Codice Penale art. 518 bis - Furto di beni culturali 1Furto di beni culturali1 [I]. Chiunque si impossessa di un bene culturale mobile altrui, sottraendolo a chi lo detiene, al fine di trarne profitto, per sé o per altri, o si impossessa di beni culturali appartenenti allo Stato, in quanto rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500. [II]. La pena è della reclusione da quattro a dieci anni e della multa da euro 927 a euro 2.000 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo 625 o se il furto di beni culturali appartenenti allo Stato, in quanto rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini, è commesso da chi abbia ottenuto la concessione di ricerca prevista dalla legge. [1] Articolo inserito dall'art. 1, comma 1, lett. b), della l. 9 marzo 2022, n. 22, in vigore dal 23 marzo 2022. competenza: Trib. monocratico arresto: facoltativo fermo: non consentito (1° comma), consentito (2° comma) custodia cautelare in carcere: consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d’ufficio InquadramentoL'art. 518-bispunisce il furto di beni culturali ed è stato recentemente inserito all'interno del codice penale ad opera dell'art. 1, comma 1, lett. b), della legge 9 marzo 2022, n. 22. Tale legge, entrata in vigore dal 23 marzo 2022, immette nel codice penale un nuovo titolo, VIII bis, dedicato ai delitti contro il patrimonio culturale, composto da 17 nuovi articoli, attraverso i quali viene introdotta una disciplina organica della materia. Fin da subito è stato sottolineato il mutamento di prospettiva e di risposta penalistica rispetto al previgente quadro codicistico “pulviscolare” che si caratterizzava per l'essere legato ad una dimensione prevalentemente patrimonialistica e non pienamente rispondente al rilievo costituzionale del bene giuridico (art. 9, comma secondo, Cost.) in quanto sbilanciato nel senso della decodificazione. L'intervento normativo effettuato con la l. n. 22/2022 si pone nel solco di quello già operato con il d.lgs. 1° marzo 2018 n. 21: quest'ultimo, infatti, ha dato attuazione alla c.d. riserva di codice nella materia penale, ai sensi della quale il legislatore ha trasmigrato nel codice penale una serie di norme che riproducono i contenuti di altre, ubicate in leggi speciali, che sono state a loro volta in tutto o in parte abrogate. Lo scopo del d.lgs. n. 21/2018 era, infatti, quello di razionalizzare e rendere maggiormente intellegibile la produzione legislativa di settore (v. Relazione allo schema di decreto legislativo n. 21/2018). Analogamente la legge n. 22/2022 riordina la materia, collocando nel codice e sotto lo stesso titolo gli illeciti penali che erano riportati in parte in quello dei beni culturali - contenuto nel d.lgs. n. 42/2004 – e in altra parte nello stesso codice penale, ma in ordine “sparso”. La ratio dell'introduzione del titolo VIII bis si rinviene, poi, nell'esigenza di operare una profonda riforma della regolamentazione penale contenuta nel d.lgs. n. 24/2004 per rafforzare le misure di tutela del patrimonio culturale, con particolare riferimento ai beni mobili. Tale obiettivo viene perseguito ridefinendo l'assetto della disciplina attraverso l'introduzione di nuove fattispecie di reato, l'ampliamento dell'ambito di applicazione della confisca, l'inasprimento del trattamento sanzionatorio e l'inserimento di alcuni delitti contro il patrimonio culturale tra i reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti. Secondo i primi commentatori i nuovi strumenti predisposti dalla l. 22/2022 si rivelano utili anche a rispondere in maniera più adeguata ad indicazioni costituzionali ed europee. Come noto, infatti, l'articolo 9 della Costituzione tutela il paesaggio e il patrimonio artistico e storico italiano, mentre l'art. 3 del Trattato dell'Unione Europea delega alle istituzioni europee la vigilanza sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo. Le azioni congiunte tra Italia ed Ue vengono coordinate dall'art. 6 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, fondamentale per disporre le competenze integrate tra Stati membri e istituzioni europee. Da ultimo è stata, poi, firmata a Nicosia il 19 maggio 2017 la Convenzione del Consiglio d'Europa sulle infrazioni relative ai beni culturali, ratificata dall'Italia con l. 21 gennaio 2022, n. 6 ed espressamente richiamata tra i motivi ispiratori della nuova legge nel corso dei lavori preparatori. La finalità della previsione delle nuove fattispecie riportate nella legge n. 22/2022 – e dell'innalzamento delle pene edittali vigenti - sarebbe, pertanto, da rinvenirsi anche nella necessità di dare attuazione ai principi costituzionali ed europei in forza dei quali il patrimonio culturale e paesaggistico richiede una tutela ulteriore rispetto a quella offerta alla proprietà privata. La scelta di configurarle come autonome e distinte fattispecie penali, anziché come aggravanti speciali dei reati comuni contro il patrimonio, nei casi in cui le condotte insistano su beni di interesse culturale o paesaggistico, sembra poter essere giustificata con l'intenzione di sottrarre l'incremento sanzionatorio al giudizio di bilanciamento con eventuali circostanze attenuati. Il c.d. furto archeologico è una fattispecie almeno in parte già nota in quanto è stato precedentemente sanzionato prima dall'art. 67 l. n. 1089/1939, poi dall'art. 125 d.lgs. n. 490/1999 ed infine dall'art. 176 d.lgs. n. 42/2004. L'attuale reato di furto dei beni culturali di cui all'art. 518-bis ricomprende nel suo ambito di applicazione sia le ipotesi delittuose punite dall'abrogato art. 176 del d.lgs. n. 42/2004 (impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato) sia quelle riconducibili alla fattispecie “generale” di furto di cui all'art. 624 c.p., aggravato ai sensi dell'art. 625 n. 7. Il primo comma dell'art. 518 bis, infatti, sanziona l'impossessamento sia di un bene culturale mobile altrui, operato attraverso la sottrazione a chi lo detiene, al fine di trarne profitto, per sè o per altri, sia quello di beni culturali appartenenti allo Stato, in quanto rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini. Il legislatore, pertanto, ha creato una fattispecie autonoma di delitto, eliminando il precedente riferimento di cui all'art. 625 n. 7 c.p. Prima della riforma, infatti, era possibile solo (e non sempre) ricorrere alla circostanza aggravante della destinazione delle cose a «pubblica riverenza» prevista nell'art. 625 n. 7 c.p., che disponeva un aggravamento di pena «Se il fatto è commesso su cose esistenti in uffici e stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza». Al fine di consentire l’incriminazione la giurisprudenza aveva ricompreso i beni culturali tra gli oggetti materiali di cui a questa circostanza aggravante in ragione della fruizione pubblica che talvolta li caratterizza in quanto oggetto ad es. di una mostra o “esposti in un tempio religioso e, per questo, oggetto della riverenza dei fedeli”. La previsione della sola circostanza aggravante è stata, però, ritenuta dalla dottrina insufficiente a garantire un’efficace salvaguardia del patrimonio culturale sia perché la sua applicazione può essere neutralizzata dal concorso di circostanze attenuanti ritenute dal giudice prevalenti nel giudizio di bilanciamento sia perché parte della giurisprudenza non l’ha ritenuta configurabile nel caso di furto dei beni culturali di proprietà privata. Inoltre in pratica il furto di opere d’arte veniva parificato a quello degli autoveicoli parcheggiati sulla pubblica via e a quello compiuto nei supermercati. L'art. 3 della succitata l. n. 22/2022, poi, ha incluso il delitto di cui all'art. 518-bis nel catalogo dei reati dalla cui commissione può scaturire l'applicazione di sanzioni pecuniarie ed interdittive in capo agli enti attraverso l'inserimento dell'art. 25-septiesdecies all'interno del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 (in particolare, l'art. 25-septiesdecies comma 4 prevede proprio per il delitto di cui all'art. 518-bis la sanzione pecuniaria da quattrocento a novecento quote e al comma 5 le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9 comma 2 del d.lgs. n. 231/01 per una durata non superiore a due anni)). Bene giuridicoIl reato de quo si caratterizza per essere plurioffensivo: da un lato lede il c.d. patrimonio culturale, direttamente tutelato dall'art. 9 della Costituzione, dall'altro il patrimonio, strictu senso inteso, del proprietario del bene (soggetto pubblico o privato). Al riguardo la giurisprudenza ha osservato che le norme penali volte ad assicurare la tutela dei c.d. beni culturali garantiscono l'interesse della collettività a godere e fruire di tutto ciò che materialmente attesta la civiltà nazionale nelle varie espressioni culturali di tutte le epoche (Cass. III, n. 6199/1993) e che la predetta tutela abbraccia non solo il patrimonio storico-artistico-ambientale la cui valenza culturale è oggetto di formale dichiarazione, ma anche i beni protetti in virtù del loro intrinseco valore, indipendentemente dal previo riconoscimento da parte della autorità competente (Cass. III, n. 45841/2012). Soggetti
Soggetto attivo L'ipotesi base prevista dal primo comma dell'art. 518-bis è un reato comune: può essere, infatti, commesso da “chiunque”. Quella aggravata contemplata dal secondo comma dell'art. 518-bis è, invece, un reato proprio nelle ipotesi in cui è commesso da chi abbia ottenuto la concessione di ricerca prevista dalla legge. Le ricerche archeologiche e, in genere, le opere per il ritrovamento dei beni culturali in qualunque parte del territorio nazionale sono, infatti, riservate allo Stato ex art. 88 del d.lgs. n. 42/2004, il quale può dare in concessione a soggetti pubblici o privati l'esecuzione delle predette ricerche e delle opere ai sensi dell'art. 89 del d.lgs. n. 42/2004. Soggetto passivo Il soggetto passivo s’individua nel soggetto privato (persona fisica e non) o nell’ente pubblico al quale è riconducibile un rapporto, significativo sotto il profilo giuridico, con il bene culturale oggetto della condotta di reato. Elemento oggettivo
Oggetto materiale Oggetto materiale del delitto contemplato all’art. 518-bis è il bene culturale. La riforma introdotta dalla legge n. 22/2022 non ne contempla una definizione propria (agli effetti penali) per cui è necessario far riferimento alla nozione contenuta nell’art. 2 del d.lgs. 42/2004, che sotto il genus “patrimonio culturale” comprende sia i “beni culturali”, descrivendoli come «le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà» sia i “beni paesaggistici”, vale a dire la categoria comprendente «gli immobili e le aree indicati all’articolo 134, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge». Più specificamente l’art. 10, comma 1, del d.lgs. n. 42/2004 individua i beni culturali nelle cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico (comma 1) nonché nelle raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi di enti pubblici, negli archivi e i singoli appartenenti ad enti pubblici e nelle raccolte librarie delle biblioteche di enti pubblici. Sono, altresì, considerati beni culturali quelli elencati al comma 3 dell’art. 10 del d.lgs. n. 42/2004, ovvero i beni appartenenti a soggetti privati per i quali è intervenuta la dichiarazione di interesse culturale di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 42/2004. È stato osservato (Iagnemma) che il rinvio alle disposizioni del codice dei beni culturali, in cui è enfatizzata la loro dimensione fisica, è significativo dell’accoglimento di un’impostazione «di tipo oggettivo-reale», finalizzata, perciò, «ad assicurare, staticamente, la conservazione delle situazioni date», anziché promuovere «l’attitudine dei beni culturali a soddisfare esigenze di civiltà». La Cassazione ha precisato che l’aggettivo “culturale” deve considerarsi una sintesi linguistica di tutte le possibili articolazioni della culturalità: artistica, storica, archeologica, etnoantropologica, archivistica e bibliografica. Ha, poi, accolto una nozione sostanziale di bene culturale, in luogo di quella meramente formale, chiarendo che l’impostazione secondo la quale sussiste un’equazione per cui il bene culturale va identificato solo nella cosa già dichiarata di interesse culturale all’esito delle procedure previste dagli artt. 12 e 14, d.lgs. n. 42 del 2004 non trova riscontro, né nella lettera della legge né in argomenti di tipo sistematico (Cass. III, n. 10468/2017). Coerentemente alla definizione normativa sopra riportata la norma incrimina sia il furto del bene culturale appartenente al privato sia di quello di proprietà dello Stato, in quanto rinvenuto nel sottosuolo o nei fondali marini. L’art. 91, comma 1, del d.lgs. n. 42/2004 dispone, infatti, che le cose indicate nell'articolo 10, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini, appartengono allo Stato e, a seconda che siano immobili o mobili, fanno parte del demanio o del patrimonio indisponibile, ai sensi degli articoli 822 e 826 del codice civile. In merito ai beni culturali appartenenti ad enti pubblici la Cassazione (Cass. III, n. 24988/2020) ha stabilito che non è necessario procedere all’accertamento del cosiddetto interesse culturale, né occorre che i medesimi presentino un particolare pregio o siano qualificati come culturali da un provvedimento amministrativo. Ai fini dell’integrazione del reato de quo, infatti, è sufficiente che la “culturalità” sia desumibile dalle caratteristiche oggettive dei beni, derivante da tipologia, localizzazione, rarità o altri analoghi criteri, e la cui prova può desumersi o dalla testimonianza di organi della p.a. o da una perizia disposta dall'autorità giudiziaria (Cass. III, n. 35226/2007). Condotta Trattasi di reato a forma vincolata in quanto realizzabile solo attraverso una condotta che si sostanzia nell'impossessamento del bene culturale altrui. Mentre, però, nel caso di bene appartenente al privato è necessario che l'impossessamento sia avvenuto attraverso la sottrazione, in quello del bene di proprietà dello Stato non deve esplicarsi secondo tale specifica modalità. Nella prima fattispecie i due momenti in cui può essere frazionato l'iter criminis sono, infatti, quelli della sottrazione e del successivo impossessamento. La prima si ha quando l'agente priva il soggetto passivo, non consenziente, della possibilità di disporre di una determinata cosa. Come nel caso del furto exart. 624 il requisito del dissenso del soggetto passivo costituisce elemento di qualificazione dell'antigiuridicità dell'agire: un eventuale consenso dell'avente diritto, infatti, eliminerebbe il disvalore penale della condotta ed impedirebbe la configurabilità del reato. L'impossessamento è, invece, il momento in cui il soggetto agente — dopo aver compiuto lo spossessamento — inizia ad instaurare sulla cosa un autonomo potere dispositivo, seppur di origine illecita. Per ulteriori approfondimenti sulla condotta di impossessamento mediante sottrazione cfr. sub art. 624. Nella seconda fattispecie in luogo della previsione del comportamento sottrattivo il legislatore ha inserito nel corpo del testo dell'art. 518-bis la specifica che il bene culturale oggetto di furto è appartenente allo Stato, in quanto rinvenuto nel sottosuolo o nei fondali marini. Presupposto dell'impossessamento illecito sanzionato è, pertanto, l'avvenuto ritrovamento dei beni culturali in seguito a ricerche date in concessione (art. 89 d.lgs. n. 42/2004) o a scoperte fortuite (art. 90 d.lgs. n. 42/2004). In relazione alle cose che fanno parte del patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale sussiste, infatti, una presunzione di illegittimità del possesso da parte dei privati. Si tratta, infatti, di oggetti che devono ritenersi di proprietà dello Stato sin dalla loro scoperta, anche laddove siano il frutto di scavo o comunque di rinvenimento casuale. Al riguardo rileva il disposto dell'art. 91 del d.lgs. n. 42/2004, che dichiara, così come l'art. 826 comma 2 c.c., l'appartenenza allo Stato (al suo patrimonio indisponibile) dei beni culturali da chiunque e in qualunque modo ritrovati. Ciò significa che il soggetto che trattiene il bene culturale ritrovato compie, di fatto, una sottrazione dello stesso allo Stato. La dottrina ha osservato che la ratio dell'assegnazione allo Stato (specificamente al Ministero) del compito e del connesso potere di effettuare le ricerche archeologiche si individua non solo nell'esigenza (preventiva) di evitare l'illecita appropriazione dei beni ritrovati, ma anche nelle caratteristiche tecniche dell'attività di ricerca. Le operazioni di ricerca, infatti, devono rientrare in un quadro programmato e devono essere condotte secondo metodologie scientifiche che assicurino l'integrità dell'oggetto del possibile ritrovamento. Si è rilevato, inoltre, che l'analisi scientifica può essere pregiudicata se si effettua un prelevamento senza controllo del reperto, poiché quest'ultimo, avulso dal contesto originario, può perdere gran parte dei dati di cui è portatore. La giurisprudenza (Corte appello Palermo sez. IV, 05/02/2021, n.605) ha precisato che il reato d'impossessamento illecito di beni culturali non si configura se il soggetto attivo ha tenuto un atteggiamento meramente passivo nei confronti della acquisita disponibilità del bene. È necessario, infatti, che l'agente ponga in essere un'azione a mezzo della quale abbia appreso la cosa spostandola dal luogo in cui si trovava in origine per collocarla sotto il proprio dominio esclusivo (è stato assolto, pertanto, l'imputato trovato in possesso di una moneta d'oro di valore storico artistico e archeologico, perché gli era pervenuta per via ereditaria. Tale modalità di acquisizione, infatti, esclude l'attuazione da parte sua di un'azione di impossessamento del bene). Elemento psicologico
Il dolo La prima fattispecie prevista dall’art. 518-bis è punita a titolo di dolo specifico, consistente nella consapevolezza del carattere culturale del bene (non è più sufficiente, come nella precedente forma circostanziale, la conoscibilità) e della sua altruità e nella volontarietà della sottrazione e dell’impossessamento. Nel caso di bene culturale appartenente ad un privato la norma specifica che l’agente deve esser mosso dal fine di trarre profitto — per sé o per altri — dall’impossessamento della cosa. La seconda fattispecie, invece, è sanzionata a titolo di dolo generico. Consumazione e tentativo
Consumazione Si ha consumazione quando il bene culturale — sottratto alla detenzione da parte dell’avente diritto — è sottoposta ad un effettivo impossessamento ad opera del soggetto agente, dato dalla circostanza che quest’ultimo è riuscito ad instaurare sulla stessa una autonoma signoria, pur se cronologicamente molto limitata. Per ulteriori approfondimenti cfr. sub art. 624. Tentativo Il tentativo è configurabile attraverso il compimento di atti idonei e non equivocamente diretti alla sottrazione ed al successivo impossessamento del bene culturale: occorre, però, che la condotta si arresti prima di condurre la res fuori dalla sfera di vigilanza, disponibilità e controllo — diretto o mediato — dell’avente diritto. Nel caso di furto archeologico, in cui l’impossessamento abbia ad oggetto un bene culturale appartenente allo Stato, deve preventivamente realizzarsi il presupposto della condotta antigiuridica, ovvero il ritrovamento dei beni culturali (altrimenti l’agente è punibile per violazione delle ricerche archeologiche) ed il tentativo è riferibile solo alla fase dell’impossessamento. Forme di manifestazione
Circostanze speciali Al furto di beni culturali si applicano diverse circostanze speciali ad effetto speciale. In primo luogo, il secondo comma dell’art. 518-bis prevede l’applicazione di quelle aggravanti contemplate al primo comma dell’articolo 625. In secondo luogo, sempre il secondo comma dell’art. 518-bis riporta una circostanza “tipica” del delitto in commento che si concretizza quanto il furto ha ad oggetto beni culturali appartenenti allo Stato, in quanto rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini, ed è commesso da un soggetto privato che ha ottenuto la concessione di ricerca prevista dalla legge. Al reato de quo, infine, si riferiscono anche le circostanze aggravanti speciali di cui all’art. 518-sexiesdecies e quelle attenuanti speciali di cui all’art. 518-septiesdecies, a cui si rinvia. Rapporti con altri reati
Furto Il delitto di pone in rapporto di specialità con il furto comune in quanto l’oggetto materiale del reato è costituito dal bene culturale, che rientra nell’ambito della categoria generale delle cose mobili. Concorso di reatiSussiste concorso di reati tra la contravvenzione che persegue le ricerche archeologiche in difetto di concessione (art. 175 d.lgs. 42/2004) ed il delitto di furto di beni culturali appartenenti allo Stato nella parte in cui riproduce il disposto dell’abrogato art. 176 d.lgs. n. 42/2004. Di conseguenza nel caso in cui le ricerche abbiano avuto esito positivo, e l'autore si sia impossessato di quanto rinvenuto, questi è soggetto a pena per l’uno e l’altro reato (Cass. III, n. 6432/2007; Cass. III, n. 44967/2007). ConfiscaCfr. sub art. 518-duodevicies. BibliografiaG.P. Demuro, La riforma dei reati contro il patrimonio culturale: per un sistema progressivo di tutela, in Sistema penale 2/2022; Iagnemma, I nuovi reati inerenti ai beni culturali. Sul persistere miope di una politica criminale ricondotta alla deterrenza punitiva, in Archivio penale online, 2022, n. 1; Massaro, Illecita esportazione di cose di interesse artistico: la nozione sostanziale di bene culturale e le modifiche introdotte dalla legge n. 124 del 2017, in Sistema penale 5/2018. |