Prova dichiarativa: non sempre una lettura “difforme” è censurabile come travisamento

05 Gennaio 2022

Il vizio di manifesta illogicità connotato dalla contraddittorietà di una decisione per travisamento delle prove acquisite può – alla luce dell'indirizzo interpretativo prevalente espresso in sede di legittimità – fondatamente prospettarsi soltanto quando emerga nel ragionamento del giudice del merito, nel caso di non corrispondenza di quanto ritenuto provato rispetto al reale compendio probatorio acquisito al processo...
Massima

Non si è in presenza di un travisamento della prova ma di una difforme – per la difesa – “lettura” delle dichiarazioni testimoniali asseritamente travisate, ogniqualvolta i giudici di merito non le abbiano ignorate o pretermesse ma, al contrario, siano state specificamente considerate e “interpretate” in termini incensurabili in sede di legittimità, ove non è possibile e non è consentito proporre una diversa (e, in ipotesi, pur altrettanto ragionevole e lineare) valutazione del dato istruttorio.

Il caso

L'imputato, a carico del quale il Tribunale, in esito al prescelto rito cartolare, aveva emesso condanna alla pena di giustizia per rapina impropria aggravata e violazione della misura di prevenzione applicatagli e la Corte di appello aveva confermato la sentenza, ha proposto ricorso formulando, quanto al primo capo dell'accusa mossagli, distinte censure.

Mediante la prima, rilevante in questa sede, rivolta alla condanna per concorso nella consumazione del reato di rapina impropria aggravata, ha lamentato il vizio di manifesta illogicità e contraddittorietà per travisamento della prova orale nella forma cartolare acquisita, sostenendo che entrambi i giudici di merito, per pervenire all'affermazione della responsabilità penale per il menzionato reato avrebbero, in buona sostanza, valorizzato un risultato frutto di una ricostruzione diversa da quella ricavabile dalle dichiarazioni rese dalle guardie giurate G. ed M. Laddove il dato testuale di tali dichiarazioni, valutato mediante una fedele lettura, avrebbe dimostrato che la condotta, quanto alla contestata rapina impropria aggravata, si sarebbe esaurita allo stadio di mero tentativo, con conseguente contenimento della pena rispetto alla quantità irrogata per la ritenuta consumazione.

Nel disattendere la censura la Corte ha affermato il principio espresso nella massima evidenziata, alfine rigettando il ricorso.

La questione

Secondo il difensore del ricorrente, le dichiarazioni rese dai due sorveglianti in servizio nel supermercato al momento del fatto, stando a quanto verbalizzato nel corso delle indagini preliminari, in seguito divenute piena prova per effetto della scelta del rito contratto, sarebbero state oggetto di altrettanti travisamenti affioranti nelle decisioni rese dai giudici in esito ad entrambi i gradi di merito.

Mentre questi ultimi avrebbero attribuito ai dichiaranti l'affermazione, secondo cui gli indagati avrebbero consumato sul posto una parte dei generi asportati dagli scaffali prima di essere fermati dal personale, il ricorrente, di contro, ha, da un canto, negato l'esistenza negli atti menzionati di una affermazione siffatta e, dall'altro, sostenuto che il riferimento ad opera di uno dei due vigilanti alla circostanza della indebita consumazione sul posto di generi alimentari dai prevenuti subito dopo averli prelevati tra quelli esposti per la vendita, era sì stato fatto, ma con riferimento ad occasioni precedenti nel corso delle quali aveva già notato i due comportarsi così e quindi, rivedendoli quel giorno aggirarsi tra gli scaffali del supermercato, aveva concentrato su di loro la propria attenzione, al contempo allertando il collega di lavoro per averne manforte.

Prospettazione del vizio travisante tuttavia disattesa dalla Corte che ha, alfine, ritenuto come il risultato probatorio censurato fosse invece il frutto della valutazione interpretativa del contenuto delle dichiarazioni rese da alcuni degli informatori ascoltati e verbalizzate nel corso delle indagini.

Le soluzioni giuridiche

Posto che il vizio di manifesta illogicità connotato dalla contraddittorietà di una decisione per travisamento delle prove acquisite può – alla luce dell'indirizzo interpretativo prevalente espresso in sede di legittimità – fondatamente prospettarsi soltanto quando emerga nel ragionamento del giudice del merito, nel caso di non corrispondenza di quanto ritenuto provato rispetto al reale compendio probatorio acquisito al processo, si finisce per versare nella situazione indicata dalla più attenta dottrina come “errore protocollare”.

Patologia ravvisabile nell'utilizzare una prova solo "immaginata" rendendola quindi dirimente per la decisione (è il caso della c.d. informazione rilevante ritenuta, ma inesistente negli atti del processo), ovvero nel tralasciare quella pur esistente nel processo, sino ad ignorarla del tutto. Trattasi con evidenza di situazioni parimenti idonee a connotare la denunciata differenza strutturale.

Secondo la Corte può ritenersi sussistente il "travisamento della prova" solo nei distinti casi in cui, la eliminazione dalla logica del costrutto motivazionale del dato inesistente ovvero l'inserimento in esso di quello erroneamente pretermesso, possa rivelarsi idonea a disarticolare incontrovertibilmente la decisione impugnata.

Mentre, secondo un'autorevole dottrina, non può non ritenersi ravvisabile il vizio in parola una volta che risulti superato il limite della testualità, pur se una censura così prospettata finirebbe nel rientrare nell'ambito della diversa ipotesi del "travisamento del fatto". Ipotesi di vizio di contraddittorietà ritenuta, da altro indirizzo dottrinale, non agevolmente praticabile in quanto, lungi dal limitare la verifica del passaggio motivazionale gravato con il testo del verbale che racchiude la prova, finirebbe per innescare la pretesa dell'impugnante per un controllo ricostruttivo dell'intero compendio probatorio, finalizzato all'approdo ad una ricostruzione alternativa della vicenda oggetto della imputazione.Tesi, quest'ultima, sintonica con il prevalente orientamento giurisprudenziale secondo cui in caso di prospettazione di errori valutativi del significato della prova (dichiarativa o documentale che sia), in sede di legittimità può ritenersi ammissibile e rilevante solo quello percettivo del giudice in quanto incidente sull'esistenza/inesistenza del c.d. significante.

Di conseguenza, nella fattispecie esaminata non ricorre alcun travisamento probatorio in quanto, alla “doppia conforme” lettura operata dai giudici del merito delle medesime dichiarazioni testimoniali ritenute rilevanti, il ricorrente ha preteso di contrapporre una interpretazione diversadel risultato che pur se altrettanto ragionevolmente plausibile – in quanto alternativa, ha tuttavia sconfinato nella prospettazione di una censura sul piano valutativo del significato probatorio, non consentita in sede di legittimità.

Osservazioni

Il "travisamento dei fatti" diviene, in genere, rilevante nel campo del diritto perché si traduce in un vizio della sentenza o dell'atto amministrativo in quanto fondati su una situazione di fatto non rispondente alla realtà (TRECCANI, Vocabolario Della Lingua Italiana, 1994, VI, p. 948).

La patologia può essere ravvisabile nella motivazione di una sentenza penale allorquando il discorso giustificativo risulti incongruo rispetto alla situazione di fatto emergente dallo sviluppo istruttorio consacrato dagli atti processuali.

Può verificarsi una triplice ipotesi di travisamento degli atti stessi purché riconducibile alla categoria caratterizzata dall'errore revocatorio che concerna unicamente il "significante", in quanto riscontrabile in una omissione, ovvero in una invenzione o, infine, in una alterazione delle evidenze probatorie del processo.

Se i primi due aspetti possono essere inquadrati, secondo autorevole dottrina, nella c.d. categoria degli "errori di percezione" del giudice, il quale può non aver considerato la prova pur ritualmente acquisita o aver affermato l'esistenza di una prova mai formatasi nel processo, il terzo, invece, apre il delicato scenario dell'errore valutativo del contenuto della prova.

L'indirizzo giurisprudenziale prevalente in sede di legittimità ha finito per restringere il perimetro di ammissibilità del travisamento probatorio ai soli primi due aspetti menzionati, inquadrando ciascuno alla stregua di «errore cosiddetto revocatorio che, cadendo sul significante e non sul significato della prova, si traduce nell'utilizzo di una prova inesistente per effetto di una errata percezione di quanto riportato dall'atto istruttorio» (Cass. pen., Sez. V, 21 gennaio 2011, n. 18542, Carone, rv. 250168). E sempre che risulti dimostrato che quanto travisato abbia assunto il carattere della decisività.

È stato perciò ritenuto sussistente il vizio di illogicità in relazione alla decisione gravata, solo allorché consegua al travisamento probatorio determinato dall'inserimento nella motivazione di una informazione rilevante, ma non esistente nel processo, ovvero dalla omissione valutativa di una prova decisiva ai fini della pronuncia (Cass. pen., Sez. II, 3 ottobre 2013 n. 47035).

Più in particolare, quanto alle “fonti dichiarative”, già in precedenza era stato ritenuto che le stesse fossero da considerare insuscettibili di travisamento poiché prove per definizione, scandite da “significanze non univoche”, sicché la valutazione dei relativi contenuti probatori è questione di merito che è riservata al giudice di merito (Cass. pen. sez. IV, 12 febbraio 2008 n. 15556, Trevisonno; conforme: Cass. sez. V, 27 febbraio 2013, n. 9334, M.A., CED 250133).

Specialmente la testimonianza, che è pur sempre una rappresentazione postuma di quanto è stato il frutto della percezione soggettiva dell'accaduto riferita dal dichiarante, la cui sedimentazione può per lo più dipendere da significativi condizionamenti dovuti alla capacità cognitiva ovvero indotti dalla imprescindibile sensibilità percettiva del teste, inconsciamente suggestionato da plausibile emotività per il vissuto esperienziale. Sicché il giudicante, per pervenire ad una valutazione del contenuto essenziale di quanto riportato dalla fonte dichiarativa, comunque dovrà prima filtrarlo per depurarlo dalle inferenze soggettive contaminanti l'essenza del visto, ascoltato o appreso. (Cass. pen. Sez. VI, 10 maggio 2007, n. 542, Contrada).

Nondimeno, nella sentenza in commento i supremi giudici, nel rendersi conto che l'indirizzo interpretativo appena ricordato non può assurgere al rango di un vero e proprio canone ermeneutico, paiono accennare ad un superamento laddove ipotizzano che la prova dichiarativa, al di là delle inferenze soggettive che finiscono per generare significanze non univoche, può risultare suscettibile di travisamento. Potendo ciò verificarsi oltre che nei casi di omissione (prove decisive ignorate o pretermesse) ovvero di invenzione (informazioni rilevanti che non esistono nel processo), anche allorquando in sede di controllo della decisione si richieda di dimostrare che lo stravolgimento abbia inciso sulla consistenza stessa del significante, mediante travisamento del senso della prova.

Quanto al caso esaminato, appare essere proprio questo il punctum dolens.

La censura avanzata dal ricorrente, a ben guardare, mirava a denunciare l'errore percettivo ad effetto travisante in cui era incorso il giudice dell'appello allorché, pur riportando il passaggio ritenuto rilevante del testo della dichiarazione resa dal sorvegliante, finiva per attribuire a quest'ultimo il riferimento alla attualità di una circostanza fattuale, poi ritenuta decisiva ai fini della esclusione del mero tentativo di rapina, quale la osservata consumazione da parte dei sospettati di alcuni degli alimenti oggetto della illecita sottrazione in atto sul luogo e nel mentre venivano osservati. Circostanza che, invece, lo stesso dichiarante, dopo aver descritto quanto percepito visivamente in quel preciso frangente operativo, aggiungeva alla narrazione riferendosi però a quanto osservato nel corso di precedenti occasioni (… in quanto già altre volte avevano commesso furti …).

Escluso perciò che si versasse in una ipotesi c.d. di "doppia conforme" in quanto il giudice di appello, per rispondere alle critiche avanzate con specifico motivo di gravame, aveva ritenuto di richiamare testualmente e valutare ex novo le dichiarazioni a contenuto probatorio non espressamente esaminate dal primo giudice, la cennata apertura verso una linea interpretativa meno restrittiva pur significativamente prospettata in sede di legittimità, non è risultata applicata in concreto nel caso esaminato.

Posto che il vizio di illogicità per contraddittorietà innescato dal travisamento della prova è stato già ravvisato quando «il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano» (Cass. pen. sez. IV, 19 ottobre 2017, n. 50078, rv. 270985), appare non inopportuno considerare altresì come il vizio in parola se così caratterizzato, lungi dall'essere disatteso alla stregua di una lettura alternativa del contenuto della prova, debba ammissibilmente includersi nell'ambito della categoria del “fatto processuale inventato".

Guida all'approfondimento

BENE, La deducibilità del travisamento del fatto in cassazione mediante allegazione di atti al ricorso, in CP, 2004, 2051;

CECCARONI, Travisamento del fatto ed error in procedendo, in DPP, 2001, 993; ID, Incompleta motivazione del giudice e riproduzione testuale nel ricorso dell'atto travisato, ivi, 2003, 1101;

GIARDA, Il processo penale nella XIV legislatura, buone intenzioni, qualche “dietrologia” di troppo e risultati non sempre appaganti, in DPP 2006, 542; Id. Rimodellato il sistema delle impugnazioni penali tra presunzione di innocenza e durata ragionevole del processo, in SCALFATI, Novità su impugnazioni , 11;

LOZZI, Sulle condizioni per sindacare il travisamento del fatto, in GI, 1993, II, 521;

PAPAGNO, La prova dichiarativa non può essere travisata: l'interpretazione giurisprudenziale svilisce il significato della riforma, in Riv. it. dir. proc. pen., 2008, 1421;

RICCIO, ‘Travisamento della prova ' e giudizio di legittimità, CP, 2013, III, 442;

SANTALUCIA, La Pecorella e il giudizio di legittimità. Travisamento della prova? Si al ricorso, in DG, 2006, 32, 44 – 67;

SANTORO, Nuove prospettive in punto di deducibilità in cassazione del travisamento del fatto, RGU, 2004, 271;

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