Nulla la delibera assembleare che dispone sull'androne se ivi esiste un condominio parziale

Edoardo Valentino
20 Gennaio 2022

È nulla la delibera assembleare che decide di spostare alcuni bidoni della spazzatura in un androne condominiale, laddove questa parte sia deputata a servire solo una parte del condominio e, anche per previsioni regolamentari, sia quindi in una condizione di condominio parziale.
Massima

La delibera condominiale che decide su una parte comune non a tutti i condomini, ma solo a parte di essi, e quindi oggetto di condominio parziale, è nulla in quanto affetta da vizio di potere, dato che presenta una deviazione rispetto al normale esercizio di potere dell'assemblea condominiale.

Il caso

Una condomina impugnava una delibera assembleare lamentando l'invalidità della stessa nella parte in cui aveva determinato lo spostamento di alcuni bidoni della spazzatura.

Il condominio in questione aveva, invero, due androni, uno riferibile ad uno stabile ed il secondo unicamente asservito ad un secondo immobile.

Di tale dualismo si dava atto nello stesso regolamento condominiale contrattuale, nel quale il costruttore del complesso aveva evidenziato la differenziazione tra i due androni e - definiti i due ingressi separati - si era premunito di specificare come un ingresso fosse di proprietà comune tra i soli condomini di uno stabile, mentre l'altro androne fosse asservito ai soli proprietari dell'altro palazzo.

Si costituiva in giudizio il condominio sostenendo la validità della delibera assembleare in quanto la deliberazione, che comportava lo spostamento di tutti i bidoni in un solo androne, fosse stata approvata dallo stabile nel suo intero e con i quorum previsti dal codice civile.

La questione

La questione oggetto della decisione in commento ha come oggetto la figura del condominio parziale e l'interazione di tale figura giuridica con il concetto stesso di condominio.

Tutti sappiamo che il condominio è un ente di gestione immobiliare nel quale coesistono proprietà private e proprietà comuni, queste ultime legate alle prima da un rapporto di inderogabile funzionalità.

La sussistenza delle parti comuni, quindi, è essenza stessa del condominio in quanto l'assenza delle stesse comporta lo scioglimento dello stesso e la sussistenza di singole e separate unità private.

Il codice civile presenta un elenco delle parti condominiali che sono, fino a prova contraria, comuni.

L'art. 1117 c.c. prevede, infatti, un elenco non esaustivo con l'elencazione di quelle parti che sono di norma comuni negli stabili.

Tali parti sono, ad esempio: “1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate; 2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune; 3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche”.

Su tali parti si viene così a creare la c.d. presunzione di condominialità, ossia le parti in oggetto si presumono comuni fino a prova contraria.

La stessa norma, tuttavia, specifica che quelle sopra citate sono parti comuni del condominio “se non risulta il contrario dal titolo”, ma cosa significa?

La locuzione sopra riportata significa che, grazie alla presunzione di condominialità, tutte le parti citate si presumono asservite alla collettività dei proprietari e quindi parti comuni, e tale presunzione può essere superato solamente mediante l'allegazione di un titolo contrario.

Non tutti i titoli, però, sono utili per il superamento della presunzione di condominialità in quanto solo il regolamento contrattuale, il testamento e l'usucapione sono considerati elementi sufficientemente forti da scardinare la predetta presunzione.

La questione, inoltre, riguarda altresì la validità o meno della delibera condominiale che riguardi una parte non comune a tutti i condomini, ma solo ad alcuni di essi.

Le soluzioni giuridiche

Nel caso in questione, il giudice capitolino si è trovato a decidere un caso apparentemente triviale della domanda di nullità di una delibera condominiale incentrata sullo spostamento di bidoni della spazzatura.

Come spesso accade, tuttavia, la decisione della questione non era assolutamente banale, andando a toccare gli argomenti sopra descritti.

Come si è spiegato in precedenza, infatti, il condominio aveva sì deliberato di spostare tutti i bidoni dello stabile in uno dei due androni, ma il regolamento contrattuale del palazzo aveva previsto come i due androni non fossero egualmente asserviti a tutti i condomini, dato che essi erano legati ognuno ad una diversa scala.

Con la decisione in commento, quindi, il Tribunale di Roma dichiarava l'invalidità della delibera impugnata in quanto questa sarebbe stata affetta da un vizio di potere.

L'eccesso di potere, nel caso in questione, sarebbe stato ravvisabile nell'illegittima estensione dell'oggetto della delibera anche sull'androne delle scale non comune a tutti i condomini.

La decisione presa, infatti, rappresentava sì la maggioranza, ma andava in danno alla minoranza, ossia i due condomini le cui proprietà erano asservite dall'androne in questione, che risultavano indubbiamente danneggiati dalla decisione presa.

Nel caso in oggetto - continuava il giudice - l'eccesso di potere era ravvisabile nella discrezionalità e arbitrarietà con la quale l'assemblea aveva deciso in danno ad alcuni condomini e affermava, citando la Cassazione, che l'eccesso di potere sussiste “quando la decisione sia deviata dal suo modo di essere” e che “in tal caso il giudice non controlla solo l'opportunità o la convenienza della soluzione adottata dalla delibera impugnata, ma deve stabilire se essa sia o meno il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell'organo deliberante” (così Cass. civ., sez. II, 20 aprile 2001, n. 5889).

Proseguiva, quindi, il decidente affermando come sia sempre consentito l'esercizio legittimo del potere decisionale dell'assemblea, ma che - ove questo potere rappresenti un abuso discrezionale dei diritti di alcuni condomini - spetti al giudice entrare nel merito della delibera sindacandone l'opportunità e la convenienza e, se del caso, annullare la stessa per vizio di potere.

Alla luce dei ragionamenti sopra riportati, il giudice - in accoglimento della domanda della parte attrice - dichiarava la nullità della delibera impugnata.

Osservazioni

La decisione in commento appare del tutto corretta.

Il giudice ha correttamente valutato, nel caso in questione, la sussistenza di una situazione di condominio parziale e ha deciso di accogliere le doglianze della parte attrice proprio in ragione dell'eccesso di potere che viziava la delibera impugnata.

È interessante notare come la stessa giurisprudenza della Cassazione citata in precedenza ponga l'accento sulla necessità di valutare ogni singolo caso separatamente, e non stabilisca regole univoche, ma solo principi e linee guida ai quali i decidenti si devono attenere.

Sarà compito del giudice, quindi, vagliare se la delibera impugnata sia viziata per eccesso di potere, andando a valutare - come nel caso in questione - la presenza o meno di un titolo contrario che, in deroga alla norma del codice civile, comporti la sussistenza di una situazione di condominio parziale all'interno di uno stabile.

L'assemblea di condominio, infatti, ha la potestà assoluta per quanto riguarda la gestione dello stabile, potendo (con i quorum previsti dalla legge) decidere sostanzialmente tutto in merito alla gestione delle parti comuni.

Tale potere, tuttavia, incontra un serio limite, ossia che l'assemblea possa unicamente deliberare in merito alle parti comuni dello stabile.

Tutte le delibere in merito alle parti private dei condomini o, come nel presente caso, inerenti parti non comuni a tutti i condomini, ma in situazione di condominio parziale, possono essere dichiarate nulle dal giudice per eccesso di potere.

Giova sottolineare il pregio della decisione, laddove non si limita a dichiarare la nullità della decisione, ma spiega che il motivo di tale impostazione non è tanto da ricercarsi nell'applicazione di un paradigma - del tipo: delibera su parti in condominio parziale equivale alla nullità - ma spiega che spetta al decidente entrare nel merito e valutare se tale delibera costituisce un abuso della maggioranza contro la minoranza.

Se tale condizione sussiste, come nel presente caso, allora il decidente dichiara la nullità della delibera, sancendo come questa fosse viziata ab origine.

La delibera annullabile, infatti, è valida fino alla dichiarazione giudiziale.

Differentemente, la delibera nulla - sanzione molto più grave - è nulla, tamquam non esset, sin dal momento della sua nascita.

Il principio, quindi, pare rappresentare il giusto parallelo del noto principio della c.d. solidarietà condominiale prevedendo che la coalizzazione della maggioranza dei condomini contro una minoranza, in lesione dei diritti di proprietà della stessa derivanti dal condominio parziale, debba essere considerata come nulla.

Riferimenti

Branca, Comunione. Condominio negli edifici, Bologna-Roma, 1982, 393;

Cappai, Il condominio: la presunzione di comunione e le parti dell'edificio funzionalmente ibride, in Resp. civ. e prev., 2014, fasc. 3, 733B;

Poccia, La presunzione di condominialità della cosa comune non basta per ottenere la tutela di reintegra nel possesso, in Riv. giur. edil., 2018, fasc. 2, 360;

Valentino, La presunzione di condominialità su un manufatto può essere superata con prova dell'uso esclusivo, anche in assenza di titolo contrario, in Condominioelocazione.it, 18 giugno 2021.

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