Abbandono dell'immobile dell'ex conduttore, e opposizione del convivente more uxorio a seguito dell'intimazione di sfratto per finita locazione

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

Successione per cessazione della convivenza more uxorio

L' art. 6 della l. n. 392/1978 , indica vari soggetti quali aventi diritto a succedere nel rapporto locatizio, sia nell'ipotesi di decesso del conduttore, sia in altre ipotesi legate ai rapporti familiari o ad essi assimilabili (in relazione alla separazione, al divorzio ed alla convivenza c.d. more uxorio). In particolare, l'ultima ipotesi di cessione ex lege del contratto di locazione, è quella derivante dalla cessazione della convivenza more uxorio, quando vi sia prole naturale: ipotesi che è entrata a fare parte dell'art. 6, attraverso l'intervento additivo che si deve al giudice delle leggi (Corte cost., n. 404/1988). Condizione necessaria per il trasferimento della posizione contrattuale è, qui, l'esistenza della prole naturale: la Corte Costituzionale ha ritenuto in più occasioni essere manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, sollevata in riferimento agli art. 2 e 3 Cost., nella parte in cui non prevede la successione nel contratto di locazione al conduttore che abbia cessato la convivenza, a favore del già convivente, anche quando non vi sia prole naturale (Corte cost., n. 7/2010; Corte cost., n. 204/2003, ove si è sottolineato che la cessazione della convivenza con prole, e la cessazione di quella senza prole, integrino situazioni del tutto disomogenee, rispetto alle quali, non sono invocabili né il principio di eguaglianza, né le argomentazioni contenute nella sentenza della Corte cost. n. 404/1988, a sostegno dell'esigenza di tutelare un nucleo familiare, sul presupposto dell'esistenza della prole naturale). Dunque, in presenza di prole naturale, il giudice sarà investito della questione circa l'assegnazione della casa coniugale, giusta l'art. 337-sexies c.c., operante anche nei procedimenti relativi ai figli nati fuori dal matrimonio, in forza dell'art. 337-bis c.c., ragione per cui, similmente a quanto accade in materia di separazione giudiziale e di divorzio, ai fini del subentro nel rapporto, rileverà, in definitiva, quanto avrà disposto il giudice stesso.

La comunicazione della cessione

Si discute se il locatore debba essere avvertito del subentro del nuovo conduttore, nelle diverse ipotesi di cui all' art. 6, commi 2 e 3, della l. n. 392/1978 , ponendosi in risalto la vigenza, nell'ordinamento, del principio generale in forza del quale, il mutamento soggettivo di un rapporto obbligatorio o contrattuale, è opponibile alla controparte, se ad essa viene reso noto, tenendo però presente che la regola della piena opponibilità della successione, a seguito di una specifica comunicazione, ben si coniuga con l'assenza di meccanismi pubblicitari idonei a rendere altrimenti conoscibili i fatti che costituiscono i presupposti della successione legale, ex art. 6 della l. n. 392/1978. Infine, va altresì considerato che, la disciplina della l. n. 392/1978, offre indicazioni non trascurabili circa il rilievo che assume la comunicazione, nell'economia della vicenda traslativa, avente ad oggetto la posizione contrattuale, citandosi, al riguardo, gli artt. 2 e 36 della suddetta legge.

Il contratto di convivenza

Il contratto di convivenza è l'accordo scritto, con il quale, i conviventi di fatto, registrati, possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune. In argomento, si osserva che la l. n. 76/2016 , riconosce e regolamenta, nella sua seconda parte, i conviventi di fatto, istituto giuridico che si affianca al matrimonio, ed all'unione civile, atteso che dal comma 50 a 64, la legge disciplina altresì i contratti di convivenza, avendo cura di precisarne forma e contenuti. Il presupposto inderogabile per poter predisporre un contratto di convivenza, valido ed efficace è la sussistenza, tra le parti, di un legame tra due persone maggiorenni – di diverso o dello stesso sesso – unite stabilmente da legami affettivi di coppia, e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile. Per l'accertamento della stabile convivenza, si fà riferimento alla dichiarazione anagrafica di costituzione di nuova famiglia, o di nuova convivenza (ovvero mutamenti intervenuti nella loro composizione). Detta circostanza, tuttavia, non viene ritenuta un presupposto per la validità, quanto un'elemento probatorio ai fini dell'inizio della convivenza. Il contratto di convivenza, così come le sue modifiche (anche in tema di regime patrimoniale) e la sua risoluzione, richiede la forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata autenticata, da un notaio o da un avvocato, che ne attestano la conformità alle norme imperative ed all'ordine pubblico (come, ad esempio, pattuizioni che condizionino il potere degli individui di autodeterminazione). Il contratto di convivenza può contenere le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno, ed alla capacità di lavoro professionale o casalingo. Il regime patrimoniale della comunione dei beni, che può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza; la designazione dell'altro quale proprio rappresentante, con poteri pieni o limitati, in caso di malattia che comporta l'incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute, ed in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo, e le celebrazioni funerarie; l'indicazione del convivente come futuro tutore, curatore od amministratore di sostegno, in caso ne ricorrano i presupposti. Non può essere sottoposto a termine o condizione, che se inseriti, si hanno per non apposti. Si verifica la nullità, insanabile, del contratto, che può essere fatta valere da chiunque abbia interesse, qualora esso venga stipulato in presenza di un vincolo matrimoniale, di un'unione civile o di un'altro contratto di convivenza; in assenza di una reale convivenza di fatto; da persona minore di età; da persona interdetta giudizialmente; in caso di condanna per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell'altra.

Risoluzione e recesso del contratto di convivenza

L' art. 1, comma 59, della l. n. 76/2016 , prevede che il contratto di convivenza si risolve per accordo delle parti, recesso unilaterale, matrimonio od unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed altra persona, morte di uno dei contraenti. Qualora il contratto di convivenza preveda il regime patrimoniale della comunione dei beni, la sua risoluzione determina lo scioglimento della comunione. Nel caso di recesso unilaterale (art. 1, comma 61, l n. 76/2016) il professionista che riceve l'atto è tenuto a notificarne copia all'altro contraente (all'indirizzo risultante dal contratto). In tal caso, se la casa familiare è nella disponibilità esclusiva del recedente, la dichiarazione di recesso, a pena di nullità, deve contenere il termine, non inferiore a novanta giorni, concesso al convivente per lasciare l'abitazione. Alla cessazione della convivenza, se il convivente versa in stato di bisogno, e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, ha diritto a ricevere dall'altro gli alimenti per un periodo proporzionale alla durata della convivenza, nella misura determinata dall'art. 438, comma 2, c.c.

La successione nel contratto di convivenza del convivente di fatto

Riguardo alla posizione del convivente, occorre infine ricordare il comma 44, dell' art. 1 della l. n. 76/2016 – norma tutt'altro che chiara – il quale, dispone, per quanto qui interessa, che in caso di recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto, ha la facoltà di succedergli nel contratto. Dunque, a differenza di quanto avviene per il coniuge superstite convivente – il quale, subentra automaticamente nel contratto di locazione stipulato dal de cuius – per il convivente di fatto, non è previsto il subentro automatico nel contratto di locazione, ma, al contrario, è prevista la sola “facoltà” di subentrare nello stesso. Il comma in questione, tuttavia, non stabilisce né le modalità, né i termini di esercizio di detta facoltà, né, tanto meno, chiarisce se il convivente che abbia esercitato la facoltà di subentro, debba rispondere di eventuali danni all'immobile o di canoni insoluti relativi al pregresso rapporto di locazione. Pertanto, quanto alle modalità di esercizio della facoltà di succedere nel contratto, appare chiaro che tale facoltà debba essere esercitata nella medesima forma prevista per il contratto di locazione (forma scritta), quanto invece al termine, entro il quale, il convivente può succedere nel contratto, in caso di recesso del conduttore, è “presumibile” che detta facoltà debba essere esercitata entro il termine di sei mesi dalla comunicazione del recesso. Riguardo, invece, all'esistenza di eventuali morosità del conduttore (deceduto o che abbia esercitato il diritto di recesso), si ritiene che, sebbene il convivente di fatto, che sia succeduto nella locazione, non debba risponderne, le stesse potrebbero comunque dare luogo ad un'azione di risoluzione del contratto. Alla luce di quanto sopra esposto, appare dunque consigliabile inserire nel contratto di locazione apposite clausole, che disciplinino i suddetti aspetti.

Opposizione di terzo

L' art. 404 c.p.c. disciplina due tipi di impugnazione di terzo, ordinaria e revocatoria. Il comma 1 si limita ad indicare, ai fini della legittimazione all'opposizione di terzo ordinaria, i terzi che sono stati pregiudicati nei loro diritti, da una sentenza resa inter alios, che può essere da essi opposta in ogni tempo, anche oltre i limiti fissati per la proposizione dell'impugnazione ordinaria. Il pregiudizio in parola, va riferito, in primo luogo, a quello derivante dall'attuazione della sentenza, ai danni dei terzi, titolari di un diritto autonomo ed incompatibile con quello oggetto della sentenza medesima. Il comma 2, invece, attribuisce la facoltà di proporre l'opposizione cosiddetta revocatoria, agli aventi causa, ed ai creditori di una delle parti, quando, la sentenza pronunciata inter alios, è effetto di dolo, che può essere anche unilaterale, e consistere in mere omissioni, o collusione a loro danno. La collusione si identifica nella condotta processuale, necessariamente concordata tra le parti, finalizzata a far emettere una sentenza, che accerti un diritto od un rapporto giuridico sostanziale, che le stesse ritengono inesistente. Per tale opposizione, il termine è di 30 giorni, decorrente da quello in cui è stato scoperto il dolo o la collusione.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
In caso di intimazione di sfratto per finita locazione nei confronti dell'ex convivente, che ha abbandonato l'immobile, il convivente con figli può opporsi alla procedura intentata dal locatore?

I conviventi di fatto per definizione legislativa sono persone celibi/nubili

Le persone legate ancora da vincolo matrimoniale, anche se separate, non possono dare vita ad un rapporto di convivenza, ai sensi della l. n. 76/2016 . Invero, i “conviventi di fatto”, ai sensi della l. n. 76/2016, per definizione legislativa sono persone celibi/nubili. Se fossero vincolati ab initio da un matrimonio od unione civile, ciò renderebbe inconfigurabile la convivenza, ai sensi della legge in commento (comma 36), e deve ritenersi che se tale vincolo sopravvenisse, ciò comporterebbe automaticamente, e per espresso disposto della legge (comma 59) la risoluzione immediata del contratto di convivenza, e della stessa convivenza, ai fini dell'applicabilità dei diritti ivi previsti. Dunque, i conviventi sono soggetti di stato civile libero, possono contrarre matrimonio od unione civile in qualsiasi momento, anche con terzi, senza che la preesistente convivenza costituisca impedimento, che, piuttosto, sussiste al contrario: chi è coniugato o civilmente unito, non può porre in essere una “convivenza di fatto”, ai fini dell'applicazione della legge Cirinnà (Trib. Palermo 14 aprile 2020, n. 1271).

L'immobile adibito a casa familiare è assegnato al genitore collocatario dei minori nati da una relazione di convivenza more uxorio

In presenza di figli minori, nati da una relazione di convivenza more uxorio, l'immobile adibito a casa familiare è assegnato al genitore collocatario dei predetti minori, anche se non proprietario dell'immobile, o conduttore in virtù di un rapporto di locazione, o comunque autonomo titolare di una situazione giuridica qualificata rispetto all'immobile, la cui posizione, peraltro, è comunque di detentore qualificato, assimilabile al comodatario (anche quando proprietario esclusivo sia l'altro convivente), attesa la pregressa affectio familiaris che costituisce il nucleo costituzionalmente protetto, ex art. 2 Cost. , della relazione di convivenza (Cass. I, n. 17971/2015: secondo tale provvedimento, il diritto di godimento dell'immobile adibito a casa familiare, attribuito al convivente more uxorio collocatario dei figli minori, è opponibile all'avente causa dell'ex convivente proprietario dell'immobile, indipendentemente dall'anteriorità del trasferimento immobiliare rispetto al provvedimento di assegnazione, sempre che il terzo acquirente sia a conoscenza del pregresso rapporto di stabile convivenza, e del vincolo di destinazione impresso al bene in data antecedente all'alienazione).

Al convivente more uxorio è riconosciuto il diritto di succedere nel contratto di locazione, purché la convivenza sia caratterizzata da serietà e stabilità

La convivenza more uxorio, seppure non possa equipararsi al matrimonio, sia in merito ai doveri ed agli obblighi scaturenti dal rapporto, sia in merito agli effetti derivanti dalle conseguenze della fine del rapporto, fà sorgere tra i conviventi, doveri di solidarietà, di contenuto analogo a quelli stabiliti per i coniugi, dall' art. 143 c.c. , fonte di un'obbligazione naturale per la quale, non è ammessa alcuna forma di ripetizione. Anche per la convivenza more uxorio, infatti, la Cassazione ha previsto la gratuità delle prestazioni lavorative rese nell'ambito della famiglia, definendo la convivenza come una vera e propria comunità familiare, caratterizzata dalla presunzione di gratuità delle prestazioni rese al suo interno. Al convivente more uxorio, è stato così riconosciuto il diritto di succedere nel contratto di locazione, purché la convivenza sia stata caratterizzata da serietà e stabilità. La Corte Costituzionale ha esteso al convivente more uxorio il diritto a succedere nel contratto di locazione, in virtù del c.d. diritto all'abitazione, quale requisito fondamentale e caratterizzante lo stato democratico, da includersi tra i diritti inviolabili dell'uomo, di cui all'art. 2 Cost. (Trib. Genova 30 ottobre 2013, n. 3202).

Ai fini dell'opposizione di terzo ordinaria è necessaria la titolarità di un diritto autonomo

La legittimazione di impugnare la sentenza con l'opposizione di terzo ordinaria ( art. 404, comma 1, c.p.c. ) presuppone in capo all'opponente la titolarità di un diritto autonomo, la cui tutela sia incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza pronunciata tra altre parti (Cass. III, n. 336/1990).

In tema di “interesse autonomo”, alcuni giudici hanno osservato che il coniuge separato, il quale, proponga opposizione di terzo avverso l'ordinanza di sfratto per morosità, pronunciata nei confronti dell'altro coniuge conduttore, deducendo la propria successione nel rapporto di locazione, a norma del comma 2 dell' art. 6 della l. n. 392/1978 , in caso di separazione consensuale, deve allegare e provare, attesa l'esigenza di forma ad substantiam, di cui all'art. 1, comma 4, della l. n. 431/1998, la sussistenza di un accordo scritto, che gli consenta di sostituirsi nella titolarità del contratto, non potendosi altrimenti validamente desumere per facta concludentia il diritto a fruire dell'abitazione (Trib. Salerno 4 ottobre 2010).

Secondo altra pronuncia, con il provvedimento di separazione, fra i coniugi si determina una successione ex lege nel contratto di locazione, in favore del coniuge assegnatario dell'alloggio, con la conseguenza che tale successione, figurativa e virtuale, comporta un'estinzione del rapporto in capo all'originario conduttore, insuscettibile di riviviscenza, anche nel caso in cui la cosa locata venga abbandonata dal coniuge separato, nuovo conduttore. Ne consegue che sarà quest'ultimo a dovere rispondere del pagamento dei canoni morosi, a partire dal provvedimento giudiziale di separazione (Trib. Milano 27 marzo 2014, n. 4273).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

Il locatore, a seguito della scadenza del contratto di locazione ad uso abitativo, preso atto che il conduttore – convivente more uxorio del proprio partner, e con i figli nello stesso immobile – lo ha abbandonato, prima di intimargli lo sfratto per finita locazione, lo invita a riconsegnarlo spontaneamente entro un certo termine, in modo da evitare il successivo ricorso al giudice.

Funzione e natura del giudizio

È un giudizio, con il quale, il convivente more uxorio del conduttore, si oppone alla procedura di sfratto, instaurata dal locatore nei confronti di quest'ultimo, quale intestatario originario del contratto di locazione ad uso abitativo, per evitarne la risoluzione e la conseguente restituzione dell'immobile.

Aspetti preliminari

Mediazione

Il convivente more uxorio del conduttore, il quale intende opporsi alla procedura di sfratto instaurata dal locatore nei confronti di quest'ultimo, quale intestatario originario del contratto di locazione ad uso abitativo, non deve prima esperire il procedimento di mediazione previsto dall' art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 , quale condizione obbligatoria di procedibilità.

L'obbligo prenderà vigore soltanto dopo il mutamento del rito disposto dal giudice della procedura di sfratto a seguito dell'opposizione, e grava nei confronti della parte portatrice del diritto “sostanziale” che ha dato luogo all'instaurazione del relativo giudizio di cognizione.

Competenza

Il giudice competente è quello del luogo in cui è posto l'immobile, perché in tema di locazioni, la competenza territoriale appartiene al giudice del locus rei sitae, come del resto si ricava dagli artt. 21 e 447-bis c.p.c., la quale ha natura inderogabile, con la conseguente invalidità di un'eventuale clausola difforme, rilevabile ex officio anche in sede di regolamento di competenza (Cass. VI, n. 12404/2020).

Al riguardo, tra le controversie in materia di locazione, attribuite alla competenza territoriale inderogabile del giudice in cui si trova l'immobile, rientrano quelle comunque collegate alla materia locatizia.

Legittimazione

Il convivente more uxorio del conduttore è il soggetto legittimato attivo, ed il locatore quello legittimato passivo.

Profili di merito

Onere della prova

Il convivente more uxorio del conduttore, ha l'onere di allegare la fonte del proprio diritto, e la prova della sua ricorrenza, nella fattispecie portata all'attenzione del giudice, al fine di conseguire il rigetto dell'azione volta a conseguire lo sfratto per finita locazione, esercitata dal locatore nei confronti del medesimo conduttore, quale intestatario originario del contratto di locazione ad uso abitativo.

Contenuto del ricorso

L'azione si propone con ricorso, nel quale, il terzo convivente, more uxorio del conduttore, intestatario originario del contratto di locazione ad uso abitativo, deve indicare l'autorità competente dinanzi alla quale intende chiamare in giudizio il locatore, unitamente alle sue generalità ed a quelle del proprio difensore, il quale dovrà avere cura di indicare la propria pec ed il numero di fax per la ricezione delle relative comunicazioni.

Inoltre, il terzo convivente more uxorio del conduttore, deve anche eleggere domicilio nel Comune in cui ha sede lo stesso giudice adito, e, indicate nel ricorso le esatte generalità del locatore, precisare altresì l'ubicazione dell'immobile locato, con i relativi identificativi catastali, avendo cura di riportare nella narrazione del fatto, le ragioni addotte rispettivamente a fondamento della causa petendi e del petitum richiesto, anche in via mediata, e delle richieste formulate nelle conclusioni dell'atto – opposizione del convivente, more uxorio del conduttore, intestatario originario del contratto di locazione ad uso abitativo, alla procedura di sfratto per finita locazione instaurata dal locatore – con la correlata documentazione probatoria che intende offrire a corredo della domanda.

Al riguardo, trattandosi di ricorso, occorre indicare subito a pena di decadenza tutte le prove che si intendono sottoporre all'attenzione del giudice, come ad esempio l'interrogatorio formale del locatore, e le esatte generalità degli eventuali testimoni che si intendono ascoltare sulle posizioni “fattuali” dell'atto introduttivo della controversia, che dunque devono già essere opportunamente “capitolate”, oltre a tutta la relativa documentazione probatoria (contratto di locazione ad uso abitativo, certificato di residenza del terzo opponente nell'immobile locato; stato di famiglia attestante il rapporto di genitorialità della prole, eventuale contratto di convivenza more uxorio, registrato nel comune di residenza dei medesimi conviventi, ed in cui è ubicato l'immobile locato, nel quale possono essere convenute le relazioni post-convivenza, concernenti in particolare, quale dei due conviventi potrà mantenere la casa in comune, ecc.).

Ciò non toglie però che, nella narrazione del “fatto”, occorre opportunamente soffermarsi sulla concreta posizione assunta nella vicenda dal locatore, laddove il medesimo – si sia reso responsabile dell'ingiustificato diniego di addivenire ad una soluzione amichevole dell'insorta controversia – e sia rimasto inerte, nonostante la tempestiva conoscenza della relativa questione, comprovata dalla precedente corrispondenza intercorsa, o da un'eventuale diffida ricevuta dal convivente, more uxorio del conduttore, intestatario originario del contratto di locazione, potendo risultare utile, ai sensi dell' art. 116 c.p.c. , sul piano della valutazione del relativo comportamento, laddove risulti inserito in un contesto fattuale idoneo a farlo ritenere come gravemente inadempiente, sotto il profilo della buona fede.

Il ricorso deve, quindi, essere sottoscritto dal difensore su atto separato, contenente la procura alla lite, sottoscritta dalla parte rappresentata dal medesimo difensore ed autenticata da quest'ultimo.

Richieste istruttorie

L'onere di chiedere l'interrogatorio formale del locatore, sui fatti oggetto di contestazione, riguardanti le circostanze fattuali ritenute idonee a configurare i presupposti per l'utile esercizio dell'opposizione di terzo, alla richiesta di convalida dello sfratto per finita locazione intimato nei confronti del conduttore, intestatario originario del contratto di locazione ad uso abitativo, grava sul medesimo terzo opponente, il quale deve allegare anche la fonte del proprio diritto, spettando al locatore l'onere di allegare la prova contraria. Il terzo opponente ha anche l'onere di formulare una richiesta di prova testimoniale, indicando i relativi capitoli di prova, ed i nominativi dei testimoni, al fine di provare le circostanze fattuali, sulle quali, si basa l'opposizione allo sfratto per finita locazione, intimato nei confronti del già convivente conduttore, in qualità di intestatario originario del contratto di locazione.

4. Conclusioni

La successione nel contratto di locazione ad uso abitativo al conduttore che abbia cessato la convivenza, a favore del partner, more uxorio già convivente, quando vi sia prole naturale, è stata sancita dalla Corte Costituzionale con la storica pronuncia n. 404/1988, attesa la ratio decidendi, improntata teleologicamente alla conservazione dell'abitazione alla residua comunità familiare.

Conseguentemente, la pregressa convivenza more uxorio, non è un elemento che legittima, ex se, la successione ex lege nel contratto di locazione, a tale fine, occorrendo che tra il conduttore ed il convivente more uxorio esista una prole naturale, non operando altrimenti la successione nel contratto di locazione alla luce del solo fatto che la convivenza – anche ove si sia protratta per anni – fra la convivente more uxorio, i suoi figli avuti da un'altra precedente relazione, ed il conduttore intestatario del contratto di locazione, abbia dato vita ad una nuova comunità familiare, non sussistendo in tale specifica ipotesi, la legittimazione del medesimo convivente, a subentrare ex lege al conduttore intestatario del contratto, nel godimento dell'immobile (Cass. III, n. 7098/2015).

Infatti, l' art. 6, comma 3, della l. n. 392/1978 , nella parte in cui in caso di convivenza more uxorio, condiziona – a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale pronunciata dai giudici della Consulta, con la citata pronuncia n. 404/1988 – la successione nel contratto di locazione, del convivente more uxorio, rimasto ad abitare l'immobile locato, alla presenza, nel nucleo coabitante, di una prole naturale, è stato giudicato costituzionalmente legittimo, in considerazione della diversità che caratterizza la convivenza more uxorio, rispetto al rapporto coniugale, tale da impedire l'automatica parificazione delle due situazioni, ai fini di un'identità di trattamento fra i rispettivi regimi, anche in relazione alla comparazione tra la cessazione della convivenza con prole, e la cessazione di quella senza prole, trattandosi di situazioni del tutto disomogenee, rispetto alle quali, non sono invocabili le argomentazioni contenute nella sopra citata pronuncia del giudice delle leggi n. 404/1988, a sostegno dell'esigenza di tutelare un nucleo familiare sul presupposto dell'esistenza della prole naturale (Corte Cost., n. 7/2010; Corte Cost., n. 204/2003).

Conseguentemente, si è affermato il principio che, nell'ipotesi di allontanamento del conduttore dall'immobile locato, la convivente more uxorio, che rimanga nell'immobile stesso con la prole naturale nata dalla loro unione, ha diritto di succedere nel contratto, anche quando la convivenza sia sorta nel corso della locazione, ed anzi, a maggiore ragione, se sia sorta prima, e senza che il locatore ne abbia avuto conoscenza (Cass. III, n. 9868/1997; Cass. III, n. 2524/1989).

Il subentro nel contratto è, in altri termini, del tutto indipendente dalla conoscenza che possa avere la parte locatrice, e dei presupposti di fatto che lo condizionano, essendo solo dipendente dalla volontà della legge, nel testo ampliato dalla citata pronuncia additiva della Corte Costituzionale.

Al riguardo, va quindi precisato che, il subentro del convivente more uxorio nel contratto di locazione ad uso abitativo, al cessare della convivenza, se da un lato, determina lo scioglimento o l'estinzione del rapporto locativo nei confronti dell'originario conduttore, dall'altro, fa sorgere, ope legis, in capo al medesimo subentrante, un diritto soggettivo perfetto, della cui autonomia non può dubitarsi, posto che altrimenti verrebbe svuotato di contenuto, se non fosse tutelabile nella sua pienezza nei confronti del locatore. Di conseguenza, in caso di abbandono dell'immobile del partner intestatario del contratto, la convivente more uxorio, con prole, a seguito dell'intimazione di sfratto per finita locazione, può opporsi in giudizio manifestando il proprio diritto di succedere nel contratto.

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