Regolamento - 25/06/2019 - n. 1111 art. 18 - Verifica della competenza

Rosaria Giordano

Verifica della competenza

L'autorità giurisdizionale di uno Stato membro investita di una controversia per la quale il presente regolamento non prevede la sua competenza a conoscere del merito e per la quale un'autorità giurisdizionale di un altro Stato membro è competente a conoscere del merito ai sensi del presente regolamento dichiara d'ufficio la propria incompetenza.

Inquadramento

La norma in esame prevede, non innovando rispetto alla disciplina già dettata dal Regolamento CE n. 2201/2003, che il giudice investito di una causa per la quale è privo di competenza in base al Regolamento deve dichiarare d'ufficio la propria incompetenza o, rectius, carenza di giurisdizione in favore del giudice di un altro Stato membro (cfr., tra le altre, Cass. I, n. 19004/2014).

Tale dichiarazione, a differenza di quanto previsto dagli artt. 19-20 della Convenzione di Bruxelles, prescinde dalla circostanza che il convenuto si sia regolarmente costituito e non abbia eccepito l'incompetenza (Baratta, 2004, 164; Bonomi, 320).

Il momento nel quale il giudice deve effettuare la verifica è rimesso alle legislazioni nazionali.

Nel nostro ordinamento, la disposizione di riferimento è l'art. 37 c.p.c. che, a seguito delle innovazioni di cui al d.lgs. n. 149 del 2022, prevede che il  difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti del giudice amministrativo o dei giudici speciali è rilevato anche d'ufficio nel giudizio di primo grado e che nei giudizi di impugnazione può essere rilevato solo se oggetto di specifico motivo, ma l'attore non può impugnare la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui adito.

Declinatoria di carenza di giurisdizione

Il giudice investito di una causa per la quale è privo di competenza in base al Regolamento deve dichiarare d'ufficio la propria incompetenza o, rectius, carenza di giurisdizione in favore del giudice di un altro Stato membro (cfr., tra le altre, Cass. I, n. 19004/2014, la quale ha evidenziato che, qualora il giudice ordinario abbia, in primo grado, dichiarato la propria «incompetenza» in favore del giudice straniero, la relativa sentenza non è impugnabile con il regolamento di competenza, né con il ricorso straordinario per cassazione, trattandosi di una decisione sulla «competenza internazionale» che attiene non alla ripartizione interna della competenza tra i giudici dell'ordinamento italiano, ma ad una questione di giurisdizione tra i giudici di diversi Stati).

Si è evidenziato che la disposizione in esame fonda, più in generale, l'obbligo del giudice nazionale di applicare d'ufficio il Regolamento (Pataut, in nota a Cass. fr. 25 febbraio 2005, cit., 519).

Tale dichiarazione, a differenza di quanto previsto dagli artt. 19-20 della Convenzione di Bruxelles, prescinde dalla circostanza che il convenuto si sia regolarmente costituito e non abbia eccepito l'incompetenza (Baratta, 2004, 164; Bonomi, 320).

La norma appare fondata sulla reciproca fiducia poiché la verifica della competenza è di fatto affidata esclusivamente al giudice adito, senza prevedere alcun controllo successivo da parte di autorità giurisdizionali di un altro Stato membro (Baratta, 2004, 164).

Il momento nel quale il giudice deve effettuare la verifica è rimesso alle legislazioni nazionali. Nel nostro ordinamento, la disposizione di riferimento è l'art. 37 c.p.c. che, a seguito delle innovazioni di cui al d.lgs. n. 149 del 2022, prevede che il  difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti del giudice amministrativo o dei giudici speciali è rilevato anche d'ufficio nel giudizio di primo grado e che nei giudizi di impugnazione può essere rilevato solo se oggetto di specifico motivo, ma l'attore non può impugnare la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui adito. In precedenza, lo stesso art. 37 c.p.c. stabiliva che il rilievo del difetto di giurisdizione poteva avvenire in ogni stato e grado del processo.

La portata di tale regola è rimasta ferma nell'ipotesi in esame, nella quale viene in rilievo un difetto assoluto di giurisdizione per l'appartenenza della stessa all'autorità giudiziaria di un altro ordinamento, nella sua portata «tradizionale», ossia nel senso che la possibilità di porre in discussione la giurisdizione viene meno solo a fronte di una pronuncia espressa sulla giurisdizione che non sia stata impugnata nel corso del processo.

Invero il principio per il quale l'interpretazione dell'art. 37 c.p.c., secondo cui il difetto di giurisdizione «è rilevato, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo», deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo («asse portante della nuova lettura della norma»), della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell'affievolirsi dell'idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli, sicché il giudice non può più rilevare la carenza di giurisdizione anche se sia formato un giudicato implicito sulla giurisdizione (per il quale è sufficiente che la causa sia stata decisa nel merito, anche se non si sia mai discusso della questione di giurisdizione), espresso a partire da Cass. S.U., n. 24883/2008 (in Giust. civ. 2009, I, 1, 47, con nota di Nappi) opera limitatamente alle ipotesi di difetto relativo di giurisdizione.  

Bibliografia

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