Mancato rilascio dell'immobile alla cessazione del contratto di locazione ad uso non abitativo alla normale scadenza

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

Aspetti generali della locazione ad uso non abitativo

La l. n. 392/1978 , c.d. dell'equo canone, ha dato compiuta regolamentazione alle locazioni ad uso diverso. Si è trattato, nelle intenzioni del legislatore del 1978, di dare un giusto equilibrio ad una fondamentale esigenza delle attività sia economiche sia di diverso contenuto. Ciò, quindi, ha permesso alle imprese e alle altre iniziative comprese nella normativa, di garantirsi una sede o unità locale senza la necessità del forte esborso conseguente all'acquisto dell'immobile. Dunque, oggi, la locazione assolve almeno due importanti esigenze: la disponibilità del bene con un costo mensile rappresentato dal canone; la flessibilità nella fissazione della sede o dell'unità ove svolgere la propria attività. La peculiarità della locazione a uso non abitativo presuppone la destinazione dell'immobile locato allo svolgimento di un'attività industriale, commerciale, artigianale, di interesse turistico o all'esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di lavoro autonomo (art. 27); sono assoggettate alla stessa disciplina le destinazioni dell'immobile locato allo svolgimento di attività ricreative, assistenziali, culturali o scolastiche, nonché a sede di partiti o sindacati e i contratti stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori (art. 42).

La durata del contratto

A norma dell' art. 27 della l. n. 392/1978 , la durata delle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività industriali, commerciali, artigianali o di interesse turistico non può essere inferiore a sei anni ovvero a nove anni se l'immobile è adibito ad attività alberghiere. Invero, ai sensi degli artt. 27 e 28 della l. n. 392/1978 va escluso che, ove le parti abbiano ab initio previsto una durata contrattuale superiore al minimo fissato dalla legge (sei anni), la rinnovazione tacita del rapporto locatizio, in conseguenza del difetto di diniego della rinnovazione stessa, possa comportare una durata superiore al minimo suddetto, e cioè pari a quella stabilita convenzionalmente all'inizio del rapporto, in quanto il suddetto art. 28 stabilisce che, per le locazioni non abitative, il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni e per gli immobili ad uso alberghiero di nove anni in nove anni (Trib. Roma 6 febbraio 2020).

Alla prima scadenza, il contratto stipulato per tale durata minima si rinnova automaticamente per un periodo di tempo equivalente, ad eccezione del caso in cui sussista uno dei motivi indicati all' art. 29 della l. n. 392/1978 che impedisce il rinnovo automatico. In tema di durata, si osserva anche che la regola “generale” del rinnovo automatico del contratto alla prima scadenza non è derogabile dalle parti ed eventuali clausole contrattuali che prevedano diversamente sono nulle. Diversamente dalla regola generale, lo stesso art. 27 prevede, tuttavia, situazione in deroga alle durate legali come fissate. Si tratta di due distinte ipotesi: art. 27, comma 5, della l. n. 392/1978, attività transitoria, durata più breve; art. 27, comma 6, della l. n. 392/1978, locazioni stagionali, obbligo al rinnovo per sei stagioni con richiesta prima della scadenza stagionale. Per poter considerare la locazione transitoria devono sussistere, innanzitutto, situazioni di ordine oggettivo; quindi, vanno escluse le ipotesi che si riferiscano a condizioni da riferire alla volontà dei soggetti.

La disdetta

Il locatore, a pena di decadenza, deve dichiarare la propria volontà di conseguire, alla scadenza del contratto, la disponibilità dell'immobile locato; tale dichiarazione deve essere effettuata, con lettera raccomandata, almeno dodici o diciotto mesi prima della scadenza, rispettivamente per le attività commerciali e per le attività alberghiere. Nella comunicazione deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, tra quelli tassativamente indicati, sul quale la disdetta è fondata ( art. 29 l. n. 392/1978 ). Se il locatore non adempie alle prescrizioni di cui sopra, il contratto s'intende rinnovato. Alla seconda scadenza, il locatore può comunicare la rinuncia al rinnovo senza dover addurre alcuna motivazione; ovvero, può proporre al conduttore un rinnovo del contratto alle stesse o a nuove condizioni.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
A seguito di disdetta, se il conduttore non rilascia l'immobile ad uso non abitativo, il locatore può chiedere giudizialmente la restituzione dell'immobile?

La disdetta intempestiva per la scadenza contrattuale produce validamente e da sùbito l'effetto di fare cessare il contratto alla scadenza immediatamente successiva

In materia di locazione d'immobile ad uso diverso da quello abitativo, la disdetta, da parte del locatore, del contratto di locazione che sia intempestiva per la scadenza contrattuale ivi indicata produce validamente e da sùbito l'effetto di fare cessare il contratto alla scadenza immediatamente successiva; pertanto, da un lato, non elide tale effetto la mera inerzia del locatore, successiva alla scadenza per la quale la disdetta era intempestiva e quand'anche accompagnata dalla mera protrazione della percezione del canone, né, dall'altro lato, per potersene egli valere gli necessita un'esplicita manifestazione di volontà in tal senso; ne consegue che il locatario che rilasci l'immobile alla scadenza successiva a quella per la quale era stata tardivamente intimata la disdetta non può dirsi, ai fini dell'esclusione del suo diritto all'indennità di avviamento commerciale, avere rilasciato l'immobile per iniziativa unilaterale sua propria ovvero spontanea, ma appunto in dipendenza della disdetta validamente intimata per la scadenza successiva (Cass. VI, n. 12607/2018).

La durata inferiore al termine minimo di legge non determina la nullità del contratto, ma l'automatica eterointegrazione del contratto con l'applicazione della durata minima

La stipulazione di un contratto di locazione di immobile urbano destinato a uso non abitativo, soggetto alle disposizioni dell' art. 27 della l. n. 392/1978 , per una durata inferiore al termine minimo di legge, non determina la nullità del contratto, ma l'invalidità della clausola derogativa e, di conseguenza, l'automatica eterointegrazione del contratto ai sensi dell'art. 1419, comma 2, c.c., con l'applicazione della durata minima prevista dalla norma. Laddove il giudice accerti che, per erronea indicazione ovvero per avvenuta rinnovazione del contratto, l'effettiva data di scadenza del contratto di locazione sia posteriore a quella indicata nell'atto di intimazione di licenza per finita locazione o di sfratto, può dichiarare la cessazione del contratto per una data successiva, senza, per questo, incorrere nel vizio di extra o ultra petizione. A ogni modo, l'intimazione di licenza per finita locazione, anche se sia processualmente inidonea allo scopo costituisce, pur sempre sul piano sostanziale, una valida manifestazione della volontà del locatore di recedere dal contratto, producendo gli effetti della disdetta, a partire dalla successiva scadenza contrattuale (App. Roma 26 marzo 2020, n. 1141).

Rapporto tra la disdetta del contratto in vista della sua futura scadenza e la comunicazione di alienazione dell'immobile locato

In tema di locazione di immobili ad uso diverso da quello abitativo, non esiste alcuna incompatibilità tra la disdetta del contratto in vista della sua futura scadenza e la comunicazione che il locatore, intenzionato ad alienare l'immobile locato, deve effettuare al conduttore ex art. 38 della l. n. 392/1978 , giacché le due dichiarazioni operano su piani diversi, essendo la prima diretta ad impedire la rinnovazione del rapporto e la seconda volta, invece, a consentire al conduttore l'esercizio del diritto di prelazione (Cass. III, n. 23219/2016).

Nella comunicazione del diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza deve essere specificato quale particolare attività il locatore (o chi per lui) intenda svolgere

In tema di disdetta dei contratti di locazione ad uso diverso da quello abitativo, la disposizione secondo cui nella comunicazione del diniego di rinnovazione del contratto deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo sul quale la disdetta è fondata, deve essere intesa nel senso che essa impone una specificazione precisa ed analitica della situazione dedotta, in modo da consentire, in caso di controversia, la verifica della serietà e della realizzabilità della intenzione dedotta in giudizio (Trib. Roma 19 novembre 2018, n. 22352). Quindi, nella comunicazione del diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza, ai sensi dell'articolo 29 della l. n. 392/1978, deve essere specificato quale particolare attività il locatore (o chi per lui) intenda svolgere. Tale specificazione è funzionale non soltanto a soddisfare le esigenze di informazione e di controllo spettanti al conduttore, ma anche a consentire al giudice di verificare la conformità della pretesa alla fattispecie legale delineata dagli artt. 28 e 29 della citata legge, implicante una disdetta caratterizzata da un ben preciso contenuto, e ciò in considerazione dell'esigenza di tutela della stabilità delle locazioni non abitative, essendo consentita la cessazione alla prima scadenza del periodo legale di durata solo nelle tassative ipotesi previste per il diniego di rinnovazione, dovendo aggiungersi che la esatta e precisa individuazione e descrizione dell'esigenza, tra quelle indicate dalla legge, su cui è fondata la disdetta, costituisce al tempo stesso parametro per la verifica della serietà e della realizzabilità dell'intento del locatore e, dopo il rilascio, per il controllo dell'effettiva destinazione dell'immobile all'uso indicato, nel caso in cui il conduttore pretenda l'applicazione delle misure sanzionatorie previste dall'art. 31 della legge citata (Cass. III, n. 6550/2016). Pertanto, il locatore che agisce per far valere la facoltà di diniego del rinnovo del contratto alla prima scadenza per il motivo indicato dall'art. 29, comma 1, lett. b), della l. n. 392/1978, ha l'onere di provare la serietà della dedotta intenzione di adibire l'immobile all'esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, di una delle attività indicate dall'art. 27, e, quindi, la realizzabilità tecnica e giuridica, ma non anche la effettiva e concreta realizzazione, di quell'intento (Cass. III, n. 12891/2016).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

Il locatore può chiedere al conduttore – che continui a detenere l'immobile oltre la scadenza del contratto di locazione, e che si rifiuti di riconsegnarlo nella sua disponibilità – di procedere all'immediata restituzione del cespite, al fine di evitare il successivo ricorso all'azione di intimazione di sfratto per finita locazione, con possibile aggravio di costi e tempo, unitamente all'eventuale azione di risarcimento del danno conseguente all'ingiustificato ritardo nel recupero della disponibilità del prefato immobile per la produzione di reddito.

Funzione e natura del giudizio

L'intimazione di sfratto, con la contestuale citazione per la convalida, dopo la scadenza del contratto, è un procedimento speciale caratterizzato dalla sommarietà del rito, che lo distingue dall'ordinario processo di cognizione, la cui funzione è quella di risolvere – in assenza di opposizione del conduttore – il contratto di locazione, consentendo all'avente diritto di rientrare nel possesso della res locata.

Aspetti preliminari

Mediazione

L'azione proponibile dall'avente diritto ai sensi dell' art. 657 c.p.c. non richiede per la sua immediata esperibilità la preventiva instaurazione di un autonomo procedimento di mediazione, la cui osservanza è prevista obbligatoriamente ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis del d.lgs. n. 28/2010 in materia condominiale o locatizia prima di avviare un giudizio a cognizione piena.

Competenza

Ai sensi dell' art. 661 c.p.c. , quando si intima la licenza o lo sfratto per finita locazione, la citazione a comparire per la convalida deve farsi inderogabilmente davanti al Tribunale del luogo in cui si trova la cosa locata (forum rei sitae).

Legittimazione

Il locatore è il soggetto legittimato attivo ad intimare lo sfratto per finita locazione con la contestuale citazione per la convalida, mentre il conduttore è il soggetto legittimato passivo.

Profili di merito

Onere della prova

L'onere di allegare nello speciale procedimento sommario i presupposti per l'utile esperimento del procedimento di intimazione di sfratto per finita locazione con la contestuale citazione per la convalida, grava sul locatore.

Contenuto del ricorso

L'azione si propone con atto di citazione, nel quale deve essere indicata l'autorità giudiziaria dinanzi alla quale è proposta l'azione ex art. 657 c.p.c. , seguita dalle generalità dell'istante (data di nascita e codice fiscale) e l'indicazione del difensore (che deve a sua volta inserire il proprio codice fiscale) dal quale è rappresentato e difeso e presso il quale è elettivamente domiciliato.

La parte istante deve, infatti, eleggere domicilio nel Comune in cui ha sede il giudice adìto.

Nell'atto devono essere indicate le generalità del conduttore e la precisa indicazione dell'immobile, compresi i dati catastali dello stesso.

Nell'atto deve essere indicato, altresì, il contratto di locazione con la relativa data di scadenza e la disdetta formulata in precedenza nel rispetto del relativo termine, rimasta senza esito.

Sùbito dopo la parte narrativa, va indicata l'intimazione formale dello sfratto per finita locazione nei confronti del conduttore, con l'invito a rilasciare nella disponibilità dell'intimante l'immobile precedentemente locato libero e sgombero da persone e cose, con la successiva vocatio in jus dello stesso conduttore a comparire dinanzi al giudice adìto indicando l'udienza di comparizione ed inserendo l'invito a costituirsi nei prescritti modi e termini di legge.

Tra la data di notifica dell'intimazione e quello dell'udienza devono intercorrere almeno 20 giorni liberi.

L'atto deve contenere l'avviso ex art. 663 c.p.c. , secondo cui se l'intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convaliderà lo sfratto.

Nelle conclusioni, l'intimante deve chiedere al giudice adìto la convalida dello sfratto con la condanna del conduttore al rilascio dell'immobile libero da persone e cose, con dichiarazione di cessazione del contratto, e la pronuncia dell'ordinanza ex art. 665 c.p.c. in caso di opposizione dell'intimato, e la sua condanna al pagamento delle spese di lite. Va anche precisata la concessione del termine minimo ex art. 56 della l. n. 392/1978.

All'atto vanno allegati: il contratto, la disdetta e la dichiarazione di valore riguardante il pagamento del contributo unificato.

L'atto deve essere, infine, sottoscritto dal difensore, e contenere con separato atto il mandato alla lite, sottoscritto dalla parte, la cui firma deve essere autenticata dal difensore.

Richieste istruttorie

Il locatore, che agisce per conseguire dal conduttore la disponibilità dell'immobile locato libero e sgombero da persone e cose, deve dimostrare per tabulas la propria qualità di avente diritto a proporre l'actioex art. 657 c.p.c. ed i relativi presupposti, tra cui il contratto da cui si evince la data di scadenza e la disdetta formulata nel rispetto dei termini di legge, così come la lettera di costituzione in mora riguardante il rilascio.

In tale ottica, nella fase sommaria, in assenza di comparizione del conduttore o di una sua opposizione, basterà quindi che il locatore attesti la persistenza dell'inadempimento del conduttore a rilasciare l'immobile per conseguire la convalida dell'intimazione, con la relativa condanna al rilascio.

4. Conclusioni

In materia di procedimento di sfratto per finita locazione, il locatore può agire in giudizio per ottenere il rilascio dell'immobile nei confronti del conduttore che si è rifiutato di restituirlo, ed in tale veste può agire anche il comproprietario dello stesso immobile, trattandosi di un atto di ordinaria amministrazione della cosa comune per il quale, salvo il dissenso dei comproprietari di maggioranza rispetto a tale iniziativa, si deve presumere che sussista il consenso degli altri comproprietari o quanto meno della maggioranza dei partecipanti alla comunione, sicché non ricorre la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri partecipanti (Trib. Siena 3 dicembre 2020).

Infatti, ciascun comproprietario può stipulare il contratto di locazione ed è attivamente legittimato all'esercizio dell'azione di sfratto o di risoluzione, nonché passivamente legittimato nei confronti delle azioni del conduttore, mentre nel caso di trasferimento della proprietà, se il contratto sia cessato per effetto dell'intimata disdetta del contratto alla scadenza contrattuale, l'acquirente subentra nel diritto di credito alla restituzione già maturato in capo al locatore-proprietario cedente (Cass. III, n. 12883/2012).

Il comproprietario, che intende conseguire la restituzione dell'immobile dal conduttore, nel proporre l'azione di sfratto ex art. 657 c.p.c. , deve preliminarmente verificare il rispetto del termine per la disdetta che per iscritto deve essere stata comunicata al conduttore, con la quale gli è stata manifestata la volontà del locatore di non volere proseguire ulteriormente nel rapporto di locazione.

Inoltre, unitamente all'atto d'intimazione, nel fascicolo dell'istante va allegato il contratto di locazione, in modo che il giudice possa verificare per tabulas la scadenza del termine di durata della locazione, perché, nella fase sommaria, per potere conseguire l'ordinanza di rilascio, anche in presenza dell'opposizione del conduttore, non è possibile espletare i mezzi di prova che normalmente trovano ingresso soltanto a seguito del mutamento del rito.

Nel caso di vendita del cespite locato, il nuovo proprietario subentra nella medesima posizione giuridica dell'originario proprietario cedente locatore.

Pertanto, laddove il contratto sia cessato de iure per effetto dell'intimata disdetta del contratto alla scadenza contrattuale, l'acquirente subentra nel diritto di credito alla restituzione già maturato in capo al locatore – proprietario cedente – con facoltà piena di esercitare i diritti non esauriti ed i poteri spettanti all'originario proprietario e dal medesimo cedutigli.

Ne consegue che l'acquirente può esercitare l'azione di sfratto per finita locazione ex art. 657 c.p.c. , dovendosi considerare pienamente valida ed efficace la disdetta inviata dal precedente proprietario in qualità di cedente senza che si renda assolutamente necessario per l'acquirente inviare una nuova disdetta al conduttore (Trib. Roma 16 ottobre 2019).

Va, poi, considerato che, nel caso in cui il conduttore, avendo ricevuto la notificazione del diniego di rinnovazione della locazione alla prima scadenza contrattuale, con le modalità ed i termini di cui all' art. 29 della l. n. 392/1978 – per le locazioni di immobili adibiti ad uno degli usi indicati nell'art. 27 della stessa l. n. 392/1978 – e di cui all'art. 3 della l. n. 431/1998, per le locazioni ad uso abitativo, non abbia spontaneamente adempiuto al rilascio, il locatore, non potrà esperire l'ordinario procedimento per convalida di sfratto per finita locazione, dovendosi avvalere della procedura di cui all'art. 30 della l. n. 392/1978 (Trib. Roma 4 giugno 2019).

La suddetta disposizione, di carattere processuale, richiamata espressamente anche per gli usi abitativi dall' art. 3 comma 4 della l. n. 431/1998 , disciplina le modalità dell'esercizio dell'azione di recupero del bene nella disponibilità del locatore, attraverso la proposizione di una domanda di rilascio da introdursi con un ricorso ex art. 447-bis c.p.c. e non attraverso una normale intimazione di sfratto o licenza per finita locazione.

Il procedimento presuppone l'avvenuta notificazione da parte del locatore – dodici o diciotto mesi prima della scadenza contrattuale, a seconda della tipologia di locazione – del diniego di rinnovazione del contratto con allegazione dei motivi di cui all' art. 29 della l. n. 392/1978 .

In chiave giudiziale, l'invio della disdetta motivata è stata ritenuta dalla giurisprudenza una condizione di procedibilità della domanda di rilascio, la cui mancanza è rilevabile d'ufficio e che deve, necessariamente, precedere l'introduzione del giudizio, non potendo sopravvenire in corso di causa (Cass. III, n. 2115/2008 ; Cass. III, n. 15547/2002; Cass. III, n. 2777/2003), né potrebbe essere sostituita dall'atto introduttivo del giudizio di rilascio, come invece possibile per l'intimazione di licenza per finita locazione di cui all'art. 657 c.p.c., che possiede tutti i requisiti per essere validamente considerato come formale disdetta, essendo un atto di natura complessa, di carattere negoziale, in quanto diretto ad impedire la tacita rinnovazione del contratto, e di carattere processuale, in quanto esplicante una vocatio in ius del conduttore per la convalida.

Al riguardo, premesso che la stipulazione di un contratto di locazione ad uso non abitativo per una durata inferiore al termine minimo di legge, non determina la nullità del contratto, ma l'invalidità della clausola derogativa e, di conseguenza, l'automatica eterointegrazione del contratto ai sensi dell' art. 1419, comma 2, c.c. , con l'applicazione della durata minima prevista dalla norma, ove il giudice accerti che, per erronea indicazione ovvero per avvenuta rinnovazione del contratto, l'effettiva data di scadenza del contratto di locazione sia posteriore a quella indicata nell'atto di intimazione di sfratto per finita locazione, può dichiarare la cessazione del contratto per una data successiva, senza, per questo, incorrere nel vizio di extra od ultra petizione (App. Roma 26 marzo 2020).

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