Mancanza di procura negli atti: possibile la sanatoria?

Francesco Bartolini
28 Febbraio 2022

L'art. 182, comma 2, c.p.c., come novellato dalla l. 69/2009, ha posto il problema di stabilire se la normativa vigente consente l'eventualità di una sanatoria quando nessuna procura alle liti è reperibile in atti: sanatoria raggiungibile attraverso la tardiva produzione documentale nonché per mezzo del conferimento di un formale mandato difensivo, dapprima non rilasciato.
Massima

Se, ai sensi del secondo comma dell'art. 182 c.p.c., come novellato dalla l. 69/2009, il giudice debba assegnare un termine per il rilascio della procura ad litem o per la rinnovazione della stessa solo nel caso in cui la procura rilasciata al difensore di una parte sia materialmente presente in atti ma, tuttavia, risulti affetta da un vizio che ne determini la nullità, o anche nel caso in cui un avvocato abbia agito in rappresentanza di una parte senza che in atti esista alcuna procura da quest'ultima rilasciata in suo favore.

Il caso

In primo grado fu dichiarata inammissibile la costituzione in giudizio del convenuto a causa della materiale assenza in atti della necessaria procura difensiva. Il giudice di appello confermò la pronuncia che, tra l'altro, aveva condannato il sedicente procuratore della parte evocata in giudizio al pagamento in proprio delle spese processuali. Parte e avvocato hanno proposto ricorso per cassazione affidandosi a plurimi motivi. Con essi si denunciano, tra l'altro: la violazione dell'art. 182 c.p.c. in quanto la Corte di appello avrebbe dovuto assegnare un termine per regolarizzare la procura; la violazione degli artt. 101 e 182 c.p.c. perché la stessa Corte avrebbe omesso di assegnare alle parti un termine perentorio per il deposito di memorie contenenti osservazioni sulla predetta questione; la violazione degli artt. 182 e 261 c.p.c. perché la Corte di appello avrebbe erroneamente confermato la sentenza del grado precedente senza consentire la regolarizzazione della procura; nonché la violazione degli artt. 91, 101 e 182 c.p.c. per quanto concerne la condanna dell'avvocato del convenuto al pagamento in proprio delle spese di processo.

La Sezione seconda ha ravvisato nella materia sottoposta al suo esame una questione di rilevanza nomofilattica ed ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

La questione

Il problema interpretativo sul quale si propone una decisione a cura del massimo organo giurisdizionale ha tratto occasione dal confronto tra il testo dell'art. 182, comma 2, vigente anteriormente alla modifica apportata dalla l. 69/2009 ed il successivo dettato dovuto a tale intervento. Prima di questa innovazione, la previsione della concessione di un termine in sanatoria era riferita al rilievo di un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, in relazione al quale il giudice poteva (ma per la giurisprudenza: doveva) consentire la costituzione della persona alla quale spettasse la rappresentanza o l'assistenza nonché per il rilascio delle dovute autorizzazioni. La giurisprudenza interpretò la norma nel senso che andasse riferita non soltanto ai casi di vizi o irregolarità di una procura materialmente esistente ma altresì applicabile nella fattispecie di omesso deposito del documento e, pertanto, dell'inesistenza del mandato difensivo tra gli atti del processo. In questo caso, si affermò, il giudice è tenuto ad invitare la parte a produrre l'atto mancante e tale invito può e deve essere fatto anche dal giudice d'appello; e solo in esito ad esso il giudice deve adottare le conseguenti determinazioni circa la costituzione della parte in giudizio, considerandola invalida soltanto quando l'invito sia rimasto infruttuoso (così Cass. civ., sez. III, 22 maggio 2014, n. 11359).

La citata l. 69/2009, nel sostituire il secondo comma dell'art. 182 con una formulazione diversa, ha riproposto la questione che l'interpretazione giurisprudenziale citata aveva risolto.

L'innovazione ha tenuto per ferme le disposizioni riferite al difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione. Ma, per quanto specificamente riguarda la rappresentanza e l'assistenza difensiva, ha introdotto nella nuova norma l'esplicita menzione del “vizio che determina la nullità della procura al difensore“, in relazione al quale impone al giudice di assegnare alle parti “un termine perentorio per il rilascio della procura alle liti o per la sua rinnovazione”. Il mutato tenore del testo ha fatto dubitare della possibilità di mantenere l'orientamento giurisprudenziale precedente. La modifica operata dalla legge citata ha utilizzato espressioni letterali che possono apparire non compatibili con tale orientamento. Infatti, se la menzione del vizio di nullità della procura è in chiara relazione con una sanatoria effettuabile mediante la rinnovazione di un atto certamente esistente in atti, appare criptico il riferimento testuale effettuato dalla norma innovata ad una sanatoria conseguente al “rilascio” della procura. “Rilascio” vuol dire compimento ex novo di un atto da consegnare a taluno. L'utilizzo ad opera del legislatore di questo termine letterale ha posto il problema di stabilire se anche la normativa vigente consente l'eventualità di una sanatoria quando nessuna procura alla lite è reperibile in atti: sanatoria raggiungibile attraverso la tardiva produzione documentale nonché per mezzo del conferimento di un formale mandato difensivo, dapprima non rilasciato. Dunque, una regolarizzazione (ex tunc) che nel caso di nullità della procura consiste nella sua rinnovazione mentre nel caso di inesistenza del documento in atti potrebbe consistere nella produzione di un mandato che nel contesto delle altre acquisizioni documentali in atti vi comparirebbe come nuovo.

Le soluzioni giuridiche

Sul quesito si sono formati due orientamenti interpretativi, entrambi fondati su un dato terminologico desunto dal testo dell'art. 182, comma 2, attualmente vigente.

L'uno di essi fa leva sul termine “rilascio”, che presuppone il conferimento ex novo di un potere in precedenza non attribuito. Nel senso dell'ammissibilità di questo conferimento si era pronunciata Cass. civ., ord., 7 maggio 2018, n. 10885: “L'art. 182, comma 2, c.p.c., nella formulazione introdotta dall'art. 46, comma 2, l. 69/2009… trova applicazione anche qualora la procura manchi del tutto, restando irrilevante la distinzione tra nullità e inesistenza della stessa”.

L'altro orientamento si fonda sul dato costituito dai termini “vizio di nullità della procura” e “rinnovazione” della stessa, che chiaramente si riferiscono ad un atto prodotto e leggibile; nonché sul duplice assunto logico secondo cui, da un lato, la sanatoria della procura viziata implica sempre e comunque il “rilascio” di una nuova procura, sostitutiva di quella precedente; mentre non potrebbe essere utilmente “rinnovato” ciò che non è mai esistito. La regolarizzazione, si afferma, non può operare che per la sola ipotesi di procura materialmente esistente quando essa è irrituale o viziata, dovendosi distinguere necessariamente tra l'invalidità dell'atto, sanabile, e la materiale inesistenza del negozio di conferimento del mandato defensionale, non più rimediabile.

Osservazioni

Nella motivazione si elencano quattro profili problematici meritevoli di approfondimento, posti non direttamente all'attenzione delle Sezioni Unite:

- il caso di atto firmato da un difensore in favore del quale la procura non risulti esser mai stata conferita;

- il caso di atto promosso personalmente dalla parte, priva di jus postulandi, nell'ambito di giudizi per i quali sia necessaria ope legis l'assistenza di un difensore (in proposito si richiama Cass. civ., sez. VI, ord, n. 24257/2018);

- il caso di procura rilasciata ma non presente fisicamente nel fascicolo del giudizio di merito (Cass. civ., sez. III, n. 11359/2014), con l'ulteriore possibile diversificazione, a seconda che si tratti di procura conferita per atto autenticato nella firma da un notaio, con conseguente certificazione “forte” della sua data di rilascio, ovvero di procura conferita a margine o in calce ad un atto giudiziario che sia autenticata direttamente dall'avvocato a favore del quale è conferito il mandato difensivo;

- infine, il caso di procura rilasciata a favore di avvocato privo di jus postulandi (cfr. Cass. civ., sez. un., n. 10414/2017).

Come completamento di questa esposizione, la sentenza aggiunge che ulteriori margini di riflessione potrebbero sorgere ove si optasse per il criterio di minor rigore (la sanatoria, comunque) in riferimento alla fattispecie di ricorso per cassazione sottoscritto da avvocato privo dell'abilitazione al patrocinio innanzi le magistrature superiori.

La complessità e l'articolazione delle questioni così enumerate si sono poi risolte nel quesito, demandato alle Sezioni Unite, che consiste in quest'unica domanda: la sanatoria, per disposizione del giudice che rileva “un vizio che determina la nullità della procura al difensore”, opera unicamente per effetto della rinnovazione della procura nulla, materialmente presente in atti, oppure può essere effettuata anche per mezzo del “rilascio della procura alle liti” nel caso in cui agli atti non esiste alcuna procura? Il tema pertanto è stato ristretto a quello che direttamente era fornito dall'oggetto della controversia. Vedranno poi le Sezioni Unite (ove l'esame sia loro deferito) se eventualmente far uso del potere di pronunciare autonomamente un principio di diritto nell'interesse della legge avente ambito applicativo più esteso.

A proposito dell'applicabilità dell'art. 182 c.p.c. nel giudizio di cassazione, va ricordata la particolare disciplina che contrassegna il procedimento. La normativa indica come atto introduttivo un ricorso (e analogamente per il controricorso) sottoscritto da un difensore munito di procura speciale; impone la menzione della procura nello stesso ricorso, a pena di inammissibilità (art. 366); e manda al ricorrente di depositare, insieme al ricorso, la procura se questa è rilasciata su atto separato. Le inosservanze sono sanzionate con l'inammissibilità, senza che alcuna norma specifica preveda forme di possibili regolarizzazioni. L'orientamento giurisprudenziale formatosi al riguardo è nel senso che il meccanismo di sanatoria per concessione di un termine perentorio è riservato al solo giudizio di merito, di primo o di secondo grado, essendo incompatibile con la peculiare struttura del processo dinanzi alla Corte Suprema. Si è sul punto affermato che, mentre nelle fasi di merito il giudice, che ne rilevi l'assenza, può invitare la parte a produrre la procura, nel giudizio di legittimità non sussiste un analogo potere poiché la peculiare natura di questo giudizio, caratterizzato dall'assenza di attività istruttoria e dalle rigide formalità che disciplinano il deposito dei documenti (ammissibili con le forme e i limiti di cui all'art. 372 c.p.c.), esclude la possibilità per il giudicante di invitare una delle parti a depositare documenti mancanti (Cass. civ., n. 26359/2014; Cass. civ., n. 5775/2009; Cass. civ., n. 15392/2005).

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