La nomina del consulente tecnico nei sinistri marittimi

Michele Nardelli
31 Marzo 2022

L'ordinanza di inammissibilità dell'appello, che dirima la controversia insorta in ordine a questione di rito (quale quella della sussistenza dei presupposti di legge per la nomina di consulente tecnico ai sensi degli artt. 599 e 600 cod. nav.), è ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost.
Massima

L'ordinanza di inammissibilità dell'appello resa ai sensi degli artt. 348-bis e 348-ter c.p.c., che dirima la controversia insorta in ordine a questione di rito (quale quella della sussistenza dei presupposti di legge per la nomina di consulente tecnico ai sensi degli artt. 599 e 600 cod. nav.), è ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., in quanto, per la sua funzione di decisione dotata di efficacia sostitutiva di quella di primo grado, risulta emessa al di fuori del presupposto di legge, occorrendo che detto provvedimento sia adottato prima di procedere alla trattazione della causa.

Il caso

A seguito di un sinistro che aveva coinvolto alcune imbarcazioni, era stato avviato un giudizio per il risarcimento del danno. La sentenza di primo grado aveva rigettato la domanda, assumendo, tra le altre cose, la mancanza di elementi di responsabilità colposa in capo al conducente della gondola sulla quale viaggiava la parte attrice. La decisione della Corte d'appello era stata poi assunta ai sensi dell'art. 348-bis c.p.c., con decisione di inammissibilità. E aveva tra l'altro affermato «che l'istanza di ammissione di CTU proposta dagli appellanti in udienza non era ammissibile perché la controversia non rientrava fra quelle previste dall'art. 589 cod. nav. non potendosi qualificare la gondola coma "nave"». Quest'ultimo punto ha portato all'accoglimento del ricorso per cassazione, sul presupposto per il quale con l'istanza di CTU proposta in secondo grado dall'appellante, era insorta controversia proprio «in ordine alla ricorrenza dei presupposti per la nomina del consulente ai sensi dell'art. 599», vale a dire sulla qualificazione dell'evento quale sinistro marittimo, e sulla presenza nella specie di questioni tecniche. La conseguente decisione della corte territoriale, «nel senso della carenza del presupposto di legge del sinistro marittimo», aveva pertanto comportato la «trattazione (in senso sostanziale) della causa», sicché la questione di rito in tal modo insorta non avrebbe dovuto essere decisa con l'adozione dell'ordinanza ai sensi dell'art. 348-bis, provvedimento che non tollera un contenuto decisionale. Ciò ha reso la decisione di appello ricorribile in Cassazione ai sensi dell'art. 111 comma 7 Cost. «in quanto, per la sua funzione di decisione dotata di efficacia sostitutiva della decisione di primo grado, risulta[va] emessa fuori del presupposto di legge costituito dall'adozione del provvedimento prima di procedere alla trattazione della causa».

La questione

I profili da valutare investono due diverse questioni. Da un lato si tratta di valutare la portata della decisione di inammissibilità dell'appello, quando essa abbia valenza decisoria. Dall'altro lato si tratta di valutare la necessità della CTU, nei casi di sinistri marittimi.

Le soluzioni giuridiche

Il tema dei limiti della decisione di inammissibilità è stato ancora più di recente affrontato da Cass. civ., sez. III, ord., 20 dicembre 2021, n. 40759 (Rv. 663579 - 01), nel senso che «È ammissibile il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza emessa ex art. 348-bis c.p.c. ove se ne deduca la nullità per avere il giudice di appello utilizzato la forma di decisione in forma semplificata pur essendo stato investito di una questione nuova non esaminata in primo grado, nella specie, di deferimento di un giuramento decisorio ed abbia erroneamente deciso il gravame, esaminando prima la questione nuova in senso negativo per l'appellante e successivamente l'appello con il criterio di valutazione di cui al comma 1 del cit. art. 348-bis.(Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio l'ordinanza emessa ex art. 348-bis c.p.c. , ritenendo assorbita l'impugnazione della sentenza di primo grado ed ha rinviato davanti la Corte d'Appello per una nuova decisione con le forme ordinarie)».

Il tema della necessaria esecuzione di una CTU nei sinistri marittimi è stato a sua volta oggetto di precedenti decisioni da parte della Corte di legittimità. Tra le altre, mette conto richiamare Cass. civ., sez. VI, ord., 20 marzo 2014, n. 6608 (Rv. 630496 - 01), secondo cui «Il giudice di appello, pur potendo - tendenzialmente in ogni tipo di controversia - discostarsi motivatamente dalle conclusioni raggiunte dal consulente tecnico di ufficio e fatte proprie dal giudice di primo grado, nelle controversie per sinistri marittimi - nelle quali sono comprese quelle per indennità da salvataggio e recupero imbarcazioni ai sensi degli artt. 491 e 589, primo comma, lett. e) cod. nav. - per ciò stesso affronta le speciali questioni tecniche che rendono obbligatoria la nomina e la partecipazione del consulente tecnico anche in secondo grado, a norma degli artt. 599 e 600 cod. nav. Ne consegue che la sentenza di appello è affetta da nullità qualora il giudice del gravame abbia riesaminato dette questioni tecniche, senza nominare un nuovo consulente, giungendo a conclusioni differenti da quelle del consulente di ufficio recepite dal giudice di primo grado». Ancora, Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2004, n. 7499 (Rv. 572180 - 01), secondo cui «Nelle cause per sinistri marittimi, qualora si controverta su questioni tecniche, la nomina del consulente tecnico e la sua partecipazione alla fase decisoria del processo (artt. 599 e 600 c. nav.) sono obbligatorie tanto in primo grado, quanto nel giudizio di appello, con conseguente nullità della sentenza pronunciata senza l'osservanza delle dette formalità, qualora vi siano questioni tecniche da risolvere. Per contro, ove tali questioni non siano rilevanti per la decisione o non vi sia controversia intorno ad esse, non sussiste l'obbligatorietà della nomina del consulente, atteso che, anche in cause siffatte, questi rimane un ausiliario del giudice e non è configurabile come un componente di un organo giudicante specializzato». Della questione si è occupata anche Cass, civ., sez. I, sent., 22 agosto 1977, n. 3824 (Rv. 387494 - 01), secondo cui «Sebbene la nomina del consulente tecnico di ufficio sia obbligatoria nelle cause per sinistri marittimi, che implichino l'esame di questioni tecniche, e la sua mancata partecipazione alla fase decisoria del processo, mediante intervento in camera di consiglio, determini la nullità della sentenza, limitatamente alle decisioni relative alle predette questioni tecniche, non può dichiararsi tuttavia nulla la sentenza alla cui decisione abbia partecipato un consulente tecnico, iscritto nell'albo speciale per le cause dipendenti da sinistri marittimi, ma in una categoria riguardante natanti di stazza inferiore a quelli coinvolti nel sinistro, quando l'irregolarità processuale non sia stata dedotta nella prima istanza o difesa successiva alla nomina o alla notizia della irregolarità». Nella giurisprudenza di merito, App. Palermo, 30 settembre 2020 (in Dir. Maritt., 2021, 2, 399), ha affermato che «Il mancato svolgimento di consulenza tecnica d'ufficio nel giudizio di primo grado determina la nullità della sentenza resa in tale giudizio. Tuttavia, qualora la consulenza venga poi espletata nel giudizio di appello, la causa non deve essere rimessa in primo grado». In relazione alla individuazione dei sinistri marittimi, Cass. civ., sez. III, 22 giugno 1979, n. 3512 (Rv. 399927 - 01) ha chiarito che «Nelle cause intentate per il risarcimento del danno cagionato a persone investite da natanti non si applicano gli artt. 599 e 600 cod. nav. i quali prevedono, a pena di nullità della sentenza, la nomina del consulente tecnico da scegliersi fra gli iscritti in uno speciale elenco e il suo intervento in camera di consiglio, in quanto tali Disposizioni riguardano le sole controversie per sinistri marittimi - la cui decisione importi, inoltre, la risoluzione di questioni tecniche - elencate tassativamente dall'art 589 cod. nav., tra cui non sono incluse quelle aventi ad oggetto le lesioni causate da urto di navi contro persone in mare. Identicamente, in tali cause non trova applicazione la norma dell'art 601 cod. nav., il quale fa Obbligo al giudice o al consigliere istruttore di disporre d'ufficio l'acquisizione agli Atti dei processi verbali di inchiesta sommaria, nonché dei processi verbali e delle relazioni di inchiesta formale di Competenza dell'autorità amministrativa marittima o eventualmente di altre autorità (consolari e doganali in caso di inchiesta sommaria)».

Osservazioni

La motivazione con la quale la Cassazione ha accolto il ricorso è basata sul primo dei profili oggetto di discussione, essendo poi risultata assorbita la questione più specifica, inerente alla effettiva necessità della consulenza tecnica nell'ambito del giudizio. E in questo senso la decisione appare conforme a quanto stabilito da Cass. civ., sez. un., 2 febbraio 2016, n. 1914. Quest'ultima decisione aveva affermato da un lato che «La decisione che pronunci l'inammissibilità dell'appello per ragioni processuali, ancorché adottata con ordinanza richiamante l'art. 348-ter c.p.c. ed eventualmente nel rispetto della relativa procedura, è impugnabile con ricorso ordinario per cassazione, trattandosi, nella sostanza, di una sentenza di carattere processuale che, come tale, non contiene alcun giudizio prognostico negativo circa la fondatezza nel merito del gravame, differendo, così, dalle ipotesi in cui tale giudizio prognostico venga espresso, anche se, eventualmente, fuori dei casi normativamente previsti», e dall'altro lato che «L'ordinanza di inammissibilità dell'appello resa ex art. 348-ter c.p.c. è ricorribile per cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale (quali, per mero esempio, l'inosservanza delle specifiche previsioni di cui agli artt. 348-bis, comma 2, e 348 ter, commi 1, primo periodo e 2, primo periodo, c.p.c.), purché compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso». In ciò era stato superato il precedente di cui a Cass. civ., sez. VI, ord., 17 aprile 2014, n. 8940 (Rv. 630776 - 01), laddove era invece stato affermato che «Il ricorso per cassazione, sia ordinario che straordinario, non è mai esperibile avverso l'ordinanza che dichiari l'inammissibilità dell'appello ex art. 348-bis c.p.c., e ciò a prescindere dalla circostanza che essa sia stata emessa nei casi in cui ne è consentita l'adozione, ovvero al di fuori di essi, ostando, quanto all'esperibilità del ricorso ordinario, la lettera dell'art. 348-ter, comma 3, c.p.c. (che definisce impugnabile unicamente la sentenza di primo grado), mentre, quanto al ricorso straordinario, la non definitività dell'ordinanza, dovendosi valutare tale carattere con esclusivo riferimento alla situazione sostanziale dedotta in giudizio, della quale si chiede tutela, e non anche a situazioni aventi mero rilievo processuale, quali il diritto a che l'appello sia deciso con ordinanza soltanto nei casi consentiti, nonché al rispetto delle regole processuali fissate dall'art. 348-ter c.p.c.». Uno degli argomenti spesi dalle sezioni unite, tra gli altri, al fine di giungere al giudizio di ammissibilità della impugnazione della pronuncia di inammissibilità, ai sensi dell'art. 111 Cost., è stato quello per cui «Alla stregua della disciplina risultante dagli artt. 348-bis e ter c.p.c. il soccombente che si è visto dichiarare inammissibile l'appello con l'ordinanza di cui all'art. 348-ter c.p.c., proponendo ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado non può ovviamente che dedurre motivi attinenti a quella decisione e non può quindi far valere censure riguardanti eventuali errores in procedendo commessi dal giudice d'appello, posto che per poter conseguire una pronuncia su tali eventuali errori l'unica possibilità sarebbe quella di impugnare il provvedimento che pone termine al procedimento di appello, ossia l'ordinanza declaratoria dell'inammissibilità dello stesso. Se tale ordinanza non fosse impugnabile non sarebbe perciò in alcun modo sindacabile la decisione che "nega" alla parte il giudizio d'appello, ossia l'impugnazione idonea a provocare un riesame della causa nel merito non limitato al controllo di vizi specifici ma inteso ad introdurre un secondo grado in cui il giudizio può essere interamente rinnovato non in funzione dell'esame della sentenza di primo grado ma come nuovo esame della controversia, sia pure nei limiti del proposto appello». Ovviamente, non ogni errore sarebbe soggetto a ricorso straordinario. Lo sarebbero, tra gli altri, quelli inerenti alla violazione dei limiti previsti dagli artt. 348-bis e 348-ter c.p.c. per la legittima adozione del provvedimento di inammissibilità (il mancato rispetto del limite costituito dalla scansione procedimentale nella quale la decisione di inammissibilità potrebbe trovare spazio; la adozione di una tale pronuncia nelle cause alle quali partecipi il P.M.; la decisione assunta in un giudizio svoltosi in primo grado con il rito sommario; la declaratoria di inammissibilità quando essa non possa trovare contestuale applicazione sia per l'appello principale e sia per l'appello incidentale in ipotesi proposto), perché rispetto ad essi non vi sarebbe possibilità di impugnazione ordinaria.

Quanto alla possibilità di esperire il ricorso ordinario, rilevano invece le decisioni assunte in contrasto con le previsioni che stabiliscono l'adozione della decisione con sentenza di inammissibilità e/o improcedibilità («Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello», come previsto dall'art. 348-bis c.p.c.), ovvero oltre il limite che deve orientare e governare la pronuncia della inammissibilità, che deve fondarsi sulla assenza di una ragionevole probabilità che l'impugnazione possa essere accolta (sicché una decisione «che pronunci invece l'inammissibilità dell'appello per ragioni di carattere processuale -ancorché erroneamente con ordinanza, richiamando l'art. 348-ter c.p.c. e, in ipotesi, pure nel rispetto della relativa procedura- è impugnabile con ricorso ordinario per cassazione», come affermato dalla decisione delle sezioni unite). E d'altra parte, conferma indiretta dell'approdo della giurisprudenza si trae anche dalla opposta conclusione, raggiunta nel caso della mancata definizione del giudizio di appello con una decisione di inammissibilità, ma con una sentenza di merito, essendo stato coerentemente affermato (Cass. civ., sez. VI - L, ord., 29 novembre 2021, n. 37272, Rv. 663151 - 01) che «La scelta del giudice d'appello di definire il giudizio prendendo in esame il merito della pretesa azionata (sia con il rigetto che con l'accoglimento) non può dirsi proceduralmente viziata sul presupposto che si sarebbe dovuta affermare l'inammissibilità per assenza di ragionevole probabilità di accoglimento; pertanto, ove il giudice non ritenga di assumere la decisione ai sensi dell'art. 348-ter, comma 1, c.p.c., la questione di inammissibilità resta assorbita dalla sentenza che definisce l'appello, che è l'unico provvedimento impugnabile, ma per vizi suoi propri, "in procedendo" o "in iudicando", e non per il solo fatto del non esservi stata decisione nelle forme semplificate».

Come si è detto, la decisione in commento ha fatto applicazione della pronuncia delle sezioni unite, e ha anche proceduto ad un maggiore approfondimento su un punto, oggetto peraltro della valutazione operata. Nello specifico, già le sezioni unite avevano affermato che il mancato rispetto del limite procedimentale per l'adozione del provvedimento, integrasse vizio dello stesso, idoneo a consentire il ricorso straordinario. Il dato normativo sotteso a tale conclusione è rappresentato dall'art. 348-ter c.p.c., a mente del quale «All'udienza di cui all'articolo 350 il giudice, prima di procedere alla trattazione, sentite le parti, dichiara inammissibile l'appello, […]». La sentenza in commento ha quindi ulteriormente spiegato che «la trattazione della causa, in quanto funzionale alla decisione della domanda e delle questioni, pregiudiziali e non, di rito e delle questioni preliminari di merito (ad esempio l'eccezione di prescrizione riproposta ai sensi dell'art. 346 c.p.c.), che la contraddistinguono, è nozione non riducibile all'ingresso formale in una fase, ma ha anche valenza sostanziale sotto il profilo della fattispecie processuale preordinata a dirimere la controversia mediante la decisione». In altre parole, il concetto di trattazione assume una valenza non meramente formale, ma funzionale alla decisione, «quando sia insorta controversia in ordine alla questione suscettibile di essere risolta ai fini della decisione della causa». Ed è conseguenziale la notazione per la quale «Se la questione è stata decisa, vuol dire che vi è stata trattazione ed una ordinanza che venga emessa a seguito di trattazione, in senso sostanziale per la valenza decisoria del medesimo provvedimento, sfugge alla qualificazione ai sensi dell'art. 348-bis, pur conferitole dal giudice di appello, avendo natura di sentenza proprio per il suo contenuto decisorio». Ulteriore conseguenza è poi che proprio a seguito della acquisita natura di sentenza, il provvedimento assunto dalla Corte d'appello assume effetto sostitutivo della decisione di primo grado (e la ammissibilità, nella specie, del ricorso straordinario per cassazione, è stata affermata per effetto della violazione riguardante il limite stabilito per la sua adozione, che non avrebbe potuto seguire la trattazione, ma avrebbe dovuto precederla).

Il merito della decisione, pur rimasto assorbito, ha riguardato la tematica inerente alla qualificazione dell'evento di danno, quale conseguenza di un sinistro marittimo. La Cassazione ha rammentato come «Nelle cause per sinistri marittimi, qualora si controverta su questioni tecniche, la nomina del consulente tecnico e la sua partecipazione alla fase decisoria del processo, ai sensi degli artt. 599 e 600 cod. nav., sono obbligatorie tanto in primo grado, quanto nel giudizio di appello, con conseguente nullità della sentenza pronunciata senza l'osservanza delle dette formalità, qualora vi siano questioni tecniche da risolvere» (Cass. civ., n. 6608/2014, n. 7499/2004, 16761/2002). Sul punto, va operata qualche osservazione. Le norme di riferimento sono contenute nell'art. 599 cod. nav. («Il presidente, all'atto della nomina del giudice o del consigliere istruttore, e il giudice o il consigliere istruttore nel corso dell'istruzione probatoria, scelgono uno o più consulenti tecnici fra gli iscritti in un elenco speciale, formato secondo le norme stabilite nel regolamento. Il collegio, quando rileva che non sono stati nominati i consulenti tecnici, provvede alla nomina e può disporre che sia rinnovata l'istruzione probatoria»), e nell'art. 475 del relativo regolamento («Presso ogni tribunale, la cui circoscrizione confina con il mare, è istituito uno speciale elenco di consulenti tecnici per le cause riguardanti sinistri marittimi. Per quanto attiene all'elenco speciale e ai consulenti tecnici si applicano gli artt. 13 e da 15 a 24 disp. att. c.p.c., in quanto non modificati dal seguente articolo»). Il riferimento ai sinistri marittimi è contenuto nell'art. 589 cod. nav. («Sono proposte avanti il comandante di porto, se il valore non eccede le lire centomila, avanti il tribunale, se il valore è superiore a tale somma, le cause riguardanti: a. i danni dipendenti da urto di navi; b. i danni cagionati da navi nell'esecuzione delle operazioni di ancoraggio e di ormeggio e di qualsiasi altra manovra nei porti o in altri luoghi di sosta; c. i danni cagionati dall'uso di meccanismi di carico e scarico e dal maneggio delle merci in porto; d. i danni cagionati da navi alle reti e agli attrezzi da pesca; e. le indennità e i compensi per assistenza, salvataggio e ricupero; f. il rimborso di spese e i premi per ritrovamento di relitti»), fermo restando che in relazione al limite di valore, la Corte costituzionale, con sentenza 24 giugno-7 luglio 1976, n. 164, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 589 del cod. nav. e delle norme ad esso collegate, nella parte in cui attribuisce al comandante di porto, quale giudice di primo grado, la competenza a decidere le cause per sinistri marittimi in detto articolo elencate e il cui valore non ecceda le lire 100.000 (e in proposito Pretura Cagliari, 3 giugno 1997, in Dir. Trasporti, 1998, 189, secondo cui «A seguito della dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 589 cod. nav. nella parte relativa alla previsione della competenza del comandante del porto, è residuata l'esclusiva competenza del tribunale, indipendentemente dal valore della controversia, in ordine alle cause riguardanti i danni dipendenti da urto di navi»). Il compito del consulente, ai sensi dell'art. 600 cod. nav., è quello di assistere il giudice per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, intervenendo in camera di consiglio, presenti le parti, per esprimere il suo parere sulle questioni tecniche che la causa presenta. Il parere può essere presentato per iscritto, e in mancanza deve essere riportato nel processo verbale. Mette conto chiarire che l'intervento nella camera di consiglio, presenti le parti, non attribuisce al consulente funzioni giurisdizionali, e non vale a qualificare l'organo giudiziario alla stregua di un organo specializzato, perché il consulente assume la funzione di ausiliario del giudice, e non entra a far parte del collegio, né partecipa al momento decisionale (per quanto sia stato affermato, da Cass. civ., sez. III, sent., 5 luglio 1968, n. 2291, Rv. 334585 – 01, che «A norma degli artt. 599 e 600 cod. nav., nelle cause in materia di infortuni marittimi che presentino questioni di carattere tecnico, è obbligatoria la nomina del consulente tecnico ed anche la sua partecipazione sia alla istruzione probatoria che alla fase decisoria del processo. Il suo mancato intervento in camera di consiglio determina, pertanto, la nullità della sentenza deliberata senza la sua assistenza»). Rileva nel senso indicato la circostanza, già messa in luce in dottrina da La China, per la quale la norma prevede l'intervento del consulente alla presenza delle parti, ciò che di per sé esclude che possa avvenire nella fase decisoria (e l'Autore richiamato aveva anche evidenziato come la stessa nomina del consulente ad opera del Presidente del collegio, del collegio o del giudice istruttore, valesse ad escluderne la funzione giurisdizionale, non essendo data la possibilità di formazione dell'organo giudiziario con autocomposizione mediante cooptazione) -e nel medesimo senso in dottrina altresì Scotti.

La mancata nomina del consulente, in presenza di un sinistro marittimo, potrà pertanto essere fatta valere con la impugnazione, e qualora essa sia mancata in primo grado, il relativo vizio potrà essere superato con lo svolgimento dell'incombente in appello, senza che sia necessario rimettere la causa al primo giudice (App. Palermo, 30 settembre 2020, richiamata in precedenza).

Il doppio limite al quale la nomina del consulente è soggetta è rappresentato dalla necessità che la causa presenti questioni tecniche (art. 600 cod. nav.), sulle quali il predetto debba rendere il proprio parere, e dall'oggetto della controversia, che deve riguardare un sinistro marittimo (art. 589 cod. nav.). Mancando tali presupposti, viene meno l'obbligo di nomina. Per il caso delle questioni tecniche, già Cass. civ., sez. I, 15 luglio 1967, n. 1777, Rv. 328649 – 01, aveva stabilito che «Nelle cause per sinistri marittimi, in deroga alla disciplina generale, la nomina del consulente tecnico è obbligatoria, qualora la causa presenti questioni tecniche. La mancata partecipazione del consulente tecnico alla fase decisoria del processo, mediante intervento in camera di consiglio, determina la nullità della sentenza, ma limitatamente alle decisioni relative alle questioni tecniche, per le quali soltanto è obbligatoria la nomina del consulente- ma non influisce sulla validità delle statuizioni di natura esclusivamente giuridica»; parimenti Cass. civ., sez. I, 1 febbraio 1974, n. 259 (in Foro It., 1974, I, 1061), in una controversia nella quale il giudizio sia definito decidendo questioni preliminari di merito, assolutamente prive di carattere tecnico. E quanto alla presenza di un sinistro marittimo, esso è stato escluso in caso di mancanza di una collisione tra imbarcazioni (si richiama Cass. civ., sez. III, 22 giugno 1979, n. 3512, relativa a una causa intentata per il risarcimento del danno cagionato a persone investite da natanti). Ancora, è stato escluso nel caso deciso da Trib. Taranto, sez. II, 9 gennaio 2015 (in banca dati leggiditalia), secondo cui «La richiesta di CTU ai sensi degli artt. 599 e 600 cod. nav. è limitata alle sole cause per sinistri marittimi di cui alla elencazione contenuta nell'art. 589 cod. nav. Tra queste non rientra certamente il contenzioso tra il proprietario di una imbarcazione e l'assicuratore in relazione all'an ed al quantum debeatur dell'indennizzo dovuto a seguito di sinistri che colpiscano il natante». Parimenti è stato escluso da Cass. civ. sez. lav., 20 aprile 1995, n. 4427, in Foro It., 1996, I, 677, che nel caso trattato ha affermato che «Le controversie aventi ad oggetto le indennità e i compensi dovuti ai lavoratori marittimi per assistenza, salvataggio e recupero (qualora la nave su cui sono imbarcati non sia armata ed equipaggiata allo scopo di prestare soccorso) rientrano nell'ambito del contratto di arruolamento; conseguentemente, non è ad esse applicabile l'art. 599 cod. nav. che prevede la nomina obbligatoria di un consulente tecnico nelle controversie aventi ad oggetto sinistri marittimi». Ed è stato altresì escluso da Cass. civ., 3 novembre 1983, n. 6470, che nel caso deciso ha stabilito che «La controversia relativa ai danni cagionati da inadempienza di un contratto di trasporto marittimo non rientra tra le cause per sinistri marittimi tassativamente elencate nell'art. 589 cod. nav., ed in particolare tra le cause per i danni cagionati da maneggio delle merci in porto di cui alla lett. c) del cit. art., e per essa non è, pertanto, obbligatoria la nomina di un consulente tecnico, prescritta dagli art. 599 e 600 cod. nav. soltanto per la trattazione delle vertenze da sinistro marittimo».

Il particolare rilievo dell'apporto del consulente incide anche sulla possibilità del giudice d'appello di discostarsi dalle indicazioni fornite dall'ausiliario in primo grado. È stato in proposito rilevato (Cass. civ., sez. VI, ord., 20 marzo 2014, n. 6608, rv. 630496) che «Il giudice di appello, pur potendo - tendenzialmente in ogni tipo di controversia - discostarsi motivatamente dalle conclusioni raggiunte dal consulente tecnico di ufficio e fatte proprie dal giudice di primo grado, nelle controversie per sinistri marittimi - nelle quali sono comprese quelle per indennità da salvataggio e recupero imbarcazioni ai sensi degli artt. 491 e 589, primo comma, lett. e), cod. nav. - per ciò stesso affronta le speciali questioni tecniche che rendono obbligatoria la nomina e la partecipazione del consulente tecnico anche in secondo grado, a norma degli artt. 599 e 600 cod. nav. Ne consegue che la sentenza di appello è affetta da nullità qualora il giudice del gravame abbia riesaminato dette questioni tecniche, senza nominare un nuovo consulente, giungendo a conclusioni differenti da quelle del consulente di ufficio recepite dal giudice di primo grado».

La decisione in commento è particolarmente apprezzabile, perché non solo contribuisce a chiarire ulteriormente la valenza della decisione di inammissibilità assunta dal giudice d'appello, rispetto alla possibilità di procedere alla sua impugnazione con il ricorso per cassazione, ma permette anche di operare alcune considerazioni in ordine al ruolo del consulente tecnico nelle controversie riguardanti i sinistri marittimi, in presenza di questioni tecniche da affrontare.

Riferimenti
  • La China Sergio, Consulente (poco) tecnico e consulente inesistente, in Il Diritto Marittimo, 1978, 240;
  • Costa Francesco Paolo, Consulente tecnico nel diritto della navigazione, in Digesto, Torino, 1988.
  • Andrioli Virgilio, Rilievi sulle cause per sinistri marittimi, in Rivista Diritto Navigazione, 1953, II, 88;
  • Scotti Luigi, La figura del consulente tecnico e l'obbligatorietà della nomina, Rivista Diritto Navigazione, 1959, II, 173.

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