Sinistri stradali: l'art. 2054 c.c. si applica anche al terzo trasportato?

Redazione Scientifica
12 Gennaio 2022

In tema di sinistri stradali, l'art. 2054 c.c. esprime principi generali applicabili a tutti i soggetti che dalla circolazione comunque ricevano danni. Tale norma ha dunque un campo di applicazione ampio, potendo riferirsi anche ai trasportati, quale che sia il titolo del trasporto. Conseguentemente, il trasportato, indipendentemente dal titolo del trasporto, può far valere la responsabilità extracontrattuale del conducente ed quella solidale del proprietario del veicolo.

Il Tribunale di Milano, sez. X, con la sentenza del 17 maggio 2021, n. 4247 ha ribadito una serie di principi:

  • “l'art. 2054 c.c. esprime, in ciascuno dei commi che lo compongono, principi di carattere generale applicabili a tutti i soggetti che da tale circolazione comunque ricevano danni e, quindi, anche ai trasportati, quale che sia il titolo del trasporto, di cortesia ovvero contrattuale, oneroso o gratuito, con la conseguenza che il trasportato, indipendentemente dal titolo del trasporto, può invocare i primi due commi della disposizione citata per far valere la responsabilità extracontrattuale del conducente ed il comma terzo per far valere quella solidale del proprietario" (Cass. 10629/1998; Cass. 12704/2019).
  • “in caso di

    azione risarcitoria intrapresa dal terzo trasportato

    , per vincere la presunzione di responsabilità posta a suo carico dall'

    art. 2054

    , comma 1, cod. civ., il conducente del veicolo deve fornire la prova positiva di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno” (

    Cass. 21115/2005

    ;

    Cass. 12704/2019

    ).

  • “il danneggiato pone in essere una condotta — attiva o omissiva — causalmente rilevante in tutti i casi in cui accetti volontariamente di esporsi ad un rischio gratuito, cioè non necessitato e neppure giustificato dall'attività che egli debba svolgere ( ad esempio una attività sportiva, pericolosa ma svolta secondo le regole), violando una norma giuridica o ponendosi consapevolmente in contrapposizione ad una regola dì prudenza comportamentale avvertita come vincolante dalla comunità sottoponendosi in tal modo ad un rischio anormale, quindi ad un rischio gratuito, consapevole, dovuto ad una scelta voluttuaria e gravemente imprudente”. (Cass. 11698/2014).
  • “il danno da perdita della capacità di lavoro deve essere liquidato: sommando e rivalutando i redditi già perduti dalla vittima tra il momento del fatto illecito e il momento della liquidazione; capitalizzando i redditi che la vittima perderà dal momento della liquidazione in poi, in base ad un coefficiente di capitalizzazione corrispondente all'età della vittima al momento della liquidazione.” (Cass. 9048/2018).
  • “il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall'altrui illecito, può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva ed in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza ed alla gravità delle ricadute della condotta” (Cass. 11212/2019).
  • “il rapporto di stretta parentela esistente fa presumere, secondo un criterio di normalità sociale (ossia ciò che solitamente accade) che genitori e fratelli soffrano per le gravissime permanenti lesioni riportate dal congiunto prossimo. Né v'è bisogno, come postula la sentenza impugnata, che queste sofferenze si traducano in uno "sconvolgimento delle abitudini di vita", in quanto si tratta di conseguenze estranee al danno morale, che è piuttosto la soggettiva perturbazione dello stato d'animo, il patema, la sofferenza interiore della vittima, a prescindere dalla circostanza che influisca o meno sulle abitudini di vita.” (Cass. 7748/2020).

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