La Corte di cassazione sulla disciplina transitoria della riforma delle intercettazioni

07 Febbraio 2022

L'art. 9 del d.lgs. n. 216/2017, come modificato dall'art. 1 del d.l. n. 161 del 2019 e art. 1 del d.l. n. 28 del 2020, secondo cui le norme che hanno riformato la disciplina delle intercettazioni si applicano ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020, ha introdotto una deroga al principio generale del tempus regit actum...
Massima

L'art. 9 del d.lgs. n. 216 del 2017, come modificato dall'art. 1 del d.l. n. 161 del 2019 e art. 1 del d.l. n. 28 del 2020, secondo cui le norme che hanno riformato la disciplina delle intercettazioni si applicano ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020, ha introdotto una deroga al principio generale del tempus regit actum - che regola la successione delle leggi processuali in difetto di diverse disposizioni - la quale riguarda esclusivamente i provvedimenti autorizzativi di intercettazioni che, pur se emessi dopo tale data, sono relativi ad un procedimento iscritto prima. (Nel caso di specie, la Corte ha escluso che la nuova disciplina dell'art. 270 c.p.p., che introduce una ulteriore deroga al divieto di utilizzo dei risultati delle intercettazioni disposte in un diverso procedimento, possa trovare applicazione con riferimento agli esiti di captazioni autorizzate entro il 31 agosto 2020, nonostante che, per effetto di un provvedimento di separazione, fossero confluiti in un nuovo procedimento iscritto dopo tale data).

Il caso

Il Tribunale del riesame rigettava il ricorso avverso l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che aveva applicato all'indagato la misura cautelare dell'obbligo di dimora per il reato di corruzione in atti giudiziari. Secondo la contestazione provvisoria, l'indagato, in concorso con altri, in cambio del corrispettivo di due latte di olio e di un quantitativo imprecisato di castagne, si era adoperato perché il dirigente dell'ispettorato per la prevenzione degli infortuni sul lavoro riducesse l'importo di talune ammende.

Avverso questa decisione, è stato proposto ricorso per Cassazione, con il quale è stata dedotta, tra l'altro, l'inutilizzabilità degli esiti delle intercettazioni eseguite con il captatore informatico.

Al riguardo, è stato rilevato che il mezzo di ricerca della prova era stato autorizzato in un procedimento penale per reati di criminalità organizzata. I giudici di merito, tuttavia, avevano ritenuto che i risultati delle captazioni fossero utilizzabili in un diverso procedimento, iscritto dopo il 31 agosto 2020 a seguito di separazione da quello originario e relativo ad un reato emerso in modo casuale dagli ascolti. A tale proposito avevano fatto leva sul nuovo testo dell'art. 270 c.p.p. che ha esteso la deroga al divieto di utilizzo degli esiti delle intercettazioni eseguite in un diverso procedimento anche ai reati contemplati nel catalogo di cui all'art. 266 c.p.p. e non più solo a quelli per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. La nuova disciplina è stata ritenuta applicabile perché la data di iscrizione del nuovo procedimento, “stralciato” da quello originario, era successiva al 31 agosto 2020, sebbene le intercettazioni fossero state autorizzate in epoca precedente, nell'ambito di un procedimento che risaliva al 2017. In questo modo, tuttavia, secondo la prospettazione del ricorrente, sarebbe stata violata la disciplina transitoria che limita l'applicazione delle nuove norme che regolano le intercettazioni ai soli procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020 (art. 9 del d.lgs. n. 216 del 2017 come modificato dall'art. 1 del d.l. n. 161 del 2019 e art. 1 del d.l. n. 28 del 2020).

In ogni caso, il ricorrente ha invocato una interpretazione del nuovo testo dell'art. 270 c.p.p. alla cui stregua il riferimento ai reati di cui all'art. 266, comma 1,c.p.p., contenuto in detta disposizione, dovrebbe intendersi come la previsione di un'ulteriore condizione, aggiuntiva rispetto a quella secondo cui deve trattarsi di delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio, stante l'uso della congiunzione “e” in luogo di quella disgiuntiva “o”. In altri termini, la deroga al divieto di utilizzo delle intercettazioni in un diverso procedimento non sarebbe stata ampliata dalla legge che ha riformato l'art. 270 c.p.p., ma ristretta ai soli reati che rientrano in ambedue le categorie richiamate.

La questione

L'art. 9 del d.lgs. n. 216 del 2017, come modificato dall'art. 1 del d.l. n. 161 del 2019 e art. 1 del d.l. n. 28 del 2020, ha previsto che le norme che hanno riformato la disciplina delle intercettazioni - dunque anche il novellato art. 270 c.p.p. che ha ampliato le deroghe al divieto di utilizzo dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi - si applicano ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020.

La nuova disciplina si applica agli esiti di intercettazioni autorizzate prima della data indicata e poi confluite, dopo tale data, in un nuovo procedimento per effetto di un provvedimento di separazione?

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha ritenuto fondato il ricorso, ravvisando un'erronea interpretazione della disciplina transitoria della riforma della disciplina delle intercettazioni da parte dei giudici di merito.

In particolare, dopo aver ricostruito i plurimi interventi normativi che si sono susseguiti, è stato precisato che l'applicazione della nuova disciplina è stata posticipata «ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020». Secondo la Corte, «il riferimento alla data di iscrizione del procedimento serve solo a delimitare l'ambito di applicazione della nuova disciplina per escluderla per le autorizzazioni (di intercettazioni, n.d.r.) che, sebbene siano state disposte successivamente a tale data, sono relative a procedimenti iscritti in epoca antecedente ad essa». Al contrario, «rispetto alle intercettazioni disposte con provvedimenti autorizzativi anteriori al 31 agosto 2020, la nuova disciplina, […] non è certamente applicabile, essendo palese che per tali provvedimenti l'epoca di iscrizione del procedimento è necessariamente anteriore».

La disciplina transitoria, dunque, ha introdotto una deroga al principio generale del tempus regit actum, che regola la successione delle leggi processuali in difetto di diverse disposizioni, la quale riguarda esclusivamente i provvedimenti autorizzativi che, sebbene emessi dopo il 31 agosto 2020, sono relativi ad un procedimento penale iscritto prima di questa data.

È priva di ragionevolezza, invece, la tesi secondo cui vicende processuali successive che riguardano un procedimento penale, in particolare la separazione e la trasmissione degli atti ad altro Ufficio di Procura per ragioni di competenza, possano determinare l'applicazione del nuovo regime di utilizzabilità rispetto ai risultati di intercettazioni disposte in precedenza.

La Corte ha altresì evidenziato che solo per le intercettazioni autorizzate dopo la data del 31 agosto 2020 può sorgere il problema di individuare la normativa applicabile nel caso in cui siano correlate a procedimenti penali iscritti prima di tale data, se, per effetto di separazione e nuova iscrizione, soddisfino il criterio temporale fissato dalla disciplina transitoria. Sebbene la questione non assuma rilievo nel procedimento in esame, per una esigenza di coerenza dell'esposizione, la Corte ha sostenuto che, in tale caso, in mancanza di norme transitorie, non può che trovare applicazione il criterio temporale stabilito dalla disciplina transitoria indicata. Nel fissare l'entrata in vigore della nuova disciplina delle intercettazioni, tale disciplina ha attribuito rilevanza alla data dell'iscrizione del procedimento, a prescindere dalle vicende afferenti alla separazione e alla riunione dei procedimenti e sempre che il provvedimento di nuova iscrizione conseguente alla separazione del procedimento originario sia adottato dal pubblico ministero prima del provvedimento autorizzativo delle intercettazioni. Ne consegue «la diversificazione dei regimi di disciplina applicabili per le intercettazioni autorizzate e disposte nel procedimento iscritto prima del 31 agosto 2020 e poi confluito per separazione dopo tale data in altro e nuovo procedimento, che restano per forza di cose soggette alla vecchia disciplina, rispetto alle successive intercettazioni autorizzate dopo tale data nel nuovo procedimento iscritto dopo il 31 agosto 2020 che saranno invece soggette alla nuova normativa».

Osservazioni

1. Alla riforma della disciplina delle intercettazioni, come è noto, si è giunti all'esito di un complesso iter normativo che è partito con la legge delega n. 103 del 2017, intitolata Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario.

In attuazione dei criteri contenuti nell'art. 1, commi 82 e ss., della legge n. 103 del 2017, è stato adottato il d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, recante Disposizioni in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 82, 83 e 84, lettere a), b), c), d) ed e), della legge 23 giugno 2017, n. 103 (cd. riforma Orlando), che ha provveduto ad una complessiva riforma della disciplina delle intercettazioni.

L'art. 9 del d.lgs. n. 216 del 2017 prevede una disposizione transitoria che regola i tempi di attuazione della riforma.

Tale norma stabiliva originariamente che le disposizioni di cui agli art. 2, 3, 4, 5 e 7 del d.lgs. si applicassero alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto (che è quella del 26 gennaio 2018, cioè quindici giorni dopo la pubblicazione avvenuta in data 11 gennaio 2011). La disposizione di cui all'art. 2, comma 1, lett. b), dello stesso d.lgs., relativa alla possibilità di pubblicare l'ordinanza cautelare, invece, avrebbe dovuto acquistare efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto.

La relazione governativa giustificava questo diverso termine con la necessità di testare il nuovo modello di ordinanza cautelare che è stato introdotto dalla riforma. Nell'art. 291 c.p.p., infatti, è stato inserito un nuovo comma 1-ter secondo cui «Quando è necessario, nella richiesta sono riprodotti soltanto i brani essenziali delle comunicazioni e conversazioni intercettate». Si afferma in detta relazione che «occorre […] sperimentare sul campo l'efficacia del nuovo modello di elaborazione dell'ordinanza; sicché è opportuno che la modifica dell'articolo 114 sulla immediata pubblicabilità acquisti efficacia dopo un certo lasso temporale dall'entrata a regime delle innovazioni normative».

Le sole norme del d.lgs. n. 216 del 2017 entrate in vigore secondo i termini ordinari, pertanto, sono state quelle previste dall'art. 1, che ha introdotto il nuovo reato di Diffusione di riprese audiovisive e registrazioni di comunicazioni effettuate fraudolentemente, previsto dall'art. 617-septiesc.p. che punisce la diffusione, al fine di recare danno alla reputazione o all'immagine altrui, di riprese o registrazioni effettuate fraudolentemente, e dall'art. 6 che concerne le disposizioni per la semplificazione delle condizioni per l'impiego delle intercettazioni delle conversazioni e delle comunicazioni telefoniche e telematiche nei procedimenti per i più gravi reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.

2. Il momento in cui le nuove norme avrebbero dovuto acquistare efficacia, però, è stato progressivamente differito.

Ai sensi dell'art. 2, comma 1, del d.l. 25 luglio 2018, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2018, n. 108, in particolare, è stato stabilito che le disposizioni del d.lgs. n. 216 del 2017 si applicano alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il 31 marzo 2019.

In seguito, la legge 30 dicembre 2018, n. 145, c.d. legge di bilancio, ha prorogato al 1° agosto 2019 l'applicazione di queste norme; poi, ancora, è stato stabilito dall'art. 9, comma 2, lett. a), del d.l. 14 giugno 2019, n. 53, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2019, n. 77, che la riforma si applicano alle operazioni di intercettazioni relative ai provvedimenti autorizzativi emessi dopo il 31 dicembre 2019.

3. Nelle more della maturazione del termine per l'applicazione del decreto legislativo di riforma della disciplina delle intercettazioni, la materia è stata integralmente contro-riformata dal d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, recante modifiche urgenti alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020, n. 7, che ha modificato o abrogato diverse disposizioni del d.lgs. n. 216 del 2017.

Il nuovo intervento normativo, come è noto, ha inciso profondamente sulla c.d. “riforma Orlando”, tanto da far affermare che «di quella criticatissima novella non rimane che qualche annerita maceria» (Così F. Caprioli, La procedura di filtro delle comunicazioni rilevanti nella legge di riforma della disciplina delle intercettazioni, in Cass. pen. 2020, 1384. Negli stessi termini, sostanzialmente, L. Filippi, Intercettazioni: habemus legem!, in Dir. pen. proc. 2020, 453, secondo cui «la “riforma Orlando” […] è stata sostanzialmente abrogata dal d.l. 30 dicembre 2019, n. 161»).

Per quello che qui interessa, l'art. 1 del decreto-legge ha prorogato il termine a partire dal quale si applicano le norme del d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, modificando il contenuto della disposizione transitoria e stabilendo che tali norme si applicano ai procedimenti penali iscritti dopo il 29 febbraio 2020, termine poi spostato al 30 aprile 2020 in sede di conversione del decreto legge (mentre la disposizione di cui all'art. 2, comma 1, lett. b), dello stesso d.lgs. n. 216 del 2017, concernente la pubblicazione dell'ordinanza cautelare, avrebbe dovuto acquistare efficacia, per tutti provvedimenti, “vecchi e nuovi”, a decorrere dal 1° maggio 2020).

Con un'altra disposizione, contenuta nell'art. 2, comma 8, del d.l. n. 161 del 2019, inoltre, lo stesso decreto-legge ha differito l'applicazione di tutte le norme contenute nell'art. 2 ai procedimenti iscritti successivamente al 30 aprile 2020. Per inciso, la necessità di questa ulteriore disposizione è derivata dal fatto che l'art. 2 d.l. n. 161 del 2019 ha introdotto ulteriori norme non previste dal d.lgs. n. 216 del 2017 (ad esempio, ha modificato l'art. 415-bisc.p.p.), la cui efficacia, in mancanza di questa disposizione, non sarebbe stata differita ai procedimenti iscritti dopo il 30 aprile 2020 in base all'art. 9 del d.lgs. n. 216 del 2017 (come modificato proprio dall'art. 1 del d.l. n. 161 del 2019).

In seguito, il d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, ha nuovamente differito il termine per l'applicazione delle nuove norme, stabilendo che esse si debbano applicare ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020 (mentre l'efficacia della disposizione di cui all'art. 2, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 216 del 2017, relativa alla pubblicazione dell'ordinanza cautelare, è stata spostata al 1° settembre 2020).

4. L'art. 9 del d.lgs. n. 216 del 2017, dunque, nella versione che ha assunto dopo i plurimi interventi normativi che sono stati illustrati, prevede che la nuova disciplina delle intercettazioni si applica “ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020”.

Nonostante gli sforzi profusi, pertanto, le nuove disposizioni hanno trovano compiuta realizzazione solo quattro anni dopo il primo intervento riformatore, all'esito di un percorso che «presenta i tratti del grottesco» (così M. Gialuz, L'emergenza nell'emergenza: il decreto-legge n. 28 del 2020, tra ennesima proroga delle intercettazioni, norme manifesto e “terzo tempo” parlamentare, in Sist. pen., 1° maggio 2020).

Per effetto di questa disposizione, è stato determinato una sorta di “doppio binario” quanto ai limiti temporali per l'applicazione della disciplina del mezzo di ricerca della prova, che dipende dalla data di iscrizione del procedimento penale e non più dall'epoca di emissione del decreto di autorizzazione o di proroga delle intercettazioni come previsto dall'originaria formulazione dell'art. 9 d.lgs. n. 216 del 2017. Una piana interpretazione letterale, infatti, conduce a ritenere che, per i procedimenti iscritti fino al 31 agosto 2020, continui ad essere applicabile la disciplina previgente.

Il nuovo criterio per la determinazione della legge applicabile nel tempo ha suscitato perplessità sul piano teorico, perché non è fondato sul principio “tempus regit actum”, che invece ispirava la precedente versione della stessa disposizione la quale, come si è visto, faceva riferimento all'epoca di adozione dei decreti autorizzativi o di proroga delle intercettazioni (cfr. la Relazione dell'Ufficio del Massimario sulla riforma delle intercettazioni, reperibile in Sist. Pen. 2020, 31 marzo 2020). Nel caso di successione di leggi che incidano sui requisiti e sui presupposti legittimanti i mezzi di ricerca della prova e l'utilizzazione dei relativi elementi, in assenza di disposizioni transitorie, infatti, avrebbe operato il principio "tempus regit actum" (cfr. Cass. sez. III, n. 21451 del 29 gennaio 2015, in CED Cass. n. 263746; Cass. sez. V, n. 4408 del 22 gennaio 1998, in CED Cass. n. 211040).

Il meccanismo adottato per la determinazione dell'efficacia delle nuove norme pare sia stato consigliato da ragioni pratiche, consistenti nell'evitare la commistione di discipline diverse applicabili alle intercettazioni disposte nello stesso procedimento (cfr. la Relazione dell'Ufficio del Massimario sulla riforma delle intercettazioni, reperibile in Sist. Pen. 2020, 31 marzo 2020).

5. Anche il criterio accolto dalla disposizione transitoria, peraltro, si presta a far sorgere delicate questioni di diritto intertemporale, che puntualmente sono emerse come dimostra proprio la sentenza che è stata illustrata.

Si allude, in primo luogo, al caso in cui, nell'ambito dello stesso procedimento, all'iscrizione di un reato avvenuta prima del 31 agosto 2020, ne seguano altre, in epoca successiva a tale data aventi ad oggetto nuovi titoli di reato, per effetto di aggiornamenti dell'iscrizione iniziale.

Una simile ipotesi evoca il principio dell'autonomia di ogni iscrizione, secondo cui, nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero - salvi i casi di mutamento della qualificazione giuridica del fatto o dell'accertamento di circostanze aggravanti - deve procedere a nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato sia quando acquisisce elementi in ordine ad ulteriori fatti costituenti reato nei confronti della stessa persona, sia quando raccolga elementi in relazione al medesimo o ad un nuovo reato a carico di persone diverse dall'originario indagato; ne consegue che il termine per le indagini preliminari decorre in modo autonomo per ciascun indagato dal momento dell'iscrizione del suo nominativo nel registro delle notizie di reato e, per la persona originariamente sottoposta ad indagini, da ciascuna successiva iscrizione (Cfr. Cass. sez. VI, n. 19053 del 12 marzo 2003, in CED Cass. n. 227380; Cass. Sez. IV, n. 32776 del 6 luglio 2006, in CED Cass. n. 234822; Cass. sez. VI, n. 11472 del 2 dicembre 2009, dep. 2010, in CED Cass. n. 246525; Cass. sez. II, n. 29143 del 22 marzo 2013, in CED Cass. n. 256457; Cass. sez. II, n. 22016 del 6 marzo 2019, in CED Cass. n. 276965).

Tale principio, invero, è stato elaborato ai fini del computo del termine di durata delle indagini preliminari.

La sua eventuale estensione alla disciplina delle intercettazioni determinerebbe l'applicazione delle nuove norme per le indagini relative ai reati oggetto di iscrizione dopo il 31 agosto 2020. L'applicazione del principio dell'autonomia di ogni iscrizione di notizia di reato, insomma, determinerebbe come conseguenza che la disciplina del mezzo di ricerca della prova sarebbe diversa anche all'interno dello stesso procedimento penale, proprio quella situazione che il legislatore che ha modificato l'art. 9 del d.lgs. n. 216 del 2017 intendeva evitare.

Le difficoltà interpretative illustrate, tuttavia, secondo le linee guida adottate da diverse Procure della Repubblica, vanno superate ritenendo che, in ragione della formulazione letterale adoperata dalla disciplina transitoria (“procedimenti penali iscritti”), non debba trovare applicazione il principio dell'autonomia di ogni iscrizione, del resto stabilito dal codice di rito per il computo del termine di durata delle indagini preliminari (cfr., tra gli altri, le Linee guida della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Monza del 26/08/2020, in Sist. Pen. 7 settembre 2020).

Secondo questa interpretazione, la nuova disciplina delle intercettazioni si applica ai procedimenti penali iscritti a partire dal 1° settembre 2020, da intendersi come procedimenti iscritti per la prima volta a partire da tale data nel registro delle notizie di reato previsto dall'art. 335 c.p.p., senza che assuma alcun rilievo l'aggiornamento delle notizie di reato iscritte o l'iscrizione nel medesimo procedimento di ulteriori notizie di reato dopo la data indicata.

La formulazione letterale dalla norma è il principale dato ermeneutico che sostiene tale interpretazione. Al riguardo, è stato evidenziato che è significativo non tanto l'impiego del termine procedimento, che può assumere connotazioni diverse, ma quello di iscrizione riferito a detto procedimento, «con ciò intendendosi univocamente la formazione del fascicolo a seguito della prima iscrizione della notizia di reato ex art. 335 c.p.p.» (cfr. la circolare della Procura della Repubblica di Tivoli, intitolata Linee guida per l'applicazione della nuova disciplina delle intercettazioni, reperibile sul sito istituzionale dell'ufficio giudiziario).

Rispetto alla data della prima iscrizione del procedimento, pertanto, non hanno effetto, ai fini della determinazione della disciplina delle intercettazioni applicabile, né gli aggiornamenti o le modifiche delle iscrizioni della notizia di reato, né le nuove iscrizioni cui si dovesse procedere a seguito delle investigazioni in corso.

La soluzione proposta si lascia preferire perché permette di superare le difficoltà operative in precedenza illustrate, rivelandosi allo stesso tempo conforme alla ratio che ha ispirato la modifica della disposizione transitoria. Essa appare addirittura obbligata se si pensa alla necessità da parte del pubblico ministero di procedere al conferimento delle registrazioni e dei verbali nell'archivio delle intercettazioni, come imposto dalla legge di riforma del mezzo di ricerca della prova in esame. La necessità o meno di svolgere tale operazione non pare tollerare alcuna incertezza, né pare ipotizzabile che possa essere svolta solo in relazione alle investigazioni che riguardano taluni reati nell'ambito dello stesso procedimento.

Deve rilevarsi, infine, che tale soluzione deroga al principio tempus regit actum che regola l'applicazione delle norme processuali nel tempo. Detto principio, tuttavia, opera solo in mancanza di un'espressa regolamentazione normativa della disciplina transitoria. L'art. 9 del d.lgs. n. 216 del 2017, nella formulazione che risulta dopo le modifiche dello stesso intervenute nel 2020, costituisce proprio una espressa disciplina transitoria che deroga al principio illustrato.

6. Una delicata questione di diritto intertemporale si pone anche qualora due o più procedimenti, con una diversa data di iscrizione, per alcuni antecedente e per altri successiva al 31 agosto 2020, fossero riuniti oppure quando da un procedimento iscritto prima del 31 agosto 2020 ne scaturisca, per separazione, un altro iscritto dopo tale data, come è avvenuto proprio nel caso oggetto della sentenza illustrata (nonché della sentenza n. 47237 del 2021, emessa lo stesso giorno dalla Corte di cassazione nella medesima vicenda).

In tale pronuncia, la Corte di cassazione ha ritenuto, in modo pienamente condivisibile, che:

  • i provvedimenti autorizzativi di intercettazione emessi entro il 31 agosto 2020 sono soggetti alla disciplina precedente alla riforma, anche se, a seguito di separazione dall'originario procedimento, fossero ricompresi in nuovi procedimenti penali iscritti dopo tale data. In questa prospettiva, la nuova iscrizione determinata dallo “stralcio” non incide sulla disciplina applicabile ai provvedimenti autorizzativi di intercettazioni emessi in precedenza, che continuano ad essere soggetti alle regole previgenti;

  • la deroga al principio generale del tempus regit actum, che regola la successione delle leggi processuali, introdotta dall'art. 9 del d.lgs. n. 216 del 2017, riguarda esclusivamente i provvedimenti autorizzativi di intercettazioni che, pur se emessi dopo tale data, sono relativi ad un procedimento iscritto entro il 31 agosto 2020. Anche questi decreti autorizzativi, pur se adottati dal Gip dopo la data del 31 agosto 2020, sono soggetti alle regole previgenti, facendo parte di un procedimento iscritto prima della data indicata.

Dalla soluzione accolta deriva che la nuova disciplina dell'art. 270 c.p.p., che introduce una ulteriore deroga al divieto di utilizzo dei risultati delle intercettazioni disposte in un diverso procedimento, non possa trovare applicazione con riferimento agli esiti di captazioni autorizzate entro il 31 agosto 2020, pur se, per effetto di un provvedimento di separazione, siano contenuti in un nuovo procedimento iscritto dopo tale data.

Ciò comporta, quindi, che gli esiti delle intercettazioni saranno utilizzabili in un procedimento diverso solo se relativi a reato per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in fragranza.

7. Nella sentenza illustrata, tuttavia, seppur solo per esigenza di coerenza dell'esposizione - e, dunque, senza che il tema assumesse rilievo per la decisione del giudizio - è stato affrontato anche il profilo che pare più complesso, ancorché relativo a fattispecie che potrebbe presentarsi in modo frequente nella prassi.

Si tratta del caso in cui, in un procedimento iscritto a partire dal 1° settembre 2020 per effetto della separazione da un procedimento iscritto prima di tale data, siano disposte nuove intercettazioni.

Secondo la Corte, tale ipotesi va disciplinata considerando che la disposizione transitoria assicura rilevanza al dato formale della nuova iscrizione, con la conseguenza che sono soggette alla nuova disciplina le intercettazioni autorizzate dopo la nuova iscrizione (avvenuta, per ipotesi, dopo il 31 agosto 2020).

Ne consegue altresì che, sempre in tale caso, se nel procedimento iscritto a seguito della separazione a partire dal 1° settembre 2020 fossero confluiti esiti di intercettazioni autorizzate nel procedimento originario e poi fossero autorizzate altre intercettazioni, si determinerà una diversificazione dei regimi di disciplina applicabili: quelle precedenti alla nuova iscrizione del procedimento (cioè, quelle precedenti allo “stralcio”) continueranno ad essere soggetto alla disciplina previgente; quelle autorizzate dopo la nuova iscrizione, invece, saranno sottoposte alla legge di riforma.

L'accoglimento della soluzione proposta, invero, provocherebbe proprio quell'effetto negativo di sovrapposizione all'interno dello stesso procedimento di attività di intercettazioni regolate in parte con la vecchia disciplina e in parte con quella nuova, che potrebbe provocare difficoltà quanto alle regole applicabili in materia di deposito, acquisizione e conservazione degli atti relativi alle intercettazioni. Essa, peraltro, pare obbligata nei casi in cui la nuova iscrizione riguardi un diverso procedimento perché concernente reati che non risultano connessi, ex art. 12 c.p.p., a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta, secondo le indicazioni delle Sezioni unite (Cass. sez. unite n. 51 del 28 novembre 2019, dep. 2020, Cavallo). Diversamente potrebbe argomentarsi nel caso in cui sussistessero i presupposti indicati dalla Suprema Corte per ravvisare l'unicità del procedimento (indicazioni in tal senso sembrano espresse nella circolare della Procura della Repubblica di Perugia, intitolata “Linee guida per l'applicazione della nuova disciplina delle intercettazioni”, reperibile in Sist. Pen. 1° ottobre 2020).

8. Il ricorrente, infine, ha invocato una interpretazione del nuovo testo dell'art. 270 c.p.p. secondo cui il riferimento ai reati di cui all'art. 266, comma 1,c.p.p., contenuto in detta disposizione, debba intendersi come la previsione di un'ulteriore condizione aggiuntiva rispetto a quella secondo cui deve trattarsi di delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio, stante l'uso della congiunzione “e” in luogo di quella disgiuntiva “o”.

La deroga al divieto di utilizzo delle intercettazioni in un diverso procedimento, secondo questa prospettazione, non sarebbe stata ampliata dalla nuova legge, ma piuttosto limitata ai soli reati che rientrano in ambedue le categorie richiamate.

Su questo profilo, che non ha assunto rilievo per la decisione del procedimento, la Corte di cassazione non si è espressa nella sentenza illustrata. L'utilizzo della congiunzione “e”, tuttavia, non pare costituire argomento letterale decisivo per escludere la previsione di una doppia deroga al divieto di utilizzazione rispetto alla quale si ravvisano tracce anche nei lavori preparatori (Cfr. il parere della Commissione permanente Affari Costituzionali del Senato della Repubblica del 19 febbraio 2020 relativamente all'emendamento n. 2.219).

Guida all'approfondimento

F. Caprioli, La procedura di filtro delle comunicazioni rilevanti nella legge di riforma della disciplina delle intercettazioni, in Cass. pen. 2020, 1384.

L. Filippi, Intercettazioni: habemus legem!, in Dir. pen. proc. 2020, 453.

M. Gambardella, Entrata in vigore e profili di diritto transitorio, in G. giostra, R. Orlandi, Nuove norme in tema di intercettazioni, Torino, 2018.

M. Gialuz, L'emergenza nell'emergenza: il decreto-legge n. 28 del 2020, tra ennesima proroga delle intercettazioni, norme manifesto e “terzo tempo” parlamentare, in Sist. pen., 1° maggio 2020.

E. Marzaduri, L'applicazione delle disposizioni nel tempo, in Legislazione penale, Speciale intercettazioni.

A. Vele, Ambito d'applicazione dello strumento intercettazioni. uso dei risultati in altri procedimenti, in Legislazione penale, Speciale intercettazioni.

F. Alvino, La circolazione delle intercettazioni e la riformulazione dell'art. 270 c.p.p.: l'incerto pendolarismo tra regola ed eccezione, in Sist. Pen., 18.5.2020, 233 ss.;

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