Sospensione del pagamento del canone in caso di chiusura dell'esercizio commerciale per lockdown

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

La sospensione delle attività

La pandemia denominata Covid-19 (c.d. Coronavirus), ha impattato sulle comuni abitudini di vita quotidiana, attraverso le limitazioni dei diritti e delle libertà fondamentali, in esito ai recenti e progressivi provvedimenti legislativi. Sia l'evento pandemia in sé considerato, quanto la natura legislativa dei provvedimenti imposti autoritativamente e conseguenti al c.d. lockdown, quale unica misura contenitiva di contrasto alla diffusione del virus ed a tutela della salute pubblica (art. 32 Cost.), in assenza di una cura specifica hanno generato un vero e proprio “blocco economico dell'intero sistema produttivo” del Paese, in particolare dei rapporti giuridici pendenti coinvolti. L'emergenza Covid-19 (dichiarata con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020) ha – com'è noto – fortemente interessato il territorio nazionale, coinvolgendo, in particolare, le regioni del nord Italia e le attività di impresa ivi presenti (prime zone rosse). Nonostante l'introduzione delle prime misure di contenimento della diffusione del virus, ci si rendeva progressivamente conto della pericolosità della malattia – dichiarata “pandemia” dall'O.M.S. l'11 marzo 2020 – e dell'assoluta necessità di impedire il “tracollo” del sistema sanitario. Pertanto, si susseguivano una serie di provvedimenti legislativi emergenziali, sotto forma di d.P.C.M. (decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri). A seguito dell'aggravarsi della situazione, il Governo è intervenuto con misure di contenimento volte a prevenire la diffusione del virus, tra le quali, la sospensione delle attività non produttive c.d. strategiche ed indispensabili. Ci si riferisce al d.l. n. 6/2020 recante “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19” ed ai successivi d.P.C.M.

Normativa emergenziale

L' art. 3, comma 6-bis, del d.l. n. 6/2020 , inserito dall'art. 91 del d.l. n. 18/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 27/2020, prevede che il rispetto delle misure di contenimento di cui al predetto decreto è sempre valutato ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati od omessi adempimenti.

Secondo l'Ufficio del Massimario della Corte Suprema di Cassazione (Relazione tematica n. 56 dell'8 luglio 2020), la norma è di ardua interpretazione su due piani. Secondo un primo profilo, la responsabilità del debitore inadempiente a causa della necessità di rispettare le misure di contenimento sembrerebbe elisa già in virtù dell' art. 1218 c.c. Sotto altro profilo, invece, la norma non esclude tout court la responsabilità “da adeguamento” alle misure anti-Covid, piuttosto stabilendo che il rispetto di queste sia “sempre valutato” ai fini del giudizio di responsabilità. Quindi, lo sforzo di adattamento alle prescrizioni sanitarie non assurge ad esimente automatica dell'inadempimento. Dunque, secondo questa interpretazione, non spetta al singolo debitore, semmai alla pubblica autorità, soppesare i rischi dell'epidemia. L'inadempimento, non sarebbe in tale caso giustificato dalla causa straordinaria di giustificazione tratteggiata dalla legislazione emergenziale. Di conseguenza, secondo questa linea interpretativa, l'obbligato per slegarsi dalla responsabilità, non può limitarsi ad allegare assiomaticamente che l'inadempimento è ascrivibile alle misure anti-contagio, dovendo, per converso, in linea con la previsione dell'art. 1218 c.c., offrire la prova circostanziata del collegamento eziologico fra l'inadempimento e la causa impossibilitante, rappresentata dal rispetto delle prescrizioni di contenimento dell'epidemia. Oltre a ciò, si osserva che la norma d'emergenza contiene anche un richiamo all'art. 1223 c.c. Secondo un'acuta impostazione ermeneutica, la norma attenderebbe alla finalità di sterilizzare gli effetti sostanziali derivanti dall'inadempimento del debitore in presenza di una situazione fisiologica; il legislatore avrebbe inteso regolare una causa emergenziale di giustificazione, destinata ovviamente a cessare con la fine dell'emergenza. Ne discenderebbe una figura di debitore definibile come “immune”. Tuttavia, qualora l'eccezione di inadempimento fosse preclusa, il creditore finirebbe per essere chiamato a sopportare l'intero fardello delle conseguenze economiche dell'emergenza, pagando per una prestazione che egli non ha ancora ricevuto, e che vi è il rischio non riceva più.

Blocco degli sfratti

Il comma 6 dell' art. 103 del d.l. n. 18/2020 , convertito, con modificazioni, dalla l. n. 27/2020, aveva disposto che "l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 30 giugno 2020". La sospensione disposta da tale provvedimento inizialmente prevista fino al 30 giugno 2020 è stata prorogata al 1° settembre 2020 già in sede di conversione del decreto in l. n. 27/2020. Successivamente, con l'art. 17-bis del d.l. n. 34/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 77/2020, si è disposta l'ulteriore proroga al 31 dicembre 2020. A distanza di pochi mesi, con il comma 13 dell'art. 13 del d.l. n. 183/2020 (c.d. “Decreto milleproroghe”), convertito, con modificazioni, in l. n. 21/2021, la sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, prevista dall'art. 103, comma 6, del d.l. n. 18/2020, è stata prorogata sino al 30 giugno 2021, limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per il mancato pagamento del canone alle scadenze, ed ai provvedimenti di rilascio conseguenti all'adozione, ai sensi dell'art. 586, comma 2, c.p.c., del decreto di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari. È stata così prorogata fino al 30 giugno 2021 la sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio, limitatamente, peraltro, ad una parte delle fattispecie che ne costituivano l'ambito di applicazione, costituenti comunque, la quasi totalità dei casi. Con la conversione in l. n. 69/2021 del d.l. n. 41/2021 (c.d. “Decreto Sostegni”), art. 40-quater, il legislatore emergenziale ha ulteriormente ritenuto necessario prorogare il blocco del rilascio degli immobili a seguito dell'emissione di provvedimento di accertata morosità od a seguito di decreti di assegnazione nell'ambito di procedure esecutive: fino al 30 settembre 2021 per i provvedimenti di rilascio adottati dal 28 febbraio 2020 al 30 settembre 2020; fino al 31 dicembre 2021 per i provvedimenti di rilascio adottati dal 1° ottobre 2020 al 30 giugno 2021.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
A seguito della chiusura dell'esercizio commerciale per lockdown, il mancato pagamento del conduttore legittima il locatore all'azione di sfratto per morosità?

Orientamento favorevole all'applicazione della normativa emergenziale e degli strumenti codicistici

Il codice civile, nella parte riservata alla disciplina generale del contratto, da una parte, consacra, all' art. 1372, comma 1, c.c. , la regola pacta sunt servanda, sancendo, in linea di principio, l'irrilevanza di eventuali sopravvenienze rispetto al dovere di rispettare gli impegni assunti; dall'altra, prevede in modo esplicito, rispettivamente agli artt. 1463,1464 e 1467 c.c., alcuni rimedi per l'impossibilità sopravvenuta (totale e parziale) e per l'eccessiva onerosità sopravvenuta, individuando così in modo chiaro le sopravvenienze “rilevanti” e tali da determinare, in via privilegiata, lo scioglimento del vincolo contrattuale. Proprio in merito all'art. 1464 c.c., molti giudici vi hanno trovato rifugio al fine della rideterminazione del canone di locazione (Trib. Venezia 30 settembre 2020; Trib. Roma 27 agosto 2020; Trib. Venezia 28 luglio 2020; Trib. Roma 29 maggio 2020: riduzione del canone limitatamente al solo periodo di impossibilità parziale). Secondo la successiva giurisprudenza, va respinta la richiesta di ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c., con salvezza delle eccezioni, attesa la notoria incidenza degli effetti dell'emergenza sanitaria sulle attività economiche, e particolarmente per le zone turistiche. Ciò a seguito della riduzione dell'attività e della presenza di turisti: circostanze, queste, da considerare imprevedibili e straordinarie, in quanto hanno alterato il rapporto tra le prestazioni contrattuali regolate dalle parti al momento della stipula del contratto. Sul punto, deve tenersi conto degli artt. 1175,1375 e1374 c.c., nonché del comma 6-bis dell'art. 3 del d.l. n. 6/2020, nel testo vigente, con riferimento agli artt. 1218,1223 e1623 c.c. (Trib. Firenze 27 gennaio 2021).

Orientamento contrario all'applicazione della normativa emergenziale e degli strumenti codicistici

Nel giudizio di esecuzione, secondo una parte della giurisprudenza di merito, il richiamo all' art. 91 del d.l. n. 18/2020 , c.d. “Cura Italia”, non è pertinente. Infatti, la norma si limita ad affermare l'assenza d'obblighi di risarcimento danni e/o il maturare di decadenze o penali, ma non afferma assolutamente l'automatica sospensione sine die e/o la cancellazione dell'obbligo di versamento dei canoni d'affitto/locazione (Trib. Pordenone 3 luglio 2020). Secondo altro giudicante, nella fattispecie non sussiste né l'ipotesi dell'impossibilità sopravvenuta (art. 1463 c.c.), in quanto l'immobile era stato occupato anche durante l'epidemia, e il pagamento del canone non poteva venire meno se non con l'ipotesi del ritiro dei mezzi di pagamento, come la moneta elettronica, utilizzabili (in sostanza, entrambe le prestazioni hanno continuato ad essere possibili); né dell'impossibilità parziale sopravvenuta (art. 1464 c.c.), in quanto, non si può considerare la vicenda dell'emergenza sanitaria come una prestazione (locatore) divenuta solo parzialmente impossibile, e non può ritenersi violato l'obbligo del locatore di consegnare e mantenere il bene in condizione da essere utilizzato secondo l'uso contrattualmente stabilito ai sensi dell'art. 1575 c.c., non essendo riconducibile alcuna condotta di tale tipo al locatore, ma ad un'attività provvedimentale. Superata l'emergenza, infatti, l'immobile sarà nuovamente e totalmente utilizzabile, e comunque, anche durante l'emergenza, lo stesso è stato occupato per la sua interezza da cose e beni del conduttore e, dunque, la limitazione non ha in realtà riguardato l'uso dell'immobile in sé; della impossibilità temporanea (art. 1256 c.c.), in quanto il divieto di esercitare temporaneamente l'attività non determina l'impossibilità per il conduttore di utilizzare l'immobile, che è la prestazione dovuta dalla contro parte (locatore). Inoltre, la mancanza degli incassi dovuta alla chiusura forzata dell'esercizio commerciale non determina l'impossibilità di adempiere alla propria obbligazione (canone), atteso che il periodo interessato non è tale da esulare dal c.d. rischio di impresa; della eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 c.c.) in quanto l'immobile ha conservato il proprio valore locativo nel periodo interessato e, comunque, l'onerosità deve attenere ad aspetti obiettivi e non alle condizioni soggettive, come la perdita di reddito del conduttore (Trib. Roma 16 dicembre 2020, n. 45986).

Anche nel caso di utilizzo soltanto parziale della cosa locata per factum princìpis, fatto rientrante nel c.d. rischio d’impresa e comunque non imputabile al locatore, sospendere in tutto o in parte il pagamento del canone pur mantenendo la disponibilità del materiale noleggiato costituisce fatto arbitrario ed illegittimo del conduttore, che provoca il venir meno dell’equilibrio sinallagmatico del negozio. Quindi, in tal caso, è esclusa l’eccezione di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione ex art. 1256 c.c. a causa del calo del fatturato a seguito dell’insorgenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 (Trib. Milano 5 agosto 2024, n. 7598).

Orientamento favorevole allo sfratto di morosità per mancato pagamento in periodo di COVID

In presenza di un'acclarata morosità, nonostante l'emergenza epidemiologica da Covid-19, deve essere ordinato il rilascio dell'immobile in locazione in mancanza di opposizione fondata su prova scritta. Difatti, il danno ricevuto dal conduttore non può qualificarsi come danno da emergenza sanitaria, ma danno da un'attività provvedimentale, che si reputa illegittima. Danno che, in tal senso, la parte non si è attivata in alcun modo per rimuovere, al fine di eliminarne gli effetti dannosi, che dunque avrebbe potuto evitare (Trib. Roma 16 dicembre 2020, n. 45986). I vari d.P.C.M. adottati durante l'emergenza sanitaria, e per affrontare la stessa, non assurgono a fonte normativa, essendo, semmai, partecipi della medesima natura delle ordinanze contingibili ed urgenti, le quali – secondo l'orientamento più convincente – sono meri provvedimenti amministrativi generali ma privi di valenza normativa (Trib. Roma 9 aprile 2021, n. 6174, ad avviso del quale, non si può pretendere la rinuncia del locatore ai propri diritti). Non mancano, al contempo, coloro che ritengono essere dovuti i canoni di locazione nell'intero ammontare, in ragione del fatto che, in realtà, non vi è alcuna norma che legittimi la sospensione dei pagamenti (Trib. Pordenone 8 luglio 2020; Trib. Torino 2 luglio 2020; Trib. Pisa 30 giugno 2020).

Deve essere provato in giudizio l'eventuale impatto economico sull'attività del conduttore da pandemia Covid-19. Non è sufficiente che la parte inadempiente al pagamento del canone si limiti a dedurre, quale spiegazione e causa delle difficoltà sopraggiunte, l'emergenza sanitaria, senza tuttavia il corredo di un adeguato sforzo probatorio (App. Genova 26 ottobre 2023, n. 1171: nel caso di specie, in assenza di prova, il giudice di primo grado ha correttamente deciso con riferimento alle riferite difficoltà economiche, sottolineando che l'attività assicurativa non era stata direttamente incisa dai provvedimenti governativi di sospensione delle attività commerciali; in ogni caso, il conduttore non può esimersi dal pagamento del canone contrattuale per le ragioni economiche addotte e non provate, potendo invece ricercare con il locatore un accordo al fine di ridurre il canone, così da adeguarlo temporaneamente alla concreta situazione di difficoltà).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

Il locatore può costituire in mora il conduttore per il mancato pagamento del canone di locazione nel periodo pandemico, al fine di conseguire sùbito l'adempimento, avvertendolo che se entro un breve termine indicato nella lettera, non sarà adempiuta l'obbligazione, provvederà a notificare l'atto di intimazione di sfratto per morosità con la contestuale citazione per la convalida, unitamente alla richiesta d'ingiunzione di pagamento dei canoni scaduti e per i canoni a scadere fino all'esecuzione dello sfratto.

Funzione e natura del giudizio

L'intimazione di sfratto per morosità con la contestuale citazione per la convalida, unitamente alla richiesta d'ingiunzione di pagamento dei canoni scaduti e per i canoni a scadere fino all'esecuzione dello sfratto, è un duplice procedimento speciale, a carattere sommario, che il locatore può azionare nei confronti del conduttore, per conseguire da un lato, la risoluzione del contratto di locazione e la consegna dell'immobile, e, dall'altro, l'emissione del decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni scaduti ed a scadere sino alla convalida.

Aspetti preliminari

Mediazione

L'intimazione di sfratto per morosità, con la contestuale citazione per la convalida, e la correlata richiesta di emissione di decreto ingiuntivo di pagamento dei canoni scaduti e per i canoni a scadere fino all'esecuzione dello sfratto, non richiede per la sua immediata esperibilità la preventiva instaurazione di un procedimento di mediazione, la cui osservanza è prevista obbligatoriamente ai sensi dell' art. 5, comma 1-bis del d.lgs. n. 28/2010 in materia condominiale o locatizia prima di avviare un giudizio a cognizione piena.

Competenza

L'intimazione di sfratto per morosità, con la contestuale citazione per la convalida e la correlata richiesta di emissione di decreto ingiuntivo di pagamento dei canoni scaduti e per i canoni a scadere fino all'esecuzione dello sfratto, è devoluta alla cognizione del tribunale del luogo in cui si trova l'immobile locato.

Legittimazione

La legittimazione dal lato attivo, spetta al locatore-intimante, e dal lato passivo, al conduttore-intimato.

Profili di merito

Onere della prova

Il locatore ha l'onere di allegare il contratto di locazione – fonte negoziale – del suo diritto, e la dichiarazione che la morosità del conduttore nel pagamento dei canoni persiste in misura pari ad almeno una mensilità, decorsi almeno 20 giorni dalla scadenza indicata nel contratto di locazione, sino alla data di convalida dell'intimazione di sfratto per morosità.

Contenuto del ricorso

Nell'atto di intimazione di sfratto per morosità ex art. 658 c.p.c. con la contestuale citazione per la convalida, e la richiesta di emissione dell'ingiunzione di pagamento ex art. 664 c.p.c. dei canoni scaduti ed a scadere sino alla convalida, il locatore dovrà indicare il Tribunale territorialmente competente dinanzi al quale è proposta l'intimazione di sfratto, unitamente alle sue generalità ed a quelle del proprio difensore, il quale, dovrà avere cura di indicare la propria pec ed il numero di fax per la ricezione delle relative comunicazioni.

Il medesimo locatore, in qualità di soggetto istante, deve anche eleggere domicilio nel Comune in cui ha sede lo stesso tribunale adito, e nell'atto di intimazione, indicate le generalità del conduttore e l'ubicazione precisa della strada in cui è posto l'immobile presente sul territorio urbano, con annessa indicazione degli identificativi catastali, dovrà essere riportata oltre alla narrazione del fatto, la dichiarazione che la morosità persiste a fondamento della richiesta formulata dal medesimo locatore, con la correlata documentazione probatoria che si offre a corredo della domanda (contratto di locazione, lettera di costituzione in mora del conduttore).

Nella struttura dell'atto, deve essere inserito l'invito al conduttore a rilasciare immediatamente l'immobile nella piena ed esclusiva disponibilità dell'istante, libero e sgombro da persone e cose, e nella vocatio in jus va dato un termine a comparire non inferiore a venti giorni liberi, decorrenti tra la data della notificazione dell'atto e quella dell'udienza in esso indicata.

Va anche richiesta l'emissione nei confronti del medesimo conduttore, del decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, ai sensi dell' art. 664 c.p.c. per i canoni già scaduti ed allo stato non pagati, per la somma indicata nell'atto, nonché per la somma relativa ai canoni a scadere fino all'esecuzione dello sfratto.

Nell'atto di intimazione di sfratto per morosità, va altresì inserito l'avvertimento al conduttore che, in caso di sua mancata comparizione all'udienza indicata, dunque, in legittima contumacia, o se comparendo, non si oppone, il giudice convaliderà lo sfratto per morosità, ai sensi dell' art. 663 c.p.c.

Nelle conclusioni, il locatore deve chiedere la convalida dello sfratto per morosità, per inadempimento del conduttore nel pagamento dei canoni, e, per l'effetto, dichiararsi la risoluzione del contratto, con la conseguente condanna del conduttore al rilascio dell'unità immobiliare locata libera da persone e cose, in favore del medesimo istante, fissando il termine per l'esecuzione; con la richiesta, in caso di opposizione dell'intimato, dell'immediata emissione di ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. e la condanna dell'opponente al pagamento delle spese e del compenso del giudizio.

Va inserita la dichiarazione di valore ai fini del pagamento del contributo unificato, e, in calce su foglio separato, il mandato alla lite, con firma autografa o digitale del locatore autenticata dal difensore.

A seguire, la sottoscrizione dell'atto in calce da parte del difensore.

Richieste istruttorie

Il locatore deve allegare, al più tardi all'udienza di comparizione, la fonte negoziale del proprio diritto ad esigere il pagamento dei canoni scaduti, a tale fine, producendo il contratto di locazione, dal quale, può evincersi la scadenza mensile, e la dichiarazione che alla stessa data dell'udienza di comparizione dinanzi al Tribunale la morosità del conduttore persiste nella misura minima di una mensilità del canone indicato nel contratto di locazione.

4. Conclusioni

L'esistenza di un'emergenza sanitaria non è, di per sé, una condizione intrinsecamente impediente in termini assoluti al pagamento dei canoni di locazione, atteso che la limitazione ai diritti fondamentali e costituzionalmente garantiti che si è verificata nel periodo di emergenza sanitaria, è dovuta non all'intrinseca diffusione pandemica di un virus ex se, ma all'adozione esterna dei provvedimenti di varia natura – normativi ed amministrativi – i quali, sul presupposto dell'esistenza di un'emergenza sanitaria, hanno compresso od eliminato alcune tra le libertà fondamentali, così come riconosciute sia dalla Carta Costituzionale che dalle Convenzioni Internazionali.

Pertanto, appare evidente che le dedotte conseguenze non sono affatto riconducibili all'emergenza sanitaria in sé intesa, ma al complesso normativo e provvedimentale che, su tale presupposto, è intervenuto sui diritti e sulle libertà dei cittadini, per lo più attraverso dei d.P.C.M. i quali - com'è noto - non sono atti di natura normativa, ma amministrativa, la cui legittimità è stata fortemente messa in dubbio, nell'avere imposto la compressione dei diritti fondamentali, addotta quale causa dell'alterato equilibrio del sinallagma contrattuale.

Conseguentemente, si è affermato che se l'immobile è stato occupato anche durante l'epidemia, la prestazione corrispettiva costituita dal pagamento del canone, non può automaticamente venire meno, perché entrambe le prestazioni dedotte nel contratto di locazione hanno continuato ad essere possibili (Trib. Roma 16 dicembre 2020).

Va anche esclusa l'impossibilità parziale sopravvenuta, prevista dall' art. 1464 c.c. , in quanto essa non ricorre nel caso concreto, atteso che non si può considerare la vicenda dell'emergenza sanitaria da agente virale Sars Cov-2 come una prestazione di una parte (locatore), divenuta solo parzialmente impossibile. In secondo luogo, non può ritenersi violato l'obbligo del locatore di consegnare e mantenere il bene in condizione da essere utilizzato secondo l'uso contrattualmente stabilito, ai sensi dell'art. 1575 c.c., non essendo riconducibile alcuna condotta di tale tipo al locatore, ma ad un'attività provvedimentale, conseguente alla situazione di emergenza sanitaria di tipo pandemico.

Infine, va considerato che la situazione di “impossibilità sopravvenuta parziale”, non ha in questo caso le caratteristiche proprie della definitività.

Non può nemmeno ipotizzarsi l'impossibilità parziale sotto il diverso profilo di rendere la prestazione dovuta (canone) ripetibile in parte, quando la stessa prestazione sia divenuta impossibile solo in parte, ai sensi dell' art. 1258 c.c.

In questo caso, il debitore (conduttore) si libera dall'obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile, ed inoltre, anche ricorrendo tale ipotesi, l'impossibilità parziale, ove ipotizzabile, non sarebbe comunque definitiva.

Infatti, superata l'emergenza, l'immobile sarà nuovamente e totalmente utilizzabile, e comunque, anche durante l'emergenza, lo stesso è stato occupato per la sua interezza da cose e beni del conduttore, ragione per cui, dunque, la limitazione non ha in realtà riguardato l'uso dell'immobile in sé.

In tema di locazione di immobili, il conduttore può sollevare l'eccezione di inadempimento, ai sensi dell'art. 1460 c.c., non solo quando venga completamente a mancare la prestazione del locatore ma anche nell'ipotesi del suo inesatto adempimento, tale da non escludere ogni possibilità di godimento dell'immobile, purché la sospensione del pagamento del canone appaia giustificata, in ossequio all'obbligo di comportarsi secondo buona fede, e dell'oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, avuto riguardo all'incidenza della condotta della parte inadempiente sull'equilibrio sinallagmatico del contratto, in rapporto all'interesse della controparte (Cass. III, n. 13404/2023).

Sebbene costituisce un fatto notorio la pandemia verificatasi ed il conseguente lockdown attuato in Italia, laddove non sia altrettanto noto il fatto che l'attività condotta nell'immobile locato – ad esempio adibito a studio odontoiatrico – si sia completamente paralizzata durante il suddetto periodo, grava sulla parte interessata dimostrare specificamente, nel caso concreto, l'intervenuta grave contrazione o perdita di reddito che giustifichino il ricorso ai rimedi sottesi all'applicazione dell'art. 1467 c.c. (Cass. III, n. 23156/2024).

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