Violazione delle prescrizioni sulla sorveglianza speciale e obbligo di presentazione a chiamata presso gli uffici di pubblica sicurezza

17 Marzo 2022

La questione involge il tema della specificazione dei poteri dell'ufficio di p.s. in punto di integrazione delle prescrizioni dettate dal Tribunale con l'applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno.
Massima

In tema di misure di prevenzione è conforme alla ratio dell'art. 8 d.lgs. n. 159/2011, volta a realizzare in concreto l'applicazione della misura di prevenzione assicurando l'effettività della sorveglianza, nonché al tenore letterale della disposizione stessa che, al comma 5, consente al giudice di imporre "tutte quelle prescrizioni che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle esigenze di difesa sociale", la prefissione di giorni determinati nei quali adempiere l'obbligo di presentazione ad un ufficio di pubblica sicurezza da parte di un sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno, residuando in capo all'autorità di p.s. la possibilità di ulteriormente specificare l'indicazione di un'ora precisa perché ciò rientra tra le facoltà di tale autorità, stante l'obbligo di presentarsi ad essa "ad ogni chiamata”.

Il caso

Il giudice di primo grado condannava l'imputato, con il rito abbreviato, per il reato di cui all'art. 75 comma 2 d.lgs. n. 159/2011, con particolare riferimento alla condotta di essersi presentato con ritardo all'ufficio di pubblica sicurezza.

In particolare, il Tribunale di Bari, in data 3 ottobre 2013, nonché con successivo decreto di aggravamento del 1° ottobre 2014, applicava al ricorrente la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno prescrivendo, tra l'altro, al prevenuto di presentarsi presso il competente ufficio di pubblica sicurezza il martedì e il giovedì, oltre che la domenica. L'ufficio di pubblica sicurezza delegato per l'esecuzione, all'atto della notificazione dei richiamati provvedimenti giurisdizionali, precisava che l'obbligo di presentazione doveva essere adempiuto alle 11:00 degli indicati giorni di martedì, giovedì e domenica. L'imputato ottemperava a tali prescrizioni ad eccezione dei giorni 19 ottobre 2014 e 11 dicembre 2014 quando si presentava in ritardo, venendo conseguentemente denunciato per la violazione del richiamato art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159/2011.

La Corte di appello, parzialmente riformando la pronuncia in punto di trattamento sanzionatorio, confermava la statuizione di condanna.

In particolare, entrambi i giudici di merito hanno ritenuto sussistente il reato di violazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, nell'ipotesi in cui l'imputato si era presentato con ritardo all'ufficio di pubblica sicurezza rispetto all'orario da quest'ultimo determinato alla luce dei provvedimenti del Tribunale di Bari sopra richiamati.

Contro la pronuncia della Corte di appello proponeva ricorso per cassazione la difesa dell'imputato, ritenendo che l'individuazione dell'orario di presentazione fosse stata effettuata arbitrariamente e in assenza di potere da parte dell'ufficio di pubblica sicurezza, senza cioè che l'autorità giudiziaria abbia individuato tale specifico elemento, ritenuto, nell'ottica difensiva, determinante ai fini dell'integrazione della fattispecie contestata.

La questione

La questione involge il tema della specificazione dei poteri dell'ufficio di p.s. in punto di integrazione delle prescrizioni dettate dal Tribunale con l'applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno.

In particolare, va stabilito se integra il reato il mancato rispetto delle prescrizioni applicate a norma dell'art. 8, comma 6 d.lgs. n. 159/2011, secondo cui laddove «sia applicata la misura dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale o del divieto di soggiorno, può essere inoltre prescritto: 1) di non andare lontano dall'abitazione scelta senza preventivo avviso all'autorità preposta alla sorveglianza; 2) di presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza nei giorni indicati ed a ogni chiamata di essa».

Le soluzioni giuridiche

Va premesso che l'art. 75, commi 1 e 2, d.lgs. n. 159/2011 prevede le conseguenze penali derivanti dalla violazione delle prescrizioni contenute nel decreto applicativo della sorveglianza speciale.

La trasgressione alle prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale integra la contravvenzione di cui all'art. 75, comma 1, d.lgs. n. 159/2011. Se però le prescrizioni si connettono alla sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno, opera il delitto di cui all'art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159/2011.

Le fattispecie tutelano la funzione di prevenzione dei reati assegnata all'Autorità, in ragione della pericolosità sociale dei soggetti destinatari degli obblighi e prescrizioni conseguenti all'applicazione della misura della sorveglianza speciale. La Suprema Corte individua il bene tutelato nell'«interesse all'ordine e alla sicurezza pubblica» (Cass. pen., sez. I, 4 luglio 2012 n. 30995).

A fronte di un dato testuale che non fa distinzioni tra le varie prescrizioni imposte al sorvegliato, la giurisprudenza ha proceduto ad una progressiva delimitazione della sfera operativa delle fattispecie in esame.

L'abbrivio è stato dato dalla sentenza De Tommaso, che oltre a censurare l'imprecisione delle figure di pericolosità generica ha anche ritenuto che la prescrizione di «vivere onestamente e rispettare le leggi» non individuerebbe «con sufficiente chiarezza il contenuto delle misure di prevenzione che potrebbero essere applicate a una persona, anche alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale» (Corte Edu 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia). Con quest'ultimo inciso la Corte di Strasburgo si riferisce alla sentenza n. 282/2010, nella quale la Corte costituzionale aveva ritenuto il previgente reato di violazione delle prescrizioni in linea con il principio di tassatività: ad avviso della Consulta, il precetto del « ;vivere onestamente ;» andava inteso quale dovere imposto al sorvegliato « ;di adeguare la propria condotta ad un sistema di vita conforme al complesso ;» delle prescrizioni, mentre il precetto del « ;rispettare le leggi ;» implicava il dovere « ;di rispettare tutte le norme a contenuto precettivo, che impongano cioè di tenere o non tenere una certa condotta; non soltanto le norme penali, dunque, ma qualsiasi disposizione la cui inosservanza sia ulteriore indice della già accertata pericolosità sociale ;» (Corte cost. 23 luglio 2010, n. 282).

Ebbene, la Corte di Strasburgo sul punto ha precisato che la prima formula sarebbe tautologica, perché adeguare la propria condotta ad un sistema di vita conforme alle prescrizioni non è altro che una riformulazione degli obblighi discendenti dalla sorveglianza speciale e che la seconda sarebbe, invece, ancora troppo ampia, risolvendosi in un rinvio indeterminato all'intero ordinamento giuridico italiano (Corte Edu 23 febbraio 2017, De Tommaso c. Italia).

Alla sentenza De Tommaso ha fatto seguito la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, nella quale è stata prospettata un'interpretazione tassativizzantedell'art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159/2011: tale fattispecie potrebbe riferirsi « ;soltanto a quegli obblighi e a quelle prescrizioni che hanno un contenuto determinato e specifico ;», ma non a precetti, come il vivere onestamente o il rispettare le leggi, che contengono un mero « ;ammonimento “morale” ;» (Cass., Sez. Un., 27 aprile 2017, n. 40076).

La complessa vicenda giurisprudenziale si è conclusa con la sentenza n. 25/2019, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimi i reati di violazione delle prescrizioni previsti dai commi 1 e 2 dell'art. 75 d.lgs. n. 159/2011, laddove incriminano l'inosservanza delle prescrizioni di «vivere onestamente» e di «rispettare le leggi» (Corte cost., 27 febbraio 2019, n. 25). Rispetto alla strategia dell'interpretazione conforme adottata dalla sentenza delle Sezioni Unite, l'intervento della Consulta ha il pregio di avere efficacia erga omnes e di estendersi nella forma dell'abolitio criminis anche ai fatti antecedenti all'intervento delle sezioni unite.

Le prescrizioni di vivere onestamente e di rispettare le leggisono quindi state dichiarate costituzionalmente illegittime con la sentenza n. 25/2019.

Al capoverso dell'art. 67 del codice antimafia è prevista la decadenza di diritto, quale effetto del provvedimento definitivoapplicativo di una misura di prevenzione, della licenza per detenzione e porto d'armi.

In ogni caso, l'esecuzione della misura della sorveglianza speciale, pur provvisoria, costituisce il presupposto la cui violazione determina la consumazione del reato.

La giurisprudenza ha con costanza affermato che la prescrizione deve intendersi riferita solo alle armi proprie e va interpretata in senso restrittivo (Cass. pen., sez. I, 13 gennaio 2010, Gallifuoco).

Si registra un orientamento contrastante con riferimento alla necessità di ottenere l'assenso da parte dell'autorità di p.s. ovvero alla sufficienza della mera comunicazione di spostamento. Si ritiene che il preavviso non possa esser dato a mezzo telegramma ma debba essere comunicato al capo dell'ufficio di p.s. ovvero al comando dei carabinieri con competenza sul comune di residenza del vigilato.

Il reato è a condotta plurima e per ritenersi consumato necessita di una frequenza, abitualità e serialità di incontri, contatti o rapporti con persone che hanno subito condanne e sono state sottoposte a misure di prevenzione (Cass. pen., sez. I, 20 febbraio 2020, n. 14149).

La giurisprudenza di legittimità ha altresì chiarito che è necessario accertare la conoscenza dei precedenti che gravano sulle persone frequentate (Cass. pen., sez. I, 19 luglio 2019, n. 37163) e che l'eventuale rapporto di parentela o affinità con la persona incontrata è irrilevante ai fini della violazione del divieto data la possibilità di essere autorizzato ad intrattenere tali rapporti a seguito di istanza (Cass. pen., sez. I, 1 dicembre 2020, n. 5396).

Il tema dell'adeguamento del sistema italiano ai princìpi della sentenza De Tommaso si è recentemente riproposto a proposito del divieto di partecipare a pubbliche riunioni. Alcune sentenze hanno infatti messo in discussione il regime dell'obbligatorietà di tale prescrizione, osservando che la compressione della libertà di circolazione sarebbe giustificata in quanto proporzionata alla necessità di contrastare una specifica manifestazione di pericolosità; di conseguenza, il giudice della prevenzione dovrebbe non solo evidenziare in motivazione quali sono le esigenze di tutela sociale e di sorveglianza del proposto che rendono necessarie le suddette prescrizioni, ma anche precisare a quali pubbliche riunioni si riferisca il divieto di partecipazione (Cass., sez. VI, 29 maggio 2019 n. 25771).

Questo orientamento deve però confrontarsi con la sentenza delle sezioni unite, secondo la quale la nozione di pubblica riunione si riferirebbe esclusivamente alle riunioni in luogo pubblico, non anche a quelle che si svolgono in un luogo aperto al pubblico, quali ad esempio le manifestazioni sportive allo stadio. Adottando questa interpretazione restrittiva, proseguono le Sezioni Unite, verrebbero meno le ragioni che hanno indotto parte della giurisprudenza a conferire al giudice penale il compito di formulare una « ;motivazione aggiuntiva della offensività della violazione della prescrizione ;»: i reati di inosservanza delle prescrizioni sarebbero già riservati alla repressione di quelle sole condotte che « ;determinano un annullamento di fatto della misura, atteso che la partecipazione ad una riunione in luogo pubblico impedisce (o comunque, rende estremamente difficoltoso) la sorveglianza del soggetto ;» (Cass., sez. un., 28 marzo 2019, n. 46595).

Per l'applicazione concreta della norma è indispensabile il rinvio al decreto che applica la sorveglianza speciale, specificativo della fascia oraria nella quale il sottoposto alla misura può uscire dall'abitazione.

Le due condizioni della comprovata necessitàe del previo avviso all'autorità locale di p.s. debbono sussistere in modo congiunto per escludere il contenuto di tipicità dell'illecito (Cass. Pen., sez. I, 4 marzo 1986, Russo, in Cass. Pen., 1987, 2025).

Numerose sentenze sono relativa alla esibizione della carta di permanenza – consegnata all'interessato al momento dell'applicazione della sorveglianza speciale – a ogni richiesta dell'autorità di p.s., contenuta in un comma diverso da quelli che riguardano strettamente le prescrizioni. Il contrasto inerisce all'applicabilità del modello in esame ovvero dell'art. 650 c.p., evidentemente ritenuta norma generale rispetto a tutte le violazioni in commento.

La dimenticanza dell'obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria rileva quale errore sul precetto ed esclude la colpevolezza soltanto nei limiti dell'ignoranza inevitabile, come identificati dalla nota sentenza della Corte costituzionale n. 364/1988 (Cass. Pen., sez. VI, 23 ottobre 2018, n. 58227).

La contravvenzione di cui al primo comma è, in quanto tale, punita indifferentemente a titolo di dolo generico o colpa, mentre per la fattispecie delittuosa di cui al secondo comma è richiesto in ossequio ai principi generali del codice penale il dolo.

Venendo alla sentenza in commento, ricorda la Suprema Corte che «in tema di misure di prevenzione personali, integra il reato previsto dall'art. 75 d.lgs. n. 159/2001, la condotta di chi, contravvenendo agli obblighi della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, si presenta in ritardo all'autorità di pubblica sicurezza per apporre la firma sull'apposito registro. Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva giudicato sussistente il reato per essersi il sorvegliato speciale presentato in ritardo di un'ora rispetto al tempo stabilito» (Cass. pen., sez. V, 20 gennaio 2015, n. 13518).

Il ritardo all'obbligo di presentazione costituisce violazione del precetto.

Nel caso di specie, il ricorrente dubitava che la determinazione dell'orario di presentazione potesse essere rimessa all'apprezzamento dell'autorità di p.s.: ciò avrebbe determinato, a parere della difesa, una illegittima integrazione del precetto da parte dell'autorità amministrativa, spettando, piuttosto, al giudice di individuare l'orario.

Rispetto a tale argomento, la Suprema Corte rileva che l'art. 8 comma 6 d.lgs. n. 159/2011 prescrive che «qualora sia applicata la misura dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale o del divieto di soggiorno, può essere inoltre prescritto: 1) di non andare lontano dall'abitazione scelta senza preventivo avviso all'autorità preposta alla sorveglianza; 2) di presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza nei giorni indicati ed a ogni chiamata di essa».

Il legislatore ha, dunque, previsto che compete al Tribunale di individuare i giorni in cui il prevenuto ha l'obbligo di presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza, trattandosi di una prescrizione sicuramente limitativa della libertà personale la cui adozione è dunque necessariamente rimessa all'autorità giudiziaria.

Tuttavia lo stesso legislatore ha previsto che l'autorità di pubblica sicurezza possa invitare il prevenuto a presentarsi presso di essa "ad ogni chiamata", con ciò rimettendo a detta autorità il potere di ulteriormente limitare la libertà del prevenuto per esercitare i necessari poteri di controllo finalizzati a prevenire la commissione di reati.

Ai sensi dell'art. 8 comma 5 d.lgs. n. 159/2011 il tribunale «inoltre, può imporre tutte le prescrizioni che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle esigenze di difesa sociale» sottese all'adozione del provvedimento applicativo della misura di prevenzione personale.

Di qui la ritenuta natura flessibile delle prescrizioni e, per altro verso, la necessaria finalità preventiva di ciascuna di esse, non potendosi adottare prescrizioni ingiustificatamente vessatorie.

Conclude così la Suprema Corte che costituisce espressione della ratio sottesa alla previsione normativa lapossibilità, rimessa alla valutazione dell'autorità di pubblica sicurezza delegata alla vigilanza sul prevenuto, di invitare il sorvegliato a presentarsi "ad ogni chiamata".

Tale potere, particolarmente incisivo, deve in definitiva essere esercitato in modo giustificato e proporzionato alle esigenze di difesa sociale che giustificano la limitazione della libertà personale.

Su queste basi, afferma la sentenza in commento che l'individuazione dell'orario di presentazione non può essere rimessa alla scelta del prevenuto, perché così facendo la polizia giudiziaria, nell'adempimento dei propri compiti istituzionali, sarebbe irrazionalmente sottoposta alla volontà del sorvegliato. Spetta pertanto all'autorità di pubblica sicurezza individuare l'orario di presentazione presso di essa nei giorni stabiliti dal tribunale, poiché essa soltanto può stabilire le modalità di presentazione, sia allo scopo di organizzare autonomamente i propri servizi amministrativi e di prevenzione, sia al fine di meglio esercitare i propri doveri di controllo sul prevenuto per esigenze di difesa sociale, eventualmente individuando specifici ed estemporanei obblighi di presentazione "ad ogni chiamata".

Consegue a tali assunti l'affermazione del principio di diritto di cui alla massima, in particolare che «in tema di misure di prevenzione è conforme alla ratio dell'art. 8 d.lgs. n. 159/ 2011 volta a realizzare in concreto l'applicazione della misura di prevenzione assicurando l'effettività della sorveglianza, nonché al tenore letterale della disposizione stessa che, al comma 5, consente al giudice di imporre "tutte quelle prescrizioni che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle esigenze di difesa sociale", la prefissione di giorni determinati nei quali adempiere l'obbligo di presentazione ad un ufficio di pubblica sicurezza da parte di un sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno, residuando in capo all'autorità di p.s. la possibilità di ulteriormente specificare l'indicazione di un'ora precisa perché ciò rientra tra le facoltà di tale autorità, stante l'obbligo di presentarsi ad essa "ad ogni chiamata”», e dunque il rigetto del ricorso.

Osservazioni

La sentenza si colloca in sintonia con la lettera della legge che come sopra visto attribuisce all'autorità di pubblica sicurezza la possibilità di specificare ulteriormente l'indicazione di un'ora precisa perché ciò rientra tra le facoltà di tale autorità, stante l'obbligo di presentarsi ad essa "ad ogni chiamata”. Del resto, tale conclusione è conforme alla natura del reato in esame, di pura condotta e di pericolo astratto.

Non si può non rilevare tuttavia, che proprio tale potere, come del resto riconosce la sentenza in commento, deve essere utilizzato in modo giustificato e proporzionato alle esigenze di difesa sociale che giustificano la limitazione della libertà personale.

Di qui l'opportunità politico criminale di attribuire, nel rispetto del principio di stretta legalità, segnatamente dei corollari di determinatezza/tassatività dettati dalla sentenza della Corte Edu 23 febbraio 2017, De Tommaso, all'autorità giudiziaria e non già a quella di pubblica sicurezza la delimitazione della “materia del divieto”, e dunque anche della specificazione degli orari di presentazione la cui violazione integra il disvalore del fatto; in tal senso la pronuncia appena richiamata potrebbe costituire un valido spunto de iure condendo.

Del resto, è immanente nell'impianto legislativo il rischio, paventato dalla stessa giurisprudenza in relazione alle “pubbliche riunioni”, che la compressione della libertà di circolazione possa apparire non proporzionata alla necessità di contrastare una specifica manifestazione di pericolosità, laddove attribuita ad una autorità amministrativa e non giudiziaria.

Sotto altro aspetto, va ricordato che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 24/2019, che trae origine proprio dalla sentenza De Tommaso, ha affermato che le misure di prevenzione personali anche se non hanno natura penale comportano pur sempre una restrizione della libertà personale che ne impone la sottoposizione ad un insieme di garanzie. Secondo la Corte lo statuto costituzionale delle misure di prevenzione radica un elevato livello di garanzie. In particolare, «la riconduzione delle misure in parola all'alveo dell'art. 13 Cost. comporta, infatti, che alle garanzie (richieste anche nel quadro convenzionale) a) di una idonea base legale delle misure in questione e b) della necessaria proporzionalità della misura rispetto ai legittimi obiettivi di prevenzione dei reati (proporzionalità che è requisito di sistema nell'ordinamento costituzionale italiano, in relazione a ogni atto dell'autorità suscettibile di incidere sui diritti fondamentali dell'individuo), debba affiancarsi l'ulteriore garanzia c) della riserva di giurisdizione, non richiesta in sede europea per misure limitative di quella che la Corte EDU considera come mera libertà di circolazione, ricondotta in quanto tale al quadro garantistico dell'art. 2 Prot. n. 4 Cedu».

Da tali assunti è possibile intravedere la “natura punitiva” delle misure di prevenzione personali, che, in quanto fortemente limitative della libertà personale, risultando subordinate, in ossequio alle indicazioni cogenti derivanti dall'art. 13 Cost., alle garanzie della riserva assoluta di legge e di giurisdizione.

In questa ottica, non è peregrina l'idea che le prescrizioni la cui violazione integra una fattispecie delittuosa, dovrebbero essere dettate dal giudice nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità rispetto agli scopi di difesa sociale perseguiti.

Guida all'approfondimento
  • F. Basile – E. Zuffada, Manuale delle misure di prevenzione, Torino, 2021;
  • R. Cantone – L. Della ragione, Diritto penale dell'antimafia, Pisa, 2021;
  • L. Della Ragione - A. Marandola - A. Zampaglione, Misure di prevenzione, interdittive antimafia e procedimento, Milano, 2022;
  • V. Maiello, La legislazione penale in materia di criminalità organizzata, misure di prevenzione ed armi. Trattato teorico pratico di diritto penale, a cura di Palazzo-Paliero, Torino, 2015.

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