Attribuzione in sede di divisione della proprietà esclusiva della casa familiare al coniuge assegnatario1. Bussole di inquadramentoLa comunione legale dei beni tra coniugi e il suo scioglimento A fronte della scelta del regime patrimoniale della comunione legale dei beni, l'autonomia riconosciuta al singolo coniuge nella libera destinazione dei redditi di lavoro e dei frutti ricavati dai beni individuali trova un limite nel dovere di contribuzione tra i coniugi di cui agli artt. 143 comma 3, e 148 c.c. La comunione legale tra coniugi si scioglie nelle ipotesi indicate dall'art. 191 c.c. In particolare, si tratta di assenza, morte presunta, annullamento del matrimonio, divorzio, separazione personale, mutamento convenzionale del regime patrimoniale, separazione giudiziale dei beni, fallimento di uno dei coniugi e, dunque, nella maggior parte dei casi di eventi che incidono sul vincolo coniugale, attenuandolo o sciogliendolo. In passato si riteneva che, invece, l'emanazione dell'ordinanza presidenziale ex art. 708 c.p.c. non fosse suscettibile di incidere sul regime patrimoniale dei coniugi. Il quadro normativo è stato profondamente modificato con l'entrata in vigore della l. n. 55/2015, il cui art. 2 è intervenuto sull'art. 191 c.c. che, oggi, prevede espressamente che l'ordinanza con la quale il presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, nell'ambito di un procedimento di separazione giudiziale, determina lo scioglimento della comunione. Analogamente, in caso di separazione consensuale, è previsto che detto scioglimento avvenga alla data di sottoscrizione del verbale, purché lo stesso sia omologato. La norma precisa inoltre che l'ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all'ufficiale dello stato civile, ai fini dell'annotazione dello scioglimento della comunione, a margine dell'atto di matrimonio. Divisione dei beni Lo scioglimento della comunione legale non determina anche la divisione dei beni ma solo la sopravvenuta mancanza di operatività del regime di comunione legale, con riferimento, pertanto, agli acquisti che i coniugi effettueranno in futuro. I beni, che costituivano oggetto di comunione legale, continuano ad essere comuni, con l'assoggettamento al regime della comunione ordinaria exartt. 1100 ss. c.c. Pertanto, una volta avvenuto lo scioglimento della comunione legale, ciascun coniuge può, liberamente e separatamente, alienare la propria quota di ogni singolo cespite, che ne faceva parte, essendo venuta meno l'esigenza di tutela del coniuge a non entrare in rapporto di comunione con estranei (Cass., n. 8803/2017). Lo scioglimento della comunione determina l'ulteriore effetto dell'ingresso nel patrimonio comune dei beni oggetto di comunione de residuo. Al fine di ottenere la concreta divisione dei beni i coniugi dovranno avvalersi, intervenuto lo scioglimento della comunione, della facoltà di richiedere la stessa ai sensi degli artt. 194 ss. c.c. (Cass., n. 33546/2018) La divisione dei beni può essere effettuata in forma contrattuale, ovvero giudizialmente (in mancanza di specifica normativa ad hoc, troveranno applicazione, in quanto compatibili, le previsioni generali di cui agli artt. 713 ss. c.c.). La divisione richiede che si sia già verificata una causa di scioglimento della comunione. La giurisprudenza, in precedenza, con riferimento al giudicato sulla separazione personale, riteneva che detto scioglimento rappresentasse presupposto processuale e, quindi, dovesse essersi già verificato al momento della proposizione della domanda divisionale (Cass., n. 4351/2003; Cass., n. 9325/1998). Successivamente, esso è stato qualificato come condizione dell'azione: la causa di scioglimento (e, nella specie, il giudicato sulla separazione personale) potrebbe dunque intervenire anche nel corso del giudizio di divisione, purché prima della decisione, pena l'improcedibilità della domanda (Cass., n. 4757/2010). La divisione può riguardare singoli beni, ovvero tutti quelli compresi nella comunione. Ne consegue che il convenuto, in via riconvenzionale, potrà estendere l'ambito del giudizio oltre quello individuato dall'attore, che avesse inteso chiedere la divisione solo di alcuni beni e non di altri. Funzione del provvedimento di assegnazione della casa familiare Se di proprietà comune dei coniugi oggetto di attribuzione in via esclusiva ad uno degli stessi in sede di divisione dei beni ricadenti della comunione legale può essere anche la c.d. casa familiare il cui godimento, in sede di separazione o divorzio, è attribuito, ai sensi dell'art. 337-sexies c.c., tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Alla stregua di quanto ormai chiarito da lungo tempo nella giurisprudenza di legittimità, infatti, l'assegnazione della casa familiare al genitore collocatario dei figli, è un istituto volto alla tutela di questi ultimi, ancorché il destinatario della assegnazione sia un genitore (Cass. S.U.,n. 11297/1995). Pertanto l'assegnazione della casa familiare può essere effettuata soltanto in favore del coniuge (o ex partner) se vi sono figli conviventi, siano essi minorenni o maggiorenni non ancora autosufficienti economicamente, mentre, in assenza di figli, non può ottenere l'assegnazione il coniuge economicamente più debole, quale forma di prestazione in natura, ancorché parziale, del mantenimento (per tutte Cass. I, n. 21334/2013). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Se la casa coniugale è di proprietà del coniuge non assegnatario, tale circostanza incide sulla quantificazione dell'assegno di mantenimento a carico dello stesso?
Il valore della casa coniugale assegnata al coniuge non proprietario è considerato ai fini della determinazione del mantenimento L'assegnazione della casa familiare è disposta, come evidenziato, in favore del genitore collocatario dei figli minori (o maggiorenni non autosufficienti ovvero portatori di handicap): se l'abitazione era di proprietà esclusiva dell'altro genitore occorre che il giudice valuti il valore dell'assegnazione della stessa ai fini della determinazione dell'eventuale assegno a carico dello stesso genitore non collocatario, specie nei confronti dell'ex coniuge (v. già Cass., n. 5447/1981).
Domanda
Dal valore della casa familiare deve essere decurtato il diritto di abitazione?
Orientamento più recente Il diritto di abitazione non deve essere decurtato dal valore della casa coniugale attribuita in proprietà esclusiva all'assegnatario La S.C. ha precisato – sull'assunto per il quale il diritto di abitazione della casa familiare è un atipico diritto personale di godimento (e non un diritto reale), previsto nell'esclusivo interesse dei figli e non nell'interesse del coniuge affidatario – che detto diritto di abitazione viene meno con l'assegnazione della casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge affidatario dei figli, non avendo più ragione di esistere. Qualora, in sede di divisione della comunione legale tra coniugi, si operasse la decurtazione dal valore in considerazione del diritto di abitazione, il coniuge non assegnatario verrebbe ingiustificatamente penalizzato con la corresponsione di una somma che non sarebbe rispondente alla metà dell'effettivo valore venale del bene. Secondo l'impostazione ormai prevalente nella giurisprudenza di legittimità ciò sarebbe attestato dalla circostanza che qualora intendesse rivenderlo a terzi, l'assegnatario in proprietà esclusiva potrebbe ricavare l'intero prezzo di mercato, pari al valore venale del bene, senza alcuna diminuzione (Cass. II, n. 17843/2016; Cass. II, n. 27128/2014). Orientamento contrario Il diritto di abitazione va decurtato dal valore del bene Occorre peraltro considerare che, precedentemente, la stessa S.C. aveva invece ritenuto che l'assegnazione della casa familiare ad uno dei coniugi, cui l'immobile non appartenga in via esclusiva, instaura un vincolo (opponibile anche ai terzi per nove anni, e, in caso di trascrizione, senza limite di tempo) che oggettivamente comporta una decurtazione del valore della proprietà, totalitaria o parziaria, di cui è titolare l'altro coniuge, il quale da quel vincolo rimane astretto, come i suoi aventi causa, fino a quando il provvedimento non venga eventualmente modificato. Conseguenza di tale impostazione era quella di dover tenere conto di tale decurtazione indipendentemente dal fatto che il bene venga attribuito in piena proprietà all'uno o all'altro coniuge, ovvero venduto a terzi in caso di sua infrazionabilità in natura (Cass. II, n. 20319/2004). 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizio Dopo lo scioglimento della comunione ciascun coniuge può promuovere il giudizio di divisione del patrimonio in comunione legale, con atto di citazione dinanzi al Tribunale competente all'esito del quale, detratti i debiti comuni verso terzi, compensati i reciproci rapporti debito-credito tra i coniugi, effettuati i rimborsi exartt. 192-193 c.c., si devono formare sul patrimonio che residua due lotti di pari valore, ognuno dei quali dovrà essere attribuito a un coniuge. Nel giudizio di divisione trovano applicazione analogica le norme di cui agli artt. 713 ss. c.c. dettate per la divisione ereditaria. Aspetti preliminari Mediazione obbligatoria Ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010 le cause di divisione sono assoggettate a mediazione obbligatoria. Pertanto, il coniuge interessato alla divisione concreta dei beni che erano oggetto della comunione legale deve incardinare previamente il procedimento di mediazione dinanzi all'organismo competente. Se l'altro coniuge non compare, pur ivi ritualmente evocato, il tentativo deve considerarsi assolto e la controversia in sede giudiziale può essere incardinata. Se invece l'altro coniuge compare, con l'assistenza del proprio avvocato, dinanzi al mediatore, quest'ultimo potrebbe, anche a seguito dell'espletamento di una CTU sul valore del compendio “comune”, riuscire a procurare la conciliazione delle parti sulla suddivisione dei beni e i relativi conguagli. Sarà così redatto il relativo verbale che, corredato delle sottoscrizioni autenticate dagli avvocati delle parti, costituisce titolo per l'esecuzione forzata. A seguito della sent. n. 11/2022 della Corte costituzionale le parti con i requisiti di reddito di cui all'art. 76 del d.P.R. n. 115/2002 possono accedere al patrocinio a spese dello stato anche per la fase del procedimento dinanzi all'organismo di mediazione. Competenza È competente il foro di residenza dei coniugi se ancora conviventi al momento di scioglimento della comunione. Qualora la comunione legale si sia invece sciolta – come nella fattispecie in esame – per una causa che presuppone la cessazione della convivenza (separazione o divorzio) trovano applicazione gli ordinari criteri di collegamento della competenza per territorio enunciati dagli artt. 19-20 c.p.c. Legittimazione Legittimati a proporre l'azione sono entrambi i coniugi, in quanto, in base ai principi generali, ciascuno di essi vanta un diritto potestativo allo scioglimento della comunione. Contenuto dell'atto introduttivo L'atto di citazione deve contenere la generalità della parte e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dall'attore e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione. Profili di merito Istruttoria Con riferimento all'attribuzione in via esclusiva della proprietà di un bene immobile ricadente nella comunione coniugale, per disporre gli eventuali conguagli, occorre determinare innanzi tutto il valore di tale bene. Se vi è contrasto tra le parti, di norma il Giudice dispone a tal fine una CTU, talora richiedendo al consulente anche se vi è la possibilità di procedere ad una comoda divisibilità del bene in natura. Secondo l'orientamento più recente della S.C. poiché il diritto di abitazione della casa familiare è attribuito al coniuge nell'interesse esclusivo della prole, il relativo valore (spesso determinato nella misura del 20/25% del totale) non deve essere scomputato da quello della casa familiare ove attribuita in via esclusiva, in sede di divisione ex art. 194 c.c., all'assegnatario della casa coniugale. 4. ConclusioniLo scioglimento della comunione legale non determina anche la divisione dei beni ma solo la sopravvenuta mancanza di operatività del regime di comunione legale, con riferimento, pertanto, agli acquisti che i coniugi effettueranno in futuro. I beni, che costituivano oggetto di comunione legale, continuano ad essere comuni, con l'assoggettamento al regime della comunione ordinaria exartt. 1100 ss. c.c. Allo scioglimento della comunione segue la fase (eventuale) della divisione, che si effettua ripartendo in parti uguali l'attivo e il passivo, come prevede l'art. 194 c.c. Rispetto al valore da attribuire al diritto di abitazione della casa coniugale ove attribuita in proprietà esclusiva allo stesso coniuge assegnatario si è registrata un'evoluzione della giurisprudenza di legittimità, nel senso di ritenere che lo stesso non sia scomputabile dal valore di mercato del bene stesso, poiché il predetto diritto di abitazione è attribuito nell'interesse esclusivo della prole convivente. |