Il giudice può acquisire elementi formati dopo l'ammissione del rito

11 Marzo 2022

La Corte di cassazione ha ribadito che, in tema di giudizio abbreviato, il potere di integrazione probatoria ex art. 441 comma 5 c.p.p. può avere ad oggetto qualunque elemento, anche formatosi dopo l'ordinanza con la quale viene ammesso il rito, purché sia ritenuto necessario ai fini del giudizio e faccia riferimento ad itinerari probatori ricavabili dallo stato degli atti. Tanto più che alla difesa resterebbe in ogni caso il diritto di interloquire sull'elemento acquisito e di chiedere eventualmente l'ammissione di prova contraria.

Nello stesso tempo si è ribadito che l'eventuale inutilizzabilità di una prova, ancorché acquisita ex art. 441 comma 5 c.p.p., di per sé non rende invalida la decisione, se non viene dimostrata (alla luce delle motivazioni addotte) la concreta utilizzazione del materiale “inutilizzabile” ai fini decisori, a nulla rilevando che tale “prova inutilizzabile” sia stata ritenuta precedentemente come assolutamente necessaria nella fase della sua ammissibilità.

A fronte di tali presupposti la Corte ha così respinto o dichiarato inammissibili una serie di motivi di ricorso in cassazione, accogliendo peraltro quelli attinenti alla mancata motivazione relativa all'applicazione dell'aggravante dell'agevolazione mafiosa, che va “dimostrata” nella sua concreta sussistenza, e alle lagnanze protese ad una corretta denuncia del fatto che in caso di aumento della pena ex art. 597 comma 3 c.p.p. la pena per i reati satelliti (già giudicato da altro giudice) non può essere maggiore rispetto a quella originariamente disposta nel precedente procedimento, dato il principio della reformatio in peius operante in materia.

Lette ed in sé considerate le motivazioni della sentenza in commento sono condivisibili e non paiono meritare particolari critiche, trattandosi di principi ormai consolidati e sui quali ancor oggi sussiste sostanziale condivisione in ambito giurisdizionale.

Fonte: Diritto e Giustizia

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