Incendio della cosa locata e prevenzione antincendio

16 Febbraio 2022

Non può ritenersi sufficiente l'innesco a seguito di fulmine ad escludere la responsabilità del conduttore per l'incendio della cosa locata, attesa la palese violazione del dovere di custodia a suo carico. Nell'eventualità della persistente incertezza circa l'individuazione della concreta causa del danno, rimane a carico del conduttore il fatto ignoto, in quanto non idoneo ad eliminare il dubbio in ordine allo svolgimento eziologico dell'accadimento (nella specie, il fattore di innesco dell'incendio è stato individuato in un fulmine che si era abbattuto nei pressi di un capannone). A norma dell'art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 139/2006, sono soggetti ai controlli di prevenzione incendi, alla presentazione della SCIA e al rinnovo periodico della conformità antincendio, i titolari delle attività che comportino la detenzione e l'impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti atti a procurare, in caso di incendio, gravi pericoli per l'incolumità personale - a prescindere dalle attività comprese nell'elenco esemplificativo e non tassativo di cui all'appendice I allegata al d.P.R. n. 151/2011 - essendo a tal fine sufficienti le nozioni di fatto sui prodotti infiammabili, alla stregua della comune esperienza, ai sensi dell'art. 115, comma 2, c.p.c.
Massima

Non può ritenersi sufficiente l'innesco a seguito di fulmine ad escludere la responsabilità del conduttore per l'incendio della cosa locata, attesa la palese violazione del dovere di custodia a suo carico. Nell'eventualità della persistente incertezza circa l'individuazione della concreta causa del danno, rimane a carico del conduttore il fatto ignoto, in quanto non idoneo ad eliminare il dubbio in ordine allo svolgimento eziologico dell'accadimento (nella specie, l'innesco dell'incendio era stato individuato in un fulmine abbattutosi nei pressi di un capannone contenente materiale infiammabile, anche se tale circostanza non era stata confermata da alcun accertamento tecnico o istruttoria testimoniale).

Il caso

Il giorno 14 luglio 2014, successivamente al verificarsi di un fulmine abbattutosi nei pressi di locali condotti in locazione, è scaturito un incendio che ha interessato i predetti locali, essendosi accertato che immediatamente dopo l'abbattimento del fulmine, iniziava a propagarsi fumo. In particolare, durante l'intervento dei Vigili del fuoco, il conduttore ha dichiarato che all'interno dei locali venivano custodite n. 5 bombole di gpl e n. 1 bombola di acido acetilenico, entrambi notoriamente ad elevata infiammabilità. Era altresì emerso dal verbale dei V.d.F che all'interno dei locali erano custodite latte di vernice da 30 litri, non quantificabili in numero, vernice notoriamente infiammabile.

Il conduttore aveva confermato che in loco era presente acido acetilenico e alcune latte di vernice utilizzate per la patinatura ed anticatura del ferro, ma aveva negato che le bombole contenessero alcunché. Lo stesso conduttore aveva tra l'altro dichiarato che lo spazio, sottostante alla tettoia in ondolux, era utilizzato quale deposito per sedili e materiali plastici e cartacei per imballaggio.

La questione

A norma dell'art. 1588 c.c., “il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa che avvenga nel corso della locazione, anche se derivanti da incendio, qualora non provi che siano accaduti per causa a lui non imputabile. È pure responsabile della perdita e del deterioramento cagionati da persone che egli ha ammesse, anche temporaneamente, all'uso o al godimento della cosa”.

Alla stregua della disposizione richiamata, la responsabilità per la perdita o il deterioramento della cosa locata discende dalla obbligazione principale gravante sul conduttore di osservare - nell'uso e nel godimento della cosa - la diligenza del buon padre di famiglia. In virtù dell'obbligo di diligenza nella custodia: il conduttore è infatti tenuto all'adozione di tutte le misure e precauzioni idonee ad evitare la perdita e il deterioramento della cosa locata.

L'obbligo di custodia e conservazione - lungi dall'essere strumentale al solo adempimento dell'obbligo di restituzione della cosa locata - si configura come obbligazione principale e sinallagmatica, in quanto legata all'obbligo di far godere la cosa con nesso di reciprocità funzionale. Tant'è che, se il conduttore non adempie all'obbligo di custodia e conservazione e l'inadempimento non è di scarsa importanza, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento e il risarcimento dei danni, a norma degli artt. 1453 ss. c.c.

Nonostante qualche dissenso in dottrina, per l'orientamento prevalente, il conduttore - essendo tenuto alla custodia e alla conservazione della cosa - risponde alla stregua dei principi generali e quindi della perdita e del deterioramento della cosa locata, salvo provare che la perdita e il deterioramento si sono verificati per causa a lui non imputabile. In tale contesto deve collocarsi l'incendio che per nulla si differenzia da ogni altra ipotesi di perdita o di deterioramento della cosa locata, tenuto conto che, per perdita, deve intendersi la distruzione totale o parziale della cosa locata e, per deterioramento, la degradazione qualitativa o quantitativa della cosa locata, che comporta una diminuzione del godimento, riconducibile alla fattispecie della impossibilità parziale sopravvenuta della obbligazione di far godere la cosa locata (degradazione che deve essere eliminata attraverso l'esecuzione delle necessarie opere di riparazione, a norma degli artt. 1576 e 1577 c.c.).

Le soluzioni giuridiche

Alla stregua dell'art. 1588 c.c., sussiste a carico del conduttore una presunzione di colpa superabile soltanto con la dimostrazione che la causa dell'incendio, identificata in modo positivo e concreto, non sia a lui imputabile sicché, in difetto di tale prova, la causa sconosciuta o anche dubbia, della perdita o del deterioramento della cosa locata, rimane a suo carico. Con la conseguenza che non è sufficiente che il conduttore non sia stato ritenuto responsabile dell'incendio in sede penale, perché ciò non comporta di per sé l'identificazione della causa, ma occorre che questa sia nota e possa dirsi non addebitabile al conduttore (Cass.III, n. 11972/2010 e Cass.III, n. 22823/2018).

E invero, in forza della disponibilità materiale della cosa, al conduttore che acquista con il rapporto di locazione i conseguenti oneri di custodia, incombe l'obbligo di vigilare e di mantenere il controllo della cosa locata dovuto, a norma degli artt. 1588 e 1177 c.c., posto che, per tale ultima norma, l'obbligo di consegnare una cosa prevede quello di custodirla fino alla consegna. Sotto questo profilo, compete al giudice di merito accertare se lo standard di misure custodiali adottate sia, con valutazione ex ante, idoneo alla qualità e alle caratteristiche del bene locato e a tutti gli elementi di contesto, secondo la comune coscienza sociale, di cui il giudice è interprete. È necessario dunque che non vi sia stato un comportamento, quantomeno colposo, da parte del conduttore che si sia tradotto in una anche involontaria cooperazione nella produzione dell'evento, in violazione dell'obbligazione accessoria della custodia. E così, una volta esclusa la mancanza di diligenza del conduttore, affinché la sua responsabilità possa essere esclusa, deve essere positivamente accertato che il fatto sia addebitabile all'opera del terzo o comunque ad una causa esterna al conduttore, individuata in concreto. Occorre cioé che il presunto responsabile provi di aver adempiuto all'obbligo di custodia con la diligenza richiesta dal caso concreto e che il danno sia derivato da una causa esterna individuata, non riconducibile né alla sua volontà, né alla sua sfera di controllo (Cass. III, n. 15721/2015).

I principi appena enunciati sono applicabili anche all'affitto di azienda, in quanto norma generale delle locazioni non incompatibile con la disciplina specifica dell'affitto, che della locazione è una species.

Osservazioni

La pronunciadel Tribunale di Milano offre - tra l'altro - lo spuntoper approfondire la delicata questione del rapporto tra art. 1588 c.c. e normativa antincendio, particolarmente dopo la importante sentenza della Cassazione penale n. 34586/2021. Quest'ultima, a proposito delle attività soggette a denuncia antincendio e degli obblighi di denuncia antincendio dell'amministratore di un condominio con altezza superiore a 24 metri (voce 77 categoria A dell'allegato I al regolamento d.P.R.n. 151/2011), ha sancito il principio che il giudice non deve riferirsi, ai fini di prevenire il pericolo d'incendio, solo all'esistenza della centrale termica e dei box, all'interno del condominio, posto che “altri prodotti infiammabili o incendiabili atti a procurare in caso di incendio gravi pericoli per l'incolumità personale e dei beni sono anche, ad esempio, gli apparecchi alimentati a energia elettrica, funzionali alla illuminazione degli spazi comuni. È estremamente improbabile - hanno osservato gli ermellini - che un condominio, per di più relativo ad un edificio di grandi dimensioni, sia sprovvisto di tali apparecchi. Per questa ragione, la disponibilità, da parte di un condominio relativo ad un edificio di altezza superiore a 24 metri, di prodotti infiammabili o incendiabili atti a procurare, in caso di incendio gravi pericoli per l'incolumità personale e dei beni, risulta classificabile tra quelle nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza le quali, nel processo civile, a norma dell'art. 115, comma 2, c.p.c., non avrebbero bisogno di prova. E, dunque, deve ritenersi onere della parte allegare elementi concreti utili a far desumere il contrario o comunque a far nutrire un ragionevole dubbio in proposito e non limitarsi a mere enunciazioni di principio. Nel caso di specie, nell'àmbito dell'attività svolta, era estremamente improbabile che un condominio di grandi dimensioni fosse sprovvisto di apparecchi alimentati ad energia elettrica funzionali all'illuminazione degli spazi comuni, sicché - salva prova contraria atta a far nutrire ragionevoli dubbi in proposito - ben poteva ritenersi che la disponibilità di tali prodotti potesse essere classificata tra quelle nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza e che, a norma dell'art. 115, comma 2, c.p.c. non hanno bisogno di prove.

Per la richiamata sentenza n. 34586/2021, quello che conta, ai fini dell'obbligo della denuncia di attività a mezzo SCIA, non deriva tanto dall'elenco esemplificativamente dettagliato di cui all'allegato I del d.P.R.n. 151/2011, quanto invece dalla norma penale generale, di cui all'art. 20 del d.lgs. n. 139/2006 per il quale “chiunque in qualità di titolare di una delle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi ometta di presentare la segnalazione certificata di inizio attività o la richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio, è punito con l'arresto sino ad un anno o con l'ammenda da 258 a 2.582 euro quando si tratta di attività che comportano la detenzione e l'impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti da cui derivano, in caso di incendio, gravi pericoli per l'incolumità della vita e dei beni”, individuabili non solo dall'elenco di cui all'appendice I del d.P.R.n. 151/2011, ma anche dall'art. 115, comma 2, c.p.c., per il quale il giudice “può tuttavia senza bisogno di prova porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza”.

Sotto questo profilo, anche la condotta del conduttore può rientrare nell'ambito dell'obbligo della SCIA antincendio - con conseguente assoggettamento alla contravvenzione penale - posto che, nel caso affrontato dal Tribunale di Milano, il conduttore ha esercitato nei locali in affitto un'attività di lavorazione del ferro “meglio specificata nell'allegata visura camerale”, utilizzando materiale infiammabile, latte di vernice e bombole di gas (5 bombole di gpl, n. 1 di acido acetilenico, latte di vernice da 30 litri, non quantificabili nel numero), utilizzando oltretutto una tettoia in ondulux, quale deposito per sedili e materiali plastici e cartacei per imballaggio, senza aver segnalato la sua attività ai V.d.F. o aver rinnovato la richiesta di conformità antincendio. E invero, ancorché l'attività esercitata nel capannone possa non rientrare, per esempio, nell'ambito degli “stabilimenti ed impianti ove si producono e/o impiegano gas infiammabili e/o comburenti con quantità globali in ciclo superiori a 25 N metricubi 3/h” (n. 1 dell'elenco delle attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi) può tuttavia rientrare nelle categorie A B e C individuate nell'allegato I, in relazione alla dimensione dell'impresa, al settore di attività, all'esistenza di specifiche regole tecniche e alle esigenze di tutela della pubblica incolumità (art. 2 d.P.R. n. 151/2011).

Riferimenti

Provera, Locazione, in Scialoja e Branca, Commentario al codice civile, sub art. 1571;

Tabet, La locazione-conduzione, in Trattato di diritto civile commentato diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1972;

Mirabelli, Trattato di diritto civile diretto da Vassalli, Torino, 1972;

Varrone - Bucci - Triola, Nuova rassegna di giurisprudenza sul codice civile, Milano, 1994, sub art. art. 1588.

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