Alla Corte di Giustizia l'articolo 20 del testo unico imposta di registro
04 Aprile 2022
Con ordinanza 10283 del 31 marzo 2022 la Cassazione ha effettuato un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia sottoponendo la questione se le direttive 77/388/CEE e 2006/112/CE ostino ad una disposizione nazionale come l'art. 20 del d.P.R. n. 131/1986.
Questo come risultante dalle recenti modifiche normative, che impone all'Amministrazione finanziaria di qualificare l'operazione intercorsa tra le parti esclusivamente sulla base di elementi testuali contenuti nel contratto con divieto del ricorso ad elementi extratestuali (ancorché essi siano oggettivamente esistenti e provati), derivandone la preclusione assoluta per l'amministrazione finanziaria di provare che la prestazione economica, integrante una cessione di azienda, è stata in realtà artificialmente scomposta in una pluralità di prestazioni (plurime cessioni di beni), con il conseguente riconoscimento del diritto alla detrazione Iva in assenza dei requisiti previsti dal diritto comunitario.
Articolo 20 del TUR ed evoluzione normativa. Su questo aspetto si ricorda che con la legge di Bilancio 2018, l'art. 20 del TUR è stato modificato per chiarire che la qualificazione dell'atto, ai fini dell'imposta di registro, debba avvenire tenendo conto esclusivamente del suo contenuto senza attingere ad elementi extratestuali ovvero ad effetti prodotti da atti ritenuti collegati. Successivamente, con la legge di Bilancio 2019, il legislatore, in contrasto con l'interpretazione fino a quel momento fornito dalla Corte di Cassazione (in senso contrario Cass. n. 29084/2018), ha inteso attribuire valenza interpretativa e dunque effetto retroattivo alla modifica. Con sentenza n. 39/2021 la Corte costituzionale è ritornata sull'interpretazione dell'art. 20 del TUR ha riconosciuto la legittimità della norma contenuta nella legge n. 145/2018 che considera norma di interpretazione autentica applicabile retroattivamente la disposizione di modifica dell'impianto normativo che assegna rilevanza, nell'interpretazione degli atti, solamente agli elementi testuali. Il giudice delle leggi riconosce innanzitutto che le questioni inerenti alla violazione degli artt. 3 e 53 Cost. sono manifestamente infondate, poiché prive di argomenti sostanzialmente nuovi rispetto a quelle già sollevate con la menzionata ordinanza del giudice di legittimità e dichiarate non fondate con sentenza n. 158/2020.
Secondo la Consulta (n. 158/2020), tale presa di posizione del legislatore, nel confermare la tassazione isolata del negozio veicolato dall'atto presentato alla registrazione secondo gli effetti giuridici da esso desumibili, si mostra coerente con i principi ispiratori della disciplina dell'imposta di registro e, in particolare, con la natura di “imposta d'atto” storicamente riconosciuta al tributo di registro dopo la sostanziale evoluzione da tassa a imposta.
Per effetto delle pronunce della Corte costituzionale deve ritenersi orientamento consolidato quello per cui ai fini dell'imposta di registro operazioni strutturate mediante conferimento di azienda seguito dalla cessione delle partecipazioni della società conferitaria (come la presente fattispecie) non possano essere riqualificate in una cessione di azienda e non configurano di per sé il conseguimento di un vantaggio indebito realizzato in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario (fatta salva l'ipotesi in cui tali operazioni siano seguite da ulteriori passaggi, ad esempio una fusione diretta o inversa, che renderebbero chiara la volontà di acquisire direttamente l'azienda (Cass. n. 9065/2021; in senso contrario, prima delle pronunce del giudice delle leggi Cass. n. 29084/2019).
Caso concreto. La vicenda parte da un avviso di accertamento con cui l'Agenzia delle Entrate riqualificava un contratto di compravendita immobiliare, in forza di elementi extratestuali, ritenendo che l'operazione non costituisse compravendita di immobile (quindi cessione di bene soggetta ad IVA) ma cessione di azienda (soggetta a registro). Il bene costituiva un complesso alberghiero (con fabbricati e struttura di contorno come parcheggi ecc.); inoltre la società acquirente aveva ricevuto alcune settimane prima della cessione anche le attrezzature e i beni strumentali (arredi) lasciati dal soggetto venditore; infine entrambe le società erano di proprietà dello stesso soggetto, socio unico delle stesse. Di qui il disconoscimento della detrazione IVA operata dalla società acquirente. Dopo due pronunce sfavorevoli la società ricorreva in Cassazione. I giudici di legittimità hanno richiamato la giurisprudenza comunitaria in materia di IVA e di lotta all'evasione che attribuisce valenza anche all'intenzione dei cessionari ai fini della qualificazione di un'operazione, anche per comprendere se un'operazione sia stata in realtà divisa artificialmente in maniera tale da ritenere, sulla base di elementi oggettivi, che si sia in presenza di un'unica prestazione per essere le singole attività tra loro strettamente connesse (Corte Giustizia Sentenza 19 dicembre 2018, n. C-17/18).
In Italia questa operazione è impedita dall'art. 20 del d.P.R. n. 131/1986.
Proprio in una fattispecie analoga a quella della pronuncia in oggetto, la Cassazione ha precisato che l'art. 20 del TUR, come modificato dalla legge n. 205/2017 in quanto norma interpretativa applicabile retroattivamente (come chiarito da ultimo anche dalla Corte costituzionale con sentenza n. 39/2021), non consente all'amministrazione finanziaria di riqualificare, come cessione d'azienda, le compravendite in favore di cessionari distinti e con atti separati, di beni, contratti e proprietà intellettuali, indipendentemente dall'uso che ne è stato poi fatto dai cessionari (Cass. n. 9065/2021). In conclusione la Cassazione, in quanto organo di ultimo grado obbligato a presentare domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ai sensi dell'art. 267, comma 3 del TFUE, ha ritenuto di chiedere alla Corte europea se l'articolo 20 precluda all'amministrazione finanziaria (limitando la rilevanza ai fini dell'interpretazione del contratto tra le parti ai solo elementi testuali) di valutare le circostanze dell'operazione per cui, anche in presenza di elementi oggettivi che potrebbero far ritenere assente il diritto alla detrazione IVA nei caso in cui ci si trovi in presenza di un'artificiosa scomposizione di un'unica operazione economica in più prestazioni, sarebbe esclusa la possibilità di contestarne la illegittima detrazione.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it
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