Regolamento - 25/06/2019 - n. 1111 art. 20 - Litispendenza e connessione

Rosaria Giordano

Litispendenza e connessione

1. Qualora dinanzi ad autorità giurisdizionali di Stati membri diversi e tra le stesse parti siano state presentate domande di divorzio, separazione personale dei coniugi o annullamento del matrimonio, l'autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d'ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dall'autorità giurisdizionale preventivamente adita.

2. Salvo il caso in cui la competenza di una delle autorità giurisdizionali sia esclusivamente fondata sull'articolo 15, qualora dinanzi ad autorità giurisdizionali di Stati membri diversi siano state presentate domande riguardanti la responsabilità genitoriale su uno stesso minore, aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, l'autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d'ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita.

3. Quando la competenza dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita è stata accertata, l'autorità giurisdizionale successivamente adita dichiara la propria incompetenza a favore dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita.

In tal caso, la parte che ha presentato la domanda davanti all'autorità giurisdizionale successivamente adita può promuovere l'azione dinanzi all'autorità giurisdizionale preventivamente adita.

4. Qualora sia adita l'autorità giurisdizionale di uno Stato membro al quale l'accettazione di competenza di cui all'articolo 10 conferisce competenza esclusiva, qualunque autorità giurisdizionale di un altro Stato membro sospende il procedimento fino a quando l'autorità giurisdizionale adita sulla base dell'accordo o dell'accettazione dichiara di non essere competente ai sensi dell'accordo o dell'accettazione.

5. Se e nella misura in cui l'autorità giurisdizionale accettata ha accertato la propria competenza esclusiva in base all'accettazione della competenza di cui all'articolo 10, qualunque autorità giurisdizionale di un altro Stato membro dichiara la propria incompetenza a favore della prima.

Inquadramento

La disposizione in esame regola la litispendenza e la connessione tra i procedimenti sul principio prior est in tempore, potior est in iure.

La disciplina dettata dall'art. 19 si applica non solo nei casi di vera e propria litispendenza, i.e. nelle ipotesi in cui le parti del procedimento sono le stesse e vi è un'identità di oggetto e titolo, ma anche nelle fattispecie propriamente riconducibili alla connessione per oggetto o per titolo costitutivo della domanda (ferma, naturalmente, l'identità soggettiva: cfr. Baratta, 2004, 177), ossia nelle ipotesi di litispendenza c.d. impropria (Molé 1038).

Il giudice successivamente adito sospende d'ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita ed a seguito della pronuncia affermativa sulla competenza da parte del giudice preventivamente adito, il secondo giudice dichiara la propria incompetenza in favore dello stesso (in senso critico Baratta, 2004, 180).

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno precisato, con riguardo all'art. 19 Regolamento CE 2201/2003, nella parte generale di contenuto analogo alla norma in esame, che l'autorità giudiziaria adita successivamente deve dichiarare la propria incompetenza a favore dell'autorità giudiziaria già investita della stessa questione o di questione connessa, restando tuttavia ferma la possibilità di emettere ai sensi dell'art. 20 provvedimenti di urgenza (Cass. S.U., n. 22238/2009, in Dir. fam. 2010, n. 1, 26, con nota di Ruo).

Premessa

La previsione di una disciplina della litispendenza comunitaria da parte dell'art. 11 del Regolamento n. 1347/2000 prima, poi dell'art. 19 del Regolamento n. 2201/2003 e, infine, della disposizione in commento ha costituito una importante novità in quanto la Convezione dell'Aja del 1970 non regolava la questione della litispendenza internazionale ed anche in virtù dell'art. 9, secondo cui il riconoscimento poteva essere rifiutato nel caso di incompatibilità con una decisione anteriore sullo status coniugale resa nello Stato richiesto, il sistema di fatto incitava le parti all'instaurazione di procedimenti paralleli in più Stati nella speranza di ottenere una decisione ostativa al riconoscimento della sentenza emanata all'estero (cfr. Bonomi, 320).

La finalità della disposizione in commento è proprio prevenire o eliminare i procedimenti paralleli in una materia, come quella considerata, nella quale ciò avviene molto spesso (Lupoi, 2001, 137). L'obiettivo, come esplicitato anche in relazione all'art. 11 del Regolamento CE n. 1347/2000 da parte della Relazione Borrás, è attenuare il rischio di decisioni confliggenti, anche per consentire una più efficace circolazione delle decisioni nello spazio giudiziario europeo.

Principio di prevenzione

La disposizione è fondata – analogamente all'art. 39 c.p.c. nonché all'art. 27 della Convenzione di Bruxelles del 1968 – sul principio prior est in tempore, potior est iniure (Baratta, 2004, 177): è quindi il giudice successivamente adito che sospende il procedimento pendente dinanzi a sé, in attesa della decisione del primo giudice sulla questione (in arg. v. Lupoi, 2001, 138). Se quest'ultimo si ritiene competente, infatti, il giudice successivamente adito dichiara d'ufficio la propria incompetenza e la domanda proposta davanti allo stesso può essere proposta al primo giudice; nel caso opposto, il giudice successivamente adito può riprendere il proprio procedimento (cfr. Molè, 1038, la quale osserva che, pertanto, ciascun giudice può decidere soltanto sulla propria competenza e non anche su quella di un altro giudice).

Il meccanismo prefigurato opera anche nell'ipotesi di plurimi procedimenti sulla responsabilità genitoriale, tranne che la competenza di una delle autorità giurisdizionali sia limitata all'emanazione di provvedimenti provvisori e cautelari di cui all'art. 15, ipotesi nelle quali troverà applicazione la relativa disciplina (v. Comm.).

In virtù della giurisprudenza relativa al Regolamento n. 44/2011 (oggi sostituito dal Regolamento UE n. 1215/2012) in tema di giurisdizione e riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale, deve ritenersi che non determini la pendenza della lite il deposito di un ricorso cautelare. Invero, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha recentemente chiarito che L'art. 27, § 1, e l'art. 30, punto 1, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, devono essere interpretati nel senso che, in caso di litispendenza, la data di avvio di un procedimento volto a ottenere una misura istruttoria prima del processo non può costituire la data in cui «è considerato adito», ai sensi di detto art. 30, punto 1, un giudice chiamato a statuire su una domanda nel merito, presentata nello stesso Stato membro in seguito al risultato di detta misura (CGUE II, 4 maggio 2017, n. 29, in Ilprocessocivile.it con nota di D'Alessandro).

Nozione di litispendenza e connessione

Si era rilevato, nella vigenza del Regolamento n. 1347/2000, che lo stesso, all'art. 11, accedeva a una nozione molto ampia di litispendenza, non limitata alle domande aventi medesimo oggetto e titolo, bensì estesa alle diverse domande di separazione, divorzio ed annullamento del matrimonio, purché proposte dalle stesse parti (Bonomi, 321).

L'art. 19 del Regolamento n. 2201/2003, pur prevedendo in concreto la stessa disciplina, era quindi – con una scelta confermata in seguito dalla norma in esame – più opportunamente rubricato «litispendenza e connessione», poiché la relativa disciplina si applica non soltanto ai casi di vera e propria litispendenza, i.e. alle ipotesi nelle quali le parti del procedimento sono le stesse e vi è un'identità di oggetto e titolo, ma anche a fattispecie più propriamente riconducibili alla connessione per oggetto o per titolo costitutivo della domanda (ferma, naturalmente, l'identità soggettiva: cfr. Baratta, 2004, 177), ossia ad ipotesi di litispendenza c.d. impropria (Molé, 1038).

Più in generale, autorevole dottrina, già con riferimento alla disciplina della litispendenza nella Convenzione di Bruxelles del 1968, aveva osservato che in tale ambito deve essere posta fuori dall'indagine la teoria dell'individuazione delle azioni, poiché il criterio da assumere deve essere ravvisato nella ricerca concreta e pragmatica, valutando se l'azione straniera possa valere come ragionevole equivalente della tutela perseguibile con l'azione italiana prevenuta e se possa ravvisarsi un congruo grado di succedaneità pratica e di omologia giuridico-funzionale (Consolo, 48 ss.).

Tra le ipotesi di litispendenza c.d. impropria rientrano la connessione tra la domanda di divorzio proposta da uno dei coniugi in uno Stato membro e la domanda di annullamento del medesimo matrimonio proposta dall'altro coniuge in un diverso Stato membro.

Secondo una diversa prospettazione, già l'art. 11 dell'abrogato Regolamento n. 1347/2000 – e quindi le norme successive, come quella in esame – sarebbe stato applicabile anche nelle ipotesi di «falsa litispendenza», ossia non riconducibili a forme di connessione per oggetto o per titolo. Con diretto riguardo al sistema italiano si è infatti evidenziato che la giurisprudenza interna non ritiene connesse le domande di separazione personale e di divorzio (Lupoi, 2002, 794).

In senso sostanzialmente consonante con detta impostazione, in sede applicativa si è affermato che non è consentito ad un giudice dotato di competenza limitata alla conoscenza sommaria di una porzione soltanto della controversia (quale il presidente del tribunale, investito dei poteri di cui all'art. 708 c.p.c.) di definire l'intero processo con una declaratoria di litispendenza (App. Catania, 21 luglio 2011, in Dir. fam. pers. 2013, n. 3, 915, con nota di Castelli).

Nella giurisprudenza di merito si è osservato che, in tema di litispendenza internazionale in materia matrimoniale, per determinare se sussista o meno una situazione di litispendenza, non è necessario che vi sia l'identità di causa e di oggetto delle domande proposte dinanzi ad autorità giurisdizionali di Stati membri diversi: infatti, le due cause, pur avendo le medesime parti, possono avere oggetto distinto, purché vertano comunque sulla separazione personale, sul divorzio o sull'annullamento del matrimonio. Pertanto, vi può essere litispendenza anche quando sono instaurati dinanzi a due autorità giurisdizionali di Stati membri diversi un procedimento di separazione personale dinanzi a una di esse e un procedimento di divorzio dinanzi all'altra (Trib. Milano, sez. IX, 24 febbraio 2017, in Ilfamiliarista.it 29 marzo 2017).

Diversamente, un'altra parte della giurisprudenza di merito ha ritenuto che non ricorre un'ipotesi di litispendenza internazionale tra il giudizio di separazione e quello di divorzio, che hanno petitum e causa petendi diversi (Trib. Messina, 16 gennaio 2016, in Ilfamiliarista 7 luglio 2016).

Quanto alle cause in tema di responsabilità genitoriale le stesse devono aver riguardo al medesimo oggetto o titolo, quindi essere riconducibili allo stesso rapporto giuridico (Cass. III, n. 11185/2007).

In dottrina si è quindi evidenziato che potrebbe ammettersi, sulla scorta di una nozione più restrittiva di litispendenza ai sensi della disposizione in esame, la contemporanea pendenza di giudizi in Stati diversi in materia di potestà genitoriale, purché aventi un diverso oggetto (cfr. RIMINI, 547, il quale adduce l'esempio della contemporanea pendenza di un giudizio sull'affidamento e sul diritto di visita e di un processo in materia di decadenza e di limitazione della potestà genitoriale).

Sospensione del procedimento da parte del giudice successivamente adito

Il giudice successivamente adito sospende d'ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita. Poiché in caso di litispendenza internazionale la sospensione del procedimento instaurato successivamente deve essere disposta in modo obbligatorio, non è richiesta una motivazione specifica in ordine alle ragioni per le quali il giudice del merito abbia ritenuto di disporre la sospensione (Cass. S.U., n. 21108/2012).

Proprio l'obbligatorietà della sospensione comporta, inoltre, che nell'ipotesi di contemporanea pendenza, dinanzi a giudici di diversi paesi dell'Unione europea, di due giudizi di divorzio o separazione personale dei coniugi, il giudice italiano che sia stato successivamente adito è tenuto a sospendere il procedimento fino all'accertamento della competenza dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita, di modo che, nel processo dinanzi a lui pendente, è inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione (Cass. S.U., n. 19665/2020).

La formulazione letterale della disposizione, ovvero l'utilizzo del termine «sospende», sembra postulare si tratti di un'ipotesi di sospensione necessaria del processo (cfr. Uccella, 326).

La S.C. ha affermato, inizialmente, che contro il provvedimento del giudice italiano di sospensione del processo ai sensi dell'art. 11 § 2 Regolamento 1347/2000, era inammissibile il regolamento di giurisdizione, mentre era esperibile il regolamento necessario di competenzaexart. 42 c.p.c. (cfr. Uccella, 326). Secondo questa impostazione interpretativa, infatti, l'accertamento della litispendenza internazionale non pone, secondo la giurisprudenza, una questione di giurisdizione bensì concreta meramente un'ipotesi di sospensione necessaria del processo e, per questo, il relativo provvedimento è impugnabile con regolamento di competenza (Cass. n. 8748/2004), i.e. con lo strumento che, a seguito della riforma operata dalla l. n. 353/1990, è dato nel nostro ordinamento per impugnare le decisioni con le quali è sospeso il processo ex art. 295 c.p.c.

Peraltro, con due più recenti ordinanze, le Sezioni Unite della Corte di cassazione, sia pure in relazione al Regolamento CE n. 44/01 del Consiglio del 22 dicembre 2000 (art. 27), hanno sancito il diverso principio per il quale «nel caso di litispendenza internazionale, il giudice successivamente adito deve sospendere il processo fino a che quello adito per primo non abbia affermato la propria giurisdizione», è pur vero che, in tal modo, non si «disciplina una ipotesi di sospensione necessaria, ma una questione di giurisdizione, comportando un difetto temporaneo di quest'ultima in quanto sostanzialmente volta a privare il giudice successivamente adito della sua «potestas iudicandi» sino a che non sia compiuto l'accertamento della competenza del giudice preventivamente adito» (Cass. S.U., ord. 8 giugno 2011, n. 12410; Cass.S.U.,ord. 2 agosto 2011, n. 16862).

In tale contesto, un'ordinanza della I Sezione civile della S.C. aveva rimesso al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione, ritenuta di massima di particolare importanza, relativa alla qualificazione della litispendenza internazionale come ipotesi di sospensione necessaria, ovvero come questione di giurisdizione (Cass. VI-1, ord. n. 8619/2016).

Sulla detta questione, le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass. S.U., n. 30877/2017) hanno chiarito che il principio per il quale il provvedimento di sospensione del giudizio a seguito del rilievo della ricorrenza di litispendenza internazionale non pone una questione di giurisdizione, essendo, viceversa, ammissibile il regolamento necessario di competenza, previsto dall'art. 42 c.p.c., quale rimedio offerto alla parte al fine di verificare la legittimità di un provvedimento che, incidendo sulla durata del processo, può pregiudicare la tutela del diritto fatto valere.

In termini generali, la Corte di Giustizia ha precisato che quando l'autorità giurisdizionale adita successivamente, nonostante gli sforzi profusi per informarsi presso la parte che eccepisce la litispendenza, presso l'autorità giurisdizionale preventivamente adita e l'autorità centrale, non dispone di alcun elemento che permetta di determinare l'oggetto e il titolo di una domanda introdotta dinanzi ad un'altra autorità giurisdizionale e che sia diretto in particolare a dimostrare la competenza di quest'ultima conformemente al Regolamento CE 2201/2003, e, a causa di particolari circostanze, l'interesse del minore richieda l'adozione di una pronuncia che possa essere riconosciuta in Stati membri diversi da quello dell'autorità giurisdizionale successivamente adita, tale autorità giurisdizionale è tenuta, decorso un termine ragionevole perché sia data risposta ai suoi quesiti, a proseguire l'esame della domanda di cui è stata investita; la durata di tale periodo di tempo ragionevole deve tener conto dell'interesse superiore del minore nelle specifiche circostanze della controversia (CGUE II, 9 novembre 2010, n. 296, in Foro it. 2011, IV, 260, con nota di De Marzo).

Il § 3 della norma in esame stabilisce che quando la competenza dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita è stata accertata, l'autorità giurisdizionale successivamente adita dichiara la propria incompetenza a favore dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita (in arg., rispetto all'art. 19 del Regolmento CE n. 2201/2003, Baratta, 2004, 180).

In tal caso, la parte che ha presentato la domanda davanti all'autorità giurisdizionale successivamente adita può promuovere l'azione dinanzi all'autorità giurisdizionale preventivamente adita. La disposizione è considerata rivoluzionaria in dottrina, poiché consente il trasferimento della seconda azione all'interno del primo processo anche quando, in base alla lex fori, nessuna domanda potrebbe essere più presentata, per lo stato avanzato del procedimento, all'interno dello stesso (cfr. Lupoi, 2002, 795 s., il quale non trascura i problemi che possono sorgere qualora la prima causa nella quale viene trasferita la seconda sia già matura per la decisione).

Tuttavia, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha precisato, rispetto all'art. 19 del Regolamento CE n. 2201/2003, che, nei casi di procedimenti di separazione personale e di divorzio instaurati tra le stesse parti in due diversi Stati membri, le condizioni affinché sussista litispendenza non sono soddisfatte nell'ipotesi in cui il procedimento dinanzi alla prima autorità giurisdizionale si sia estinto dopo l'adizione della seconda autorità (CGUE, sez. III, 6 ottobre 2015, n. 489).

La S.C. aveva rimesso alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea due quesiti pregiudiziali in ordine all'interpretazione dello stesso art. 19 del Regolamento c.d. Bruxelles II bis, in ordine alle conseguenze della violazione delle disposizioni dettate dalla stessa. In particolare, mediante tale ordinanza, la Corte di cassazione ha sottoposto alla Corte di giustizia i seguenti quesiti: a) se la violazione delle regole sulla litispendenza, contenute nei §§ 2 e 3 dell'art. 19 del Regolamento n. 2201 del 2003, incida esclusivamente sulla determinazione della competenza giurisdizionale, con conseguente applicazione dell'art. 24 del Regolamento CE n. 2201 del 2003, o, al contrario, possa costituire motivo ostativo al riconoscimento nello Stato membro, la cui autorità giurisdizionale sia stata preventivamente adita, della pronuncia assunta nello Stato membro, la cui autorità giurisdizionale sia stata successivamente adita, sotto il profilo dell'ordine pubblico processuale, tenuto conto che l'art. 24 del Regolamento CE n. 2201 del 2003 richiama soltanto le regole determinative della competenza giurisdizionale contenute negli artt. da 3 a 14, e non il successivo art. 19; b) se l'interpretazione dell'art. 19 del Regolamento n. 2201 del 2003, inteso solo come criterio determinativo della competenza giurisdizionale, contrasti con la nozione eurounitaria della litispendenza nonché con la funzione e con la finalità della norma, volta a dettare un insieme di regole inderogabili, di ordine pubblico processuale, a garanzia della creazione di uno spazio comune caratterizzato dalla fiducia e dalla lealtà processuale reciproca tra gli Stati membri, all'interno del quale possa operare il riconoscimento automatico e la libera circolazione di decisioni (Cass. I, ord. n. 15183/2017).

Conseguenze della violazione della norma

Con riferimento a tali quesiti, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha chiarito che le norme sulla litispendenza di cui all'art. 27 del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e all'art. 19 del regolamento(CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, devono essere interpretate nel senso che, qualora, nell'ambito di una controversia in materia matrimoniale, di responsabilità genitoriale o di obbligazioni alimentari, l'autorità giurisdizionale successivamente adita abbia adottato, in violazione di tali norme, una decisione poi divenuta definitiva, esse ostano a che le autorità giurisdizionali dello Stato membro cui appartiene l'autorità giurisdizionale preventivamente adita neghino, per questo solo motivo, il riconoscimento di tale decisione (CGUE I, 16 gennaio 2019, in causa C-386/2017).

Alla richiamata pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione europea si è subito adeguata la giurisprudenza di legittimità (v., in senso conforme, Cass., 17 maggio 2019, n. 13412).

Provvedimenti cautelari e d’urgenza

Pur in assenza di espressa regolamentazione in parte qua, nella vigenza dell'art. 19 del Regolamento CE n. 2201/2003, si era osservato che non sussiste in ogni caso litispendenza tra procedimenti che conducono all'adozione di provvedimenti cautelari (Uccella, 326).

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in termini analoghi, avevano precisato che nei casi di litispendenza e di connessione, ai sensi dell'art. 19 Regolamento CE 2201/2003, l'autorità giudiziaria adita successivamente deve dichiarare la propria incompetenza a favore dell'autorità giudiziaria già investita della stessa questione o di questione connessa, restando tuttavia ferma la possibilità di emettere ai sensi dell'art. 20 provvedimenti di urgenza (Cass. S.U., n. 22238/2009, in Dir. fam. 2010, n. 1, 26, con nota di Ruo).

Con riferimento ai procedimenti sulla responsabilità genitoriale, la norma in esame ha espressamente previsto che le disposizioni sulla litispendenza e connessione non operano quando la competenza di una delle autorità giurisdizionali sia limitata all'emanazione di provvedimenti provvisori e cautelari di cui all'art. 15.

Litispendenza e deroga convenzionale della competenza

Carattere innovativo hanno gli ultimi due commi della norma in esame. Invero, il § 4 precisa che nell'ipotesi in cui sia adita l'autorità giurisdizionale di uno Stato membro al quale l'accettazione di competenza di cui all'articolo 10 conferisce competenza esclusiva, qualunque autorità giurisdizionale di un altro Stato membro sospende il procedimento fino a quando l'autorità giurisdizionale adita sulla base dell'accordo o dell'accettazione dichiara di non essere competente ai sensi dell'accordo o dell'accettazione.

Pertanto, precisa il § 5, se e nella misura in cui l'autorità giurisdizionale accettata ha accertato la propria competenza esclusiva in base all'accettazione della competenza di cui all'articolo 10, qualunque autorità giurisdizionale di un altro Stato membro dichiara la propria incompetenza a favore della prima.

In sostanza, la presenza di una competenza esclusiva in virtù della proroga convenzionale della competenza comporta una deroga al generale principio di prevenzione (Biagioni 2019, 1174).

Bibliografia

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