Mancato rilascio dell'immobile alla cessazione del contratto ad uso abitativo da parte degli eredi del conduttore1. Bussole di inquadramentoLa successione nel contratto per mortis causa L' art. 6 della l. n. 392/1978 – non abrogato dall'attuale normativa del 1998 – indica vari soggetti quali aventi diritto a succedere nel rapporto locatizio, sia nell'ipotesi di decesso del conduttore, sia in altre ipotesi legate ai rapporti familiari o ad essi assimilabili (in relazione alla separazione, al divorzio ed alla convivenza c.d. more uxorio). In particolare, l'art. 6, comma 1, della l. n. 392/1978 stabilisce che, in caso di morte del conduttore, gli succedano nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi. Dunque, il comma 1 dell'articolo in commento regolamenta il subentro nella locazione in ragione della morte del conduttore e non vi è spazio per un'estensione della norma a ipotesi diverse rispetto a quella indicata: tanto più ove si ricostruisca la trasmissione della posizione contrattuale in termini di vocazione anomala, e quindi come forma speciale di successione mortis causa che si attua attraverso un legato ex lege della posizione stessa. La pluralità di conduttori La pluralità dei conduttori non impedisce la vicenda successoria nel caso in cui ne venga a mancare uno soltanto: per la precisione, allorché muoia il conduttore gli succedono nel contratto, a norma dell' art. 6 della l. n. 392/1978 , gli eredi ed i parenti e affini con lui abitualmente conviventi, sia nell'ipotesi in cui il defunto fosse l'unico titolare del contratto, sia nell'eventualità che lo stesso fosse contitolare con altri del rapporto stesso (Cass. III, n. 6910/1995). La Suprema Corte ha osservato, in proposito, che in tanto i congiunti conviventi con il defunto contitolare del rapporto di locazione sono tutelati nella loro aspettativa di non dover abbandonare l'alloggio a seguito della morte del loro dante causa, in quanto possano far valere tale pretesa sia nei confronti del locatore, sia (e soprattutto) nei confronti degli altri contitolari del superstite rapporto di locazione: in tale prospettiva, la tesi che nega il subentro risulterebbe incompatibile con lo scopo della norma e renderebbe il successore semplice “ospite” dell'altro conduttore, il quale, pertanto, potrebbe, in qualsiasi momento allontanarlo dall'abitazione. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
A seguito di disdetta, se gli eredi succeduti al conduttore non rilasciano l'immobile alla scadenza, il locatore può chiedere giudizialmente la restituzione dell'immobile?
La disdetta deve presupporre la volontà del locatore di non rinnovare il contratto alla scadenza L' art. 2 della l. n. 431/1998 va interpretato nel senso che, se il contratto si rinnova tacitamente nella vigenza della nuova legge, per la mancanza di una disdetta che il locatore avrebbe potuto fare, ma che non ha fatto, il rapporto resta assoggettato alla nuova disciplina e ciò integralmente e quindi con riferimento anche alla doppia durata quadriennale, salva la facoltà di comunicare disdetta motivata ai sensi dell'art. 3 (Cass. III, n. 989/2014). Parimenti una disdetta che non sia idonea a produrre la cessazione della locazione per la scadenza voluta dal locatore ha l'efficacia di produrre la cessazione del rapporto per la successiva scadenza (Cass. III, n. 7352/1997; Cass. III, n. 8443/1995). Sotto diverso profilo, occorre rilevare che, vigendo il principio della libertà della forma la disdetta, può essere contenuta anche in un atto processuale che presupponga la volontà del locatore di non rinnovare il contratto alla scadenza o che, comunque, esprima anche tale volontà, quale l'intimazione di licenza o sfratto per finita locazione o la citazione in giudizio (Cass. III, n. 26526/2009). Peraltro, la richiesta giudiziale di cessazione del rapporto è idonea a costituire disdetta del contratto anche se proposta in alternativa ad altra domanda di rilascio del cespite perché occupato sine titulo, atteso che tale circostanza non vale ad escludere, ove ritenuta persistente la locazione, l'inequivoca volontà di riottenere la disponibilità del bene manifestata dal locatore nell'atto processuale (Cass. III, n. 19410/2016). La successione mortis causa nel contratto di locazione è fatto giuridico istantaneo che si realizza all'atto stesso della morte del conduttore A norma dell' art. 6 della l. n. 392/1978 , in caso di morte del conduttore succedono nel contratto di locazione il coniuge, gli eredi, i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi, nonché, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 404/1988, il convivente more uxorio; ai fini della disciplina sopra richiamata, l'abituale convivenza con il conduttore defunto va accertata alla data del decesso di costui, a nulla rilevando che gli aventi diritto alla successione nel contratto siano o meno rimasti nell'alloggio locato dopo la morte del dante causa, giacché la successione mortis causa nel contratto di locazione è fatto giuridico istantaneo che si realizza (o non si realizza) all'atto stesso della morte del conduttore, restando insensibile agli accadimenti successivi (Cass. III, n. 10034/2000). Deve ritenersi che, ove manchino i presupposti dell'art. 6 della l. n. 392/1978, il rapporto di locazione si trasferisca agli eredi del conduttore secondo il meccanismo, ancora operante, previsto dall'art. 1614 c.c. (Trib. Firenze 15 maggio 2012). Il diritto di eredi alla successione nel contratto di locazione è subordinato alla condizione dell'attuale convivenza Premesso che, ai sensi dell' art. 6 della l. n. 392/1978 , in caso di morte del conduttore succedono a questi nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti ed affini con lui “abitualmente conviventi”, l'abitualità della convivenza, come richiesta dalla norma, deve essere intesa come comunanza di vita domestica con il conduttore, per soddisfare un bisogno di abitazione in modo esclusivo, non anche limitata ad una convivenza ai fini di una mera assistenza nel periodo precedente il decesso, dunque a una mera coabitazione con carattere di precarietà e occasionalità (Trib. Roma 26 gennaio 2010, n. 2444). Invero, lo scopo della norma è garantire un'abitazione, nel caso di decesso del conduttore, ai residui componenti della comunità familiare o para familiare, sicché il diritto di eredi, di parenti e di affini alla successione nel contratto di locazione è subordinato alla condizione dell'attuale convivenza. Non è sufficiente a dimostrare la complessa situazione determinante una comunanza di vita con il conduttore il certificato storico-anagrafico, il quale ha un valore meramente presuntivo della residenza, che può essere superato dalla prova contraria (Trib. Roma 2 settembre 2004, n. 24431). Pertanto, il requisito della “abituale convivenza”, il quale deve sussistere al momento del decesso, si identifica con una situazione complessa caratterizzata da una convivenza stabile ed abituale, da una comunanza di vita, preesistente al decesso, non riscontrabile qualora il pretendente successore si sia trasferito nell'abitazione locata soltanto per ragioni transitorie (Trib. Torino 16 aprile 2008, n. 2473). È necessaria la comunicazione della vicenda successoria al locatore Nelle ipotesi di subentro del nuovo soggetto nel contratto di locazione, in presenza di alcuna delle ipotesi contemplate dall' art. 6 della l. n. 392/1978 , al fine di rendere opponibile al locatore la nuova situazione contrattuale deve ritenersi necessaria la comunicazione della vicenda successoria al locatore ceduto. Tale necessità deriva, infatti, dal sistema ed è comunque ricavabile dal generale principio di buona fede vigente in materia di obbligazioni (art. 1175 c.c.) e di esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.), ma trova anche fondamento nel disposto dell'art. 1407 c.c. secondo cui, se una parte ha autorizzato preventivamente la cessione del contratto, questa ha effetto soltanto quando sia notificata al contraente ceduto o sia da questi accettata. Tanto premesso è evidente che la mancanza della comunicazione ha come conseguenza l'inopponibilità degli effetti della successione nei confronti del locatore (Trib. Roma 14 novembre 2011, n. 22240). Gli eredi sono legittimati passivi rispetto all'azione di risoluzione del contratto promossa dal locatario Il locatore, in presenza di una successione nel contratto ex latere conductoris di stampo legale e non negoziale, ha, comunque, il diritto di conoscere quale sia il soggetto divenuto nuovo titolare dei diritti e degli obblighi scaturenti dal rapporto, sia agli effetti di un controllo della regolarità della vicenda traslativa, sia agli effetti dell'individuazione della controparte interessata alle future vicende contrattuali, quali la rinnovazione, l'aggiornamento del canone, la risoluzione. L'automatismo del meccanismo successorio disciplinato nell' art. 6 della l. n. 392/1978 implica, infatti, da un lato, l'ininfluenza di un qualsivoglia apporto volitivo, di adesione o di accettazione da parte del locatore ceduto, ma non implica, altresì, dall'altro, che in un rapporto contrattuale di durata a prestazioni corrispettive, il cambiamento di titolarità di uno dei due contraenti possa operare e svolgere i propri effetti nell'ignoranza dell'altro. Tali vicende successorie, pertanto, sono opponibili al locatore se gli sono state comunicate: ove, quindi, questi abbia avuto comunicazione della successione, il procedimento per convalida va intrapreso nei confronti del successore; in difetto di comunicazione, l'azione va proposta nei confronti dell'originario conduttore (Trib. Roma 15 novembre 2011, n. 22446). Pertanto, in virtù di quanto disposto dall'art. 6 della l. n. 392/1978 gli eredi e gli affini conviventi con il soggetto firmatario del contratto di locazione (conduttore) gli succedono nello stesso in caso di morte. Essi, quindi, sono legittimati passivi rispetto all'azione di risoluzione del contratto di locazione promossa dal locatario per grave inadempimento contrattuale (Trib. Benevento 26 giugno 2009, n. 1468). Sono privi di legittimazione passiva i successori del conduttore che rinunciano all’eredità Nell'àmbito del giudizio di sfratto per morosità, sono privi di legittimazione passiva i successori del conduttore oramai deceduto, se hanno formalmente rinunciato all'eredità mediante dichiarazione ricevuta dal notaio (Trib. Roma 4 ottobre 2022, n. 14532). Nel caso di specie, il condominio aveva citato in giudizio la moglie e i figli del defunto titolare del contratto di locazione per sentirli condannare al rilascio dell'immobile condominiale e al pagamento dei canoni non versati. I convenuti eccepivano il difetto di legittimazione passiva, avendo tutti regolarmente rinunciato all'eredità con formale atto notarile. L'attore ribatteva asserendo che almeno uno di loro fosse in realtà erede a tutti gli effetti, essendosi qualificato come tale in una lettera inviata al condominio: tanto sarebbe bastato a revocare la precedente rinuncia, ai sensi dell'art. 525 c.c. Premesso ciò, il Tribunale di Roma ritiene di aderire alla tesi prospettata da parte convenuta, giungendo pertanto al rigetto della domanda condominiale per difetto di legittimazione passiva. Nello specifico, difatti, il giudice capitolino osserva che la revoca tacita della rinuncia avviene attraverso comportamenti concludenti incompatibili con l'ipotetica volontà di non voler accettare l'eredità oggetto della rinuncia. In queste ipotesi, va quindi svolta un'indagine concreta sull'effettiva volontà del chiamato, prescindendo dall'atto materialmente compiuto; ciò che andrà verificato è dunque il c.d. animus accipiendi. 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale Il locatore, dopo avere formulato tempestivamente la disdetta del contratto di locazione, può chiedere con lettera raccomandata agli eredi del conduttore – che continuino a detenere l'immobile oltre la scadenza del contratto di locazione, e che si rifiutino di riconsegnarlo nella sua disponibilità – di procedere all'immediata restituzione del cespite, al fine di evitare il successivo ricorso all'azione di intimazione di sfratto per finita locazione, con possibile aggravio di costi e tempo, unitamente all'eventuale azione di risarcimento del danno conseguente all'ingiustificato ritardo nel recupero della disponibilità del prefato immobile per la produzione di reddito. Funzione e natura del giudizio L'intimazione di sfratto, con la contestuale citazione per la convalida, dopo la scadenza del contratto, è un procedimento speciale caratterizzato dalla sommarietà del rito, che lo distingue dall'ordinario processo di cognizione, la cui funzione è quella di risolvere – in assenza di opposizione degli eredi del conduttore – il contratto di locazione, consentendo all'avente diritto di rientrare nel possesso della res locata. Aspetti preliminari Mediazione L'azione proponibile dall'avente diritto ai sensi dell' art. 657 c.p.c. non richiede per la sua immediata esperibilità la preventiva instaurazione di un autonomo procedimento di mediazione, la cui osservanza è prevista obbligatoriamente ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis del d.lgs. n. 28/2010 in materia condominiale o locatizia prima di avviare un giudizio a cognizione piena. Competenza Ai sensi dell' art. 661 c.p.c. quando si intima la licenza o lo sfratto per finita locazione, la citazione a comparire per la convalida deve farsi inderogabilmente davanti al Tribunale del luogo in cui si trova la cosa locata (forum rei sitae). Legittimazione Il locatore è il soggetto legittimato attivo ad intimare lo sfratto per finita locazione con la contestuale citazione per la convalida, mentre gli eredi del conduttore sono i soggetti legittimati dal lato passivo. Profili di merito Onere della prova L'onere di allegare nello speciale procedimento sommario i presupposti per l'utile esperimento del procedimento di intimazione di sfratto per finita locazione con la contestuale citazione per la convalida, grava sul locatore. Contenuto del ricorso L'azione si propone con atto di citazione, nel quale, deve essere indicata l'autorità giudiziaria dinanzi alla quale è proposta l'azione ex art. 657 c.p.c. , seguita dalle generalità dell'istante (data di nascita e codice fiscale) e l'indicazione del difensore (che deve a sua volta inserire il proprio codice fiscale) dal quale è rappresentato e difeso e presso il quale è elettivamente domiciliato. La parte istante deve infatti eleggere domicilio nel Comune in cui ha sede il giudice adìto. Nell'atto devono essere indicate le generalità degli eredi del conduttore e la precisa indicazione dell'immobile, compresi i dati catastali dello stesso. Nell'atto deve essere indicato, altresì, il contratto di locazione con la relativa data di scadenza e la disdetta formulata in precedenza nel rispetto del relativo termine, rimasta senza esito. Sùbito dopo la parte narrativa, va indicata l'intimazione formale dello sfratto per finita locazione nei confronti degli eredi del conduttore, con l'invito a rilasciare nella disponibilità dell'intimante l'immobile precedentemente locato libero e sgombero da persone e cose, con la successiva vocatio in jus degli stessi eredi del conduttore a comparire dinanzi al giudice adìto indicando l'udienza di comparizione ed inserendo l'invito a costituirsi nei prescritti modi e termini di legge. Tra la data di notifica dell'intimazione e quello dell'udienza devono intercorrere almeno 20 giorni liberi. L'atto deve contenere l'avviso ex art. 663 c.p.c. , secondo cui se la parte intimata non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convaliderà lo sfratto. Nelle conclusioni, l'intimante deve chiedere al giudice adìto la convalida dello sfratto con la condanna degli eredi del conduttore al rilascio dell'immobile libero da persone e cose, con dichiarazione di cessazione del contratto, e la pronuncia dell'ordinanza ex art. 665 c.p.c. in caso di opposizione degli intimati, e la loro condanna al pagamento delle spese di lite. Va anche precisata la concessione del termine minimo ex art. 56 l. n. 392/1978. All'atto vanno allegati: il contratto, la disdetta e la dichiarazione di valore riguardante il pagamento del contributo unificato. L'atto deve essere, infine, sottoscritto dal difensore, e contenere con separato atto il mandato alla lite, sottoscritto dalla parte, la cui firma deve essere autenticata dal difensore. Richieste istruttorie Il locatore che agisce per conseguire dagli eredi del conduttore la disponibilità dell'immobile locato libero e sgombero da persone e cose, deve dimostrare per tabulas la propria qualità di avente diritto a proporre l'actioex art. 657 c.p.c. ed i relativi presupposti, tra cui il contratto da cui si evince la data di scadenza e la disdetta formulata nel rispetto dei termini di legge, così come la lettera di costituzione in mora riguardante il rilascio. In tale ottica, nella fase sommaria, in assenza di comparizione degli eredi del conduttore o di una loro opposizione, basterà quindi che il locatore attesti la persistenza dell'inadempimento degli anzidetti eredi del conduttore a rilasciare l'immobile per conseguire la convalida dell'intimazione, con la relativa condanna al rilascio. 4. ConclusioniIl legislatore del 1978 ha inteso tutelare immediatamente dopo la morte del conduttore, il più esteso numero di figure soggettive, anche al di fuori della cerchia della famiglia legittima, purché con quello abitualmente conviventi, compreso il convivente more uxorio (Corte Cost., n. 404/1988). Nella giurisprudenza di legittimità, è stato ripetutamente affermato il principio che l' art. 6 della l. n. 392/1978 ha compiutamente disciplinato la disciplina della successione nel contratto di locazione per uso abitativo in caso di morte del conduttore, escludendo l'applicabilità dell'art. 1614 c.c. ai rapporti assoggettati alla nuova e diversa disciplina, con la conseguenza che, in mancanza delle altre persone in favore delle quali la sopra citata disposizione della legge sull'equo canone prevede la successione nel contratto di locazione, gli eredi del conduttore possono subentrare nel rapporto locativo soltanto ove fossero conviventi in via abituale e stabile con quest'ultimo (Cass. III, n. 3074/1995; Cass. III, n. 11328/1990). In particolare, più recentemente, è stato affermato che riguardo all'accertamento della cessazione degli effetti del contratto di locazione, l'erede non convivente del conduttore di immobile adibito ad abitazione non gli succede nella detenzione qualificata, e poiché il titolo si estingue con la morte del titolare del rapporto – analogamente al caso di morte del titolare dei diritti di usufrutto, uso od abitazione – egli è un detentore precario della res locata al de cuius, ragione per cui nei suoi confronti sono esperibili le azioni di rilascio per occupazione senza titolo e di responsabilità extracontrattuale (Cass. VI, n. 26670/2017 ; in precedenza, in senso conforme v. Cass. III, n. 6965/2001; Cass. III, n. 4767/1992, in cui si è precisato che in mancanza di persone aventi diritto a succedere nella locazione ai sensi della predetta norma, il rapporto si estingue, non trovando applicazione, in via sussidiaria, l'art. 1614 c.c., dato che la successione nel contratto della locazione abitativa ha una disciplina nuova e diversa rispetto a quella precedente del codice civile, attraverso l'individuazione nei conviventi dell'unica categoria di successibili, trattandosi di una successione anomala nel contratto di locazione di immobile urbano). In sintesi, poiché la giurisprudenza di legittimità esprime ormai da tempo l'indirizzo costante dell'inapplicabilità della norma codicistica in rapporto alla tipicità della locazione abitativa, che giustifica la tipicità della relativa disciplina successoria, deve ritenersi che l'erede non convivente risponde, secondo i principi generali, delle obbligazioni scadute al momento dell'avvenuta successione e non soddisfatte dal suo dante cause (tra esse rientrando anche quelle relative al rapporto di locazione estinto con la morte del conduttore). Per il resto, quanto all'immobile locato, non subentra nella detenzione qualificata del conduttore defunto, ma viene a trovarsi con la res locata nella relazione di mero fatto di detenzione precaria, che, comunque, gli deriva dalla sua qualità di successore del defunto e che, facendone un occupante senza titolo, rende esperibile nei suoi confronti l'azione del rilascio. L' art. 6, comma 1, della l. n. 392/1978 , considera l'abituale convivenza con il de cuius alla data del decesso di costui – e dunque un fatto tanto oggettivo che soggettivo – e non già il successivo permanere dell'avente diritto alla successione nell'alloggio locato, che rileva invece ad effetti diversi dalla successione mortis causa nel contratto di locazione, essendo questa un fatto giuridico istantaneo che si realizza – o non si realizza – all'atto stesso della morte del de cuius (Cass. III, n. 10034/2000), atteso che a rilevare è la condizione dell'abituale preesistente convivenza di uno dei soggetti previsti dalla suddetta norma con il defunto conduttore, trattandosi di un diritto di godimento dell'immobile che deriva loro autonomamente e direttamente dalla legge e non già jure successionis (Cass. III, n. 8967/1998). Conseguentemente, l'onere della prova del ricorso di eventuali presupposti legittimanti la successione nella posizione contrattuale del conduttore, negli specifici casi in cui tale successione è prevista dalla legge, grava sul medesimo erede non convivente (Cass. VI, n. 26670/2017). Lo sfratto per finita locazione va notificato nei confronti di tutti gli eredi dell'originario conduttore deceduto, trattandosi di un'ipotesi di litisconsorzio necessario, ragione per cui, l'eventuale convalida dello sfratto per finita locazione pronunciata soltanto nei confronti di alcuni degli eredi non è opponibile ai litisconsorti non evocati nello stesso giudizio, nei cui confronti, il relativo provvedimento deve considerarsi inutiliter data e, come tale, affetto da insanabile nullità (Cass. III, n. 10889/2002). Ciò premesso, sul piano squisitamente processuale, si è affermato che il procedimento di sfratto per finita locazione nei confronti degli eredi non conviventi del conduttore deceduto è inammissibile, dovendosi, in tale caso, esercitare l'azione ordinaria di rilascio per detenzione sine titulo. Tale forma di inammissibilità è rilevabile anche d'ufficio, riflettendo uno dei presupposti per l'adozione del procedimento speciale disciplinato dall' art. 657 c.p.c. (Pret. Salerno 13 dicembre 1995). La disdetta di una locazione, in quanto negozio recettizio, ai sensi dell' art. 1335 c.c. , è una dichiarazione diretta ad una determinata persona, da ciò conseguendo che non può ritenersi valida ed efficace la disdetta che sia carente dell'individuazione delle persone fisiche destinatarie, in quanto indirizzata impersonalmente agli eredi del locatore deceduto, dunque dell'originario titolare del contratto, stante l'omessa indicazione della persona a cui è rivolto il negozio recettizio, ovvero il convivente subentrato nella locazione (Trib. Roma 27 settembre 2012). Anche nei confronti degli eredi del conduttore, costituisce jus receptum che il termine semestrale di decadenza per l'esercizio dell'azione di ripetizione delle somme sotto qualsiasi forma corrisposte dall'originario conduttore in violazione dei limiti e dei divieti previsti dalla stessa legge, già previsto dall'art. 79, comma 2, della l. n. 392/1978, fa sì che, se l'azione viene esperita oltre il detto termine, il conduttore è esposto al rischio dell'eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente è stato corrisposto fino al momento del rilascio dell'immobile locato, il che si traduce nella inopponibilità di qualsivoglia eccezione di prescrizione (Cass. VI, n. 31321/2022). Infatti, il previsto termine decadenziale è fissato per la ripetibilità delle somme che altrimenti sarebbero assoggettate al normale termine di prescrizione ordinaria, ragione per cui, da un lato, rispetto all'azione proposta nei sei mesi non opera l'eccezione del locatore per i pagamenti riscossi da più di dieci anni e, dall'altro, nonostante il decorso dei sei mesi, l'azione del conduttore può essere proposta in qualsiasi momento per la ripetizione delle somme indebitamente versate per le quali non sia maturato il relativo termine di prescrizione. |