Ristrutturazione e falcidiabilità nel piano del consumatore dei debiti derivanti dall’ordinanza di assegnazione del credito

28 Marzo 2022

Con una recentissima decisione, di grande rilevanza pratica, la Corte costituzionale ha chiarito che anche i crediti oggetto di assegnazione giudiziale nell'espropriazione presso terzi possono essere ricompresi nel «piano del consumatore».
Massima

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 1-bis, della l. 3/2012, come introdotto dall'art. 4-ter, comma 1, lett. d), del d.l. 137/2020 convertito, con modificazioni, con l. 176/2020, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Cost., dal Tribunale ordinario di Livorno, con l'ordinanza del 7 aprile 2021, in quanto è la stessa ratio dell'art. 8, comma 1-bis l. 3/2012 ad attrarre, in via ermeneutica, nel contenuto della norma qualunque debito, per il quale la modalità solutoria o la garanzia di adempimento siano state affidate alla cessione pro solvendo del credito, inclusa l'ipotesi nella quale la cessione del credito derivi da un provvedimento giudiziale.

Il caso

Il Tribunale di Livorno, con pronuncia del 21 gennaio 2021, ha dichiarato inammissibile la richiesta di omologa del piano presentata congiuntamente da due consumatori; il piano prevedeva la ristrutturazione di un debito per il quale il creditore aveva ottenuto un'ordinanza definitiva di assegnazione del quinto dello stipendio di uno degli istanti.

I debitori hanno proposto reclamo avverso il provvedimento di inammissibilità, sostenendo che, in virtù dell'applicazione analogica dell'art. 44 della l. fall., l'omologazione del piano avrebbe reso inefficace il pignoramento, imponendo il pagamento del credito residuo secondo le condizioni previste dal piano medesimo.

Il Collegio, investito del reclamo, non condividendo l'interpretazione proposta dagli istanti, con l'ordinanza del 7 aprile 2021, ha sollevato la questione di legittimità dell'art. 8, comma 1-bis, della l. 3/2012 per violazione dell'art. 3 Cost., in quanto limitante «la possibilità di falcidia e ristrutturazione ai soli "debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione” e non anche ai debiti per i quali il creditore abbia già ottenuto ordinanza di assegnazione di quota parte dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione».

La questione

L'art. 8, comma 1-bis, della l. 3/2012, come introdotto dall'art. 4-ter, comma 1, lett. d), del d.l. 137/2020 convertito, con modificazioni, nella l. 176/2020, statuisce che la proposta di piano del consumatore può prevedere anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno, salvo quanto previsto dall'art. 7, comma 1, secondo periodo.

La norma nulla statuisce per la diversa fattispecie di cessione giudiziale del credito conseguente all'emissione di un'ordinanza definitiva di assegnazione pronunciata dal giudice dell'esecuzione.

Il Tribunale di Livorno ha ritenuto che la lacuna normativa non possa essere colmata applicando analogicamente l‘art. 44 della l. fall., in quanto il suo presupposto, ossia lo spossessamento del debitore, non si verifica nella procedura di sovraindebitamento. Né, a giudizio del remittente, può interpretarsi estensivamente l'art. 8 cit., includendovi la cessione giudiziale del credito, perché si priverebbe di efficacia un atto giudiziario definitivo, con conseguente violazione del principio di intangibilità degli atti esecutivi già compiuti sancito dall'art. 187-bis disp. att. c.p.c.

Le soluzioni giuridiche

Il rimedio giudiziale del sovraindebitamento è stato introdotto dal legislatore con la l. 3/2012 al fine di consentire l'esdebitazione ai soggetti non fallibili, ricollocando «utilmente all'interno del sistema economico e sociale, senza il peso delle pregresse esposizioni» (Corte cost., sent. n. 245/2019), un soggetto – il consumatore – che, se sul piano contrattuale si connota per una debolezza derivante dalla sua asimmetria informativa, nel quadro della disciplina in esame, che presuppone la condizione patologica del sovraindebitamento, mostra anche i segni di una fragilità economico-sociale.

La natura ibrida della procedura, che presenta tratti negoziali e tratti concorsuali, e le lacune della relativa disciplina hanno reso necessari diversi interventi normativi il d.l. 137/2020, convertito, con modificazioni, nella l. 176/2020, che, in sede di conversione, ha aggiunto con l'art. 4-ter, comma 1, lettera d), l'attuale art. 8, comma 1-bis, oggetto della presente pronuncia.

Le modifiche apportate al testo originario hanno evidenziato l'obiettivo perseguito dal legislatore: consentire all'esdebitato la ristrutturazione del maggior numero possibile dei debiti.

Difatti, l'art. 8 sopracitato ha previsto che possano essere inclusi nel piano i debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione, nulla statuendo, però, in merito ai debiti per i quali sia stata emessa un'ordinanza di assegnazione.

Il rischio conseguente a tale lacuna normativa ed evidenziato dal Collegio remittente è che verrebbe violato il principio di intangibilità degli atti esecutivi.

La questione è stata oggetto di diverse pronunce da parte della giurisprudenza di merito che è giunta a conclusioni differenti, facendo ricorso all'applicazione analogica della normativa in materia di fallimento o di concordato preventivo.

Alcuni Tribunali (v. Trib. Grosseto 16 marzo 2021, Trib. Bologna 12 agosto 2021), hanno applicato analogicamente la disciplina fallimentare, ritenendo che nella procedura di sovraindebitamento si verifica lo spossessamento del debitore come nel fallimento. Così ragionando, hanno dichiarato l'inefficacia del pagamento successivo all'apertura della procedura di sovraindebitamento in virtù dell'art. 44 l. fall.

Queste sentenze hanno fatto proprio l'orientamento adottato in ambito fallimentare della Corte di cassazione (Cass. civ., sez. VI, 22 Gennaio 2016, n. 1227), che ha statuito che, in caso di fallimento del debitore già assoggettato ad espropriazione presso terzi, il pagamento eseguito dal "debitor debitoris" al creditore che abbia ottenuto l'assegnazione del credito pignorato ex art. 553 c.p.c. è inefficace, ai sensi dell'art. 44 l. fall., se intervenuto successivamente alla dichiarazione di fallimento, non assumendo rilievo, a tal fine, l'anteriorità dell'assegnazione, che, disposta "salvo esazione", non determina l'immediata estinzione del debito dell'insolvente, sicché l'effetto satisfattivo per il creditore procedente è rimesso alla riscossione del credito, ossia ad un pagamento che, perché eseguito dopo la dichiarazione di fallimento del debitore, subisce la sanzione dell'inefficacia.

All'opposta soluzione sono pervenuti altri Tribunali (v. Trib. Livorno 21 aprile 2021, Trib. Mantova 20 aprile 2021) che hanno escluso l'applicabilità dell'art. 44 l. fall. in quanto nel sovraindebitamento si verificherebbe una situazione analoga al concordato preventivo in cui il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa sotto la vigilanza del commissario giudiziale.

Da ciò consegue che il debito per il quale il relativo creditore ha ottenuto a suo favore ex art. 553 c.p.c. un'ordinanza di assegnazione, va escluso dal piano proposto dal consumatore, in quanto quella procedura deve considerarsi conclusa e definita a seguito di quel provvedimento giurisdizionale divenuto definitivo.

La giurisprudenza di merito, in tale fattispecie, ha richiamato l'orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia. La Suprema Corte, (da ultimo Cass. civ., sez. I, 15 febbraio 2021, n. 3850), ritenendo che nel concordato non si verifica il presupposto di inefficacia dei pagamenti eseguiti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento, ai sensi del successivo art. 44, ovvero lo spossessamento del debitore, ha concluso per la legittimità del pagamento effettuato dal debitor debitoris in esito ad un pignoramento presso terzi trascritto prima della pubblicazione della domanda di concordato preventivo, ove l'ordinanza di assegnazione di cui all'art. 533 c.p.c. sia anch'essa antecedente a detta pubblicazione, quantunque il pagamento venga invece effettuato successivamente ad essa.

In questo quadro disomogeneo, il Tribunale di Livorno ha sollevato la questione di legittimità dell'art. 8 cit. laddove non annovera tra i debiti falcidiabili quelli derivanti da una cessione giudiziale del credito.

La Corte, investita della questione, preliminarmente, ha evidenziato che la disposizione censurata non evoca testualmente la mera cessione volontaria, come erroneamente ritiene l'ordinanza di rimessione, ma la cessione del credito tout court. Dunque, non può escludersi a priori un possibile riferimento implicito anche all'ipotesi della cessione coattiva del credito, di fonte giudiziale, tenuto conto della finalità perseguita dalla normativa in esame che è quella di consentire la falcidiabilità del maggior numero di debiti con l'unico limite previsto dal legislatore delle operazioni di prestito su pegno.

Ragionando diversamente, si escluderebbero, in modo irrazionale, dal piano di ristrutturazione, debiti, rispetto ai quali abbia avuto luogo la cessione del credito, soltanto perché abbiano fonte in contratti diversi da quello di finanziamento.

Più stringente è stata invece ritenuta la censura mossa dal Collegio remittente in merito alla presunta violazione del principio normativo di intangibilità degli atti esecutivi già compiuti ai sensi dell'art. 187-bis disp. att. c.p.c.

Al riguardo, la Corte ha osservato che l'effetto traslativo del credito, derivante dall'assegnazione giudiziale, è lo stesso che discende dalla cessione volontaria del credito in luogo dell'adempimento.

L'ordinanza di assegnazione, emessa a conclusione della procedura di espropriazione presso terzi e che determina la cessione coattiva del credito pignorato, formalizza giudizialmente, in mancanza di un previo negozio di cessione, la scelta del creditore di una modalità di soddisfazione pro solvendo del proprio diritto.

Argomentando diversamente, si finirebbe con l'attribuire all'effetto traslativo derivante dall'assegnazione giudiziale una vincolatività differente e maggiore rispetto a quella riconosciuta all'effetto della cessione volontaria, il che equivarrebbe a ritenere che il trasferimento della proprietà attuato con una vendita forzata sia “più forte e vincolante” dell'effetto traslativo generato da un atto di autonomia privata.

D'altronde, la Consulta evidenzia che l'unica forma di cessione che giustifica la possibile falcidia e ristrutturazione della persistente situazione debitoria è quella pro solvendo, che non estingue il debito principale sino alla riscossione del credito.

Tale meccanismo pro solvendo si riscontra sempre nella cessione conseguente all'ordinanza di assegnazione giudiziale, mentre è derogabile nella cessione negoziale dalla diversa volontà delle parti ai sensi dell'art. 1198 c.c.

Pertanto, producendo l'assegnazione giudiziale il medesimo effetto traslativo del credito della cessione negoziale pro solvendo ed essendo la finalità del legislatore quella di consentire la falcidia e la ristrutturazione di tutti debiti con l'unico limite espressamente previsto delle operazioni di prestito su pegno,non vi è motivo di escludere dal piano i debiti rispetto ai quali sia stata emessa un'ordinanza di assegnazione giudiziale.

Il Giudice delle leggi ritiene, inoltre, che l'opponibilità della cessione del credito ai terzi non ne inibisca la falcidiabilità per una duplice motivazione.

Anzitutto il problema dell'opponibilità della cessione del credito si pone in riferimento a tutti i crediti indipendentemente dalla loro fonte, negoziale o giudiziale, e anche sposando la tesi della Corte di cassazione (Cass. civ., sez. lav., 26 ottobre 2002, n. 15141), che applicando l'art. 2918 c.c., impone il rispetto di eventuali oneri pubblicitari sia agli atti di autonomia privata, sia ai provvedimenti giudiziali.

Inoltre, l'opponibilità ai terzi dell'effetto traslativo non inibisce comunque la falcidiabilità, ove si consideri che sono falcidiabili debiti relativi a crediti muniti di garanzie reali sicuramente opponibili ai terzi con i limiti legali disposti dall'art. 7 della l. 3/2012.

Peraltro, la Consulta ha evidenziato che fino all'omologa del piano, i pagamenti eseguiti dal debitor debitoris sono certamente efficaci, non applicandosi al piano di ristrutturazione la disciplina di cui all'art. 44 della l. fall., che rende inefficaci tutti i pagamenti eseguiti a partire dalla dichiarazione di fallimento.

Dunque, il piano del consumatore può, secondo la Consulta, prevedere non solo la falcidia dei debiti pregressi del consumatore, ma anche una diversa modalità di soddisfacimento del diritto legata alla cessione del credito, senza che ciò incida sulla fonte del debito da ristrutturare. Difatti evidenzia la Corte che gli stessi crediti muniti di garanzie reali possono essere soddisfatti con modalità differenti rispetto a quelle derivanti da tali garanzie

Soltanto l'omologazione del piano rende inefficaci gli adempimenti eseguiti in difformità rispetto al suo contenuto, in virtù di quanto dispone l'art. 13, comma 4, della l. 3/2012.

Osservazioni

La sentenza della Corte costituzionale presenta la struttura della c.d. interpretativa di rigetto che tende ad evitare la cesura del dato normativo ogni qual volta sussiste un'incertezza interpretativa, superabile con l'adozione di soluzioni ermeneutiche astrattamente possibili, rendendo la disposizione conforme a Costituzione (v. di recente Corte cost., 5 maggio 2021, n. 89, in tema di revocazione per errore di fatto avverso il provvedimento che liquida il compenso degli avvocati).

La decisione in commento, inoltre, ci sembra condivisibile solo in parte. Va senz'altro condivisa nella misura in cui escludendo l'applicazione analogica della normativa in materia di fallimento, alla procedura del piano del consumatore, auspicando un intervento del legislatore volto a colmare le lacune della disciplina. Maggiori perplessità ci sembrano invece da individuarsi in relazione all'equiparazione tra cessione volontaria e ordinanza di assegnazione, poiché trascura completamente che: a) con l'ordinanza di assegnazione il credito è fuoriuscito dal patrimonio del debitore; b) la posizione del terzo, debitor debitoris, rispetto al quale l'ordinanza conserva l'efficacia di titolo esecutivo che il creditore può azionare in caso di mancata ottemperanza all'ordine legittimamente emesso dal g.e.

Riferimenti
  • L. Baccaglini, La sorte dei giudizi pendenti al momento dell'apertura di una procedura di liquidazione del patrimonio, in www.dirittodegli affari.it, del 15 aprile 2021;
  • P. Farina, Le procedure concorsuali di cui alla legge n. 3 del 2012 e la (limitata) compatibilità con la legge fallimentare. le problematiche della domanda e dell'automatic stay, in Dir. fall., 2017, 44 ss. Id., L'operatività degli artt. 43 e 52 l. fall nella liquidazione del patrimonio del sovraindebitato, in Giustiziacivile.com, del 24 giugno 2021; Id., La stabilità dell'espropriazione presso terzi intrapresa dopo la domanda di concordato preventivo, in Riv. es. forz., 2022, 1;
  • D. Vattermoli, La procedura di liquidazione del patrimonio del debitore alla luce del diritto “oggettivamente” concorsuale, in Dir. fall., 2013, I, 765 ss.

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