Opposizione all'esecuzione: l'onere della prova della misura degli interessi corrispettivi spetta al creditore opposto

Roberto Tartaglia
29 Marzo 2022

Nel giudizio di opposizione all'esecuzione, fondato su un titolo stragiudiziale, quando l'opponente contesti la misura degli interessi corrispettivi pretesi dal creditore, è onere di quest'ultimo provare sia l'esistenza del relativo patto, sia la correttezza e la legittimità del criterio con cui gli interessi sono stati conteggiati.
Massima

Nel giudizio di opposizione all'esecuzione, fondato su un titolo stragiudiziale, quando l'opponente contesti la misura degli interessi corrispettivi pretesi dal creditore, è onere di quest'ultimo provare sia l'esistenza del relativo patto, sia la correttezza e la legittimità del criterio con cui gli interessi sono stati conteggiati.

Il caso

In una opposizione ex art. 615 c.p.c. la parte debitrice ha eccepito la nullità del contratto di mutuo per indeterminabilità del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori. L'opposizione è stata rigettata, sia in primo grado che in grado di appello. In particolare, il giudice di secondo grado ha ritenuto che la clausola contrattuale, che aveva determinato per relationem il tasso applicabile agli interessi corrispettivi, “nonostante l'estremo tecnicismo” non poteva ritenersi nulla per indeterminabilità dell'oggetto; altrettanto doveva dirsi per la clausola determinativa del saggio degli interessi moratori.

Avverso tale decisione l'opponente ha proposto ricorso per Cassazione, censurando la sentenza d'appello nella parte in cui questa ha ritenuto determinabile il saggio degli interessi corrispettivi previsto nel contratto di mutuo. Sul punto, l'opponente ha eccepito che, sebbene all'esito del giudizio di opposizione non fosse stato possibile stabilire quale fosse il saggio applicato – il consulente tecnico d'ufficio nel corso del giudizio di merito non era stato in grado di reperire la pagina periodica del sistema Dow Jones Telerate, necessaria alla determinazione del saggio - la Corte d'appello aveva, nonostante la mancanza di tale prova, rigettato l'opposizione, ritenendo tale tasso comunque esistente e, quindi, determinabile.

La questione

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il suddetto motivo di ricorso ed ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, affermando che, in applicazione dei principi sull'onere della prova, spetta al creditore opposto l'onere di dimostrare l'esistenza e l'entità del proprio credito. Nella fattispecie ciò, invece, non è avvenuto, in quanto il giudice di merito, pur riconoscendo l'impossibilità di accertare l'entità del saggio applicato al rapporto, ha tuttavia ritenuto tale saggio come meramente “esistente” e, come tale, conoscibile e, quindi, determinabile. In tal modo, la Corte d'Appello ha capovolto, addossandolo al debitore, l'onere di provare l'esistenza e la misura del credito.

Le soluzioni giuridiche

La decisione della Cassazione si basa e richiama un orientamento giurisprudenziale oramai consolidato, secondo il quale, ai sensi dell'art. 2697 c.c., in un giudizio in cui il giudice deve stabilire se sia corretta la misura degli interessi pretesa dal creditore - a fronte delle relative contestazioni sollevate dal debitore sulla effettiva debenza degli stessi in quanto non determinabili - l'onere della prova si ripartisce nel senso che spetta al creditore dimostrare l'esistenza del negozio dal quale è scaturita l'obbligazione e la misura della stessa, mentre il debitore ha l'onere di provare l'esistenza di un fatto impeditivo, modificativo od estintivo dell'obbligazione medesima (Cass. civ., sez. I, ord., 4 aprile 2019, n. 9526; Cass. civ., sez. I, 11 giugno 2018, n. 15148).

I Giudici di legittimità hanno rilevato come invece, nella fattispecie, il giudice di secondo grado, pur ammettendo come non fosse stato possibile stabilire l'entità del tasso applicato, ha, tuttavia, ritenuto che questo fosse certamente esistente al momento della stipula del mutuo e quindi conoscibile, rigettando l'opposizione.

Tale modalità di valutazione è stata, dalla Cassazione, ritenuta giuridicamente erronea, in quanto ha sollevato il creditore opposto dall'onere di dimostrare l'esistenza e l'entità del credito, facendolo, invece, gravare sul debitore opponente ed, in tal modo, capovolgendo l'onere della prova in violazione dell'art. 2697 c.c.

Osservazioni

Le motivazioni addotte dalla Suprema Corte, che, come sopra esposto, si fondano su un orientamento giurisprudenziale oramai del tutto consolidato, appaiono condivisibili.

Anzitutto, la disciplina che regola l'«onere della prova», contenuta nell'art. 2697 c.c., stabilisce che «Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento», mentre «Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda».

L'art. 1284, comma 3, c.c. sul «Saggio degli interessi» prevede che «Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale».

Infine, l'art. 1346 c.c. sui «requisiti» di validità del contratto, stabilisce che «L'oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile».

Le domande rispettivamente avanzate dalle parti nella fattispecie - richiesta di pagamento del credito derivante dal contratto di mutuo per il creditore opposto; eccezione del debitore opponente sulla debenza degli interessi in quanto non oggettivamente determinabili e quindi non dovuti - hanno costituito il thema decidendum del giudizio, ovvero l'accertamento della correttezza della misura degli interessi applicati dal creditore opposto al rapporto contrattuale.

L'onere della prova, in tale fattispecie, va, quindi, ripartito in base ai principi stabiliti dall'art. 2697 c.c.

Sulla base di tali principi, il creditore, che vuol far valere in giudizio il proprio diritto, ha l'onere di dimostrare i fatti che «ne costituiscono il fondamento», quindi non solo l'esistenza del rapporto contrattuale dal quale è sorta l'obbligazione, ma anche tutti gli elementi che ne determinano l'entità e la misura richiesta.

Il debitore, che, invece, eccepisca l'inefficacia di tali fatti, ovvero eccepisca che il diritto azionato nei suoi confronti si è «modificato o estinto deve provare» a sua volta i «fatti» sui quali si fonda la propria contestazione.

Secondo la Cassazione, nella fattispecie i suddetti principi sull'assolvimento dell'onere della prova non sono stati correttamente adottati.

Ciò in quanto, nonostante non fosse stato possibile accertare quale fosse il tasso di interesse (costituente, appunto, la misura e l'entità del credito richiesto) applicato al rapporto contrattuale, l'opposizione era stata rigettata, semplicemente ritenendo che tale tasso fosse meramente esistente al momento della stipula del contratto di mutuo, conseguentemente conoscibile e, quindi, determinabile.

La ricostruzione operata dalla Corte d'appello ha così sollevato il creditore opposto dall'onere, a lui imposto dall'art. 2697 c.c., di dimostrare l'esistenza e – nella fattispecie - l'entità del credito preteso, attribuendo, invece, tale onere a carico del debitore opponente. Di qui l'accoglimento del motivo di ricorso e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice di secondo grado, affinchè decida la controversia secondo una corretta applicazione dei principi sull'onere della prova.

Riferimenti
  • M.D. Marchese, Contenzioso bancario: l'onere probatorio del cliente attore, in www.ilprocessocivile.it, 6 ottobre 2021;
  • M. Di Marzio, Il principio della vicinanza della prova in generale, in www.ilprocessocivile.it, 19 gennaio 2022;
  • R. Giordano, Il riparto dell'onere probatorio nell'opposizione a decreto ingiuntivo in materia bancaria, in www.ilprocessocivile.it, 22 settembre 2021;
  • S. Ciardo, Usura bancaria e decreto ingiuntivo: poteri e limiti del rilievo officioso del giudice, in www.ilprocessocivile.it, 11 giugno 2018;
  • G. Morini, L'onere della prova nel contenzioso bancario, 27 settembre 2021;
  • C. Trapuzzano, La consulenza tecnica d'ufficio in materia bancaria, in www.ilprocessocivile.it, 14 gennaio 2022.

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