Mancato rilascio dell'immobile concesso in comodato ad uso non abitativo alla scadenza del termine

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

Il contratto di comodato di durata determinata

Il contratto di comodato è il contratto con il quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Il codice civile prevede due forme di comodato, quello con una durata determinata ( art. 1803 c.c. ) e quello c.d. precario (art. 1810 c.c.). Il primo riguarda il comodato che sorge con la consegna della cosa per un tempo predefinito o per un uso che consente di stabilirlo. L'obbligo di restituzione sorge soltanto alla scadenza del termine oppure quando il comodatario se ne sia servito in conformità del contratto, salva la facoltà del comodante di richiedere la restituzione immediata dell'immobile nel caso in cui sopravvenga un suo urgente ed imprevisto bisogno. Scaduto il termine di durata del comodato, qualora l'immobile non venga volontariamente rilasciato dal comodatario, il proprietario può agire giudizialmente nei confronti dell'occupante (con ricorso ex art. 447-bis c.p.c.) per fare valere il suo diritto a riottenere la piena disponibile del bene concesso in uso.

Il contratto di comodato precario

Il comodato precario è, invece, quello senza determinazione di durata ed è disciplinato dall' art. 1810 c.c. , in applicazione del quale quando il termine di restituzione non è stato convenuto dalle parti e non può desumersi dall'uso cui il bene deve essere destinato, il comodatario, prescindendo da giusti motivi del comodante, è tenuto a restituire il bene stesso non appena quest'ultimo gliene faccia richiesta. Esso è caratterizzato da una libera facoltà di recesso unilaterale del rapporto riconosciuta in capo al comodante. Se manca l'indicazione del termine finale, questo può quindi desumersi dall'uso per cui l'immobile è stato concesso in comodato, circostanza quest'ultima apparentemente innocua, ma che assume importante rilievo se si considera che, ad esempio, è ormai fermo il principio per cui, nella previsione di destinazione dell'immobile ad abitazione familiare, la determinazione della durata della concessione va rapportata a tale uso.

Differenza tra comodato e locazione

Il contratto di comodato è, dunque, un contratto reale ad effetti obbligatori ( art. 1376 c.c. ) ed a forma libera (art. 1325 c.c.). Si tratta di un contratto unilaterale, cioè con obbligazioni a carico di una sola parte (art. 1333 c.c.), che trova in genere la sua causa nei rapporti di cortesia e di fiducia esistente tra le parti o nella volontà di sopperire all'altrui esigenza temporanea. Il contratto di comodato è essenzialmente gratuito. La causa del contratto è individuata nella concessione in godimento senza corrispettivo e va distinta dai motivi che possono riguardare il comodante o il comodatario, come legami affettivi, riconoscenza, solidarietà, i quali restano irrilevanti (Cass. III, n. 8548/2008). Tale caratteristica distingue il comodato dalla locazione: il comodato è essenzialmente gratuito, l'assenza di corrispettivo è elemento decisivo della causa e diviene determinativo della ricostruzione della fattispecie. Anzi, la rinunzia a percepire il canone da parte del locatore trasforma automaticamente il conduttore in comodatario. Attraverso il contratto d'uso gratuito, il comodatario diventa quindi titolare di un diritto personale di godimento dell'immobile ma non ne ha alcun diritto di proprietà. Egli, infatti, può godere dell'immobile ed utilizzarlo gratuitamente fin quando lo prevede il contratto o la parola del comodante se in forma verbale. In ogni caso, non può cedere il diritto a terzi, a meno che non vi sia il parere favorevole del comodante che, in difetto, può richiedere immediatamente la restituzione dell'immobile. Per il contratto di comodato, non è richiesta la forma scritta, con conseguente possibilità di conclusione a seguito di un comportamento concludente. La consegna del bene, richiesta per il perfezionamento del contratto in questione, attesane la natura reale, non deve necessariamente essere eseguita in forma solenne o nella sua materialità, potendo anche consistere nel semplice mutamento del titolo della pregressa detenzione, ove quest'ultima faccia già capo al comodatario (Trib. Piacenza 17 marzo 2021, n. 132).

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
A seguito di formale richiesta, se il comodatario non rilascia l'immobile ad uso non abitativo alla scadenza del termine, il comodante può chiedere giudizialmente la restituzione dell'immobile?

In tema di comodato precario, il comodatario è tenuto a restituire la cosa non appena il comodante gliela richieda

Nel contratto di comodato, il termine finale può, a norma dell' art. 1810 c.c. , risultare dall'uso cui la cosa deve essere destinata, se tale uso abbia in sé connaturata una durata predeterminata nel tempo, mentre in mancanza di particolari prescrizioni di durata, ovvero di elementi certi ed oggettivi che consentano ab origine di prestabilirla, l'uso corrispondente alla generica destinazione dell'immobile configura un comodato a tempo indeterminato e, perciò, a titolo precario, e, dunque, revocabile ad nutum da parte del comodante, a norma del medesimo art. 1810 citato (Cass. VI, n. 22309/2020).

Quindi, in tal caso, un comodato a tempo indeterminato revocabile norma del medesimo art. 1810 c.c. (Cass. III, n. 15877/2013: fattispecie avente ad oggetto la condanna al rilascio di una sua unità immobiliare, concessa a titolo di comodato gratuito, per porvi a dimora i macchinari necessari per il funzionamento della piscina di un hotel).

Il termine del comodato non va confuso con il termine dell'attività commerciale

In tema di comodato con termine non indicato espressamente, ma risultante dall'uso a cui la cosa deve essere destinata, la Corte di legittimità ha evidenziato che la circostanza, che nell'immobile dato in comodato sia svolta una attività commerciale, non basta per ritenere quel comodato soggetto a un termine implicito, ai sensi dell' art. 1810 c.c. , e di conseguenza che il comodante non possa chiedere la restituzione dell'immobile sino a che non cessi l'attività in esso svolta (Cass. III, n. 24468/2014: con tale principio, si è accolto il ricorso di un marito che chiedeva alla ex moglie la restituzione di un locale dato in comodato dove la stessa svolgeva la sua attività commerciale, aggiungendo che il termine del comodato non va confuso con il termine dell'attività commerciale). Quindi, la circostanza che un immobile concesso in comodato sia destinato a una specifica attività non è sufficiente per ritenere il relativo contratto soggetto a un termine implicito, sicché il comodante può domandare la restituzione del bene prima della cessazione di tale attività (Cass. VI, n. 22309/2020).

La durata del comodato è da ritenere implicitamente legata alla durata del contratto di locazione

Non può ritenersi contratto di comodato senza termine e/o precario, quel contratto di tal tipo – anche quando non sia stata determinata la durata – che abbia ad oggetto delle autorimesse considerate accessori dell'immobile dato in locazione giacché la durata del comodato è da ritenere implicitamente legata alla durata del contratto di locazione dell'immobile ad uso abitativo (Trib. Ivrea 9 luglio 2015, n. 427).

È atipico il comodato che prevede la restituzione in caso di necessità

Si connota come figura atipica il contratto di comodato immobiliare con il quale le parti abbiano previsto che la restituzione del bene da parte del comodatario debba avvenire nel “caso che il comodante ne abbia necessità”. In tale ipotesi, infatti, il comodato è da intendere convenuto senza determinazione di tempo (salvo quello che ex lege può discendere dall'applicazione dell' art. 1811 c.c. e che un termine derivi in relazione all'uso pattuito), ma, ai sensi dell'art. 1322 c.c., con il patto che il potere di richiedere la restituzione possa esercitarsi solo in presenza di una necessità di utilizzazione dell'immobile – nel senso di un bisogno di riavere la cosa per goderne in uno dei modi consentiti dal proprio titolo – che sia incompatibile con il protrarsi del godimento del comodatario e che deve essere prospettata nel negozio di recesso dal comodante e, in caso di contestazione, dimostrata (Cass. III, n. 6678/2008: nella fattispecie, poiché le parti avevano convenuto che il terreno con annesso locale scantinato rimanesse nella disponibilità del comodatario finché il comodante ne avesse avuto necessità, senza, però, che di tale necessità fosse stata allegata idonea prova, la Suprema Corte, in accoglimento del ricorso e decidendo nel merito, ha rigettato la domanda di rilascio).

Collegamento funzionale tra locazione e contratto di comodato di impianto distribuzione carburanti

Nell'esercizio della loro autonomia negoziale, le parti possono dare vita, contestualmente o meno, a distinti contratti i quali, pur caratterizzandosi ciascuno in funzione della propria causa e conservando l'individualità propria di ciascun tipo negoziale, vengono tuttavia concepiti e voluti come funzionalmente collegati tra loro e posti in rapporto di dipendenza o di interdipendenza, di modo che le vicende dell'uno si debbano necessariamente ripercuotere su quelle dell'altro, condizionandone la validità e l'efficacia. Pertanto, qualora nello stipulare un contratto di locazione d'immobile le parti lo colleghino, funzionalmente e teleologicamente, ad altro rapporto tra loro esistente – nella specie, il comodato di impianto di distribuzione carburanti – nella struttura normale della locazione s'innesta un'ulteriore specifica causa contrahendi per la quale il rapporto locatizio assume carattere di atipicità, con la conseguente inapplicabilità allo stesso delle disposizioni vincolistiche in materia di locazioni d'immobili urbani (Trib. Verona 25 luglio 2001, n. 1497: fattispecie nella quale la locazione di un locale destinato a rivendita di ricambi ed accessori per auto prevedeva scadenza coincidente con il contratto di comodato di un impianto di distribuzione carburanti).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

Il comodante, alla scadenza del contratto di comodato registrato, chiede al comodatario l'immediata restituzione della res, avvisandolo che, in difetto, decorso il termine di 15 giorni concesso con la diffida comunicata al medesimo occupante sine tituloex art. 1454 c.c. provvederà ad instaurare il relativo giudizio ex art. 447-bis c.p.c. con aggravio di costi e tempo.

Funzione e natura del giudizio

L'azione del comodante, finalizzata a conseguire dal comodatario la restituzione della res alla scadenza del contratto, è un ordinario giudizio di cognizione instaurato in forma di ricorso ex art. 447-bis c.p.c.

Aspetti preliminari

Mediazione

L'azione ordinaria proponibile dal comodante, ai sensi dell' art. 447-bis c.p.c. , nei confronti del comodatario per conseguire la restituzione della res immobile richiede, per la sua immediata esperibilità, la preventiva instaurazione di un autonomo procedimento di mediazione, la cui osservanza è prevista obbligatoriamente ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 in materia di comodato prima di avviare un giudizio a cognizione piena.

Competenza

Ai sensi degli artt. 21 c.p.c. e 447-bis c.p.c., per le cause in materia di comodato, è competente il giudice del luogo dove è posto l'immobile (forum rei sitae). Ai sensi dell'art. 447-bis, comma 2, c.p.c. sono nulle le clausole di deroga alla competenza.

Legittimazione

Il comodante è il soggetto legittimato attivo nell'instaurare il giudizio ex art. 447-bis c.p.c. per conseguire la restituzione della res dal comodatario e quest'ultimo è, invece, il soggetto legittimato passivo.

Profili di merito

Onere della prova

L'onere di allegare i presupposti per attivare il procedimento ex art. 447-bis c.p.c. al fine di ottenere la restituzione della res immobile nei confronti del comodatario grava sul comodante.

Contenuto del ricorso

L'azione si propone con ricorso, nel quale il comodante deve indicare l'autorità competente dinanzi alla quale intende chiamare in giudizio il comodatario, unitamente alle sue generalità ed a quelle del proprio difensore, il quale dovrà avere cura di indicare la propria pec ed il numero di fax per la ricezione delle relative comunicazioni.

Inoltre, il comodante deve anche eleggere domicilio nel Comune in cui ha sede lo stesso giudice adìto. Nell'atto devono essere indicate le esatte generalità del comodatario e la precisa ubicazione dell'immobile con i relativi identificativi catastali, avendo cura di riportare nella narrazione del fatto, le ragioni addotte rispettivamente a fondamento della causa petendi e del petitum richiesto, anche in via mediata, e delle richieste formulate nelle conclusioni dell'atto – azione di restituzione della res immobile a suo tempo concessa in comodato ad uso non abitativo per l'intervenuta scadenza del termine ed il correlato inadempimento del comodatario nella restituzione – con la correlata documentazione probatoria che intende offrire a corredo della domanda.

Al riguardo, trattandosi di ricorso, occorre indicare sùbito a pena di decadenza tutte le prove che si intendono sottoporre all'attenzione del giudice, come ad esempio l'interrogatorio formale del comodatario e le esatte generalità degli eventuali testimoni che si intendono ascoltare sulle posizioni “fattuali” dell'atto introduttivo della controversia, che dunque devono già essere opportunamente “capitolate” oltre a tutta la relativa documentazione probatoria (contratto di comodato, lettera di contestazione dell'inadempimento del comodatario nella restituzione della res, verbale del procedimento di mediazione conclusosi negativamente). Ciò non toglie però che, nella narrazione del “fatto”, occorre opportunamente soffermarsi sulla concreta posizione assunta nella vicenda dal comodatario, laddove il medesimo, responsabile della violazione ascrittagli nel contratto riguardante l'inosservanza dei relativi obblighi, tra cui quello di restituire la res al temine del rapporto di comodato ad uso non abitativo, abbia continuato a rimanere inerte, nonostante la tempestiva conoscenza della relativa contestazione, comprovata dalla precedente corrispondenza intercorsa o da un'eventuale diffida ricevuta dal comodante al fine di attivarsi per porre rimedio alla situazione creatasi in suo danno, potendo risultare utile ai sensi dell' art. 116 c.p.c. , sul piano della valutazione del relativo comportamento laddove risulti inserito in un contesto fattuale idoneo a farlo ritenere come gravemente inadempiente, anche all'esito del precedente procedimento di mediazione avviato dallo stesso comodante nei confronti del medesimo soggetto responsabile.

Il ricorso deve, quindi, essere sottoscritto dal difensore su atto separato contenente la procura alla lite, sottoscritta dalla parte rappresentata dal medesimo difensore ed autenticata da quest'ultimo.

Richieste istruttorie

L'onere di chiedere l'interrogatorio formale del comodatario sui fatti oggetto di contestazione riguardanti le circostanze fattuali ritenute idonee a configurare il grave inadempimento ai propri obblighi contrattuali – nel caso di specie, conseguente all'omessa restituzione della res al termine del rapporto contrattuale – grava sul comodante, il quale adempie al suddetto onere allegando la fonte negoziale del proprio diritto – copia del contratto di comodato ad uso non abitativo al cui interno sia prevista la data di scadenza – spettando al comodatario l'onere di allegare la prova contraria.

4. Conclusioni

L'apposizione al comodato di un termine derivante dall'uso cui la cosa è destinata non può ravvisarsi nel solo fatto che nell'immobile si svolga una determinata attività commerciale, per la semplice ragione che tale attività potrebbe non avere alcun termine prevedibile, nel qual caso, il comodato sarebbe di fatto sine die, conclusione, quest'ultima, che ne snaturerebbe la causa espropriando di fatto il comodante, prospettandosi in termini insostenibili sul piano logico, atteso che condurrebbe all'irragionevole conclusione che un comodato di immobili destinato ad attività che vi si svolgono sine die, sarebbe pur esso sine die.

A ciò aggiungasi che, poiché la destinazione d'uso di un immobile dipende dalla volontà del comodatario, la durata del relativo contratto finirebbe per essere rimessa alla mera volontà del comodatario, per tale ragione, è stato elaborato il principio secondo cui il termine del comodato può risultare dall'uso cui la cosa deve essere destinata soltanto se tale uso abbia in sé connaturata una durata predeterminata nel tempo, giacché in mancanza, invece, di particolari prescrizioni di durata, o di elementi certi ed oggettivi che consentano ab origine di prestabilirla, si configura un comodato revocabile ad nutum da parte del comodante (Cass. VI, n. 22309/2020).

In ordine alla possibilità di subentro nel contratto di comodato ad uso diverso da abitazione del cessionario di un'azienda commerciale, la previsione dell' art. 1804, comma 2, c.c. – per cui il comodatario non può concedere ad un terzo il godimento della cosa senza il consenso del comodante – sembra confermare il carattere personale di tale fattispecie negoziale, come non idonea ad una sua automatica cessione ope legis che possa prescindere dal consenso del comodante, ossia, nell'ambito della cessione d'azienda, dal consenso del contraente ceduto.

Se ciò è vero, è altrettanto vero, tuttavia, che il comodante – a prescindere dalla natura personale o meno del comodato – potrebbe comunque manifestare il proprio dissenso all'operazione successoria ai sensi dell' art. 2558, comma 2, c.c. , che riconosce al contraente ceduto il diritto di recedere dal contratto trasferito al cessionario.

Ma a prescindere da ciò, anche qualora si ritenesse inapplicabile la norma ora citata, difficilmente potrebbe escludersi che il consenso del comodante ex art. 1804, comma 2, c.c. – come del resto, in generale, tutti gli atti unilaterali iure privatorum autorizzatori o di consenso, per i quali non sussista una diversa pretesa legislativa o negoziale nel senso di una particolare formalità – non possa darsi anche in maniera tacita e per facta concludentia tenuto conto, oltretutto, che il comodato immobiliare, unitamente a tutti gli eventuali atti connessi, non necessita di formalità sacramentali ad substantiam (App. Torino 17 novembre 2017).

Tuttavia, occorre che tale comportamento – il cui onere probatorio grava sulla parte che abbia interesse a sollevare la relativa quaestio – sia inequivoco.

Sul piano del risarcimento del danno, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che nell'ipotesi di occupazione sine titulo di un cespite immobiliare altrui, il danno subìto dal proprietario per l'indisponibilità del medesimo può definirsi in re ipsa, purché inteso in senso descrittivo, cioè di normale inerenza del pregiudizio all'impossibilità stessa di disporre del bene, senza comunque fare venire meno l'onere per il comodante quanto meno di allegare, ed anche di provare, con l'ausilio delle presunzioni, il fatto da cui discende il lamentato pregiudizio, ossia che se egli avesse immediatamente recuperato la disponibilità dell'immobile, l'avrebbe sùbito impiegato per finalità produttive, quali il suo godimento diretto o la sua concessione in locazione (Cass. VI, n. 25898/2016).

Infine, sul versante squisitamente processuale, va sottolineato l'orientamento secondo cui i contratti di comodato, fornitura ed affitto di azienda, se inseriti in una più ampia operazione commerciale attuata attraverso contratti collegati di natura complessa, non rientrano nella previsione dell' art. 21 c.p.c. e dell'art. 447-bis, comma 1, c.p.c. rimanendo soggetti in tale ipotesi, alle disposizioni ordinarie sulla competenza territoriale, comprese quelle derivanti da un'eventuale deroga convenzionale (Trib. Roma 29 marzo 2019).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario