Mancato rilascio dell'immobile alla cessazione del contratto di locazione ad uso abitativo a canone concordato1. Bussole di inquadramentoAspetti generali dei modelli contrattuali della locazione ad uso abitativo Secondo quando dispone l' art. 1571 c.c. , la locazione è il contratto con il quale una parte (locatore) si obbliga a far godere all'altra (conduttore) una cosa mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo. In altre parole, come risulta dalla norma definitoria del citato art. 1571 c.c., è necessario, affinché un diritto personale di godimento sia qualificato come locazione, che a fronte della prestazione del concedente vi sia la previsione di un corrispettivo a carico del concessionario. La legge prevede, comunque, i principi cui il locatore ed il conduttore devono attenersi nella predisposizione del contratto, individuando modelli tipici tra cui le parti potranno scegliere in base alle proprie esigenze. In proposito, si osserva che il legislatore, con l'art. 2 della l. n. 431/1998, ha introdotto il c.d. doppio binario: a) locazione ordinaria con durata anni 4+4 e canone liberamente determinabile; b) locazione concordata con canone convenzionale e durata anni 3+2; locazione transitoria con canone convenzionale e durata da 1 a 18 mesi; locazione studentesca con canone convenzionato e durata da 6 a 36 mesi. I contratti a canone concordato In alternativa al contratto “libero”, il comma 3 dell' art. 2 della l. n. 431/1998 prevede la possibilità di stipulare contratti locativi cosiddetti “concordati”, nel rispetto delle condizioni contrattuali previste in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni maggiormente rappresentative della proprietà edilizia e dei conduttori, depositati presso ogni Comune dell'area territorialmente interessata. Il canone annuo è stabilito in base ad accordi prestabiliti dalle predette organizzazioni. Il comma 5 dell'art. 2 della l. n. 431/1998 indica la durata minima di tali rapporti contrattuali in un minimo di tre anni, salva l'ipotesi dei contratti volti a soddisfare esigenze di carattere transitorio contemplati nell'art. 5 della stessa legge. Per tale tipologia contrattuale – a seguito del decreto infrastrutture del 16 gennaio 2017 (G.U. n. 62/2017), in vigore dal 30 marzo 2017 – ci sono state alcuni rilevanti novità. In particolare, con la citata normativa sono stati dettati nuovi criteri per la determinazione dei canoni di locazione nelle contrattazioni territoriali, nonché aggiornata la modulistica da utilizzare per la stipula degli stessi: l'art. 1, comma 8, del d.m. 16 gennaio 2017 precisa che le parti contrattuali, nella definizione del canone effettivo, possono essere assistite, a loro richiesta, dalle rispettive organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori. Gli accordi definiscono, per i contratti non assistiti, le modalità di attestazione, da eseguirsi, sulla base degli elementi oggettivi dichiarati dalle parti contrattuali a cura e con assunzione di responsabilità, da parte di almeno una organizzazione firmataria dell'accordo, della rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all'accordo stesso, anche con riguardo alle agevolazioni fiscali; i contratti concordati devono essere stipulati con il modello contrattuale stabilito nell'allegato A del citato d.m. 16 gennaio 2017. Gli accordi territoriali e i contratti non assistiti Quanto agli accordi territoriali, per quanto riguarda i contratti 3+2, l'art. 2, comma 3, della l. n. 431/1998 fa presente che questi possono riguardare le abitazioni site in tutti i Comuni italiani: si tratta sia degli accordi territoriali sottoscritti dai comuni ad “alta tensione abitativa” ( art. 1 d.l. n. 551/1988 ) che quelli sottoscritti negli altri Comuni. Gli accordi territoriali stabiliscono fasce di oscillazione del canone di locazione. All'interno di tali fasce di oscillazione, secondo le caratteristiche dell'edificio e dell'unità o porzione di unità immobiliare, è concordato, tra le parti, il canone per i singoli contratti. In merito ai contratti non assistiti, il d.m. 16 gennaio 2017 sostituisce le disposizioni del d.m. 30 dicembre 2002, ridefinendo i criteri generali e le condizioni per stipulare un contratto a canone concordato ed aggiornando la relativa modulistica. Ove il contratto sia “non assistito”, è necessario dotarsi di un'attestazione che sia rilasciata da almeno una organizzazione rappresentativa della proprietà edilizia e dei conduttori che, secondo quanto stabilito dall'accordo territoriale, attesti la rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all'accordo stesso e questa attestazione ha valore anche per le agevolazioni fiscali. Anche la “Direzione Generale per la Condizione Abitativa” del Ministero delle Infrastrutture, nella nota del 6 febbraio 2018, n. 1380, si è espressa affermando che «l'obbligatorietà dell'attestazione fonda i suoi presupposti sulla necessità di documentare alla pubblica amministrazione, sia a livello centrale che comunale, la sussistenza di tutti gli elementi utili ad accertare sia i contenuti dell'accordo locale che i presupposti per accedere alle agevolazioni fiscali sia statali che comunali. Ne consegue l'obbligo per i contraenti di acquisire l'attestazione in argomento anche per poter dimostrare all'Agenzia in caso di verifica fiscale la correttezza delle deduzioni utilizzate». 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
A seguito di disdetta, se il conduttore non rilascia l'immobile ad uso abitativo a canone concordato alla scadenza del contratto, il locatore può chiedere giudizialmente la restituzione dell'immobile?
Orientamento consolidato Allo scadere del periodo di proroga biennale scatta il rinnovo di due anni in due anni, a meno che non intervenga la disdetta In merito al problema in esame sono state prospettate dalla giurisprudenza di merito tre diverse soluzioni. Si è, infatti, affermato che il rapporto deve intendersi rinnovato: a) di altri tre anni (o comunque per un periodo pari alla durata inizialmente pattuita), creando di fatto un contratto “3 (o più) + 2 + 3 (o più) + 3 +...”); b) per un ulteriore periodo di tre anni (o comunque per un periodo pari alla durata inizialmente pattuita), sempre seguito da una proroga (pressoché automatica) biennale, creando in tal modo un multiplo del contratto originario: “(3 o più +2) + (3 o più +2) +...”); c) di soli due anni, creando così un contratto “3 (o più) + 2 + 2 + 2 +...”. In tal senso, l' art. 19-bis d.l. n. 34/2019 (convertito con l. n. 58/2019) ha chiarito che, allo scadere del periodo di proroga biennale di un contratto a canone concordato, scatta il rinnovo di due anni in due anni, a meno che non intervenga la disdetta. Per meglio dire, a seguito di una diatriba giurisprudenziale, il legislatore, in sede di conversione del d.l. n. 34/2019, ha inserito l'art. 19-bis, qualificandolo come “norma di interpretazione autentica in materia di rinnovo dei contratti di locazione a canone agevolato”. Così è stato stabilito che il quarto periodo del comma 5 dell'art. 2 della l. n. 431/1998, si interpreta nel senso che, in mancanza della comunicazione ivi prevista, il contratto è rinnovato tacitamente, a ciascuna scadenza, per un ulteriore biennio. In giurisprudenza più recente, inoltre, è stato precisato che in tema di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo “a canone concordato”, ciascuna delle parti può assumere, tramite l'invio di lettera raccomandata almeno sei mesi prima della scadenza del termine biennale di proroga stabilito dalla legge, l'iniziativa di rinnovare il contratto con diverse condizioni o di farne cessare gli effetti. In assenza di una di tali iniziative, si verifica un tacito rinnovo di durata biennale alle medesime condizioni economiche; la stessa frequenza biennale riguarda i successivi rinnovi, purché nessuna delle parti menzionate chieda di modificare l'accordo o di concludere il rapporto (Cass. III, n. 11308/2020: nella specie, la Suprema Corte ha interpretato il menzionato art. 19-bis d.l. n. 34/2019, evidenziando che il legislatore della norma di interpretazione autentica ha delineato un modello contrattuale secondo lo schema del “3, o più, + 2 + 2 + 2+...”; nonostante ciò, vi sarebbero profili di illegittimità costituzionale che potrebbero riguardare le “modalità di introduzione” di quest'ultima disposizione nell'ordinamento giuridico). Valida la disdetta con l’indicazione di una scadenza errata La disciplina dei contratti c.d. “agevolati” prevede l'obbligo di recesso motivato da parte del locatore solo per la prima scadenza triennale (art. 2, comma 5, l. n. 431/1998) mentre per la scadenza alla fine anche dell'ulteriore biennio è richiesta solo la manifestazione di volontà tesa ad evitare il rinnovo del rapporto, fermo il preavviso semestrale. Invero, in tema di locazioni d'immobili ad uso abitativo a canone concordato, ciascuna delle parti può assumere, tramite l'invio di lettera raccomandata almeno sei mesi prima della scadenza del termine biennale di proroga stabilito dalla legge, l'iniziativa di rinnovare il contratto con diverse condizioni o di farne cessare gli effetti. La suddetta disciplina trova conferma anche nel successivo art. 3, comma 1, l. n. 431/1998 ove viene ribadita la necessità di motivazione specifica solo per la prima scadenza. Nella vicenda parte attrice, seppur indicando una scadenza errata, aveva tempestivamente comunicato la propria volontà di non rinnovare il contratto alla sua naturale scadenza quinquennale della data in cui il contratto è definitivamente cessato con corrispondente obbligo dei conduttori di restituire l'immobile (Trib. Ravenna 21 marzo 2022, n. 159). Orientamento minoritario Dopo cinque anni, in assenza di disdetta, si avrà un ulteriore rinnovo per la durata di tre anni In tema di locazioni abitative a canone concertato, dopo cinque anni anche il locatore può far cessare il rapporto con semplice disdetta non motivata e, se questa non intervenga, si avrà un ulteriore rinnovo per la durata di tre anni. Poiché infatti il rinnovo deve attuarsi “alle medesime condizioni” non può prescindersi, anche in considerazione del carattere eccezionale dell'istituto della proroga legale, dalla durata convenuta dai contraenti e, cioè, quella triennale (Trib. Genova 4 dicembre 2009 ; Trib. Bologna 7 settembre 2009, n. 3151). Anche secondo il giudice di Torino, la proroga biennale opera eccezionalmente e unicamente alla scadenza del primo triennio, proprio per favorire il conduttore. Dunque, successivamente, dovendosi il contratto rinnovare tacitamente alle medesime condizioni, la rinnovazione avviene per i successivi 3 anni, ovvero per quella che è la durata ordinaria, non essendo ipotizzabile la reiterazione della eccezionale proroga di due anni (Trib. Torino 28 giugno 2008, n. 4655). Proroga e disdetta ex art. 2, comma 5, della l. n. 431/1998 Sulla questione della proroga e disdetta, altra giurisprudenza ha evidenziato che il contratto si intende prorogato di un biennio – ex art. 2, comma 5, della l. n. 431/1998 – alla scadenza del triennio legale, sempre che il locatore non abbia comunicato la sua intenzione adibitoria ed impeditiva del rinnovo con atto motivato scritto e preavviso semestrale, solo se il conduttore abbia anteriormente manifestato la volontà di rimanere nell'immobile, proponendo la stipulazione di un rinnovo rifiutato dalla controparte, oppure, se sia stata quest'ultima a formulare una richiesta in tal senso, respinta dal primo. Ne consegue che, in mancanza di una siffatta trattativa, la locazione deve considerarsi cessata senza disdetta, trovando applicazione il combinato disposto degli artt. 1596, comma 1, 1597, commi 1 e 2, e 1574, nn. 1) e 2), c.c. (Cass. III, n. 16279/2016). Dunque, il conduttore può rinunciare alla proroga di diritto per due anni del contratto in quanto il principio regolante la materia ha visto riconoscere storicamente a quest'ultimo, parte debole del rapporto, la facoltà – e non certo l'obbligo – di avvalersi delle proroghe di volta in volta stabilite dal legislatore a sua esclusiva tutela (App. Aquila 20 ottobre 2012). 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale Il locatore può chiedere al conduttore – che continui a detenere l'immobile oltre l'effettiva scadenza del contratto di locazione ad uso abitativo precedentemente stipulato – di procedere all'immediata restituzione del cespite, al fine di evitare il successivo ricorso all'azione di intimazione di sfratto per finita locazione, con possibile aggravio di costi. La comunicazione della disdetta afferente una locazione per una data di scadenza del rapporto diversa da quella esattamente determinata sulla base del dato contrattuale non comporta conseguenze apprezzabili sul piano squisitamente processuale, se risulta comunque pervenuta entro il termine contrattuale utile per la comunicazione del recesso unilaterale. A differente conclusione si perviene invece nel caso in cui tale ultimo termine non risulti essere stato rispettato dal locatore, poiché la disdetta intimata fuori “tempo massimo”, vale a dire, senza tenere conto del termine legale - sei mesi prima della scadenza contrattuale per le locazioni ad uso abitativo, 12 mesi prima per le locazioni ad uso diverso - in questo caso non impedirebbe la sua rinnovazione per l’intera durata legale dello stesso. Quindi in tale ipotesi, ad essere importante per l’utile esperimento della procedura di sfratto o licenza per finita locazione è il rispetto della data di preavviso, poiché diversamente, lo sfratto non potrà essere convalidato dal giudice ed il locatore oltre a rischiare di corrispondere le spese legali eventualmente sostenute dal conduttore per averlo ingiustamente evocato in giudizio, dovrà anche attendere il decorso dell’ulteriore periodo di durata del rapporto medio tempore rinnovatosi per effetto della disdetta intempestiva. Infatti, tale situazione potrebbe verificarsi laddove il locatore abbia incaricato direttamente il proprio legale di procedere alla comunicazione della disdetta la quale, può essere contenuta anche in un atto processuale che logicamente e giuridicamente presupponga la volontà del locatore di non rinnovare il contratto alla scadenza o che, comunque, nel caso concreto, esprima anche tale volontà, quale appunto, l'intimazione di licenza o sfratto per finita locazione o la citazione in giudizio. Pertanto, è buona regola fare precedere l’intimazione dalla lettera di messa in mora del conduttore, in modo che quest’ultimo possa rendere conto prima di essere chiamato in giudizio se deve sollevare una simile eccezione che, laddove fondata, eviterebbe al locatore un’inutile aggravio di spese a proprio carico laddove la relativa azione giudiziaria risulti in radice infondata. Funzione e natura del giudizio L'intimazione di sfratto, con la contestuale citazione per la convalida, dopo l'effettiva scadenza del contratto, è un procedimento speciale caratterizzato dalla sommarietà del rito, che lo distingue dall'ordinario processo di cognizione, la cui funzione è quella di risolvere – in assenza di opposizione del conduttore – il contratto di locazione, consentendo all'avente diritto di rientrare nel possesso della res locata. Aspetti preliminari Mediazione L'azione proponibile dall'avente diritto ai sensi dell' art. 657 c.p.c. non richiede per la sua immediata esperibilità la preventiva instaurazione di un autonomo procedimento di mediazione, la cui osservanza è prevista obbligatoriamente ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 in materia condominiale o locatizia prima di avviare un giudizio a cognizione piena. Competenza Ai sensi dell' art. 661 c.p.c. , quando si intima la licenza o lo sfratto per finita locazione, la citazione a comparire per la convalida deve farsi inderogabilmente davanti al Tribunale del luogo in cui si trova la cosa locata (forum rei sitae). Legittimazione Il locatore è il soggetto legittimato attivo ad intimare lo sfratto per finita locazione con la contestuale citazione per la convalida, mentre il conduttore è il soggetto legittimato passivo. Profili di merito Onere della prova L'onere di allegare nello speciale procedimento sommario i presupposti per l'utile esperimento del procedimento di intimazione di sfratto per finita locazione con la contestuale citazione per la convalida, grava sul locatore. Contenuto del ricorso L'azione si propone con atto di citazione, nel quale deve essere indicata l'autorità giudiziaria dinanzi alla quale è proposta l'azione ex art. 657 c.p.c. , seguita dalle generalità dell'istante (data di nascita e codice fiscale) e l'indicazione del difensore (che deve a sua volta inserire il proprio codice fiscale) dal quale è rappresentato e difeso e presso il quale è elettivamente domiciliato. La parte istante deve, infatti, eleggere domicilio nel Comune in cui ha sede il giudice adìto. Nell'atto devono essere indicate le generalità del conduttore e la precisa indicazione dell'immobile, compresi i dati catastali dello stesso. Nell'atto deve essere indicato, altresì, il contratto di locazione con la relativa data di effettiva scadenza e la disdetta formulata in precedenza nel rispetto del relativo termine, rimasta senza esito. Sùbito dopo la parte narrativa, va indicata l'intimazione formale dello sfratto per finita locazione nei confronti del conduttore, con l'invito a rilasciare nella disponibilità dell'intimante l'immobile precedentemente locato libero e sgombero da persone e cose, con la successiva vocatio in jus dello stesso conduttore a comparire dinanzi al giudice adìto indicando l'udienza di comparizione ed inserendo l'invito a costituirsi nei prescritti modi e termini di legge. Tra la data di notifica dell'intimazione e quello dell'udienza devono intercorrere almeno 20 giorni liberi. L'atto deve contenere l'avviso ex art. 663 c.p.c. , secondo cui se l'intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convaliderà lo sfratto. Nelle conclusioni, l'intimante deve chiedere al giudice adìto la convalida dello sfratto con la condanna del conduttore al rilascio dell'immobile libero da persone e cose, con dichiarazione di cessazione del contratto, e la pronuncia dell'ordinanza ex art. 665 c.p.c. in caso di opposizione dell'intimato, e la sua condanna al pagamento delle spese di lite. Va anche precisata la concessione del termine minimo ex art. 56 della l. n. 392/1978. All'atto vanno allegati: il contratto e la dichiarazione di valore riguardante il pagamento del contributo unificato. L'atto deve essere, infine, sottoscritto dal difensore, e contenere con separato atto il mandato alla lite, sottoscritto dalla parte, la cui firma deve essere autenticata dal difensore. Richieste istruttorie Il locatore che agisce per conseguire dal conduttore la disponibilità dell'immobile locato libero e sgombero da persone e cose, deve dimostrare per tabulas la propria qualità di avente diritto a proporre l'actioex art. 657 c.p.c. ed i relativi presupposti, tra cui il contratto da cui si evince la data di effettiva scadenza e la disdetta formulata nel rispetto dei termini di legge, così come la lettera di costituzione in mora riguardante il rilascio. In tale ottica, nella fase sommaria, in assenza di comparizione del conduttore o di una sua opposizione, basterà quindi che il locatore attesti la persistenza dell'inadempimento del conduttore a rilasciare l'immobile per conseguire la convalida dell'intimazione, con la relativa condanna al rilascio. 4. ConclusioniIl locatore che, alla data di effettiva scadenza del rapporto contrattuale, non ottenga spontaneamente dal conduttore la riconsegna della disponibilità dell'immobile locato, può agire con il procedimento disciplinato dall' art. 657 c.p.c. intimandogli lo sfratto per finita locazione con la contestuale citazione per la convalida. Tuttavia, occorre prestare attenzione alla data di effettiva scadenza del contratto di locazione anche in relazione alla formula pattizia adottata in concreto, con riferimento alla quale, nel rispetto del termine indicato contrattualmente, va comunicata tempestiva disdetta al conduttore al fine di evitare il rinnovo del rapporto. In particolare, nei contratti di locazione a canone concordato, l' art. 2, comma 5, della l. n. 431/1998 stabilisce che essi non possono avere una durata inferiore ai tre anni, soggiungendo, poi, che, alla prima scadenza del contratto, ove le parti non concordino sul rinnovo del medesimo, il contratto è prorogato di diritto per due anni, fatta salva la facoltà del locatore di intimare disdetta motivata. La stessa norma, dopo avere stabilito che, in vista della scadenza del periodo di proroga biennale, ciascuna delle parti ha diritto di intimare disdetta pure e semplice, si conclude con il precetto secondo cui il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni. La questione che potrebbe porsi è quella dell'operatività della proroga biennale, la quale, però, non opera quando sia lo stesso conduttore a non essere interessato a rinnovare il contratto dopo la prima scadenza e, quindi, sostanzialmente se non abbia posto in essere alcuna trattativa per il rinnovo: in tal caso, la locazione si deve intendere automaticamente cessata alla scadenza del triennio senza necessità di disdetta da parte dello stesso conduttore, trovando applicazione la disciplina del primo comma dell' art. 1596 c.c. Neppure si avrà la proroga biennale del contratto, laddove il locatore abbia inviato disdetta per voler adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all' art. 3 della l. n. 431/1998 , o vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità indicate nella stessa norma citata. La disdetta del locatore può essere comunicata in qualsiasi modo, purché idoneo a portare a conoscenza del conduttore l'inequivoca volontà del medesimo locatore di non rinnovare il rapporto alla scadenza e, pertanto, è possibile che essa sia contenuta in un atto processuale come l'intimazione di sfratto per finita locazione, nel quale, però, a tale fine, deve essere espressa chiaramente e senza possibilità di equivoci la suddetta volontà del locatore ovvero risultare che la stessa sia presupposta logicamente e giuridicamente, come nel caso in cui venga manifestata chiaramente la volontà di non dare prosecuzione al rapporto locativo con il conduttore, attraverso l'intimazione dello sfratto per finita locazione con la richiesta di rilascio dell'immobile anche ad una data successiva a quella di prima scadenza. In tale ultima ipotesi, è pacifico essere devoluto, in ogni caso, al potere ufficioso del giudicante, di accertare la cessazione del contratto di locazione anche ad una data diversa e successiva a quella indicata nell'intimazione di licenza o di sfratto per finita locazione, senza per queto incorrere nella violazione del principio di cui all' art. 112 c.p.c. Pertanto, in caso di domanda giudiziale di risoluzione del contratto di locazione per scadenza del termine legale, l'eventuale errore nell'indicazione della data di scadenza del contratto, in cui sia incorso il locatore, non comporta la reiezione della domanda. Infatti, la causa petendi dell'azione d licenza per finita locazione è costituita dalla risoluzione del contratto alla scadenza naturale, che è onere del giudice accettare in base alla normativa – alternativamente contrattuale o legale – che disciplina il rapporto, a prescindere dalle indicazioni eventualmente rivelatesi erronee delle parti in causa. |