Regolamento - 25/06/2019 - n. 1111 art. 7 - Competenza generale

Rosaria Giordano

Competenza generale

1. Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono adite.

2. Il paragrafo 1 del presente articolo si applica fatti salvi gli articoli da 8 a 10.

Inquadramento

La più importante novità introdotta dal Regolamento n. 2201/2003 rispetto al Regolamento n. 1347/2000 era costituita dall'estensione dell'ambito di applicazione dello stesso a tutte le cause relative alla responsabilità genitoriale, a prescindere da eventuali nessi con controversie matrimoniali intercorrenti tra i genitori del minore: questa scelta è stata confermata dal Regolamento in esame.

L'art. 7 individua, in conformità al principio di vicinanza o di prossimità, richiamato nello stesso Preambolo del Regolamento Bruxelles III bis, e già indicato nell'art 1 della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, nella «residenza abituale» il titolo di giurisdizione che in via generale – ovvero fatta salva l'applicazione in particolari fattispecie dei criteri speciali dettati dalle disposizioni immediatamente successive – determina la giurisdizione di uno Stato membro nelle cause relative alla responsabilità genitoriale. Tale criterio si è invero progressivamente affermato, su un piano più generale, nel diritto internazionale rispetto a quello precedente della cittadinanza (Ancel-Muir Watt, 1995, 579 ss.).

La Corte di Giustizia aveva chiarito – con conclusioni che possono essere riproposte, stante l'analogo tenore rispetto alla norma in commento – che la nozione di «residenza abituale», ai sensi dell'art. 8, n. 1, del Regolamento n. 2201/2003, deve essere interpretata nel senso che tale residenza non può essere determinata tenendo conto della normativa interna dei singoli Stati Membri e corrisponde al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare: a tal fine, si deve in particolare tenere conto della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato (CGUE, 2 aprile 2009, n. 523, in Riv. dir. proc. 2010, n. 2, 461, con nota di Gozzi ed in Fam. e dir. 2009, n. 10, 876, con nota di Astiggiano).

Premessa

La novità più significativa del Regolamento n. 2201/2003 rispetto al previgente Regolamento n. 1347/2000 era stata l'estensione dell'ambito di applicazione dello stesso a tutte le cause relative alla responsabilità genitoriale.

Il Regolamento 1347/2000 trovava infatti applicazione soltanto quando ricorrevano congiuntamente tre condizioni, ovvero i provvedimenti sulla potestà dei genitori dovevano essere adottati in occasione di una causa matrimoniale, i minori erano figli avuti in comune dalla coppia, il figlio di cui si trattava era residente in uno Stato membro (in arg. Oberto, 384). Nelle ipotesi in cui il Regolamento 1347/2000 non era applicabile, la competenza per adottare i provvedimenti relativi alla potestà dei genitori doveva pertanto essere determinata in base alle regole di diritto internazionale privato oppure ad eventuali Convenzioni internazionali in vigore nello Stato interessato (Oberto, 385).

La scelta di disciplinare anche le controversie in materia di responsabilità genitoriale è rimasta ferma con l'emanazione del Regolamento in commento.

Criterio generale di collegamento della giurisdizione in materia di responsabilità genitoriale

L'art. 7 del Regolamento UE n. 1111/2019, ponendosi nel medesimo solco dell'art. 8, § 1, del Regolamento CE n. 2201/2003 (e già dell'art. 1 della Convenzione dell'Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori), individua, in coerenza con il criterio di vicinanza o prossimità, nella «residenza abituale» il titolo di giurisdizione che, in via generale, ovvero fatta salva l'applicazione in particolari fattispecie dei criteri speciali dettati dalle disposizioni immediatamente successive, determina la giurisdizione di uno Stato membro nelle cause relative alla responsabilità genitoriale (Magrone 353).

In sostanza, i titoli di giurisdizione-competenza sono modellati in base al criterio della prossimità nell'interesse superiore del minore: di qui la residenza abituale è, almeno in astratto, il titolo più idoneo a garantire la tutela di detto interesse (Carpaneto, 959).

La nozione di residenza abituale del minore è mutuata dall'art. 3 della Convenzione dell'Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, la quale pure non definisce tuttavia la stessa (cfr. Astiggiano, 886 ss.).

Questa scelta è stata confermata dalla disposizione in commento, in sede di revisione dell'art. 8 del Reg. CE n. 2201/2003, al fine di non trasformare una nozione di tipo fattuale in una nozione di tipo giuridico e quindi di facilitare la libera circolazione delle persone e la loro integrazione nei nuovi Paesi (Carpaneto, 958).

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, al fine di dare compiuta e generale applicazione a tale fondamentale criterio di collegamento della c.d. giurisdizione-competenza, hanno affermato che In tema di giurisdizione sulle domande relative alla responsabilità genitoriale in ambito UE, qualora non vi sia coincidenza tra lo Stato di residenza abituale del minore, ove si trova l'autorità giudiziaria chiamata a decidere su tali domande, e lo Stato in cui è stato instaurato il giudizio di separazione, il superiore e preminente interesse del minore impone di privilegiare il criterio della vicinanza, tenendo separati i due giudizi, atteso che, come chiarito dalla Corte di giustizia UE, nella sentenza del 16 luglio 2015, in causa C-184-14, il Regolamento (CE) n. 2201 del 2003 (cd. Regolamento Bruxelles II bis) disciplina tutte le decisioni in materia di responsabilità genitoriale indipendentemente da qualsiasi nesso con i procedimenti matrimoniali, operando un'espressa distinzione tra il contenzioso che attiene al divorzio, alla separazione personale o all'annullamento del matrimonio e il contenzioso che riguarda l'attribuzione, l'esercizio, la delega o la revoca della responsabilità genitoriale, al quale soltanto è accessoria la vertenza sugli obblighi alimentari in favore del minore, ai sensi dell'art. 3, lett. d), del Regolamento CE n. 4 del 2009 (Cass. S.U., n. 28329/2019).

È opportuno che, ferme le valutazioni correlate alle peculiarità della casistica concreta, della nozione si dia un'interpretazione uniforme per evitare che i giudici di ciascuno Stato membro riconoscano o declinino la propria giurisdizione sulle stesse basi (Lamont, 261 ss) e che questo favorisca fenomeni di forum shopping (Salerno, 74).

Sulla questione è intervenuta la Corte di Giustizia dell'Unione Europea con conclusioni che, per l'analogo tenore della norma rispetto alla corrispondente previsione del Reg. CE n. 2201/2003, appaiono applicabili anche alla disposizione in esame, evidenziando che la nozione di «residenza abituale», ai sensi dell'art. 8, n. 1, del regolamento n. 2201/2003, deve essere interpretata nel senso che tale residenza non può essere determinata tenendo conto della normativa interna dei singoli Stati Membri e corrisponde al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare: a tal fine, si deve in particolare tenere conto della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato. Spetta al giudice nazionale stabilire la residenza abituale del minore, considerando le peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni fattispecie concreta (CGUE 2 aprile 2009, n. 523, in Riv. dir. proc. 2010, n. 2, 461, con nota di Gozzi ed in Fam. e dir. 2009, n. 10, 876, con nota di Astiggiano).

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno anch'esse evidenziato che la devoluzione delle controversie in materia di affidamento e di determinazione delle modalità di visita al giudice del luogo di residenza abituale del minore (Cass. S.U., n. 22238/2009), realizza l'interesse preminente dello stesso alla tendenziale concentrazione di tutte le azioni giudiziarie che lo riguardano, quanto meno all'interno del conflitto familiare, presso il giudice dello stato membro cui deve essere attribuita, sulla base del criterio della residenza abituale, la competenza giurisdizionale in tema di responsabilità genitoriale. Le Sezioni Unite hanno infatti sottolineato che la vicinanza o prossimità al luogo di residenza abituale del minore consentono una conoscenza «degli elementi essenziali per la valutazione della sua domanda (Cass. S.U. , n. 27091/2017).

L'attribuzione della competenza al giudice del luogo di residenza abituale del minore ha carattere esclusivo e inderogabile (Cass. S.U., n. 27160/2020).

Per altro verso, la Corte di Giustizia dell'Unione europea, nella medesima prospettiva, ha chiarito che la giurisdizione per le controversie sul diritto di visita spettante nei confronti dei nipoti deve essere incardinata anche dai nonni nello Stato presso il quale il minore aveva la residenza abituale al momento della proposizione della domanda (CGUE, I, 31 maggio 2018, n. 335).

Nella giurisprudenza nazionale e straniera prevale la posizione per la quale, ai fini dell'individuazione del luogo di residenza abituale, il dato fattuale deve prevalere su quello anagrafico, dovendosi fare riferimento al luogo che costituisce il centro di vita del minore, ai suoi effettivi legami sociali e familiari, non solo parentali, e all'elemento temporale, in considerazione degli effetti del trascorrere del tempo sul consolidamento delle consuetudini di vita e sul radicamento ambientale a seguito di una stabile e continua permanenza in un determinato luogo (cfr. Salzano, 226).

Invero, come precisato già in sede di interpretazione dell'art. 3 della Convenzione dell'Aja del 1980, la nozione di residenza abituale, rispetto all'ordinamento interno, non può coincidere né con quella di domicilio di cui all'art. 43, comma 1, c.c. né con quella formale di residenza (v., tra le altre, Cass. n. 13167/2004).

Le Sezioni Unite hanno più recentemente chiarito che, in tema di responsabilità genitoriale, al fine di individuare la competenza giurisdizionale, occorre attribuire rilievo – per principio generale – al criterio della residenza abituale del minore al momento della domanda, intendendo come tale il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale, e non quello risultante da un calcolo puramente aritmetico del vissuto (Cass. S.U., n. 5418/2016: nella specie, applicando l'enunciato principio, la S.C. ha ritenuto corretta la motivazione del giudice di merito, per la quale doveva considerarsi abitualmente residente in Brasile il minore che vi aveva vissuto fra i tre e i sei anni di età, periodo intensamente relazionale, con un intervallo di appena sei mesi, trascorso in Italia).

Le Sezioni Unite hanno altresì chiarito che, per individuare la residenza abituale di un minore di tenera età (nella specie, 2 anni), necessaria per la scelta del Giudice competente, si devono valorizzare indicatori di natura proiettiva, quali l'iscrizione all'asilo in un determinato Paese, l'incardinamento in tale sistema pediatrico (cfr. Cass. S.U., n. 8042/2018, per le quali altri elementi, come i periodi non brevi trascorsi dal minore in un altro Paese sono, invece, da considerarsi ‘recessivi' rispetto a quelli sopra indicati).

In sostanza, la residenza abituale corrisponde ad una situazione di fatto, dovendo per essa intendersi il luogo nel quale il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, derivanti dallo svolgersi in detta località della sua quotidiana vita di relazione, i.e. il luogo dove il minore custodisce e coltiva i suoi più radicati e rilevanti legami affettivi ed i suoi reali interessi ed il cui accertamento è riservato all'apprezzamento del giudice di merito (Liuzzi, 887).

Di conseguenza, in giurisprudenza sono stati ritenuti irrilevanti tanto l'eventuale diversa residenza anagrafica del minore (Cass. n. 19544/2003), quanto il luogo in cui lo stesso si trovi a seguito di trasferimenti di carattere contingente e transitorio o il luogo in cui abiti occasionalmente al momento della proposizione della domanda, ad esempio per un periodo di vacanza (Cass. n. 558/1982).

Il parametro di riferimento è, in sostanza, quello della c.d. residenza affettiva (Corbetta), intesa come luogo dove il minore può svolgere pienamente ed accrescere la propria personalità e con il quale ha il rapporto, non solo materiale, ma anche e soprattutto affettivo, più stretto, in cui può coltivare quel supremo interesse che deve sempre essere alla base di ogni decisione che riguardi i minori (cfr. Astiggiano, 877 ss., il quale esclude che esista un parametro per valutare in assoluto la sussistenza o meno della residenza abituale, ma occorre che i giudici del merito effettuino volta per volta una valutazione unica e personalizzata sul singolo minore). In tale prospettiva, la nozione di residenza abituale assume contorni aperti e la determinazione della stessa deve avvenire di volta in volta alla luce di un'interpretazione sistematica del Regolamento ed, in particolare, tenendo conto degli obiettivi fissati dal dodicesimo considerando, per il quale le regole di competenza si informano all'interesse del minore ed, in particolare, al criterio di vicinanza (Gozzi, 462).

In una recente decisione, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha fornito peraltro importanti precisazioni in ordine all'individuazione della residenza abituale del minore ai fini della determinazione della cd. giurisdizione-competenza ai sensi della disposizione in commento. Più in particolare, la Corte di Giustizia, ha ribadito che la residenza abituale del minore corrisponde al luogo in cui si trova di fatto il centro della sua vita e che spetta al giudice nazionale determinare il luogo in cui si trovava tale centro al momento della proposizione della domanda concernente la responsabilità genitoriale nei confronti del minore, e ha sottolineato che ciò deve avvenire sulla base di un complesso di elementi di fatto concordanti (CGUE V, 28 giugno 2018, n. 512, la quale, rispetto alla fattispecie concreta esaminata, ha evidenziato che costituiscono, congiuntamente, circostanze determinanti: il fatto che il minore, dalla nascita fino alla separazione dei genitori, abbia generalmente abitato con questi ultimi in un determinato luogo; la circostanza che il genitore che esercita di fatto, dopo la separazione della coppia, la custodia del minore continui a vivere quotidianamente con quest'ultimo in tale luogo e ivi eserciti la sua attività professionale, la quale si inserisce nell'ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed il fatto che il minore, in questo luogo, abbia contatti regolari con l'altro genitore, che continua a risiedere nel medesimo luogo. Per contro, nello stesso caso esaminato, la Corte ha ritenuto che non possono essere considerate circostanze determinanti: i soggiorni che, in passato, il genitore che esercita la custodia effettiva del minore ha effettuato con quest'ultimo nel territorio dello Stato membro di cui detto genitore è originario nell'ambito dei suoi congedi o dei periodi festivi; le origini del genitore in questione, i conseguenti legami culturali del minore con questo Stato membro e i suoi rapporti con la famiglia che risiede in detto Stato membro e l'eventuale intenzione di detto genitore di stabilirsi in futuro con il minore in questo stesso Stato membro).

Tuttavia, la stessa Corte di Giustizia ha precisato che la disposizione espressa dall'art. 8, § primo, del Regolamento CE n. 2201/2003 (e ora dalla norma in commento) va interpretata nel senso che un minore deve essere stato fisicamente presente in uno Stato membro perché possa essere considerato come residente abitualmente in questo Stato (CGUE, sez. I, 17 ottobre 2018, n. 393, la quale ha precisato che non assumono a riguardo rilevanza, anche ove dimostrate, circostanze quali, da un lato, la coercizione esercitata dal padre sulla madre, da cui è derivato come conseguenza che la madre ha partorito la loro figlia comune in uno Stato terzo e ivi risiede con tale minore sin dalla nascita di quest'ultima, e, da un altro, la lesione dei diritti fondamentali della madre o della minore, non hanno alcuna incidenza al riguardo).

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono confrontate, nell'individuare il giudice munito di giurisdizione-competenza sulle domande accessorie relative al mantenimento dei figli minori, con le previsioni contenute nell'art. 3 del Regolamento n. 4/2009sulle obbligazioni alimentari. In particolare, è stato a riguardo enunciato il principio in virtù del quale ai sensi dell'art. 3, lett. d), del Regolamento (CE) n. 4/2009, qualora il giudice italiano sia investito della domanda di separazione personale dei coniugi e il giudice di altro Stato membro sia investito della domanda di responsabilità genitoriale, a quest'ultimo spetta la giurisdizione anche sulla domanda relativa al mantenimento del figlio minore, trattandosi di domanda accessoria a quella di responsabilità genitoriale (Cass., Sez. Un., n. 24608/2019; Cass.,S.U., n. 2709/2017, in Ilfamiliarista.it, con nota di Viccei; Cass. S.U., n. 2276/2016, in Fam. e dir. 2016, n. 12, 1125, con nota di Bernasconi). Le Sezioni Unite avevano poi sollevato una questione pregiudiziale concernente l'art. 3, lett. c) e d) del Regolamento n. 4/2009 in tema di alimenti chiedendo se la domanda proposta in un giudizio di separazione coniugale, per il suo carattere accessorio, possa essere decisa in basa al criterio della prevenzione, sia dal giudice della separazione sia da quello del giudizio sulla responsabilità genitoriale, ovvero se debba essere necessariamente decisa da quest'ultimo.

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea sulla questione ha chiarito che l'articolo 8 del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, e l'articolo 3 del regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari, devono essere interpretati nel senso che, in un procedimento come quello principale, i giudici dello Stato membro che hanno adottato una decisione passata in giudicato in materia di responsabilità genitoriale e di obbligazioni alimentari riguardanti un figlio minore non sono più competenti a pronunciarsi su una domanda di modifica dei provvedimenti adottati con tale decisione, qualora la residenza abituale del minore si trovi nel territorio di un altro Stato membro. In detta ipotesi, quindi, la competenza a pronunciarsi su tale domanda spetta ai giudici di quest'ultimo Stato membro (CGUE I, 15 febbraio 2017).

In sostanza, nell'ambito del diritto dell'Unione Europea, per la determinazione della competenza giurisdizionale, la domanda alimentare (rectius, di mantenimento) in favore dei figli minori di una coppia può considerarsi accessoria all'azione relativa alla responsabilità genitoriale (ma non anche a quella concernente lo scioglimento del matrimonio tra i genitori contemporaneamente proposta dinnanzi ai giudici di un diverso Stato membro: Bernasconi, 1129).

Si è così evidenziato che nel rapporto con gli atti normativi europei il Regolamento in commento mantiene la propria posizione di “pietra angolare” nel settore della famiglia, quale strumento di riferimento (Carpaneto, 953).

La Corte di Giustizia ha peraltro chiarito che, qualora il giudice di uno Stato membro sia investito di più domande, aventi ad oggetto lo status dei coniugi, la responsabilità genitoriale e gli obblighi di mantenimento nei confronti del figlio minore, la dichiarazione di incompetenza con riguardo alla domanda relativa alla responsabilità genitoriale non impedisce a detto giudice di pronunciarsi sull'obbligazione alimentare laddove egli sia anche il giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza abituale oppure il giudice davanti al quale quest'ultimo è comparso senza eccepirne l'incompetenza (CGUE, sez. III, 5 set. 2019/468, in Ilfamiliarista.it, con nota di Bruno).

Le Sezioni Unite hanno inoltre precisato che le domande relative alla responsabilità genitoriale e al mantenimento dei figli minori appartengono alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria dello Stato di residenza abituale dei minori al momento della loro proposizione, anche se alle stesse vi è affiancata la domanda di separazione personale dei coniugi (v., di recente, Cass. S.U., n. 29171/2020; Cass. S.U., n. 15728/2019, con nota di Conti).

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