ANF agli stranieri, arriva il via libera della Consulta

Redazione Scientifica
16 Marzo 2022

I cittadini extracomunitari, soggiornanti di lungo periodo e con permesso unico di lavoro, in base al diritto europeo non possono essere trattati in modo diverso dai cittadini italiani nell'accedere al beneficio dell'assegno per il nucleo familiare.

Con la sentenza n. 67/2022, la Corte Costituzionale torna ad occuparsi della possibilità per i cittadini extracomunitari di accedere al beneficio dell'assegno per il nucleo familiare.

Nello specifico, la Consulta ha chiarito che i cittadini non europei, soggiornanti di lungo periodo e con permesso unico di lavoro, non possono essere trattati in modo diverso dai cittadini italiani nell'accedere al beneficio dell'assegno per il nucleo familiare (ANF), anche se alcuni componenti della famiglia risiedono temporaneamente nel paese di origine.

«La parità di trattamento fra i destinatari di questa provvidenza – che ha natura sia previdenziale sia di sostegno a situazioni di bisogno – è garantita dai giudici, tenuti ad applicare il diritto europeo»: secondo la Consulta, infatti, il principio del primato del diritto dell'Unione costituisce «l'architrave su cui poggia la comunità di corti nazionali, tenute insieme da convergenti diritti e obblighi».

A tal proposito, in risposta a due rinvii pregiudiziali promossi dalla Cassazione, la Corte di giustizia dell'Unione Europea aveva ritenuto non compatibile la disciplina italiana relativa all'ANF con due direttive europee (2003/109 sui soggiornanti di lungo periodo e 2011/98 sul rilascio di permesso unico di lavoro): «se è vero che sono i familiari e beneficiare dell'ANF» –precisa la Corte di Lussemburgo – «è altrettanto vero che l'assegno è versato al lavoratore o pensionato, componente a sua volta del nucleo familiare». L'obbligo di non differenziare il trattamento dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti, pertanto, «è imposto dalle direttive in modo chiaro, preciso e incondizionato, come tale dotato di effetto diretto».

La Consulta, inoltre, osserva che la procedura pregiudiziale, oltre a rappresentare un canale di raccordo fra i giudici nazionali e la Corte di Lussemburgo per risolvere eventuali incertezze interpretative, concorre ad assicurare e rafforzare il primato del diritto dell'Unione, alla cui attuazione i giudici comuni partecipano secondo il meccanismo del controllo diffuso, «disapplicando all'occorrenza» qualsiasi disposizione del diritto nazionale contrastante con il diritto dell'Unione.

La competenza esclusiva della Corte di giustizia nell'interpretazione e applicazione dei Trattati, pertanto, «comporta, in virtù del principio di effettività delle tutele, che le decisioni adottate sono vincolanti, innanzi tutto nei confronti del giudice che ha disposto il rinvio».

Fonte: dirittoegiustizia.it

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