La Cassazione torna sulla presentazione dell'impugnazione cautelare a mezzo PEC
04 Marzo 2022
Massima
In tema di impugnazioni presentate a mezzo PEC, la previsione dell'art. 24, comma 6-quinquies, del d.l. n. 137/2020 convertito in legge n. 176 del 2020, secondo cui nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, l'atto di impugnazione è trasmesso all'indirizzo di posta elettronica certificata del tribunale di cui all'art. 309, comma 7, c.p.p., deroga al disposto dell'art. 309, comma 4, c.p.p., che rinvia alle forme previste dagli artt. 582 e 583 c.p.p., non permettendo l'invio dell'impugnazione cautelare all'indirizzo di posta elettronica certificata del giudice che ha emesso il provvedimento. Il caso
Il Tribunale del riesame di Venezia ha dichiarato inammissibile l'appello presentato dal difensore avverso l'ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona, in quanto l'impugnazione era stata trasmessa a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato dal Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, come integrato dal provvedimento il Presidente del Tribunale del 12 marzo 2020. L'atto, infatti, era stata inoltrato a due indirizzi di posta elettronica certificata del Tribunale diversi da quello corretto, pubblicizzato peraltro sul sito dello stesso Tribunale, depositoattipenali3.tribunale.venezia.giustiziacert.it. Avverso questa ordinanza, il difensore ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che il provvedimento adottato dal tribunale violerebbe l'art. 309 c.p.p. e l'art. 24, comma 6-quinquies, del d.l. n. 137/2020 come convertito dalla legge n. 176 del 2020. Tale norma, infatti, secondo la prospettazione del ricorrente, nella parte in cui prevede che “nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, l'atto di impugnazione (…) è trasmesso all'indirizzo di posta elettronica certificata del tribunale di cui all'art. 309, comma 7, c.p.p.”, conterrebbe una deroga al solo disposto di cui al comma 6-ter della medesima disposizione che stabilisce che “l'impugnazione è trasmessa tramite posta elettronica certificata del difensore a quella dell'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, individuato ai sensi del comma 4, con le modalità e nel rispetto delle specifiche tecniche ivi indicate”. La stessa norma, invece, non derogherebbe in alcun modo all'art. 309, comma 4, c.p.p., disposizione che, prevedendo l'osservanza delle forme previste dagli artt. 582, comma 2, 583 c.p.p., consentirebbe il deposito dell'impugnazione cautelare presso l'indirizzo di posta elettronica certificata del giudice che ha emesso il provvedimento, anche se diverso da quello specificamente attribuito al Tribunale del riesame. La questione
È ammissibile l'impugnazione cautelare inviata a mezzo PEC all'indirizzo di posta elettronica certificata del giudice che ha emesso il provvedimento? L'art. 24, comma 6-quinquies stabilisce che, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, l'atto di impugnazione è trasmesso all'indirizzo di posta elettronica certificata del tribunale del riesame. Tale norma deroga alla previsione dell'art. 309, comma 4, c.p.p. che permette il deposito dell'impugnazione cautelare alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento?
Le soluzioni giuridiche
La Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso. L'art. 24, comma 6-quinquies, del D.L. n. 137 del 2020 - inserito dall'art. 1, comma 1, della legge 18 dicembre 2020, n. 176, in sede di conversione del decreto-legge, ed è entrato in vigore in data 25 dicembre 2020 - individua l'invio all'indirizzo di posta elettronica certificata del Tribunale del riesame quale unica ed esclusiva forma legittima di trasmissione dell'impugnazione de libertate, derogando chiaramente alla disciplina ordinaria al fine di garantire certezza nella ricezione di tale fondamentale atto e di evitare, peraltro, nel contesto emergenziale determinato dalla pandemia, ulteriori aggravi delle cancellerie.
L'art. 24, comma 6-sexies, poi, stabilisce la sanzione di inammissibilità per l'invio di una impugnazione cautelare a una casella di posta elettronica certificata diversa da quella del Tribunale del riesame come indicata dal provvedimento del 9 novembre 2020 emesso dal Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. In questi termini si è espressa la giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di disciplina emergenziale per la pandemia da Covid 19, nei procedimenti cautelari è inammissibile la richiesta di riesame trasmessa ad una casella di posta elettronica certificata diversa da quella indicata dal provvedimento del 9 novembre 2020 emesso dal direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia (Cass. pen., 29 aprile 2021, n. 26009; in senso analogo si esprimono anche Cass. pen., 2 marzo 2021, n. 17052; Cass. pen., 26 gennaio 2021, n. 9887).
L'art. 24, dunque, deroga sul piano sistematico, al disposto dell'art. 309, comma 4, c.p.p. che ammette l'osservanza delle forme previste dall'art. 582, comma 2, c.p.p. e dall'art. 583 c.p.p. Nessuna efficacia derogatoria alla tassativa previsione di legge, infine, può essere accordata alle linee guida o a differenti indicazioni eventualmente adottate dal Presidente del Tribunale.
Osservazioni
1. La legge 18 dicembre 2020, n. 176, convertendo con modificazioni il decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, ha introdotto una specifica disciplina per la spedizione in via telematica dell'impugnazione. L'art. 24, comma 6-bis, d.l. n. 137 del 2020, come introdotto dalla legge di conversione, infatti, ha stabilito che “Fermo quanto previsto dagli articoli 581, 582, comma 1, e 583 c.p.p., quando il deposito di cui al comma 4 ha ad oggetto un'impugnazione, l'atto in forma di documento informatico è sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate con il provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4 e contiene la specifica indicazione degli allegati, che sono trasmessi in copia informatica per immagine, sottoscritta digitalmente dal difensore per conformità all'originale”.
Per la presentazione in via telematica dell'impugnazione, tuttavia, è necessario rispettare alcuni oneri formali:
L'art. 24, comma 6-ter, del, poi, ha previsto che:
La sottoscrizione con firma digitale e l'esclusivo utilizzo dell'indirizzo PEC del legale vale ad escludere qualsiasi incertezza sulla provenienza dell'atto, permettendo la verifica necessaria ai fini della valutazione della legittimazione del proponente. L'art. 24, comma 6-quater, quindi, ha esteso anche ai motivi nuovi e alle memorie la disciplina dell'invio telematico degli atti di impugnazione. L'art. 24, comma 6-quinquies, inoltre, ha previsto che la disciplina della presentazione dell'impugnazione in via telematica si applichi:
2. La stessa norma da ultimo indicata, nondimeno, ha stabilito che, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, l'atto di impugnazione non vada inviato all'indirizzo PEC dell'Autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento, ma, in deroga a quanto disposto dal comma 6-ter, debba essere trasmesso all'indirizzo di posta elettronica certificata del tribunale distrettuale per il riesame di cui all'art. 309, comma 7, c.p.p. La formulazione di questa disposizione, invero, ha suscitato perplessità. Essa, difatti, fa riferimento alla spedizione in via telematica di una richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari non solo personali, ma anche reali. È tuttavia indicato come ufficio giudiziario destinatario il solo tribunale di cui all'art. 309, comma 7, c.p.p. (cioè, come è noto, il tribunale del luogo nel quale ha sede la Corte di appello o la sezione distaccata della Corte di appello nella cui circoscrizione è compreso l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza) e non quello di cui all'art. 324, comma 5, c.p.p. (il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento). Tra le soluzioni ipotizzabili per porre rimedio a quella che sembra una svista del legislatore, pare preferibile ritenere che, in tema di impugnazione di provvedimenti cautelari reali, non possa trovare applicazione l'art. 24, comma 6-quinquies. Non potendo applicare questa norma, che espressamente deroga a quanto disposto dal precedente comma 6-ter, deve ritenersi applicabile quest'ultimo, con la conseguenza che l'impugnazione cautelare reale va trasmessa all'indirizzo di posta elettronica dell'ufficio che ha emesso il provvedimento.
3. L'art. 24, comma 6-sexies, infine, introducendo una specifica disciplina dei casi di inammissibilità, ha stabilito che “l'impugnazione è altresì inammissibile: … c) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui al comma 4 …”. Questa norma, dunque, ha integrato la disciplina dell'inammissibilità dell'impugnazione, presidiando il rispetto degli obblighi formali che sono imprescindibili per il funzionamento del sistema posto in essere, con particolare riguardo anche alla casella di posta elettronica dell'ufficio destinatario dell'atto. Al riguardo, l'art. 24, comma 6-septies, ha aggiunto che “Nei casi previsti dal comma 6-sexies, il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato dichiara, anche d'ufficio, con ordinanza l'inammissibilità dell'impugnazione e dispone l'esecuzione del provvedimento impugnato”. È dunque il giudice che riceve l'impugnazione a mezzo PEC a dover dichiarare l'inammissibilità della stessa.
4. La disciplina illustrata, ai sensi dell'art. 24, comma 6-bis, del decreto-legge n. 137 del 2020, si applica “fermo quanto previsto dagli articoli 581, 582, comma 1, e 583 del codice di procedura penale”. Tale disposizione, per un verso, impone di rispettare la forma dell'impugnazione disciplinata dall'art. 581 c.p.p.; per altro verso, stabilisce che il ricorso allo strumento telematico costituisce una alternativa offerta dalla legge nel periodo emergenziale alla presentazione dell'impugnazione secondo le modalità previste dall'art. 582 c.p.p. o la spedizione ex art. 583 c.p.p. Del resto, l'art. 24, comma 4, dello stesso d.l. n. 137 del 2020 prevede che “è consentito il deposito con valore legale mediante posta elettronica certificata” per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati, riconoscendo agli utenti del sistema giustizia una facoltà che non preclude l'utilizzo delle modalità ordinarie.
5. La sentenza illustrata si segnala perché la Corte ha ritenuto che la previsione dell'art. 24, comma 6-quinquies, secondo cui, come si è visto, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, l'atto di impugnazione è trasmesso all'indirizzo di posta elettronica certificata del tribunale di cui all'art. 309, comma 7, c.p.p., costituisca una deroga al disposto dell'art. 309, comma 4, c.p.p. Secondo la corte, poiché la norma della disciplina emergenziale deroga alla previsione dell'art. 309, comma 4, c.p.p., non è permesso l'invio dell'impugnazione cautelare all'indirizzo di posta elettronica certificata del giudice che ha emesso il provvedimento. A pena di inammissibilità, l'impugnazione cautelare via inviata con i mezzi telematici alla cancelleria del Tribunale del riesame.
6. La Corte di cassazione, del resto, ha già più volte reputato inammissibile l'impugnazione trasmessa a una casella PEC diversa da quella individuata dal provvedimento del 9 novembre 2020 emesso dal direttore generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, ai sensi dell'art. 24, comma 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazione dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 (Cass. pen., 29 aprile 2021, n. 26009). La medesima soluzione è stata adottata con riferimento alla trasmissione di motivi nuovi, avendo la Corte affermato la necessità dell'utilizzo della casella di posta elettronica assegnata dalla DGSIA allo specifico ufficio giudiziario (Cass. pen., 26 gennaio 2021, n. 9887; Cass. pen., 2 marzo 2021, n. 17052). La specifica causa di inammissibilità declinata dall'art. 24, comma 6-sexies, lett. e), del d.l. n. 137 del 2020 cit., peraltro, per il suo tenore letterale, è di applicazione limitata ai soli casi nei quali il deposito dell'atto di impugnazione avvenga tramite una casella di posta elettronica non indicata nel provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi ed automatizzati (Cass. pen., 10 maggio 2021, n. 24953, si veda L. Giordano, Impugnazione inviata ad un indirizzo PEC assegnato al Tribunale, ma non destinato alla ricezione di tali atti: è ammissibile?). |