CGUE: il carcere può essere un centro di permanenza temporaneo per immigrati irregolari

Redazione Scientifica
22 Marzo 2022

Una sezione specifica di un istituto penitenziario nella quale cittadini di paesi terzi sono trattenuti, ai fini dell'allontanamento, può essere considerata un "apposito centro di permanenza temporanea", purché le condizioni di trattenimento applicabili a questi cittadini evitino, quanto più possibile, che tale trattenimento sia simile a un confinamento in ambiente carcerario e siano concepite in modo da rispettare i diritti garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

La domanda sottoposta alla Corte di giustizia europea verte sull'interpretazione dell'art. 16, par. 1, e dell'art. 18 direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

La quinta sezione è intervenuta dichiarando:

«1. L'art. 16, par. 1, direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, deve essere interpretato nel senso che una sezione specifica di un istituto penitenziario che, da una parte, pur disponendo di un proprio direttore, sia subordinata alla direzione di tale istituto e soggetta all'autorità del Ministro responsabile per gli istituti penitenziari e nella quale, dall'altra, cittadini di paesi terzi sono trattenuti, ai fini dell'allontanamento, in specifici edifici dotati di proprie strutture e isolati dagli altri edifici di tale sezione in cui sono detenute persone condannate penalmente, può essere considerata un "apposito centro di permanenza temporanea", ai sensi di detta disposizione, purché le condizioni di trattenimento applicabili a questi cittadini evitino, quanto più possibile, che tale trattenimento sia simile a un confinamento in ambiente carcerario e siano concepite in modo da rispettare i diritti garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea nonché i diritti sanciti dall'art. 16, par. da 2 a 5, e dall'art. 17 di detta direttiva.

2. L'art. 18 direttiva 2008/115, in combinato disposto con l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali, deve essere interpretato nel senso che il giudice nazionale chiamato, nell'ambito della sua competenza, a disporre il trattenimento o la proroga del trattenimento, in un istituto penitenziario, di un cittadino di un paese terzo ai fini dell'allontanamento deve poter verificare il rispetto delle condizioni alle quali tale articolo 18 subordina la possibilità, per uno Stato membro, di prevedere che detto cittadino sia sottoposto a trattenimento in un istituto penitenziario.

3. L'art. 16, par. 1, direttiva 2008/115, in combinato disposto con il principio del primato del diritto dell'Unione, deve essere interpretato nel senso che il giudice nazionale deve disapplicare la normativa di uno Stato membro che consenta, in via temporanea, che i cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare siano trattenuti, ai fini dell'allontanamento, in istituti penitenziari, separati dai detenuti ordinari, qualora le condizioni alle quali l'art. 18, par. 1, e l'art. 16, par. 1, seconda frase, di tale direttiva subordinano la conformità di siffatta normativa al diritto dell'Unione non siano, o non siano più, soddisfatte».

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