Mancato rilascio dell'immobile alla cessazione del contratto di locazione a seguito di richiesta di uno solo dei locatori

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

La pluralità di locatori

Ove la proprietà (o altro diritto reale) su un determinato bene competa pro indiviso a più soggetti, la fattispecie va ricondotta all'istituto della comunione, disciplinato dagli artt. 1100-1116 c.c. ; tali norme sono volte a disciplinare la modalità di amministrazione del bene comune e la ripartizione dei diritti e degli oneri fra i contitolari del bene. Si osserva che l'art. 1105 c.c. prevede che tutti i comunisti hanno diritto di concorrere nell'amministrazione del bene comune, di conseguenza ognuno può validamente sottoscrivere un contratto di locazione a nome proprio. Su tale aspetto, in àmbito locatizio, i giudici di legittimità hanno osservato che il rapporto derivante dal contratto di locazione e che si instaura tra il locatore e il conduttore ha una natura personale, quindi chiunque abbia la disponibilità di fatto di un bene può validamente decidere di concederlo o meno in locazione. Ciò significa che il contratto di locazione stipulato dal comproprietario dell'immobile è da ritenersi pienamente valido ed efficace pure in assenza della sottoscrizione da parte di altri comproprietari (Cass. III, n. 20371/2013).

L'eventuale mancanza di poteri o di autorizzazione rileva nei soli rapporti interni fra i comproprietari e non può essere eccepita alla parte conduttrice che ha fatto affidamento sulle dichiarazioni o sui comportamenti di colui o di coloro che apparivano agire per tutti. Pertanto, in capo a ciascuno dei comproprietari concorrono, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
A seguito di disdetta, se il conduttore non rilascia l'immobile alla scadenza, il locatore comproprietario può chiedere giudizialmente la restituzione dell'immobile?

La disdetta deve presupporre la volontà del locatore di non rinnovare il contratto alla scadenza

L' art. 2 della l. n. 431/1998 va interpretato nel senso che, se il contratto si rinnova tacitamente nella vigenza della nuova legge, per la mancanza di una disdetta che il locatore avrebbe potuto fare, ma che non ha fatto, il rapporto resta assoggettato alla nuova disciplina integralmente, e quindi con riferimento anche alla doppia durata quadriennale, salva la facoltà di comunicare disdetta motivata ai sensi dell'art. 3 (Cass. III, n. 989/2014). Parimenti, una disdetta che non sia idonea a produrre la cessazione della locazione per la scadenza voluta dal locatore ha l'efficacia di produrre la cessazione del rapporto per la successiva scadenza (Cass. III, n. 7352/1997; Cass. III, n. 8443/1995).

Sotto diverso profilo, occorre rilevare che, vigendo il principio della libertà della forma, la disdetta può essere contenuta anche in un atto processuale che presupponga la volontà del locatore di non rinnovare il contratto alla scadenza o che, comunque, esprima anche tale volontà, quale l'intimazione di licenza o sfratto per finita locazione o la citazione in giudizio (Cass. III, n. 26526/2009).

Peraltro, la richiesta giudiziale di cessazione del rapporto è idonea a costituire disdetta del contratto anche se proposta in alternativa ad altra domanda di rilascio del cespite perché occupato sine titulo, atteso che tale circostanza non vale ad escludere, ove ritenuta persistente la locazione, l'inequivoca volontà di riottenere la disponibilità del bene manifestata dal locatore nell'atto processuale (Cass. III, n. 19410/2016).

Orientamento delle Sezioni Unite

Risoluzione del contrasto interpretativo: il contratto di locazione rimane pienamente efficace nonostante la mancanza del consenso dell'altro comproprietario

Le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto giurisprudenziale relativo alla qualificazione giuridica dei rapporti intercorrenti tra due comproprietari di un immobile allorquando uno di essi, all'insaputa dell'altro, stipula un contratto di locazione. In particolare, le Sezioni Unite precisano che la condizione necessaria per stipulare il contratto di locazione è la disponibilità della cosa comune da parte del comproprietario, corrispondente alla detenzione esclusiva e qualificata dell'immobile, trattandosi di un presupposto comune ad ogni locazione; indipendentemente dalla qualificazione giuridica del potere del singolo comproprietario che pone in essere un atto di ordinaria amministrazione sul bene comune, il contratto di locazione dell'intero bene comune stipulato da uno solo dei comunisti è valido ed efficace senza la necessità della preventiva allegazione o dimostrazione dell'esistenza di un idoneo potere rappresentativo. Invero, la locazione può essere convenuta dal singolo comproprietario, anche all'insaputa degli altri, purché il suddetto comproprietario abbia la disponibilità del bene comune e sia in grado di adempiere la fondamentale obbligazione del locatore, e cioè quella di consentire il godimento del bene al conduttore; la concessione in locazione di un immobile non costituisce, quindi, atto esclusivo del proprietario, potendo legittimamente assumere veste di locatore anche colui che abbia la mera disponibilità del bene medesimo, sempre che tale disponibilità sia determinata da titolo non contrario a norme d'ordine pubblico. Dopo questa doverosa premessa, risolvendo il contrasto precedente, le Sezioni Unite precisano che la locazione della cosa comune da parte di uno dei comproprietari rientra nell'ambito di applicazione della gestione di affari ed è soggetta alle regole di tale istituto, tra le quali quella di cui all' art. 2032 c.c. , sicché, nel caso di gestione non rappresentativa, il comproprietario non locatore potrà ratificare l'operato del gestore e, ai sensi dell'art. 1705, comma 2, c.c., applicabile per effetto del richiamo al mandato contenuto nel citato art. 2032 c.c., esigere dal conduttore, nel contraddittorio con il comproprietario locatore, la quota dei canoni corrispondente alla quota di proprietà indivisa (Cass. S.U., n. 11135/2012).

Orientamento prevalente

L'azione del singolo locatore comproprietario per il rilascio dell'immobile non richiede l'integrazione del contraddittorio

Qualora in un contratto di locazione la parte locatrice sia costituita da più locatori, ciascuno di essi è tenuto, dal lato passivo, nei confronti del conduttore alla medesima prestazione, così come, dal lato attivo, ognuno degli stessi può agire nei riguardi del locatario per l'adempimento delle sue obbligazioni, applicandosi in proposito la disciplina della solidarietà di cui all' art. 1292 c.c. , che non determina, tuttavia, la nascita di un rapporto unico ed inscindibile e non dà luogo, perciò, a litisconsorzio necessario tra i diversi obbligati o creditori (Cass. III, n. 18069/2019; Cass. III, n. 12232/2015; Cass. III, n. 549/2012; Cass. III, n. 14530/2009). Ciascun contitolare dell'immobile può conferire mandato all'avvocato per avviare l'azione di sfratto. Tecnicamente non si verifica ciò che il codice di procedura civile chiama “litisconsorzio necessario”. Agli effetti pratici, la causa di sfratto può essere intrapresa da uno dei comproprietari senza aver prima raccolto il consenso degli altri. Non c'è alcuna necessità, quindi di coinvolgere nella causa anche gli altri partecipanti integrandone il contraddittorio. Sugli immobili oggetto di comunione concorrono, dunque, salvo prova contraria, pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari. Ciò, perché si presume che ogni parte operi col consenso degli altri o quantomeno acquisito il sostegno della maggioranza dei partecipanti. In definitiva, secondo l'orientamento in esame, in caso di pluralità di locatori, ciascuno di essi gode di pieni poteri gestori e – presumendosi, in difetto di prova contraria, il consenso degli altri locatori – può agire al fine di ottenere il rilascio dell'immobile, dovendosi pertanto escludere la necessità di integrazione del contraddittorio (Cass. III, n. 17933/2019).

Orientamento minoritario

Litisconsorzio necessario in caso di contratto avente, anche soltanto da un lato, una pluralità di soggetti

La domanda di risoluzione per inadempimento di un contratto con una pluralità di parti dà luogo ad un'ipotesi di litisconsorzio necessario, posto che il rapporto sostanziale dedotto in giudizio essendo unico non può essere risolto e, quindi, non può sussistere nei confronti di alcuni dei contraenti e rimanere in vita e vincolante per gli altri, onde la decisione pronunciata senza la partecipazione di tutti i contraenti è inutiliter data (Cass. II n. 11049/1993). In particolare, nel caso di comunione legale del bene locato, il recesso dal relativo contratto di locazione è atto di ordinaria amministrazione che può essere esercitato anche da uno solo dei coniugi comproprietari dell'immobile locato; l'altro coniuge, tuttavia, riveste la qualità di litisconsorte necessario nel giudizio di rilascio ed è l'unico legittimato a far valere l'eventuale difetto di integrità del contraddittorio con intervento in causa o proponendo opposizione di terzo (Cass. n. 8379/1990). Dunque, qualora sia proposta domanda di risoluzione per inadempimento di un contratto con pluralità di parti, anche soltanto da un lato, si verifica un'ipotesi di litisconsorzio necessario, in quanto il rapporto sostanziale, essendo comune a più persone, non può sussistere nei confronti di alcuni soggetti interessati e non sussistere nei confronti di altri, con la conseguenza che la decisione è inutiliter data, anche in sede d'appello, se non è emessa nei confronti di tutte le parti contraenti (Cass. II, n. 2925/1986: in tale vicenda, la Suprema Corte richiese la partecipazione di tutte le parti comproprietarie di un immobile alla causa rivolta alla risoluzione della locazione).

La mancanza di poteri o di autorizzazione rileva nei soli rapporti interni fra i comproprietari e non può essere eccepita alla parte conduttrice

Qualora in un contratto di locazione di immobile la parte locatrice sia costituita da più locatori, in capo a ciascuno dei comproprietari concorrono, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori, rispondendo, peraltro, a regole di comune esperienza che uno o alcuni dei comproprietari gestiscano, con il consenso degli altri, gli interessi di tutti; l'eventuale mancanza di poteri o di autorizzazione rileva nei soli rapporti interni fra i comproprietari e non può essere eccepita alla parte conduttrice che ha fatto affidamento sulle dichiarazioni o sui comportamenti di colui o di coloro che apparivano agire per tutti (Cass. II, n. 1986/2016).

Il ristoro nei confronti degli altri comproprietari

Il ristoro nei confronti degli altri comproprietari

Il ristoro nei confronti degli altri comproprietari

Il ristoro nei confronti degli altri comproprietari

Il ristoro nei confronti degli altri comproprietari

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

Il singolo locatore, dopo avere formulato tempestivamente la disdetta del contratto di locazione, può chiedere con lettera raccomandata al conduttore – che continui a detenere l'immobile oltre la scadenza del contratto di locazione, e che si rifiuti di riconsegnarlo nella disponibilità di parte locatrice – di procedere all'immediata restituzione del cespite, al fine di evitare il successivo ricorso all'azione di intimazione di sfratto per finita locazione, con possibile aggravio di costi e tempo, unitamente all'eventuale azione di risarcimento del danno conseguente all'ingiustificato ritardo nel recupero della disponibilità del prefato immobile per la produzione di reddito.

Funzione e natura del giudizio

L'intimazione di sfratto, con la contestuale citazione per la convalida, dopo la scadenza del contratto, è un procedimento speciale caratterizzato dalla sommarietà del rito, che lo distingue dall'ordinario processo di cognizione, la cui funzione è quella di risolvere – in assenza di opposizione del conduttore – il contratto di locazione, consentendo a ciascun avente diritto di rientrare nel possesso della res locata.

Aspetti preliminari

Mediazione

L'azione proponibile dall'avente diritto ai sensi dell' art. 657 c.p.c. non richiede per la sua immediata esperibilità la preventiva instaurazione di un autonomo procedimento di mediazione, la cui osservanza è prevista obbligatoriamente ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 in materia condominiale o locatizia prima di avviare un giudizio a cognizione piena.

Competenza

Ai sensi dell' art. 661 c.p.c. quando si intima la licenza o lo sfratto per finita locazione, la citazione a comparire per la convalida deve farsi inderogabilmente davanti al Tribunale del luogo in cui si trova la cosa locata (forum rei sitae).

Legittimazione

Il singolo locatore è il soggetto legittimato attivo ad intimare lo sfratto per finita locazione con la contestuale citazione per la convalida, mentre il conduttore è il soggetto legittimato passivo.

Profili di merito

Onere della prova

L'onere di allegare nello speciale procedimento sommario i presupposti per l'utile esperimento del procedimento di intimazione di sfratto per finita locazione con la contestuale citazione per la convalida, grava sul singolo locatore.

Contenuto del ricorso

L'azione si propone con atto di citazione, nel quale, deve essere indicata l'autorità giudiziaria dinanzi alla quale è proposta l'azione ex art. 657 c.p.c. , seguita dalle generalità dell'istante (data di nascita e codice fiscale) e l'indicazione del difensore (che deve a sua volta inserire il proprio codice fiscale) dal quale è rappresentato e difeso e presso il quale è elettivamente domiciliato.

La parte istante deve, infatti, eleggere domicilio nel Comune in cui ha sede il giudice adìto.

Nell'atto devono essere indicate le generalità del conduttore e la precisa indicazione dell'immobile, compresi i dati catastali dello stesso.

Nell'atto deve essere indicato, altresì, il contratto di locazione con la relativa data di scadenza e la disdetta formulata in precedenza nel rispetto del relativo termine, rimasta senza esito.

Sùbito dopo la parte narrativa, va indicata l'intimazione formale dello sfratto per finita locazione nei confronti del conduttore, con l'invito a rilasciare nella disponibilità della parte intimante l'immobile precedentemente locato libero e sgombero da persone e cose, con la successiva vocatio in jus del conduttore a comparire dinanzi al giudice adìto indicando l'udienza di comparizione ed inserendo l'invito a costituirsi nei prescritti modi e termini di legge.

Tra la data di notifica dell'intimazione e quello dell'udienza devono intercorrere almeno 20 giorni liberi.

L'atto deve contenere l'avviso ex art. 663 c.p.c. , secondo cui se la parte intimata non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convaliderà lo sfratto.

Nelle conclusioni, l'intimante deve chiedere al giudice adìto la convalida dello sfratto con la condanna del conduttore al rilascio dell'immobile libero da persone e cose, con dichiarazione di cessazione del contratto, e la pronuncia dell'ordinanza ex art. 665 c.p.c. in caso di opposizione dell'intimato, e la sua condanna al pagamento delle spese di lite. Va anche precisata la concessione del termine minimo ex art. 56 della l. n. 392/1978.

All'atto vanno allegati: il contratto, la disdetta e la dichiarazione di valore riguardante il pagamento del contributo unificato.

L'atto deve essere, infine, sottoscritto dal difensore, e contenere con separato atto il mandato alla lite, sottoscritto dalla parte, la cui firma deve essere autenticata dal difensore.

Richieste istruttorie

Il singolo locatore, che agisce per conseguire dal conduttore la disponibilità dell'immobile locato libero e sgombero da persone e cose, deve dimostrare per tabulas la propria qualità di avente diritto a proporre l'actio di cui all' art. 657 c.p.c. ed i relativi presupposti, tra cui il contratto da cui si evince la data di scadenza e la disdetta formulata nel rispetto dei termini di legge, così come la lettera di costituzione in mora riguardante il rilascio. In tale ottica, nella fase sommaria, in assenza di comparizione del conduttore o di una sua opposizione, basterà quindi che il medesimo locatore intimante attesti la persistenza dell'inadempimento dell'anzidetto conduttore a rilasciare l'immobile per conseguire la convalida dell'intimazione, con la relativa condanna al rilascio.

4. Conclusioni

Qualora in un contratto di locazione la parte locatrice sia costituita da più locatori, ciascuno di essi è tenuto, dal lato passivo, nei confronti del conduttore alla medesima prestazione, così come, dal lato attivo, ognuno degli stessi può agire nei riguardi del locatario per l'adempimento delle sue obbligazioni, applicandosi in proposito la disciplina della solidarietà di cui all' art. 1292 c.c. , che non determina, tuttavia, la nascita di un rapporto unico ed inscindibile e non dà luogo, perciò, a litisconsorzio necessario tra i diversi obbligati o creditori.

Conseguentemente, il comproprietario di un cespite immobiliare può agire in giudizio per ottenerne il rilascio con la procedura di sfratto per finita locazione, trattandosi di un atto di ordinaria amministrazione della cosa comune per il quale si deve presumere che sussista il consenso degli altri comproprietari o quanto meno della maggioranza dei partecipanti alla comunione, sicché non ricorre la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri partecipanti.

Infatti, nelle vicende del rapporto di locazione, l'eventuale pluralità di locatori integra una parte unica, al cui interno i diversi interessi vengono regolati secondo i criteri che presiedono alla disciplina della comunione, ragione per cui, sugli immobili oggetto di comunione concorrono – in difetto di prova contraria – pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari in virtù della suddetta presunzione.

Pertanto, ciascun locatore può stipulare il contratto di locazione avente ad oggetto l'immobile in comunione e ciascuno di loro è legittimato ad agire per il rilascio dello stesso cespite.

In tale ottica, è stato ritenuto, quindi, che non possa condividersi l'assunto secondo cui la pronuncia di risoluzione del contratto di locazione chiesta da uno soltanto dei locatori determinerebbe il risultato inaccettabile di sciogliere il contratto per una delle parti solamente lasciando inalterato il vincolo nei confronti dell'altra.

Va, tuttavia, considerato che nell'àmbito del procedimento di sfratto per finita locazione azionato dal singolo locatore comproprietario della res immobile contro i conduttori della stessa cosa comune, la presunzione del consenso degli altri locatori – che sussiste ai sensi dell' art. 1105, comma 1, c.c. – può essere superata dimostrando l'esistenza del dissenso degli altri comunisti per una quota maggioritaria od eguale della comunione, senza che occorra che tale dissenso risulti espresso in una deliberazione ad hoc espressa a norma dell'art. 1105, comma 2, c.c. (Cass. III, n. 5014/2017).

La locazione immobiliare è un contratto ad esecuzione continuata o periodica, in cui il tempo e la durata hanno un rilevo causale essenziale, con la conseguenza che il diritto di credito del locatore non sorge nella sua unicità ed interezza alla data della stipula, maturando quotidianamente, in conseguenza della durata nel tempo dell'obbligo del locatore di fare godere l'immobile al conduttore, ragione per cui il relativo corrispettivo assume la natura di credito da “frutti civili” che si acquisiscono giorno per giorno (Cass. I, n. 21549/2024).

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