Giustizia italiana, bilancio ancora in chiaroscuro

Redazione Scientifica
21 Gennaio 2022

Il Presidente della Cassazione, Curzio, ha sottolineato segni di miglioramento e criticità, ponendo anche il problema della scarsa qualità delle decisioni prese dai giudici. Riflettori puntati, poi, grazie alle parole di Ermini, Salvi, Cartabia, Sandulli e Masi, sulla necessità per la magistratura di recuperare credibilità e per l'avvocatura di ritrovare il proprio ruolo.

Il Presidente della Cassazione, Curzio, ha sottolineato segni di miglioramento e criticità, ponendo anche il problema della scarsa qualità delle decisioni prese dai giudici. Riflettori puntati, poi, grazie alle parole di Ermini, Salvi, Cartabia, Sandulli e Masi, sulla necessità per la magistratura di recuperare credibilità e per l'avvocatura di ritrovare il proprio ruolo.

«Giustizia in chiaroscuro», esattamente come l'Italia. Così, con poche parole, questa mattina, Pietro Curzio, Presidente della Corte di Cassazione, in occasione della tradizionale cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario svoltasi nel contesto del ‘Palazzaccio' a Roma, ha riassunto l'anno difficile vissuto nel 2021 da giudici, avvocati e cittadini obbligati a confrontarsi col sistema giudiziario italiano.

Per Curzio «criticità» e «segni di miglioramento» si sono alternati con costanza, lasciando come eredità per questo 2022 prospettive da sviluppare e nodi – come quello relativo alla qualità delle decisioni giudiziarie – da sciogliere.

Ospite d'eccezione, come sempre, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. A rendere più significativa la sua presenza, però, anche l'oramai prossima chiusura – salvo clamorose sorprese – del suo settennato al Quirinale. E non a caso da Curzio in primis e poi da David Ermini (vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura), Marta Cartabia (Ministro della Giustizia), Giovanni Salvi (Procuratore Generale della Cassazione), Gabriella Palmieri Sandulli (Avvocato Generale dello Stato), Maria Masi (Presidente del Consiglio nazionale forense) sono arrivate parole di apprezzamento per Mattarella, anche per quanto fatto come presidente del Consiglio superiore della magistratura.

Ritornando ai bilanci del 2021 chiusosi da poco, Curzio ha sottolineato il lavoro fatto dalla Cassazione, che ha consentito di ridurre, sia in ambito civile che in ambito penale, il numero di procedimenti ancora in attesa di giudizio, pur «rimanendo ancora troppo elevati i tempi di definizione dei processi», ha precisato ancora Curzio. Logico, quindi, dedurre la necessità di risorse e di riforme per la giustizia italiana, partendo dall'incremento del numero dei magistrati. Su questo fronte Curzio ha messo sul tavolo un paragone impietoso tra Italia e Germania: «ogni 100.000 abitanti, in Italia, vi sono 11,6 giudici affiancati da 37,1 amministrativi, 3,7 pubblici ministeri affiancati da 14,1 amministrativi, e, infine, 388,3 avvocati; in Germania, invece, ogni 100.000 abitanti vi sono 24,5 giudici affiancati da 65,1 amministrativi, 7,1 pubblici ministeri affiancati da 14,5 amministrativi, e 198,5 avvocati».

A complicare la situazione, poi, anche l'assedio subito dalla Cassazione, testimoniato da quasi 78mila ricorsi solo nel 2021, e i tanti procedimenti ancora in attesa di decisione: «l'arretrato rimane superiore alle 110.000 unità» ha ribadito Curzio e «costituisce il problema più grave della Corte, rendendo inaccettabili tempi di trattazione dei ricorsi».

Come spiegare questi numeri? Per Curzio non si può ignorare il peso del contenzioso in materia di protezione internazionale e di quello in materia tributaria, e proprio su quest'ultimo punto egli si è soffermato parlando di «necessità di riformare la giustizia tributaria, affidandola a giudici che la trattino a tempo pieno, mentre oggi per i componenti delle Commissioni tributarie, cominciando dai magistrati (che sono circa 1.450), è un secondo lavoro». Obiettivo è soprattutto «riannodare il rapporto di fiducia dei magistrati con i cittadini», ha chiosato Curzio, collocando in questo contesto anche la necessità di «sentenze chiare e concise».

Sul tavolo, quindi, anche «un problema di qualità della scrittura», poiché, secondo Curzio, molti magistrati debbono recuperare «l'importanza del riassunto», così da stimolare «quella capacità di sintesi che il Codice di procedura richiede prevedendo sentenze chiare e concise».

Prima di lasciare la parola ad Ermini, infine, il presidente della Cassazione ha voluto lanciare l'allarme sul femminicidio, sottolineando che «tra le vittime dei duecentonovantacinque omicidi verificatisi nel 2021 ben centodiciotto sono donne», assassinate «in ambito affettivo e familiare» e in molti casi «uccise per mano del partner o dell'ex partner».

Come prevedibile, ad Ermini è toccata la questione più scottante, ossia ruolo e solidità della magistratura in Italia. Ed Ermini non si è nascosto dietro un dito, anzi ha chiaramente parlato di «crisi di credibilità agli occhi dell'opinione pubblica», precisando poi che però la soluzione per la magistratura «è guardare ai cittadini, non al proprio interno».

Quale la strada da percorrere? «I magistrati italiani hanno tutte le risorse necessarie per superare questi difficili momenti» perché «vi è la consapevolezza che credibilità e capacità di riscuotere la fiducia dei cittadini sono capisaldi imprescindibili per il buon funzionamento del sistema costituzionale e per il corretto andamento della vita della Repubblica», ha spiegato Ermini con convinzione. Ciò però richiede, ha aggiunto, «riforme di sistema, riforme necessarie e incisive» che «spettano alla politica», riforme destinate a migliorare non solo «l'ordinamento giudiziario» ma anche «il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura e del suo sistema elettorale», riforme che portino a «una più rigorosa disciplina in tema di eleggibilità del magistrato e successivo ricollocamento in ruolo» e che «rafforzino l'immagine di indipendenza e di imparzialità del magistrato».

E di riforme per migliorare il funzionamento della giustizia ha parlato anche il Ministro Cartabia, sottolineando «sviluppo della digitalizzazione, incremento del numero dei magistrati e del personale amministrativo» e auspicando «un processo di rinnovamento» fondato su «adeguati investimenti». Obiettivo è portare a termine processi di rinnovamento a lungo termine «per far fronte ai cronici problemi della giustizia, soprattutto quelli relativi alla durata dei processi e dell'arretrato, mali divenuti causa di una progressiva e pericolosa erosione di fiducia da parte dei cittadini, degli operatori economici e degli osservatori internazionali», ha sottolineato Cartabia.

Queste ultime parole sono state riprese da Giovanni Salvi, Procuratore Generale della Cassazione, il quale ha lamentato, come già in passato, «le gravi carenze di organico» che affliggono la magistratura, e ha auspicato, al contempo, «la riduzione dei tempi del processo col miglioramento della sua qualità» anche a livello di «decisione», come auspicato anche da Curzio. Prima però la magistratura deve recuperare la fiducia dei cittadini, messa a dura prova, ha sottolineato Salvi, non solo da «tempi dei processi e incertezza degli esiti» ma anche dal «discredito caduto sul governo autonomo della magistratura».

Sul tema della digitalizzazione dell'attività giudiziaria si è invece soffermata Gabriella Palmieri Sandulli. Ella ha posto in rilievo soprattutto «l'avviso dei depositi telematici nei procedimenti avanti alla Corte di Cassazione», ma ha aggiunto che ora «è necessario giungere a regole e piattaforme comuni tra i processi telematici, affinché sia possibile condividere, con le regole e con la tecnologia, anche atti, documenti e informazioni fra tutte le giurisdizioni», così da avere «una sempre più rapida ed efficiente risposta di giustizia per i cittadini». A chiudere la cerimonia, infine, le parole di Maria Masi, in rappresentanza dell'avvocatura italiana. Ella ha posto innanzitutto una domanda: «perché protrarre di un ulteriore anno lo stato di emergenza solo per la giustizia?». Non logico, a suo avviso, «non consentire ai Tribunali e ai suoi operatori di riappropriarsi della funzione e dell'attività che gli è propria, e senza rinnovati limiti o condizionamenti che alimentano problemi e non individuano le soluzioni, che invece urgono anche per ridare fiducia ai cittadini». Ampliando l'orizzonte, però, per Masi si pone anche «un problema di educazione che investe tutta la comunità civile e anche l'ordinamento giudiziario», come testimoniano «la crisi dell'avvocatura, da un lato, e la crisi morale della magistratura, dall'altro». Necessario, perciò, «riconoscere il ruolo dell'avvocatura, di cui dovranno sempre esserne salvaguardate l'autonomia e l'indipendenza, per garantire l'equilibrio necessario al sistema giudiziario» e per «realizzare una giustizia sostanziale, equa, solidale», ha concluso il presidente del Consiglio nazionale forense.

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