minore rispetto alle altre. Le riparazioni hanno come caratteristica la “indifferibilità” rispetto all'interesse del creditore, ossia sono quelle che non possono procrastinarsi sino al tempo necessario perché il locatore sia avvertito e possa provvedere alla riparazione (Trib. Modena 6 marzo 2006). Le spese di manutenzione straordinaria del bene locato, invece, sono quelle relative a opere non prevedibili o normalmente necessarie in dipendenza del godimento normale della cosa nell'àmbito dell'ordinaria durata del rapporto locatizio e che presentano un costo sproporzionato rispetto al corrispettivo della locazione. In altre parole, ogni obbligo di intervento che, pur non potendo essere considerato necessario per conservare la destinazione dell'immobile, sia comunque finalizzato a sostituire, a seguito di un normale processo di deterioramento nel tempo e non di un'utilizzazione inadeguata o anomala da parte del conduttore, impianti o servizi accessori, va necessariamente considerato una manutenzione straordinaria, gravante, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1575 e 1576 c.c., sul locatore.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
In caso di deterioramento dell'immobile dovuto al normale uso o vetustà, il conduttore può agire nei confronti del locatore per la risoluzione del contratto?

Derogabilità pattizia

Alla luce dell'art. 13 della l. n. 431/1998, per le locazioni abitative ed in ogni caso per le locazioni ad uso diverso dall'abitativo la derogabilità pattizia deve ritenersi ammessa (Cass. III, n. 9019/2005).

Quindi, si deve considerare che l'art. 1576 c.c. non è qualificata come norma d'ordine pubblico e, pertanto, risulta derogabile (Cass. III, n. 7574/2020; Cass. III, n. 6158/1998; Cass. III, n. 11856/1992).

Di conseguenza, è valido il patto che pone a carico del conduttore l'obbligo sia della manutenzione ordinaria che di quella straordinaria relativa agli impianti ed alle attrezzature particolari, restando a carico del locatore soltanto le riparazioni delle strutture murarie (Cass. III, n. 15388/2002).

In ogni caso, qualora le parti abbiano pattuito, in deroga alla disciplina dettata dall'art. 1576 c.c. che al conduttore sia imposto anche l'obbligo relativo alla manutenzione straordinaria dell'immobile locato, il conduttore è tenuto a compiere tutte le opere necessarie a mantenere l'immobile in buono stato locativo ed a restituirlo nell'originario stato di consistenza e conservazione, con la conseguenza del trasferimento a suo carico dei deterioramenti risultanti dall'uso della cosa in conformità del contratto. Ne consegue che, nel caso di mancata esecuzione da parte del conduttore delle riparazioni poste contrattualmente a suo carico, il locatore è legittimato a chiedere il risarcimento.

Il locatore è, quindi, tenuto a consegnare e mantenere la cosa in buono stato locativo al fine di servire all'uso convenuto, in base alle pattuizioni in concreto intercorse tra le parti, conseguentemente rispondendo solo ove la cosa, al momento della consegna o successivamente, risulti affetta da vizi occulti, tali da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la pattuita destinazione contrattuale (Cass. III, n. 38084/2021).

Riparazioni e spese a carico del locatore

In assenza di accordi tra le parti, secondo la giurisprudenza, la riparazione degli infissi esterni dell'immobile locato non rientra tra quelle di piccola manutenzione che l' art. 1576 c.c. pone a carico del conduttore, perché i danni riportati da questi infissi, a meno che non siano dipendenti da uso anormale dell'immobile, devono presumersi dovuti al caso fortuito o a vetustà e devono essere, conseguentemente, riparati dal locatore che, a norma dell'art. 1575 c.c., ha l'obbligo di mantenere la cosa locata in stato da servire per l'uso convenuto (Cass. III, n. 8191/1995; Cass. III, n. 6896/1991).

Dunque, non rientrano tra le riparazioni di piccola manutenzione a carico dell'inquilino a norma dell' art. 1609 c. c. quelle relative agli impianti interni alla struttura del fabbricato (elettrico, idrico, termico) per l'erogazione dei servizi indispensabili al godimento dell'immobile, atteso che, mancando un contatto diretto del conduttore con detti impianti, gli eventuali guasti manifestatisi improvvisamente e non dipendenti da colpa dell'inquilino per un uso anormale della cosa locata, devono essere imputati a caso fortuito o a vetustà e, pertanto, la spesa per le relative riparazioni grava sul locatore che, ai sensi dell'art. 1575, n. 2), c.c., deve mantenere costantemente l'immobile in istato da servire all'uso convenuto (Cass. III, n. 271/1989: nella specie, alla stregua del principio enunciato, si era confermata la pronuncia dei giudici del merito che avevano posto a carico del locatore le spese per la riparazione della vaschetta raccoglitrice delle acque di scarico del bagno escludendo una colpa del conduttore in relazione alla protratta immissione di detersivi nelle tubature in quanto rientrante nell'uso normale, nonché considerando la rilevanza della spesa perché l'indicato guasto comportava anche il rifacimento del pavimento).

In conclusione, gli artt. 1575 e 1576 c.c., che pongono a carico del locatore la riparazione degli infissi esterni, trattandosi di riparazione che non rientrerebbe tra quelle di piccola manutenzione che l'art. 1576 c.c. pone a carico del conduttore, si riferiscono alle ipotesi di danni conseguenti a vetustà e caso fortuito, ma non alla diversa ipotesi in cui i danni riportati da questi infissi siano dipendenti da uso anormale dell'immobile o siano conseguenti all'omissione nelle attività di ordinaria cura e preservazione, consistente, ad esempio, nella periodica verniciatura (Trib. Roma 1° luglio 2019, n. 11156). Quindi, grava sul locatore l'obbligo di consegnare e mantenere la cosa locata in buono stato di manutenzione in modo che rimanga in uno stato che la renda idonea all'uso convenuto; di conseguenza, il locatore è responsabile per i danni che siano derivati della mancata manutenzione.

Inadempimento contrattuale del locatore in caso di usura della res locata

I guasti o deterioramenti della cosa locata, dovuti alla naturale usura, effetto del tempo, o ad accadimenti accidentali, che determinino disagi limitati e transeunti nell'utilizzazione del bene, possono rilevare rispetto all'obbligo di manutenzione, posto dalla legge a carico del locatore, quale proiezione nel tempo dell'obbligo di consegna in buono stato di manutenzione ( art. 1575 c.c. ), e rispetto all'obbligo di riparazione ex art. 1576 c.c., l'inosservanza dei quali determina l'inadempimento contrattuale (Trib. Milano 30 gennaio 2019, n. 1029). Così, ad esempio, per la rottura di un tubo del vaso di espansione dell'impianto di riscaldamento posto nel sovrastante sottotetto, che aveva determinato un'infiltrazione, è operante l'obbligo del locatore di provvedere alle riparazioni ai sensi dell'art. 1576 c.c., la cui inosservanza determina inadempimento contrattuale (Cass. III, n. 5682/2001).

Da notare che la responsabilità del locatore sussiste anche per danni prodottisi nei confronti dello stesso conduttore (Cass. III, n. 6774/1988). Quest'ultimo ha diritto al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità contrattuale per inadempimento dell'obbligo di mantenere la cosa locata in condizioni da servire all'uso convenuto, qualora, a seguito della diminuzione o perdita del godimento del bene locato dovuta a fatti sopravvenuti, si siano prodotti pregiudizi ulteriori (Cass. III, n. 19181/2003, che ha affermato la responsabilità del proprietario per aver eliminato solo con molto ritardo le conseguenze derivanti da due incendi subiti dallo stabile ove si trovava l'appartamento oggetto della locazione).

L'obbligo del locatore previsto dall' art. 1576 c.c. non comprende, però, l'esecuzione di opere di modificazione o trasformazione della cosa locata, anche se imposte da disposizioni di legge o dell'autorità, sopravvenute alla consegna, per rendere la cosa stessa idonea all'uso convenuto, né il locatore è tenuto a rimborsare al conduttore le spese sostenute per l'esecuzione di tali opere, salva l'applicazione della normativa in tema di miglioramenti (Cass. III, n. 19226/2015).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

Il conduttore che intende chiedere la risoluzione del contratto di locazione per lo stato di deterioramento dell'immobile, a causa della vetustà o del normale uso dello stesso, può tentare di raggiungere un accordo consensuale con il locatore, affinché quest'ultimo possa attivarsi per l'eliminazione delle cause sulla cui scorta il conduttore intende chiedere la cessazione del rapporto locatizio, o per manifestare il proprio consenso ad un'intesa soddisfacente per la fine del contratto che possa evitare il ricorso all'azione giudiziaria da parte del conduttore.

Funzione e natura del giudizio

L'azione intrapresa dal conduttore nei confronti del locatore è un ordinario giudizio di cognizione, per conseguire la risoluzione del contratto per effetto dello stato di deterioramento dell'immobile causato dalla sua vetustà o dal normale uso.

Aspetti preliminari

Mediazione

Il conduttore, il quale intenda esercitare in giudizio nei confronti del locatore l'azione volta a conseguire la risoluzione del contratto di locazione per effetto dello stato di deterioramento dell'immobile causato dalla sua vetustà o dal normale uso, deve prima esperire il procedimento di mediazione previsto dall' art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 , quale condizione obbligatoria di procedibilità.

Competenza

Il giudice competente è il Tribunale del luogo in cui è posto l'immobile, perché, in tema di locazioni, la competenza territoriale appartiene al giudice del locus rei sitae, come del resto si ricava dagli artt. 21 e 447-bis c.p.c., la quale ha natura inderogabile, con la conseguente invalidità di un'eventuale clausola difforme, rilevabile ex officio anche in sede di regolamento di competenza (Cass. VI, n. 12404/2020).

Legittimazione

Il conduttore è il soggetto legittimato attivo all'esercizio dell'azione di risoluzione del contratto di locazione, ed il locatore quello legittimato passivo.

Profili di merito

Onere della prova

Il conduttore ha l'onere di dimostrare che lo stato di deterioramento dell'immobile sia grave al punto da giustificare la risoluzione del contratto di locazione, e nello stesso tempo, che dipenda dal suo stato di vetustà o dal normale uso, e non da un uso improprio della cosa locata o comunque derivante da fatto e colpa del medesimo conduttore.

Contenuto del ricorso

L'azione si propone con ricorso, nel quale il conduttore deve indicare l'autorità competente dinanzi alla quale intende chiamare in giudizio il locatore, unitamente alle sue generalità ed a quelle del proprio difensore, il quale dovrà avere cura di indicare la propria pec ed il numero di fax per la ricezione delle relative comunicazioni.

Inoltre, il conduttore deve anche eleggere domicilio nel Comune in cui ha sede lo stesso giudice adito, e, indicate nel ricorso le esatte generalità del locatore, precisare altresì l'ubicazione dell'immobile con i relativi identificativi catastali, avendo cura di riportare, nella narrazione del fatto, le ragioni addotte rispettivamente a fondamento della causa petendi e del petitum richiesto, anche in via mediata, e delle richieste formulate nelle conclusioni dell'atto – azione di risoluzione del contratto di locazione per lo stato di deterioramento dell'immobile dovuto alla sua vetustà o al normale uso dell'immobile da parte del conduttore – con la correlata documentazione probatoria che intende offrire a corredo della domanda.

Al riguardo, trattandosi di ricorso, occorre indicare sùbito, a pena di decadenza, tutte le prove che si intendono sottoporre all'attenzione del giudice, come ad esempio l'interrogatorio formale del locatore e le esatte generalità degli eventuali testimoni che si intendono ascoltare sulle posizioni “fattuali” dell'atto introduttivo della controversia, che dunque devono già essere opportunamente “capitolate” oltre a tutta la relativa documentazione probatoria (contratto di locazione, lettera di contestazione dell'inadempimento del locatore, fotografie e/o riprese video degli ambienti interni dell'immobile locato, verbale del procedimento di mediazione conclusosi negativamente).

Ciò non toglie, però, che, nella narrazione del “fatto”, occorre opportunamente soffermarsi sulla concreta posizione assunta nella vicenda dal locatore, laddove il medesimo, responsabile della violazione ascrittagli nel contratto riguardante l'inosservanza dei relativi obblighi, tra cui quello di preservare lo stato e la destinazione della cosa locata, abbia continuato a rimanere inerte, nonostante la tempestiva conoscenza della relativa contestazione, comprovata dalla precedente corrispondenza intercorsa o da un'eventuale diffida ricevuta dal conduttore al fine di attivarsi per porre rimedio alla situazione creatasi in suo danno, potendo risultare utile ai sensi dell' art. 116 c.p.c. , sul piano della valutazione del relativo comportamento laddove risulti inserito in un contesto fattuale idoneo a farlo ritenere come gravemente inadempiente, anche all'esito del precedente procedimento di mediazione avviato dallo stesso conduttore nei confronti del medesimo soggetto responsabile.

Il ricorso deve, quindi, essere sottoscritto dal difensore su atto separato contenente la procura alla lite, sottoscritta dalla parte rappresentata dal medesimo difensore ed autenticata da quest'ultimo.

Richieste istruttorie

Il conduttore può chiedere l'interrogatorio formale del conduttore, capitolando nel ricorso introduttivo della lite le relative posizioni, sulle quali, successivamente, potrà essere espletata la prova testimoniale, anch'essa chiesta in ricorso. Inoltre, dirimente può essere la richiesta di una C.T.U. finalizzata a dimostrare l'an ed il quantum debeatur riguardante lo stato attuale dell'immobile locato al fine di stabilire la causa del deterioramento di quest'ultimo e la relativa gravità se idonea a giustificare o meno la risoluzione del contratto di locazione.

4. Conclusioni

La posizione del conduttore determinato a chiedere la risoluzione del contratto di locazione può rivelarsi “giusta”, a condizione che lo stato di deterioramento dell'immobile sia tale da renderne di fatto impossibile o gravemente pregiudizievole la permanenza, e che sia riconducibile all'incuria del locatore, il quale, sebbene sollecitato dal conduttore a provvedere alle necessarie riparazioni, sia rimasto inerte.

Nella prima ipotesi, rientrano la sostituzione della caldaia dell'appartamento, laddove divenuta obsoleta nel corso degli anni e, dunque, inadatta se non pericolosa per il conduttore ed il suo nucleo familiare convivente, rendendo così ad esempio impossibile riscaldare l'acqua per farsi una doccia, oppure l'omessa sostituzione degli infissi in legno, gravemente usurati per effetto del passare degli anni nelle case di antica costruzione, con la conseguente dispersione di calore e riscaldamento all'interno dell'abitazione, o ancora il mancato adeguamento dell'impianto di riscaldamento autonomo di cui può essere dotato l'appartamento, con relativa perdita di gas, o la serratura della porta blindata divenuta inservibile per effetto dell'usura del meccanismo interno che ne regola la chiusura, in assenza di manutenzione, o l'inadeguatezza dell'impianto elettrico per la sua risalente realizzazione mai aggiornata alle successive misure di adeguamento e sicurezza.

In queste e numerose altre ipotesi, lo stato della cosa locata potrebbe pregiudicare in maniera significativa le normali condizioni abitative per il conduttore, specie se abbinate all'insorgenza di possibili danni alla salute – essere costretti improvvisamente a doversi lavare con l'acqua fredda, o a non poter cucinare, o a non potere usare il riscaldamento, o a vedersi compromessa la sicurezza dell'appartamento nel caso in cui il sistema di chiusura della porta blindata sia danneggiato – in misura idonea a giustificare quella particolare gravità rilevante ex art. 1455 c.c. in relazione all'art. 1575 c.c. per ottenere la risoluzione del contratto per fatto e colpa del locatore, stante l'inadempimento di quest'ultimo a preservare lo stato della res locata, ma ciò non vale automaticamente per effetto della semplice proposizione della relativa azione da parte del conduttore. A tale fine, occorre allegare il deterioramento della res locata, in misura tale da non rendere più tollerabile la prosecuzione del rapporto locatizio.

A comprovare tale situazione – tenuto conto della necessità di allegare altresì la correlata inesistenza di un uso improprio del cespite da parte del locatore, dovendo dipendere il relativo deterioramento da fatto e colpa ascrivibile esclusivamente al locatore – potrà rendersi utile chiedere una C.T.U. la quale, per evitare che possa ritenersi “esplorativa”, dovrebbe essere preventivamente sostenuta da una perizia di parte fatta redigere dal conduttore prima di avviare la relativa azione legale, con la quale si fornisce una prima esaustiva “fotografia” dello stato attuale dell'immobile al fine di poterlo comparare con quello esistente all'inizio del rapporto, laddove si riveli essere risalente nel tempo.

In sintesi, il conduttore, prima di evocare in giudizio il locatore, dovrebbe “soppesare” bene lo stato in cui versa l'immobile condotto in locazione, al fine di valutare con un giudizio ad hoc condotto ex ante, se il suo deterioramento, oltre ad essere dipendente esclusivamente dall'inerzia dello stesso locatore nel non avere effettuato nel corso del tempo le necessarie riparazioni e/o sostituzioni a singoli manufatti od impianti esistenti all'interno del cespite per effetto della vetustà o della normale usura, sia davvero di una gravità tale da potere “reggere” in giudizio la richiesta di risoluzione del contratto di locazione anziché quella volta a conseguire un'eventuale risarcimento del danno, intesa come la sola via possibile per il medesimo conduttore per uscire dall'impasse della situazione creatasi dinanzi alla perdurante inerzia del locatore.

Al riguardo, è opportuno, poi, precisare che costituiscono vizi della cosa locata, la cui presenza altera l'equilibrio delle prestazioni corrispettive, incidendo sull'idoneità all'uso della cosa stessa, e consentendo la risoluzione del contratto, quelli che impediscono o riducono notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se eliminabili e manifestatisi successivamente alla conclusione del contratto di locazione (Cass. III, n. 11198/2007; Cass. III, n. 1951/1980; Trib. Ancona 17 agosto 2020).

Nella fattispecie relativa ai deterioramenti dell’immobile locato, dovuti al normale uso o vetustà, possono verificarsi due differenti scenari a seconda del soggetto su cui grava la relativa manutenzione in via ordinaria (locatore) o derogatoria pattizia (conduttore), tenendo, però, presente che, comunque, sul piano squisitamente processuale attinente la valutazione preventiva delle condizioni occorrenti per la proponibilità dell’azione giudiziaria per inadempimento della parte a carico della quale è posto il relativo obbligo di manutenzione (ordinario e/o straordinario), con specifico riferimento alle locazioni ad uso diverso, assume carattere prioritario l’esame della gravità dell’inadempimento di una clausola pattizia contenuta in tale senso nel contratto di locazione, quale presupposto per chiederne la risoluzione ai sensi dell’art. 1455 c.c., la quale sarà successivamente verificata anche d’ufficio dal giudice adìto dalla parte interessata, trattandosi di un elemento che attiene al fondamento stesso della domanda giudiziale, e non solo dunque in relazione all’entità oggettiva dell’inadempimento di per sé considerato, ma anche con riguardo all’interesse che l’altra parte intende realizzare perseguendo la strada giudiziaria, sulla base, dunque, di un criterio che consenta di coordinare il giudizio sull’elemento oggettivo delle conseguenze derivanti dal mancato assolvimento dell’obbligazione pattizia, nel quadro dell’economia generale del contratto, tenuto conto che la risoluzione del contratto di locazione ad uso commerciale per il mancato adempimento di una prestazione concernente l’idoneità del cespite a proseguire nella locazione, può aversi solo se la valutazione giudiziale di tale inadempimento sia tale da rompere il sottostante equilibrio contrattuale (Trib. Roma 5 gennaio 2022).

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