La rinegoziazione del canone nelle locazioni commerciali in periodo di Covid-19 non prevede l'intervento del giudice in caso di inosservanza delle parti

Maurizio Tarantino
21 Marzo 2022

Chiamato ad accertare la richiesta di parte conduttrice relativa alla riduzione del canone, a seguito della chiusura dell'attività commerciale conseguente all'epidemia da Covid-19, il giudice adìto ha rigettato la domanda in quanto l'inadempimento della conduttrice era totale; inoltre, secondo il giudicante, pur in presenza dell'art. 6-novies del d.l. n. 41/2021, non sussiste alcuna disposizione di legge che sanzioni il mancato accordo sulla rinegoziazione; peraltro, gli artt. 1375 e 1374 c.c. non costituiscono i presupposti normativi affinché il giudice possa intervenire per modificare il contenuto delle prestazioni contrattuali autonomamente determinate dalle parti e che hanno forza di legge tra le stesse. Per le ragioni esposte, il Tribunale fiorentino ha accolto lo sfratto per morosità e condannato la parte conduttrice al pagamento dei canoni insoluti.
Massima

In tema di locazione di immobile a uso non abitativo, in caso di mancato pagamento del conduttore a causa della chiusura dell'attività imposta dalla normativa emergenziale per il contrasto all'epidemia da Covid-19, l'art. 6-novies del d.l. n. 41/2021 dispone solo che le parti sono chiamate a collaborare secondo la buona fede ma senza alcuna previsione di conseguenze per il mancato accordo. Inoltre, gli artt. 1375 e 1374 c.c. non costituiscono i presupposti normativi affinché giudice possa intervenire per modificare il contenuto delle prestazioni contrattuali autonomamente determinate dalle parti e che hanno forza di legge tra le stesse. Pertanto, in caso di totale inadempimento della parte conduttrice, deve essere dichiarata la risoluzione del contratto di locazione tra le parti.

Il caso

Tizia intimava alla società conduttrice lo sfratto per morosità in relazione all'immobile locato per uso non abitativo (affittacamere), deducendo il mancato pagamento del canone, nel periodo da marzo ad agosto del 2020, per una morosità complessiva di circa 13 mila euro. Costituendosi in giudizio, la conduttrice si opponeva alla convalida e chiedeva che, accertata l'impossibilità parziale sopravvenuta della prestazione da parte della locatrice, venisse rideterminato il canone di locazione nella misura del 40% del canone per il periodo marzo-maggio del 2020 e del 30% per il periodo giugno 2020-marzo 2021. Inoltre, la conduttrice osservava che il mancato pagamento dei canoni era stato determinato dalla situazione sopravvenuta, conseguente all'epidemia da Covid-19 ed alle misure di contenimento adottate dallo Stato italiano, che avevano inciso sullo svolgimento dell'attività economica della stessa con conseguente rilevante riduzione del flusso turistico e riduzione dei ricavi.

La questione

La questione in esame è la seguente: la disciplina ex art. 6-novies del d.l. n. 41/2021, in caso di inosservanza delle parti alla rinegoziazione, consente al giudice di riequilibrare il sinallagma contrattuale e, quindi, di intervenire secondo i principi della buona fede?

Le soluzioni giuridiche

Secondo il giudice fiorentino, la normativa emergenziale (art. 3, comma 6-bis, d.l. n. 3/2020) non ha sancito un esonero automatico del debitore dall'adempimento delle proprie obbligazioni contrattuali solo per la coincidenza temporale tra il dovuto adempimento e la vigenza delle misure di contenimento. Difatti, secondo la citata disposizione, il giudice è semplicemente tenuto a valutare nel singolo caso se il rispetto della misura di contenimento escluda la responsabilità del debitore per l'inadempimento. In tale contesto, naturalmente, in base alle regole della responsabilità contrattuale, è onere del debitore provare che il rispetto delle misure di contenimento ha reso impossibile il regolare adempimento dell'obbligazione. Onere che risulta poi ancor più stringente nel caso, come quello in oggetto, in cui non si era in presenza di un mero ritardo nell'adempimento o di un inadempimento parziale bensì di un inadempimento totale.

Oltre a ciò, si legge nel presente provvedimento, in relazione all'epidemia da Covid-19, non risultano essere state adottate misure di contenimento di per sé ostative all'adempimento delle obbligazioni pecuniarie: anzi, a parere del giudicante, il Legislatore ha adottato alcune misure dirette a recare sostegno alle attività economiche e, con riferimento alle locazioni commerciali, è stato previsto un credito d'imposta nella misura del 60% del canone, cedibile al locatore, che agevola il pagamento del canone da parte del conduttore e che tuttavia non esonera comunque il conduttore dall'obbligo di pagamento (art. 28 d.l. n. 34/2020; art. 77 d.l. n. 104/2020; art. 8 d.l. n. 137/2020). Con riferimento poi alla fattispecie in esame, a seguito dell'istruttoria di causa, era emerso che la conduttrice aveva usufruito nel 2020 di un finanziamento bancario garantito di circa 16 mila euro ai sensi dell'art. 13, lett. m), della l. n. 40/2020: nonostante questo finanziamento, tuttavia, la conduttrice non aveva versato alcuna somma alla locatrice con decorrenza dal marzo 2020.

Quanto alla richiesta di rinegoziazione del canone, il giudice ha osservato che al riguardo non sussiste alcuna disposizione di legge che sanzioni il mancato accordo al riguardo. Difatti, a parere del Tribunale, l'art. 6-novies, d.l. n. 41/2021, introdotto dalla l. n. 69/2021 in sede di conversione, ha semplicemente previsto un percorso regolato di condivisione dell'impatto economico derivante dall'emergenza epidemiologica da Covid-19 a tutela delle imprese e delle controparti locatrici; si tratta, però, di norma che semplicemente auspica la collaborazione tra le parti contrattuali e senza alcuna previsione di conseguenze per il mancato accordo. Sull'intervento del giudice, il Tribunale considera che gli artt. 1375 e 1374 c.c. non costituiscono d'altronde i presupposti normativi perché il giudice “nella fattispecie in esame” possa intervenire per modificare il contenuto delle prestazioni contrattuali autonomamente determinate dalle parti e che hanno forza di legge tra le stesse (art. 1372 c.c.): in effetti, l'art. 1374 c.c. disciplina l'integrazione del contratto presupponendolo comunque completo nei suoi elementi essenziali e riservando l'integrazione alla determinazione delle sole conseguenze che ne derivano, appunto in base alle pattuizioni raggiunte dalle parti.

In conclusione, in conseguenza del mancato pagamento dei canoni, è stata dichiarata la risoluzione del contratto di locazione tra le parti in base al combinato disposto degli artt. 1453 e 1455 c.c. Per l'effetto, oltre al rilascio, la conduttrice è stata condannata al pagamento dei canoni in favore della locatrice.

Osservazioni

Il legislatore, con l'art. 6-novies, d.l. 41/2021 - modificato dal d.l. “Sostegni bis” n. 73/2021, convertito con la l. n. 106/2021 - ha previsto un percorso condiviso per la ricontrattazione delle locazioni commerciali a “determinate condizioni”. Invero, la norma prevede che le parti sono chiamate (non più tenute) a collaborare in buona fede per una riduzione temporanea di massimo cinque mensilità nel 2021 in caso di: perdita media mensile di almeno il 50% nel periodo “esteso” (1° marzo 2020 - 30 giugno 2021 rispetto al periodo 1° marzo 2019 - 30 giugno 2020); chiusura obbligatoria per almeno 200 giorni anche non consecutivi dall'8 marzo 2020; nessun sostegno da parte dello Stato né altri strumenti di supporto economico-finanziario concordati con il locatore. Il legislatore, dunque, “invita le parti” (le parti sono chiamate) ma non prevede una sanzione in caso di inosservanza.

Premesso quanto innanzi esposto, il provvedimento del giudice fiorentino (primo sulla materia introdotta dall'art. 6-novies, d.l. n. 41/2021) conferma che il Legislatore con la citata disposizione - “modificata in senso assai restrittivo” - ha semplicemente previsto un percorso regolato di condivisione che auspica la collaborazione tra le parti contrattuali e senza alcuna previsione di conseguenze per il mancato accordo.

Dunque, proprio sulle conseguenze della mancata previsione, il giudice non ha espresso una sua valutazione; anzi, lo stresso, richiamando gli artt. 1375 e 1374 c.c., afferma che queste norme non costituiscono i presupposti normativi affinché il giudice possa intervenire per modificare il contenuto delle prestazioni contrattuali autonomamente determinate dalle parti e che hanno forza di legge tra le stesse (art. 1372 c.c.)

Ebbene, la presente ricostruzione offre lo spunto di ulteriori argomentazioni “diverse” da quelle prospettate dal giudicante.

a) La ratio della norma ex art 6-novies, d.l. n. 41/2021

Secondo la relazione del Senato (Dossier A.S. 2320 del 19 luglio 2021), nell'àmbito dell'autonomia negoziale, locatore e conduttore sono sempre legittimati a rinegoziare il contratto che li vincola, ed a determinare liberamente la durata delle nuove condizioni contrattuali (fermo il limite trentennale per i contratti di locazione ex art. 1573 c.c.). Oltre a ciò, si legge nel documento che “prevedere per legge un richiamo alla rinegoziazione secondo un principio di buona fede, stabilendo i casi in cui tale richiamo opera, sembra una norma destinata a spiegare effetti sia tra le parti che con riferimento ai giudici in caso di contenzioso, fornendo dei parametri legislativamente fissati per poter stabilire se la riduzione del canone fosse in qualche misura “dovuta” e se il nuovo canone sia ragionevole”.

Dalla presente relazione, il Legislatore ha voluto riconoscere alle parti (locatore e conduttore) la libertà e la possibilità di rinegoziare il contratto. Non solo. Pur non prevedendo una sanzione in caso di inosservanza, il Legislatore utilizza il verbo intransitivo “sembra” quasi a voler sottolineare - in totale libertà interpretativa del disposto normativo - che anche i giudici possono valutare (quindi intervenire) al fine di riequilibrare il sinallagma. Del resto, la norma è chiara: le parti sono chiamate a collaborare in buona fede. A questo punto, ci si domanda: chi deve verificare la collaborazione secondo i criteri della buona fede?

b) L'intervento del giudice e la buona fede contrattuale

A differenza del magistrato fiorentino, il quale espressamente dichiara che “gli artt. 1375 e 1374 c.c. non costituiscono d'altronde i presupposti normativi perché il giudice nella fattispecie in esame possa intervenire per modificare il contenuto delle prestazioni contrattuali autonomamente determinate dalle parti…”, altri giudici, invece, hanno ammesso l'esatto contrario. Difatti, la buona fede può essere utilizzata anche con funzione integrativa cogente nei casi in cui si verifichino dei fattori sopravvenuti ed imprevedibili non presi in considerazione dalle parti al momento della stipulazione del rapporto, che sospingano lo squilibrio negoziale oltre l'alea normale del contratto (Trib. Roma 27 agosto 2020); a causa dell'emergenza sanitaria in corso, è da ritenersi necessaria, alla luce del principio di buona fede e correttezza nonché dei doveri di solidarietà costituzionalizzati (art. 2 Cost.), una rinegoziazione del canone di locazione al fine di riequilibrare il sinallagma, così come caldeggiato anche dalla Suprema Corte nella relazione tematica n. 56 dell'8 luglio 2020 (Trib. Milano 21 ottobre 2020); alla luce dell'attuale situazione devono essere allora tenute presenti le disposizioni di cui agli artt. 1175 c.c. (correttezza) 1375 c.c. (buona fede), 1374 c.c. (l'equità), nonché il disposto del comma 6 dell'art. 3, d.l. n. 6/2020 (Trib. Firenze 27 gennaio 2021). Quindi, “al giudice potrebbe essere ascritto il potere di sostituirsi alle parti pronunciando una sentenza che tenga luogo dell'accordo di rinegoziazione non concluso, determinando in tal modo la modifica del contratto originario” (Relazione tematica della Cassazione dell'8 luglio 2020).

c) L'orientamento dell'applicazione analogica dell'art. 216, comma 3, d.l. n. 34/2020

Il citato Dossier del Senato (A.S. 2320 del 19 luglio 2021 in riferimento all'art. 6-noviesdel d.l. n. 41/2021) precisa che un meccanismo simile (riduzione del 50% del canone) era stato seguito per gli impianti sportivi. Questa norma, recentemente, è diventata la base di un nuovo orientamento applicabile anche per le locazioni commerciali:

- un'interpretazione costituzionalmente orientata di tale disposizione ne consente l'applicazione analogica ai rapporti di locazione aventi ad oggetto immobili destinati allo svolgimento della generalità delle attività commerciali, industriali e professionali sospese per factum principis, apparendo essa altrimenti irragionevole sotto il profilo della disparità di trattamento di situazioni uguali o analoghe (Trib. Milano 20 maggio 2021, n. 4355);

- non riconoscere la possibilità di applicare (non solo alle attività sportive, come previsto espressamente dalla legge, ma) a tutte le ipotesi di locazione commerciale la riduzione del 50% dell'importo da corrispondere a titolo di corrispettivo, per il godimento di un immobile che non può essere sfruttato per le finalità cui era adibito, per colpa non ascrivibile alla locatrice, costituirebbe un irragionevole regolamentazione differente di situazioni sostanzialmente identiche. Ciò in aperta violazione del divieto di disparità di trattamento, sancito dall'art. 3 Cost. (Trib. Milano 28 giugno 2021, n. 4651);

- l'applicazione analogica è consentita in presenza di tutti i presupposti di cui all'art. 12 delle preleggi del codice civile. In particolare, con il provvedimento in commento, il giudicante ha ulteriormente osservato che vi è una lacuna nella legge, non essendo previsto alcunché riguardo alle locazioni di immobili non adibiti ad attività sportive. Vi è somiglianza di fattispecie, trattandosi di locazione ad uso commerciale; la disposizione non ha natura eccezionale, ponendosi la norma in armonia con i principi stabiliti in tema di impossibilità della prestazione per sopravvenute circostanze finalizzate a ristabilire lo equilibrio contrattuale (Trib. Milano 1° ottobre 2021, n. 7906).

Da quanto emerso dal provvedimento in commento, il giudice fiorentino non menziona nulla su quest'ultimo orientamento.

d) Considerazioni finali

La pronuncia del Tribunale di Firenze dimostra come la materia della rinegoziazione dei canoni di locazione (in tema di provvedimenti emergenziali Covid-19) è in continua evoluzione, non solo per la diversa casistica, ma anche per le diverse argomentazioni giuridiche. Sicuramente, la pronuncia rappresenta il primo precedente del “percorso condiviso per la ricontrattazione delle locazioni commerciali”, seppur con una lettura restrittiva dell'art. 6-novies, d.l. n. 41/2021; allo stesso modo, però, la pronuncia offre lo spunto sui poteri: limitativi del giudice e conseguenziali delle parti. Difatti quel “sembra” utilizzato nel Dossier del Senato, avrebbe avuto più incisione se la norma avesse previsto una espressa “sanzione” a carico della parte inadempiente, al fine di consentire al giudice di intervenire e, magari, di riequilibrare il contratto di locazione.

Nonostante ciò, seconda altra argomentazione che esula dall'applicazione della citata novella legislativa, continua ad evolversi l'orientamento di maggiore “libertà” dell'intervento giudiziario: buona fede contrattuale e interpretazione analogica dell'art. 216, comma 3, d.l. n. 34/2020.

Riferimenti

Tarantino, Decreto sostegni bis: (nuovo) percorso condiviso per la ricontrattazione delle locazioni commerciali in Condominioelocazione.it, 9 settembre 2021;

Scalettaris, La nuova norma in tema di “ricontrattazione delle locazioni commerciali”. Decreto Agosto convertito in legge, in Condominioelocazione.it, 9 giugno 2021;

Tarantino, D.p.c.m. illegittimi: il conduttore non può chiedere la rinegoziazione del contratto a causa delle limitazioni imposte dal governo, in Condominioelocazione.it, 13 gennaio 2021.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.