Ripristino del contratto di locazione ad uso non abitativo per mancata destinazione del locatore dell'immobile all'uso proprio o del proprio nucleo familiare1. Bussole di inquadramentoDiniego di rinnovo per destinazione dell'immobile ad abitazione del locatore e dei suoi familiari La l. n. 392/1978 , tuttora pienamente operativa per le locazioni non abitative, ha, da un lato, riconosciuto il diritto dei proprietari ad una libera determinazione del canone mensile (canone di mercato) e, dall'altro, nell'interesse dei conduttori, ha stabilito con norme imperative (non derogabili dalla volontà delle parti se non in casi particolari), una durata rilevante del rapporto locatizio (con l'obbligo per il locatore di rinnovare il contratto per ugual durata alla prima scadenza), essendo, in particolare, stata ispirata la ratio della legge prevalentemente al favor conductoris, con beneficio soprattutto per le attività di lavoro, anche autonomo, di ogni tipo, nonché di varie attività particolari, ritenute anch'esse meritevoli di tutela. Premesso ciò, in tema di diniego di rinnovazione del contratto alla prima scadenza nell'ipotesi in cui il locatore intenda adibire l'immobile ad abitazione propria, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, il diniego può essere fatto valere dal solo locatore-persona fisica, quantunque il locatore-persona giuridica (o ente di fatto) intenda destinare l'immobile ad abitazione di un proprio dipendente o di un proprio socio. Secondo alcuni autori, il coniuge, cui allude la norma, sarebbe anche quello divorziato. In senso opposto si è osservato che, all'esito dello scioglimento del matrimonio, non vi è un coniuge, ma un ex coniuge. Dopo la nuova normativa sullo stato unico di filiazione, non ha più senso, ovviamente, interrogarsi se i figli cui la norma si riferisce siano anche quelli naturali, legittimati e adottivi. In definitiva, spetta al locatore, in caso di contestazione, provare il rapporto di parentela che lo lega al soggetto in favore del quale è richiesto il rilascio (Cass. III, n. 11734/1992). Il motivo deve avere ad oggetto la destinazione dell'immobile ad uso di abitazione primaria, esclusa, dunque, l'adibizione ad usi secondari o voluttuari, quale la seconda casa di vacanza. Le sanzioni applicabili La disciplina del diniego di rinnovazione alla prima scadenza è completata dalla disposizione sulle conseguenze giuridiche della mancata attuazione dell'intenzione posta a fondamento dell'intimata disdetta. Stabilisce, difatti, l' art. 31 della l. n. 392/1978 che il locatore che abbia ottenuto la disponibilità dell'immobile per uno dei motivi previsti dall'art. 29 e che, nel termine di sei mesi dall'avvenuta consegna, non abbia adibito l'immobile all'uso dichiarato, è tenuto, se il conduttore lo richiede, al ripristino del contratto, salvi i diritti acquistati da terzi in buona fede, e al rimborso delle spese di trasloco e degli altri oneri sopportati, ovvero al risarcimento del danno nei confronti del conduttore in misura non superiore a quarantotto mensilità del canone di locazione percepito prima della risoluzione del contratto, oltre alle indennità previste ai sensi dell'art. 34; il giudice, oltre a determinare il ripristino o il risarcimento del danno, ordina al locatore il pagamento di una somma da € 258,00 a € 1.032,00 da devolvere al comune nel cui territorio è sito l'immobile, ad integrazione del fondo sociale previsto dal capo III della l. n. 392/1978. Dunque, l'art. 31 della l. n. 392/1978 prevede un articolato sistema sanzionatorio nei confronti del locatore, meccanismo che rafforza l'eccezionalità della facoltà a questi concessa di negare il rinnovo della locazione alla sua prima scadenza. Delle tre sanzioni previste dall'art. 31, le prime due operano sul piano civilistico, del rapporto tra locatore e conduttore, e sono tra loro alternative, mentre la terza, che ha natura amministrativa, si cumula con quella civile. Quando si afferma che le due sanzioni di natura civile (ripristino del contratto o risarcimento del danno) sono alternative, si intende dire che è il conduttore a poter optare liberamente per una delle due, domandando o il ripristino del contratto oppure il risarcimento del danno per equivalente e ciò risulta sia dalla disciplina della responsabilità extracontrattuale (art. 2058 c.c.), sia da quella dell'inadempimento delle obbligazioni (artt. 1218 ss. c.c.). Peraltro, nel caso in cui il conduttore abbia originariamente chiesto il ripristino del contratto di locazione e successivamente proponga, nell'àmbito dello stesso giudizio, domanda di risarcimento del danno, la richiesta è ammissibile costituendo la stessa una semplice emendatio libelli (Cass. III, n. 1700/2009). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
In caso di mancata destinazione del locatore dell'immobile commerciale all'uso proprio o del proprio nucleo familiare, il conduttore può chiedere giudizialmente il ripristino del contratto?
Onere di specificazione analitica del locatore della particolare attività che si intende svolgere La comunicazione del diniego di rinnovazione alla prima scadenza della locazione ad uso non abitativo, ai sensi dell' art. 29 della l. n. 392/1978 , non può limitarsi a far generico riferimento all'intenzione del locatore di svolgere nell'immobile un'attività non meglio specificata, rientrante in una delle ipotesi previste dall'art. 29 citato, ma deve indicare, incorrendo altrimenti nella sanzione di nullità di cui al comma 4 del menzionato articolo, quale particolare attività il locatore intende svolgere, sia perché, in mancanza, il conduttore non sarebbe in grado di valutare la serietà dell'intenzione indicata ed il giudice non potrebbe verificare, in sede contenziosa, la sussistenza della condizione per il riconoscimento del diritto al diniego di rinnovo, sia perché verrebbe impedito il successivo controllo sull'effettiva destinazione dell'immobile all'uso indicato (Cass. III, n. 8669/2017). Invero, tale specificazione è funzionale non soltanto a soddisfare le esigenze di informazione e di controllo spettanti al conduttore, ma anche a consentire al giudice di verificare la conformità della pretesa alla fattispecie legale delineata dagli artt. 28 e 29 della citata legge, implicante una disdetta caratterizzata da un ben preciso contenuto, e ciò in considerazione dell'esigenza di tutela della stabilità delle locazioni non abitative, essendo consentita la cessazione alla prima scadenza del periodo legale di durata solo nelle tassative ipotesi previste per il diniego di rinnovazione, dovendo aggiungersi che l'esatta e precisa individuazione e descrizione dell'esigenza, tra quelle indicate dalla legge, su cui è fondata la disdetta, costituisce al tempo stesso parametro per la verifica della serietà e della realizzabilità dell'intento del locatore e, dopo il rilascio, per il controllo dell'effettiva destinazione dell'immobile all'uso indicato, nel caso in cui il conduttore pretenda l'applicazione delle misure sanzionatorie previste dall'art. 31 della legge citata (Cass. III, n. 6550/2016). Pertanto, in tema di locazione di immobili per uso diverso da quello abitativo, il locatore che agisce per far valere la facoltà di diniego del rinnovo del contratto alla prima scadenza per il motivo indicato dall' art. 29, comma 1, lett. b), della l. n. 392/1978 , ha l'onere di provare la serietà della dedotta intenzione di adibire l'immobile all'esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, di una delle attività indicate dall'art. 27, e, quindi, la realizzabilità tecnica e giuridica, ma non anche la effettiva e concreta realizzazione, di quell'intento (Cass. III, n. 12891/2016). Incombe sul locatore l'onere di provare di non aver potuto adempiere per cause ostative a lui non imputabili Per l'ipotesi che, nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso diverso, il locatore che abbia ricevuto la riconsegna dell'immobile non lo abbia adibito, entro sei mesi, all'uso in vista del quale ne aveva ottenuto la disponibilità, le sanzioni previste dall' art. 31 della l. n. 392/1978 (ripristino del contratto locativo e risarcimento del danno a favore del conduttore) non si connettono ad un criterio di responsabilità oggettiva, o ad una presunzione assoluta di colpa, ma ad una presunzione iuris tantum, come tale suscettibile di prova contraria. Tali sanzioni configurano una forma di responsabilità per inadempimento inquadrabile nella generale disciplina degli artt. 1176 e 1218 c.c., con la conseguenza che esse non sono applicabili qualora la tardiva destinazione dell'immobile medesimo sia in concreto giustificata da esigenze, ragioni o situazioni meritevoli di tutela e non riconducibili al comportamento doloso o colposo del locatore stesso. L'onere della prova del superamento di tale presunzione grava sul locatore, cui spetta dimostrare l'esistenza a suo favore di una giusta causa, meritevole di tutela, che abbia impedito o ritardato l'utilizzo della res locata in modo conforme al motivo assunto per il rilascio dal titolo giudiziale, cui è stata data esecuzione (Cass. III, n. 7352/2015). Ne consegue che, nel caso in cui il conduttore eccepisca o un diverso inizio del rapporto di locazione o una diversa somma corrisposta, questi è obbligato a provarne la veridicità essendo, in caso contrario, valevole unicamente quanto allegato documentalmente dalla parte più diligente (Trib. Bari 14 ottobre 2014, n. 4289). Il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto o al risarcimento del danno nel caso in cui il locatore non destini l'immobile all'uso in relazione al quale aveva ottenuto il rilascio Il diritto del conduttore al ripristino del contratto ed a determinati rimborsi, ovvero al risarcimento del danno, presuppone esclusivamente il fatto della disponibilità dell'immobile comunque conseguita, anche attraverso il rilascio spontaneo da parte del conduttore a seguito del recesso esercitato dal locatore (Cass. III, n. 6600/1994). Invero, nel caso in cui il locatore non destini l'immobile, entro sei mesi dalla acquisita disponibilità, all'uso in relazione al quale aveva ottenuto il rilascio ai sensi dell'art. 29 della l. n. 392/1978, le sanzioni civili previste dall'art. 31 della stessa legge (ripristino del rapporto di locazione o risarcimento) non sono connesse ad un criterio di responsabilità oggettiva, né sussiste una presunzione assoluta di colpa, bensì solo una presunzione iuris tantum (Cass. III, n. 391/1997). Si osserva, inoltre, che l'art. 31 della l. n. 392/1978, ove prevede il diritto del conduttore al ripristino del rapporto locativo ed al risarcimento del danno quando il locatore non dia al bene l'uso per il quale abbia promosso giudizio di rilascio, trova applicazione anche se tale giudizio si sia concluso con transazione, sempre che le clausole di questa non contengano una rinuncia a detto diritto (Cass. III, n. 3624/1992). Al ripristino del contratto si collega l'obbligazione di rimborso delle spese di trasloco e degli ulteriori costi sopportati dal conduttore in ragione del rilascio dell'unità immobiliare. Le spese di trasloco comprendono quelle affrontate al momento del rilascio dell'immobile locato e quelle sopportate per effetto del ripristino del contratto (Trib. Matera 4 giugno 1985). 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale Il conduttore, verificato che il locatore non ha adibito nel termine di legge, l'unità immobiliare ad abitazione propria e dei familiari conviventi, nonostante che per tale ragione aveva opposto il diniego di rinnovo, chiede al medesimo di volere ripristinare entro 15 giorni dal ricevimento della richiesta formulata ai sensi dell' art. 1454 c.c. il suddetto immobile all'uso diverso precedentemente previsto nel contratto di locazione, giacché, in difetto, procederà in tale senso con l'azione giudiziale. Funzione e natura del giudizio L'azione del conduttore, finalizzata a conseguire dal locatore il ripristino della locazione ad uso diverso concernente il cespite non utilizzato da quest'ultimo per abitazione propria e dei familiari conviventi, è un ordinario giudizio di cognizione instaurato in forma di ricorso ex art. 447-bis c.p.c. Aspetti preliminari Mediazione L'azione ordinaria, proponibile dal conduttore ai sensi dell' art. 447-bis c.p.c. nei confronti del locatore per conseguire la restituzione della res immobile per destinarla al ripristino del precedente rapporto di locazione ad uso diverso, richiede per la sua immediata esperibilità la preventiva instaurazione di un autonomo procedimento di mediazione, la cui osservanza è prevista obbligatoriamente ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 in materia di locazione prima di avviare un giudizio a cognizione piena. Competenza Ai sensi degli artt. 21 e 447-bis c.p.c. per le cause in materia di locazione, è competente il giudice del luogo dove è posto l'immobile (forum rei sitae). Ai sensi dell'art. 447-bis, comma 2, c.p.c. sono nulle le clausole di deroga alla competenza. Legittimazione Il conduttore è il soggetto legittimato attivo nell'instaurare il giudizio ex art. 447-bis c.p.c. per conseguire la restituzione della res da destinare al ripristino del contratto ad uso diverso dal locatore; quest'ultimo invece, è il soggetto legittimato passivo. Profili di merito Onere della prova L'onere di allegare i presupposti per attivare il procedimento ex art. 447-bis c.p.c. al fine di ottenere la restituzione della res immobile da destinare al ripristino del contratto ad uso diverso nei confronti del locatore grava sul conduttore. Contenuto del ricorso L'azione si propone con ricorso, nel quale il conduttore deve indicare l'autorità competente dinanzi alla quale intende chiamare in giudizio il locatore, unitamente alle sue generalità ed a quelle del proprio difensore, il quale dovrà avere cura di indicare la propria pec ed il numero di fax per la ricezione delle relative comunicazioni. Inoltre, il conduttore deve anche eleggere domicilio nel Comune in cui ha sede lo stesso giudice adìto. Nell'atto devono essere indicate le esatte generalità del locatore e la precisa ubicazione dell'immobile con i relativi identificativi catastali, avendo cura di riportare nella narrazione del fatto, le ragioni addotte rispettivamente a fondamento della causa petendi e del petitum richiesto, anche in via mediata, e delle richieste formulate nelle conclusioni dell'atto– azione di restituzione della res immobile a suo tempo concessa in locazione ad uso non abitativo per la sua omessa destinazione ad abitazione propria del locatore e dei suoi familiari conviventi – con la correlata documentazione probatoria che intende offrire a corredo della domanda. Al riguardo, trattandosi di ricorso, occorre indicare subìto a pena di decadenza tutte le prove che si intendono sottoporre all'attenzione del giudice, come ad esempio l'interrogatorio formale del locatore e le esatte generalità degli eventuali testimoni che si intendono ascoltare sulle posizioni “fattuali” dell'atto introduttivo della controversia, che dunque devono già essere opportunamente “capitolate” oltre a tutta la relativa documentazione probatoria (contratto di locazione ad uso diverso, lettera di contestazione dell'inadempimento del locatore nella restituzione della res, verbale del procedimento di mediazione conclusosi negativamente). Ciò non toglie però che, nella narrazione del “fatto”, occorre opportunamente soffermarsi sulla concreta posizione assunta nella vicenda dal locatore, laddove il medesimo, responsabile della violazione ascrittagli nel contratto e nella legge, con riferimento a quest'ultima, riguardante l'inosservanza dell'obbligo di restituire la res non adibita ad abitazione propria e dei familiari conviventi, abbia continuato a rimanere inerte, nonostante la tempestiva conoscenza della relativa contestazione, comprovata dalla precedente corrispondenza intercorsa o da un'eventuale diffida ricevuta dal conduttore al fine di attivarsi per porre rimedio alla situazione creatasi in suo danno, potendo risultare utile ai sensi dell' art. 116 c.p.c. , sul piano della valutazione del relativo comportamento laddove risulti inserito in un contesto fattuale idoneo a farlo ritenere come gravemente inadempiente, anche all'esito del precedente procedimento di mediazione avviato dallo stesso conduttore nei confronti del medesimo soggetto responsabile. Il ricorso deve, quindi, essere sottoscritto dal difensore su atto separato contenente la procura alla lite, sottoscritta dalla parte rappresentata dal medesimo difensore ed autenticata da quest'ultimo. Richieste istruttorie L'onere di chiedere l'interrogatorio formale del locatore sui fatti oggetto di contestazione, riguardanti le circostanze fattuali ritenute idonee a configurare il grave inadempimento ai propri obblighi contrattuali e legali – nel caso di specie conseguente all'omessa restituzione della res per non averla adibita ad abitazione propria e dei familiari conviventi nel rispetto del termine di legge – grava sul conduttore, il quale adempie al suddetto onere allegando la fonte negoziale del proprio diritto – copia del contratto di locazione ad uso non abitativo; assunzione della prova testimoniale volta a dimostrare la mancata destinazione ad uso abitativo personale del locatore e dei suoi familiari conviventi, assunta quale motivo di diniego di rinnovazione del contratto ad uso diverso – spettando al locatore l'onere di allegare la prova contraria. 4. ConclusioniL' art. 31 della l. n. 392/1978 , prevede che la disdetta data dal locatore alla prima scadenza di un contratto di locazione ad uso non abitativo deve essere adeguatamente motivata con riguardo alle ragioni eccezionali, giustificanti il sacrificio della stabilità dell'attività commerciale esercitata nell'immobile dal conduttore. In altri termini, solo la ricorrenza di esigenze abitative proprie o dei familiari giustifica la cessazione della locazione alla prima scadenza, con un meccanismo normativo che, al fine di disincentivare l'abuso di disdetta alla prima scadenza, prevede la sanzione del ripristino del contratto o del risarcimento del danno. Tale essendo la ratio legis della normativa indicata, appare evidente che la motivazione, posta a base della disdetta, non può essere generica ma deve indicare quale particolare attività il locatore intenda svolgere, sia perché, in mancanza, il conduttore non è in grado di valutare la serietà dell'intenzione indicata, né il giudice può verificare in sede contenziosa la sussistenza della condizione per il riconoscimento del diritto al diniego di rinnovo, sia perché viene impedito il successivo controllo sull'effettiva destinazione dell'immobile all'uso indicato, ai fini dell'applicazione delle sanzioni previste dal citato art. 31. Conseguentemente, nel contratto di locazione di immobile urbano adibito ad uso diverso, il locatore che abbia ricevuto la riconsegna dell'immobile qualora non lo abbia adibito, entro sei mesi, all'uso di abitazione propria e dei familiari conviventi in vista del quale ne aveva ottenuto la relativa disponibilità, la giurisprudenza ha, in più occasioni, ribadito che le sanzioni consistenti nel ripristino del contratto locativo e nel correlato risarcimento del danno a favore del conduttore previste dall' art. 31 della l. n. 392/1978 non si connettono ad un criterio di responsabilità oggettiva, o ad una presunzione assoluta di colpa, ma ad una presunzione iuris tantum, come tale suscettibile di prova contraria da parte del locatore (Cass. III, n. 7352/2015; Cass. III, n. 391/1997). Pertanto, il locatore – sul quale grava il relativo onere – può provare l'esistenza del caso fortuito o della forza maggiore, ovvero di altre giuste cause idonee ad escludere la sua imputabilità per il ritardo, in quanto non dipendenti da ipotesi rientranti nel dolo o nella colpa ascrivibili al medesimo. In particolare, al locatore spetta dimostrare l'esistenza a suo favore di una giusta causa, meritevole di tutela, che abbia impedito od anche solo ritardato l'utilizzo della res locata in modo conforme al motivo di dovere adibire il medesimo cespite a propria abitazione personale e dei familiari conviventi, assunto per averne conseguito in precedenza dal conduttore il rilascio, a tale fine, occorrendo allegare e provare fatti idonei a superare la suddetta presunzione. Nel caso di trasferimento della proprietà del cespite intervenuta nelle more del ripristino spettante al conduttore, l' art. 31 della l. n. 392/1978 , nel fare salvi i diritti acquistati dai terzi in buona fede e, quindi, nell'accordare ad essi, in ragione della condizione personale di buona fede, la preferenza rispetto al diritto del conduttore al ripristino del contratto di locazione, si riferisce ai diritti reali o di godimento, il cui acquisto si sia perfezionato con la stipula del contratto definitivo; dunque, tali diritti sono i soli idonei ad entrare in conflitto col diritto del conduttore illegittimamente privato della detenzione dell'immobile locato, determinando il contratto preliminare soltanto l'obbligo, per le parti contraenti, della conclusione del contratto definitivo, ossia della reciproca prestazione del consenso necessario all'acquisto. Sicché, per stabilire se il terzo abbia acquistato in buona fede, occorre fare necessariamente riferimento al momento della stipula del definitivo e non del preliminare (Cass. III, n. 11941/2006). |