Utilizzo dell'immobile locato con immissioni di rumore eccedenti la normale tollerabilità1. Bussole di inquadramentoI doveri del conduttore Ai sensi dell' art. 1587 c.c. , il conduttore, oltre dare il corrispettivo nei termini convenuti, deve prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l'uso determinato nel contratto o per l'uso che può altrimenti presumersi dalle circostanze. In particolare, il conduttore di un'unità immobiliare facente parte di un edificio condominiale deve servirsi della cosa locata da buon padre di famiglia, deve mantenere integri gli elementi di godimento, non deve mutare la forma o eccedere nel godimento concesso e deve rispettare le norme contenute nel regolamento, anche se nel contratto non sia prevista alcuna precisa clausola in tal senso. La diligenza del buon padre di famiglia va considerata in base all'id quod plerumque accidit e non può dirsi che venga meno unicamente perché colui che ha assunto l'obbligazione non si premunisca contro un evento non previsto che poi sopraggiunga a rendere impossibile la prestazione. La comune diligenza del buon padre di famiglia non obbliga a prevedere ogni e qualsiasi lontana possibilità impeditiva, ma soltanto gli avvenimenti propri della vita normale, nel modo in cui si suole comunemente svolgersi. Ne consegue che il diritto di godimento del conduttore non è, pertanto, illimitato, ma va esercitato entro l'ambito delle singole e specifiche facoltà che risultano in modo espresso dalle condizioni pattizie o che, comunque, si desumono, anche in modo indiretto, dalle circostanze esistenti al momento della stipula della convenzione contrattuale (Cass. III, n. 10838/2007). Le immissioni intollerabili Le immissioni possono essere sopportate sino al limite della tollerabilità, superato il quale la legge consente di porvi rimedio attraverso la specifica disciplina dettata dall' art. 844 c.c. che lascia all'interprete la verifica in concreto, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, se le immissioni debbano o meno ritenersi intollerabili. Il legislatore, infatti, non sanziona ogni forma di immissione (sonora, vibrazionale, olfattiva, ecc.), ma solamente quelle che, in considerazione di ogni elemento e peculiarità specifica che differenzia ogni caso, superino la normale tollerabilità. Tale valutazione non ha carattere assoluto, ma è relativa alla situazione ambientale in concreto verificata, che varia da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti. Spetta, poi, al giudice accertare in concreto se vi sia il superamento della normale tollerabilità, utilizzando ogni elemento di prova, ivi comprese le presunzioni o le prove testimoniali oppure, in alternativa, mediante l'espletamento di prove tecniche (App. Palermo 3 ottobre 2019, n. 1946). La disciplina delle immissioni di rumori, odori e fumi ha di mira la tutela di una ben precisa posizione giuridica soggettiva ed esattamente la tutela della salute fisica e psichica propria e dei familiari conviventi. La costante giurisprudenza della Suprema Corte riconosce l'esistenza di un diritto alla salute, inteso come diritto soggettivo assoluto attinente alla personalità dell'individuo e fondato sull' art. 32 Cost. (Cass. S.U. , n. 10816/1998; Cass. III, n. 3223/1995; Cass. S.U., n. 4263/1985; Cass. II, n. 31674/1975). Limiti imposti dal regolamento condominiale In àmbito condominiale, i limiti al diritto di proprietà derivanti dal divieto di immissioni intollerabili divengono ancora più stringenti, in quanto il regolamento condominiale, dove presente, può prevedere una disciplina più rigorosa rispetto a quella codicistica ed imporre limitazioni al godimento della proprietà esclusiva anche maggiori rispetto a quelle stabilite dall' art. 844 c.c. In questo caso, però, sono necessarie regole specifiche e non sono sufficienti le disposizioni inerenti alle attività ammissibili nelle singole unità proprietarie, né semplici deliberazioni assembleari prese a maggioranza. È, infatti, facilmente deducibile come la stretta contiguità di più persone limiti ancor di più le stesse nei loro spazi di esclusiva pertinenza, oltre che, logicamente, negli spazi condivisi. L'uso di tali beni, in effetti, non deve interferire con i diritti degli altri proprietari al punto da pregiudicarli. In particolare, se le singole unità immobiliari hanno destinazioni d'uso diverse dovranno essere privilegiate, anche alla luce dei principi costituzionali, le esigenze di vita connesse all'uso abitativo, anziché quelle economiche inerenti allo svolgimento delle attività commerciali. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
In caso di utilizzo dell'immobile locato con immissioni di rumore eccedenti la normale tollerabilità, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto?
Risoluzione del contratto per i rumori molesti Il conduttore risponde del proprio comportamento sotto un duplice profilo: l'uno nei confronti del suo locatore per violazione dell'obbligo contrattualmente assunto di fare uso del bene secondo quanto pattuito e l'altro verso i terzi, nel caso in cui violi, direttamente o meno, l'altrui tranquillità. In particolare, tra le obbligazioni del conduttore, ai sensi dell' art. 1587 c.c. , vi è anche quella di servirsi dell'immobile con la diligenza del buon padre di famiglia. La violazione di tale obbligazione, richiamata altresì nel contratto, espressa in continui rumori molesti ai danni del vicinato e del condominio, può provocare la risoluzione del contratto d'affitto e lo sfratto dell'inquilino molesto (Cass. III, n. 22860/2020). Secondo questa pronuncia, il locatore, infatti, è in ultima analisi la persona che deve rispondere verso il condominio e gli altri proprietari per le intemperanze e molestie arrecate dal proprio conduttore allo stabile, in caso egli dimostri di tollerare le intemperanze del conduttore. Logicamente, quindi, il proprietario ha il diritto di sfrattare il condomino laddove egli ponga in essere condotte di molestia. Difatti, il comportamento del conduttore che, personalmente od a mezzo delle persone con lui conviventi, provoca molestie di fatto agli altri inquilini del fabbricato – nella specie, con rumori eccessivi, fastidi da parte dei figli, ecc. – costituisce inadempimento contrattuale per abuso della cosa locata ( art. 1587 c.c. ) nei confronti del locatore, dovendo questo rispondere verso gli altri inquilini per fatto proprio, ove tolleri tali molestie (Cass. III, n. 6751/1987). Colpa e nesso di causalità La responsabilità non può prescindere dall'elemento soggettivo della colpa e dal nesso oggettivo di causalità fra la concessione dell'immobile al conduttore e i danni subiti dai vicini e a tal fine non è sufficiente il mero rapporto di occasionalità. Per poter affermare la sussistenza di una colpa aquiliana del proprietario dell'immobile concesso in locazione, quindi, si deve accertare in concreto che, “al momento della stipula del contratto di locazione, il proprietario avrebbe potuto prefigurarsi, impiegando la diligenza di cui all' art. 1176 c.c. , che il conduttore avrebbe certamente recato danni a terzi”. In assenza di tale accertamento o se esso dà esito negativo, non può essere affermata alcuna responsabilità del locatore; invero, non sussiste un'automatica responsabilità in capo al proprietario di un immobile, concesso in locazione, per le immissioni rumorose cagionate a terzi dall'inquilino, essendo necessari tanto l'elemento soggettivo della colpa e quanto il nesso oggettivo di causalità tra la concessione dell'immobile al terzo e il danno cagionato ai vicini (Cass. VI, n. 4908/2018: se l'inquilino è troppo rumoroso, è lui e solo lui che è chiamato a rispondere dei danni cagionati ai vicini di casa con le sue immissioni moleste, senza che la legittimazione passiva in giudizio del proprietario possa comportare un suo automatico coinvolgimento economico nella vicenda). In diversa fattispecie, i giudici di legittimità hanno osservato che il proprietario di un immobile concesso in locazione non può essere chiamato a rispondere dei danni a terzi causati da macchinari utilizzati dal conduttore, quando non abbia avuto alcuna possibilità concreta di controllo sull'uso di essi, non potendo detta responsabilità sorgere per il solo fatto che il proprietario medesimo ometta di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi del caso al fine di impedire il verificarsi di danni a terzi, giacché essi costituirebbero atti inidonei a incidere sul funzionamento della cosa dannosa (Cass. III, n. 11125/2015). In definitiva, risponde solo il conduttore del locale, e non già anche il locatore, il quale ne avrebbe dovuto rispondere solo se avesse concorso alla realizzazione del fatto dannoso, non essendo sufficiente aver meramente omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizi a carico di terzi (Trib. Torino 13 marzo 2018, n. 1360). Valutazione della rumorosità In tema di immissioni, se, da un lato, è vero che il limite di tollerabilità non ha carattere assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, secondo le caratteristiche della zona, per cui tale limite risulta più basso in zone destinate ad insediamenti abitativi, è parimenti vero che la normale tollerabilità non può essere intesa come assenza assoluta di rumore. In altri termini, il fatto che un rumore venga percepito, non significa anche che lo stesso sia intollerabile (Cass. II, n. 3440/2011). Dunque, essendo il limite di tollerabilità delle immissioni relativo variabile dà luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, spetta, pertanto, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità ed individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell'ambito della stessa (Cass. II, n. 3438/2010). In tal contesto, i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità ex art. 844 c.c. costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica che, di regola, vengono compiuti mediante apposita consulenza d'ufficio con funzione “percipiente”, in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, l'intensità dei suoni o delle emissioni di vapori o gas, nonché il loro grado di sopportabilità per le persone, potendosi in tale materia, tuttavia, ricorrere alla prova testimoniale quando essa verta su fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale dei deponenti e non si riveli espressione di giudizi valutativi (Cass. VI, n. 6867/2018; Cass. II, n. 1606/2017). 3. Azioni processualiTutela stragiudiziale Il locatore può agire nei confronti del conduttore che si sia reso gravemente inadempiente agli obblighi contrattuali, tra i quali è presente anche quello del rispetto del regolamento di condominio, laddove si sia reso responsabile di immissioni rumorose eccedenti la normale tollerabilità, contestandogli il mancato rispetto di quanto convenuto in sede di stipula contrattuale, circa il puntuale ed incondizionato rispetto degli obblighi previsti nel succitato regolamento, a tutela dello stesso locatore nei confronti dei condomini, con particolare riferimento all'osservanza delle regole di civile convivenza all'interno dell'edificio. A tale fine, prima di avviare l'azione legale, il locatore può quindi contestare per iscritto al conduttore tale inadempimento, specificandone la gravità delle conseguenze derivanti, eventualmente anche a carico del medesimo, in quanto responsabile autonomamente nei confronti del condominio di determinate violazioni del regolamento, al fine di preannunciargli che la prosecuzione di tale suo comportamento determinerà senz'altro l'avvio dell'azione legale volta a conseguire la risoluzione del contratto di locazione con il risarcimento degli eventuali danni. Tale scelta potrebbe consentire di addivenire ad una risoluzione consensuale del rapporto senza ricorrere al giudice, evitando l'assunzione di maggiori costi, tempi e responsabilità. Funzione e natura del giudizio L'azione intrapresa dal locatore è un ordinario giudizio di cognizione, volta a conseguire la risoluzione del contratto di locazione ed il correlato risarcimento dei danni causati per effetto del comportamento del convenuto. Aspetti preliminari Mediazione Il locatore, il quale intenda esercitare in giudizio nei confronti del conduttore l'azione volta a conseguire la risoluzione del contratto di locazione, deve prima esperire il procedimento di mediazione previsto dall' art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28/2010 , quale condizione obbligatoria di procedibilità. Competenza Il giudice competente è il Tribunale del luogo in cui è posto l'immobile, perché, in tema di locazioni, la competenza territoriale del giudice del locus rei sitae, come si ricava dagli artt. 21 e 447-bis c.p.c., ha natura inderogabile, con la conseguente invalidità di un'eventuale clausola difforme, rilevabile ex officio anche in sede di regolamento di competenza (Cass. VI, n. 12404/2020). Legittimazione Il locatore è il soggetto legittimato attivo all'esercizio dell'azione di risoluzione del rapporto locatizio, ed il conduttore legittimato passivo. Profili di merito Onere della prova L'onere di provare l'esistenza dei presupposti per l'esercizio dell'azione di risoluzione del contratto di locazione, compresa la sua gravità ex art. 1455 c.c. , grava sul locatore, salva l'ipotesi che la domanda di risoluzione venga azionata sulla scorta della clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c. contenuta nel contratto, poiché, in tale ipotesi, al locatore basterà semplicemente richiamarne l'esistenza ed il relativo contenuto, fornendo prova della fonte negoziale del proprio diritto, gravando sul conduttore l'onere di allegare la non ricorrenza nella fattispecie della situazione idonea ad attivare l'anzidetta clausola, salvo in ogni caso l'accertamento dell'imputabilità dell'inadempimento al conduttore, quantomeno a titolo di colpa ex art. 1218 c.c., il cui relativo onere ricade sul locatore (Trib. Ravenna 5 giugno 2020; Cass. III, n. 19602/2013). Contenuto del ricorso L'azione si propone con ricorso, nel quale il locatore deve indicare l'autorità competente dinanzi alla quale intende chiamare in giudizio il conduttore, unitamente alle sue generalità ed a quelle del proprio difensore, il quale dovrà avere cura di indicare la propria pec ed il numero di fax per la ricezione delle relative comunicazioni. Inoltre, il locatore deve anche eleggere domicilio nel Comune in cui ha sede lo stesso giudice adìto e, indicate nel ricorso le esatte generalità del conduttore, precisare altresì l'ubicazione dell'immobile con i relativi identificativi catastali, avendo cura di riportare nella narrazione del fatto, le ragioni addotte rispettivamente a fondamento della causa petendi e del petitum richiesto, anche in via mediata, e delle richieste formulate nelle conclusioni dell'atto – azione di risoluzione del contratto per l'inadempimento del conduttore costituito dalle immissioni rumorose determinate da quest'ultimo – con la correlata documentazione probatoria che intende offrire a corredo della domanda. Al riguardo, trattandosi di ricorso, occorre indicare subito a pena di decadenza tutte le prove che si intendono sottoporre all'attenzione del giudice, come ad esempio l'interrogatorio formale del conduttore e le esatte generalità degli eventuali testimoni che si intendono ascoltare sulle posizioni “fattuali” dell'atto introduttivo della controversia, che dunque devono già essere opportunamente “capitolate” oltre a tutta la relativa documentazione probatoria (contratto di locazione; regolamento di condominio; verbale del procedimento di mediazione conclusosi negativamente). Ciò non toglie, però, che, nella narrazione del “fatto”, occorre opportunamente soffermarsi sulla concreta posizione assunta nella vicenda dal conduttore, laddove il medesimo, resosi responsabile della violazione di un'obbligo espressamente contemplato dal contratto di locazione e nello stesso regolamento di condominio, abbia continuato a rimanere inerte nonostante la tempestiva conoscenza della relativa contestazione, comprovata dalla precedente corrispondenza intercorsa o da un'eventuale diffida ricevuta al fine di fare cessare il suddetto comportamento, potendo risultare utile ai sensi dell' art. 116 c.p.c. , sul piano della valutazione del relativo comportamento laddove risulti inserito in un contesto fattuale idoneo a farlo ritenere come gravemente inadempiente, anche all'esito del precedente procedimento di mediazione avviato dal locatore nei confronti del medesimo soggetto responsabile. Il ricorso deve, quindi, essere sottoscritto dal difensore su atto separato contenente la procura alla lite, sottoscritta dalla parte rappresentata dal medesimo difensore ed autenticata da quest'ultimo. Richieste istruttorie L'onere di chiedere l'interrogatorio formale del conduttore sui fatti oggetto di contestazione grava sul locatore, il quale deve anche formulare i capitoli sui quali chiedere la prova testimoniale a mezzo dei soggetti a conoscenza dei fatti di causa – come, ad esempio l'amministratore del condominio e gli stessi condomini – posti a fondamento della richiesta di risoluzione del contratto di locazione per le immissioni rumorose del conduttore, laddove eccedenti la normale tollerabilità, costituenti comportamenti lesivi della quiete condominiale. 4. ConclusioniIl locatore che intende chiamare in giudizio il conduttore al fine di addebitargli la risoluzione anticipata del rapporto per suo esclusivo fatto e colpa non avendo osservato gli obblighi derivanti dal regolamento di condominio, così come richiamato nel contratto di locazione, nella fattispecie, riguardanti le immissioni rumorose eccedenti la normale tollerabilità, ha l'onere di allegare al ricorso la fonte negoziale di tale obbligo, indicando gli elementi a sostegno della specifica violazione riscontrata, sul quale costruire il relativo impianto probatorio, che risulterà essenzialmente fondato – oltre che sulle risultanze dell'interrogatorio formale del medesimo conduttore al fine di provocarne la confessione – sulle risultanze dell'audizione dei testimoni a conoscenza dei singoli fatti la cui violazione si intende addebitare al comportamento del conduttore o dei componenti il proprio nucleo familiare. |