Mancato rilascio alla cessazione del contratto in cui il godimento dell'immobile del portiere è corrispettivo alla prestazione d'opera

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

Contratto in cui il godimento dell'immobile è il corrispettivo alla prestazione d'opera

Il contratto avente ad oggetto la concessione dello sfruttamento di un terreno è inquadrabile come affitto di bene immobile produttivo e – poiché esso, come tale, deve essere fatto rientrare nel genus della locazione, in virtù dell'espressa dizione letterale dell' art. 1615 c.c. e della collocazione che della relativa disciplina fa codice civile come una species della locazione e non come un contratto tipico autonomo – ne deriva la sua soggezione alla norma di cui all'art. 1350, n. 8), c.c., la quale, là dove prescrive l'obbligatoria forma scritta per i “contratti di locazione di beni immobili per una durata superiore a nove anni”, si riferisce all'intero àmbito della disciplina dell'istituto generale della locazione (Cass. III, n. 24371/2006).

Premesso ciò, si osserva che la disciplina contenuta nell' art. 659 c.p.c. non si riferisce ad un semplice contratto di locazione, ma ad un contratto misto, in quanto il godimento dell'immobile costituisce, sia pure in parte, il corrispettivo di una prestazione professionale. Dunque, quella regolata dall'art. 659 c.p.c. rappresenta l'unica ipotesi in cui il procedimento per convalida è applicabile al rapporto di locazione combinato ad altro tipo di contratto. Segnatamente rientrano in questa fattispecie tutti i casi in cui sussiste un collegamento necessario tra il godimento del bene e lo svolgimento dell'attività lavorativa: ad esempio il portiere, il custode, il giardiniere, il collaboratore domestico. Resta perciò esclusa l'operatività dell'art. 659 c.p.c. ogni volta che i due negozi risultano autonomi e distinti. Sul punto, va pure precisato che possono ricondursi all'art. 659 c.p.c. non solo le ipotesi in cui il godimento dell'immobile svolge una funzione strumentale rispetto alla prestazione lavorativa, ma anche tutte quelle diverse fattispecie in cui il rapporto di locazione non risulterebbe affatto necessario per lo svolgimento della prestazione ma è voluto dalle parti (si pensi al collaboratore domestico al quale i datori di lavoro offrono l'alloggio). Discorso diverso va fatto per i c.d. fringe benefits, intesi come quei beni o servizi che costituiscono compensi aggiuntivi, rispetto alla retribuzione ordinaria: secondo un orientamento più rigoroso tale ipotesi non rientra nella previsione di cui all'art. 659 c.p.c., dovendo escludersi qualsiasi nesso strumentale tra il rapporto di locazione e la prestazione lavorativa. Si ritiene che il procedimento per convalida possa essere esperito non soltanto alla scadenza del contratto di locazione d'opera ma anche se si verificano altri eventi come la morte o il recesso di una delle parti, o altri inadempimenti del conduttore-prestatore.

Contrasti interpretativi sull'esatta individuazione della nozione di cessazione del rapporto

La maggior parte degli interpreti, in ossequio alla dizione letterale della norma ex art. 659 c.p.c. , ritiene che la locuzione “cessazione del rapporto per qualsiasi causa” debba interpretarsi estensivamente, così da ricomprendere finanche il recesso di una delle parti e, dunque, tanto l'ipotesi di dimissioni del prestatore d'opera, che il licenziamento intimato dal datore di lavoro. Tuttavia, per quanto riguarda, invece, il concorso tra il procedimento di convalida e le forme di cui all'art. 409 c.p.c., la questione è apparsa maggiormente controversa. In proposito, si sostiene che la pacifica cessazione del rapporto si presta a molteplici interpretazioni, atte a ricomprendere l'assenza di contestazioni dell'intimato nel procedimento ex art. 659 c.p.c. in ordine alla causa di cessazione del rapporto; vuoi la mancata impugnazione del licenziamento innanzi al giudice del lavoro; nonché, nell'accezione più rigorosa, il necessario accertamento della risoluzione del rapporto con sentenza passata in giudicato. Nonostante ciò, si è dell'avviso che qualsiasi causa di cessazione del rapporto di lavoro possa consentire al locatore di avvalersi del procedimento di convalida. Per altro verso, però, va pure considerato che, se si riconosce alla domanda proposta dal locatore ex art. 659 c.p.c. una duplice natura, in quanto costituisce sia un'azione di accertamento dell'avvenuta cessazione del rapporto professionale sia di condanna al rilascio dell'immobile, deve pure riconoscersi all'art. 659 c.p.c. una funzione diversa da quella propria dell'azione di risoluzione per inadempimento. Da qui l'affermazione – secondo questa posizione – che l'inadempimento del lavoratore non possa essere sanzionato dal concedente per mezzo del giudizio di convalida di cui all'art. 659 c.p.c.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
A seguito della cessazione del rapporto di lavoro, se il portiere non rilascia l'immobile condominiale, l'amministratore di condominio può chiedere giudizialmente la restituzione?

Orientamento prevalente

Il procedimento per convalida ex art. 659 c.p.c. richiede il collegamento tra il contratto di locazione ed il contratto di lavoro subordinato

Ai fini dell'ammissibilità del procedimento per convalida di licenza o di sfratto, ex art. 659 c.p.c. , nell'ipotesi di godimento di un'immobile concesso in parziale corrispettivo riguardante un rapporto di prestazione d'opera, non è necessario che risulti dalla scrittura privata, con cui vengono regolati gli obblighi relativi al godimento dell'immobile, i termini e le condizioni, altresì, del rapporto di prestazione d'opera, essendo sufficiente anche solo il richiamo a tale rapporto, autonomamente regolato, per dedurne l'intento negoziale delle parti ed il collegamento tra i due distinti rapporti (Cass. III, n. 330/1973).

In un momento successivo, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che la suddetta norma trova applicazione anche laddove il datore di lavoro abbia concesso al lavoratore il godimento di un immobile con un contratto distinto rispetto a quello di lavoro subordinato, sempre che sussista un collegamento tra i due negozi; in tal caso, è il giudice del merito a dover valutare la sussistenza di tale collegamento che, se sorretto da una motivazione coerente, corretta e completa, risulta incensurabile in sede di legittimità trattandosi di un apprezzamento di fatto (Cass. III, n. 6800/2003: nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la motivazione della sentenza impugnata che, in presenza di una specifica regolamentazione del rapporto contenuta nel contratto di locazione e, in mancanza di ogni elemento in grado di far ritenere che la concessione in godimento dell'immobile costituisse il corrispettivo, sia pure parziale, della prestazione lavorativa, o fosse destinata ad agevolarne lo svolgimento, aveva escluso la possibilità di ricavare un collegamento tra i due contratti dalla generica indicazione dell'essere il conduttore dipendente del locatore e dalla circostanza che quest'ultimo era stato autorizzato a trattenere l'importo del canone dalla retribuzione mensile).

Secondo altra giurisprudenza, l'utilizzazione dell'alloggio costituisce una prestazione accessoria del rapporto di portierato, ed in quanto tale, non integra un autonomo rapporto di locazione, ragione per cui tale patto accessorio segue le sorti del contratto cui esso accede, essendo a questo funzionalmente collegato, con l'evidente obbligo di rilascio al momento della cessazione del rapporto di lavoro (Trib. Milano 6 dicembre 2016).

Inoltre, è stato osservato che la concessione in uso dell'alloggio per l'espletamento delle mansioni di portierato o di pulizia dello stabile costituisce una prestazione accessoria del rapporto, la quale perde automaticamente la sua obbligatorietà e non è più dovuta con la cessazione del rapporto di lavoro che ne è il necessario presupposto (Cass. III, n. 6435/1981).

Orientamento minoritario

Il procedimento per convalida ex art. 659 c.p.c. non richiede il collegamento tra il contratto di locazione ed il contratto di lavoro subordinato

Un altro orientamento ha elaborato un'interpretazione estensiva dell' art. 659 c.p.c. , ritenendolo applicabile anche ai casi in cui il godimento dell'immobile risulti privo di collegamento con la prestazione dell'attività lavorativa, rappresenti un mero corrispettivo (Cass. III, n. 3680/1984). Difatti, ove risulti accertata l'autonomia del contratto di locazione rispetto al rapporto di lavoro corrente tra locatore e conduttore, e, quindi, l'irrilevanza della connessione tra i rapporti, il contratto di locazione conserva la propria autonomia proseguendo anche nel caso in cui cessi il rapporto di lavoro, dovendo ritenersi in tale ipotesi la nullità della condizione risolutiva contestualmente alla intervenuta cessazione del rapporto di lavoro (Cass. III, n. 5978/1981).

Il datore di lavoro-locatore può intimare la licenza o lo sfratto per la cessazione del rapporto di lavoro per qualsiasi causa

Secondo il dato normativo, l'unica ipotesi in cui il datore di lavoro-locatore può intimare la licenza o lo sfratto è la cessazione del rapporto di lavoro per qualsiasi causa. In proposito, è stato osservato che la disdetta non deve necessariamente precedere la domanda di rilascio in quanto, una volta concluso il rapporto di lavoro, sorge per il conduttore l'obbligo di restituzione del bene. Difatti, la concessione in uso dell'alloggio per l'espletamento delle mansioni di portierato costituisce una prestazione accessoria del rapporto, la quale perde automaticamente la sua obbligatorietà e non è più dovuta con la cessazione del rapporto di lavoro che ne è il necessario presupposto (Trib. Firenze 13 gennaio 2015).

L'amministratore del condominio è pienamente legittimato ad agire per ottenere il rilascio di un immobile condominiale

Attesa la natura personale dell'azione, essendo il recupero del bene essenziale per l'ulteriore fruizione dello stesso bene da parte di tutti i condomini (Cass. III, n. 1768/2012 ; Trib. Roma 6 ottobre 2016) e nell'esercizio delle funzioni che gli sono proprie (art. 1130 c.c.), l'amministratore non necessita neanche di delibera assembleare per la nomina del difensore (Cass. II, n. 10865/2016). Pertanto, l'amministratore del condominio è pienamente legittimato ad agire per ottenere il rilascio di un immobile condominiale (Trib. Roma 9 maggio 2018: in tale vicenda, il giudicante ha ritenuto fondata la domanda di rilascio del condominio in quanto il convenuto portiere aveva perso il proprio titolo legittimante con la cessazione del rapporto di prestazione d'opera a favore del condominio per sopraggiunti limiti di età).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

L'amministratore del condominio invita con atto comunicato, ai sensi e per gli effetti di cui all' art. 1454 c.c. , il portiere dello stabile condominiale – che al termine del rapporto lavorativo non ha rilasciato l'unità immobiliare adibita ad alloggio suo e dei familiari conviventi – che ove nel termine di 15 giorni non procederà a liberare i suddetti locali, liberi e sgomberi da persone e cose, procederà a notificargli intimazione di sfratto per finita locazione con la contestuale citazione per la convalida.

Funzione e natura del giudizio

L'intimazione di sfratto, con la contestuale citazione per la convalida, dopo l'effettiva scadenza del contratto, è un procedimento speciale caratterizzato dalla sommarietà del rito, che lo distingue dall'ordinario processo di cognizione, la cui funzione è quella di risolvere – in assenza di opposizione del conduttore – il contratto di locazione, consentendo all'avente diritto di rientrare nel possesso della res locata. In particolare, se ai sensi dell' art. 659 c.p.c. il godimento di un immobile è il corrispettivo anche parziale di una prestazione d'opera, l'intimazione di licenza o di sfratto con la contestuale citazione per la convalida, a norma degli articoli precedenti del codice di rito, può essere fatta quando il contratto viene a cessare per qualsiasi causa.

Aspetti preliminari

Mediazione

L'azione proponibile dall'avente diritto ai sensi dell' art. 659 c.p.c. non richiede per la sua immediata esperibilità la preventiva instaurazione di un autonomo procedimento di mediazione, la cui osservanza è prevista obbligatoriamente ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 in materia condominiale o locatizia prima di avviare un giudizio a cognizione piena. Infatti ai sensi dell'art. 5, comma 4, lett. b), d.lgs. n. 28/2010 le disposizioni dei commi 1-bis e 2 riguardanti l'obbligatorietà della mediazione e la sanzione dell'improcedibilità del giudizio non si applicano nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'art. 667 c.p.c. Questo significa che la mediazione diventa obbligatoria soltanto dopo il provvedimento di mutamento del rito e l'improcedibilità della domanda per il mancato esperimento della mediazione ex art. 5 del d.lgs. n. 28/2010, può essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza che in questo caso, ove il portiere si opponga, ad esempio, deducendo che il rapporto di lavoro non è cessato, sarà l'udienza di discussione ex art. 420 c.p.c. fissata dal giudice con l'ordinanza exartt. 667 e 426 c.p.c. (Trib. Roma 9 maggio 2018).

Competenza

Ai sensi dell' art. 661 c.p.c. , quando si intima la licenza o lo sfratto per finita locazione, la citazione a comparire per la convalida deve farsi inderogabilmente davanti al Tribunale del luogo in cui si trova la cosa locata (forum rei sitae). Al riguardo, l'art. 659 c.p.c. non prevede espressamente che le cause di lavoro introdotte con l'intimazione di sfratto per il rilascio dell'immobile di servizio debbano essere trattate sin dall'inizio e decise, anche nella fase monitoria, dal giudice del lavoro, quale giudice naturale, atteso che la Corte Costituzionale ha rigettato l'eccezione di illegittimità costituzionale riferita all'art. 659 c.p.c., a tale fine rilevando che non è configurabile una questione di competenza fra giudici addetti alle diverse sezioni nelle quali si articola un medesimo ufficio giudiziario, sulla cui scorta non può sussistere una lesione del principio del giudice naturale precostituito per legge, né per le stesse ragioni può affermarsi una disparità di trattamento fra le parti convenute dinanzi ai diversi giudici (Corte cost., n. 181/2001).

In sintesi, costituisce principio giurisprudenziale ormai consolidato quello secondo cui sono estranee al concetto di competenza le questioni inerenti alla sfera di ripartizione dei compiti e delle attribuzioni fra sezioni o fra magistrati dello stesso ufficio giudiziario, ragione per cui, la distinzione tra giudice ordinario e giudice del lavoro nell'ambito dello stesso ufficio giudiziario può assumere rilievo soltanto ai fini del rito applicabile alla controversia.

Legittimazione

L'amministratore del condominio è legittimato ad agire per ottenere il rilascio dell'immobile condominiale, attesa la natura personale dell'azione, essendo il recupero del bene essenziale per l'ulteriore fruizione dello stesso bene da parte di tutti i condomini (Cass. III, n. 1768/2012 ; Trib. Roma 6 ottobre 2016) e nell'esercizio delle funzioni che gli sono proprie ex art. 1130 c.c. non necessita neanche di una delibera assembleare per la nomina del difensore, mentre legittimato passivo è il portiere.

Profili di merito

Onere della prova

L'onere di allegare l'intervenuta cessazione del rapporto lavorativo di portierato quale presupposto della relativa azione di sfratto per finita locazione con la contestuale citazione per la convalida, grava sull'amministratore di condominio, quale rappresentante dei condomini, nella duplice veste di parte datoriale-locatrice.

Contenuto del ricorso

L'azione si propone con atto di citazione, nel quale deve essere indicata l'autorità giudiziaria dinanzi alla quale è proposta l'azione ex art. 659 c.p.c. , seguita dalle generalità dell'istante (data di nascita e codice fiscale) e l'indicazione del difensore (che deve a sua volta inserire il proprio codice fiscale) dal quale è rappresentato e difeso e presso il quale è elettivamente domiciliato.

La parte istante deve, infatti, eleggere domicilio nel Comune in cui ha sede il giudice adìto.

Nell'atto devono essere indicate le generalità del conduttore e la precisa indicazione dell'immobile, compresi i dati catastali dello stesso.

Nell'atto deve essere, altresì, indicato il contratto di locazione e di portierato con la relativa data di effettiva cessazione nonché la richiesta di restituzione dell'immobile condotto in locazione formulata in precedenza, rimasta senza esito.

Sùbito dopo la parte narrativa, va indicata l'intimazione formale dello sfratto per finita locazione nei confronti del conduttore, con l'invito a rilasciare nella disponibilità dell'intimante l'immobile precedentemente locato libero e sgombero da persone e cose, con la successiva vocatio in jus dello stesso conduttore a comparire dinanzi al giudice adìto indicando l'udienza di comparizione ed inserendo l'invito a costituirsi nei prescritti modi e termini di legge.

Tra la data di notifica dell'intimazione e quello dell'udienza devono intercorrere almeno 20 giorni liberi.

L'atto deve contenere l'avviso ex art. 663 c.p.c. , secondo cui se l'intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convaliderà lo sfratto.

Nelle conclusioni, l'intimante deve chiedere al giudice adìto la convalida dello sfratto con la condanna del conduttore al rilascio dell'immobile libero da persone e cose, con la dichiarazione di cessazione del relativo rapporto locatizio, e la pronuncia dell'ordinanza ex art. 665 c.p.c. in caso di opposizione dell'intimato, oltre alla sua condanna al pagamento delle spese di lite. Va anche precisata la concessione del termine minimo ex art. 56 della l. n. 392/1978.

All'atto vanno allegati: il contratto di locazione e di portierato; la richiesta dell'amministratore al conduttore di invito alla restituzione dell'immobile, formulata eventualmente ai sensi dell' art. 1454 c.c. ; la dichiarazione di valore riguardante il pagamento del contributo unificato.

L'atto deve essere, infine, sottoscritto dal difensore, e contenere con separato atto il mandato alla lite, sottoscritto dalla parte, la cui firma deve essere autenticata dal difensore.

Richieste istruttorie

L'amministratore del condominio, che agisce in rappresentanza dei condomini in veste di locatore, per conseguire dal conduttore la disponibilità dell'immobile locato libero e sgombero da persone e cose, deve dimostrare per tabulas la propria qualità di avente diritto a proporre l'actioex art. 659 c.p.c. ed i relativi presupposti, tra cui la cessazione del rapporto di portierato da cui si evince il conseguenziale diritto a conseguire la restituzione dell'immobile adibito ad alloggio del medesimo portiere e del suo nucleo familiare convivente, unitamente alla lettera di costituzione in mora riguardante l'omesso rilascio.

In tale ottica, nella fase sommaria, in assenza di comparizione del conduttore o di una sua opposizione, basterà quindi che l'amministratore di condominio in qualità di locatore attesti la persistenza dell'inadempimento dell'ex portiere convenuto in qualità di conduttore a rilasciare l'immobile per conseguire la convalida dell'intimazione, con la sua relativa condanna al rilascio.

4. Conclusioni

La detenzione dell'immobile da parte dell'ex portiere convenuto ha perso il proprio titolo legittimante con la cessazione del rapporto di prestazione d'opera a favore dell'amministratore del condominio, sulla cui scorta quest'ultimo ha diritto a conseguire la restituzione dell'immobile precedentemente concesso in locazione.

Va da sé che, conseguentemente, l'accoglimento e la stessa ammissibilità dell'azione di sfratto con la contestuale citazione per la convalida formulata dall'amministratore di condominio ai sensi dell' art. 659 c.p.c. ha, come ineludibile presupposto, l'effettiva cessazione del rapporto di portierato.

Infatti, la concessione in uso dell'alloggio per l'espletamento delle mansioni di portierato dello stabile costituisce una prestazione accessoria del rapporto, la quale perde automaticamente la sua obbligatorietà e non è più dovuta con la cessazione del rapporto di lavoro che ne è il necessario presupposto (Cass. III, n. 6435/1981).

Ciò premesso, l' art. 659 c.p.c. , è applicabile anche quando il datore di lavoro conceda al portiere il godimento di un immobile con un contratto di locazione distinto rispetto a quello di lavoro subordinato, purché sussista un collegamento tra i due contratti.

Pertanto, in presenza di una specifica regolamentazione del rapporto contenuta nel contratto di locazione e, in mancanza di ogni elemento in grado di fare ritenere che la concessione in godimento dell'immobile costituisse il corrispettivo, sia pure parziale, della prestazione lavorativa, ovvero fosse destinata ad agevolarne lo svolgimento, è esclusa la possibilità di un concreto collegamento tra i due contratti dalla generica indicazione dell'essere il conduttore il portiere dello stabile alle dipendenze del locatore e dalla circostanza che quest'ultimo è stato autorizzato a trattenere l'importo del canone dalla retribuzione mensile (Cass. III, n. 6800/2003).

Infine, premesso che nel procedimento per convalida di sfratto soltanto la fase a cognizione sommaria è sottoposta al rito sommario, mentre quella a cognizione piena, che si instaura con l'opposizione alla convalida, è regolata, ai sensi dell' art. 447-bis c.p.c. , dal rito speciale del lavoro, nelle cui forme il giudizio prosegue dopo l'eventuale pronuncia dell'ordinanza di rilascio, sul piano del giudice territorialmente e funzionalmente competente nell'azione di sfratto ex art. 659 c.p.c., la distinzione tra giudice delle locazioni e giudice del lavoro nell'ambito dello stesso ufficio giudiziario può assumere rilievo soltanto ai fini del rito applicabile alla controversia, attesa comunque la marginalità della relativa quaestio nella fattispecie, per la coincidenza tra il luogo di espletamento dell'attività lavorativa di portierato e quello in cui si trova l'immobile adibito ad alloggio del portiere.

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