Spese sostenute per la ristrutturazione della casa familiare di proprietà esclusiva dell'altro coniuge

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

Il dovere di entrambi i coniugi di contribuire ai bisogni della famiglia

L'art. 143, terzo comma, c.c. sancisce il dovere di ciascun coniuge di contribuire ai bisogni della famiglia in base «alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo» (nonché di mantenere, educare, istruire la prole, sempre, «in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo»: artt. 147 e 148 c.c.).

La norma, che rappresenta il c.d. regime patrimoniale primario della famiglia, costituisce espressione dell'eguaglianza dei coniugi, di cui all'art. 29 Cost., nella comunità familiare, nella quale l'obbligo di contribuzione è un potere/dovere di carattere essenzialmente solidale per l'attuazione giuridica dei rapporti patrimoniali.

Vi è pertanto che le risorse dell'uno e dell'altro coniuge sono apportate al consesso familiare per il soddisfacimento dei bisogni comuni, e, tra essi, di quelli di ciascuno dei componenti.

È proprio sul dovere di contribuzione di cui al comma 3 dell'art. 143 c.c. che si fonda il c.d. regime patrimoniale primario della famiglia – coesistente con qualsiasi regime patrimoniale secondario scelto dai coniugi – il quale, ispirato a criteri di proporzionalità e retto da norme inderogabili (art. 160 c.c.), attua l'eguaglianza tra i coniugi.

Perché il principio di ripartizione proporzionale delle spese necessarie a soddisfare i bisogni della famiglia sul principio costituzionale di eguaglianza, è esclusa l'ammissibilità di qualsiasi intesa coniugale tesa a porvi deroga.

Occorre evidenziare, poi, che i bisogni della famiglia, al cui soddisfacimento i coniugi sono tenuti ex art. 143 c.c., non si esauriscono in quelli, minimi, al di sotto dei quali verrebbero in gioco la stessa comunione di vita e la stessa sopravvivenza del gruppo, ma possono avere, nei singoli contesti familiari, un contenuto più ampio, soprattutto in quelle situazioni caratterizzate da ampie e diffuse disponibilità patrimoniali dei coniugi, situazioni che sono anch'esse riconducibili alla logica della solidarietà coniugale: Cass., n. 18749/2004).

In pratica, la nozione di «bisogni della famiglia», al di là di un minimum costituito da quanto è indispensabile per la sopravvivenza del nucleo familiare, va individuata sulla base delle circostanze di fatto e di altri parametri variabili, come le condizioni economiche dei componenti la famiglia, la fascia sociale cui la stessa appartiene, la capacità di lavoro dei coniugi ed, infine, «l'autonomia dei coniugi, cui è rimessa, in definitiva, la determinazione del concreto tenore di vita della famiglia». La misura della contribuzione da parte di ciascun coniuge deve essere individuata sulla base del criterio, inderogabile, di ripartizione proporzionale, avendo riguardo alle «sostanze», comprensive di tutti i beni, anche non produttivi di reddito, e alle «capacità di lavoro sia professionale sia casalingo».

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Il coniuge non proprietario può ripetere le spese sostenute per la ristrutturazione della casa familiare di proprietà esclusiva dell'altro coniuge?

Orientamento prevalente

Il coniuge non proprietario non può ripetere le somme con l'azione di cui all'art. 192 c.c.

Nell'ipotesi di separazione, non è infrequente il problema della rimborsabilità delle spese sostenute per la ristrutturazione della casa familiare, di proprietà esclusiva dell'altro coniuge.

L'art. 192 c.c. prevede che ciascun coniuge deve rimborsare all'altro i soldi prelevati dal patrimonio comune ed impiegati per scopi diversi dal soddisfacimento delle esigenze familiari. La stessa norma dispone, inoltre, che «ciascuno dei coniugi può richiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune».

Nella materia vi è stata una significativa evoluzione giurisprudenziale la quale, partendo dall'ideale solidaristico su cui si fonda l'istituto del matrimonio e il complementare obbligo di contribuzione dei coniugi al ménage famigliare, è giunta a negare che vi sia spazio in capo al coniuge non proprietario del bene per ripetere le somme versate all'altro coniuge per i lavori eseguiti a propria cura e spese sull'immobile destinato ad essere la casa famigliare. Tale assunto muove dalla considerazione basilare per cui le opere per le quali si domanda il rimborso sono state ‒ in realtà ‒ finalizzate a rendere più confacente alle esigenze della famiglia l'abitazione messa a disposizione da uno dei due coniugi ed impiegata come casa comune; pertanto, le spese sostenute da uno di essi devono ritenersi compiute per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia e quali liberalità indirette a favore del coniuge non sono ripetibili ex art. 192 c.c. (cfr. Cass. I, n. 10942/2015).

Domanda
Il coniuge non proprietario ha diritto all'all'indennizzo di cui all'art. 1150 c.c.?

Orientamento recente

Il coniuge non proprietario non può ottenere l'indennizzo di cui all'art. 1150 c.c. in quanto non compossessore

La giurisprudenza più recente della S.C. tende ad escludere, tuttavia, anche l'equiparabilità tout court della posizione del coniuge non proprietario con quella di compossessore, poiché il possesso appare configurabile solo quando siano esercitati i poteri tipici del proprietario o del titolare di un diritto reale, e non anche nella diversa ipotesi in cui la condotta posta in essere da un soggetto in relazione ad una determinata res, presupponga il riconoscimento del diritto altrui, proprio come nel caso di specie ove il coniuge di fatto non vanta alcun diritto di carattere dominicale e nemmeno appare comproprietario del bene, avendo nel caso di specie optato i coniugi per il regime di separazione dei beni.

La S.C. ha evidenziato, in particolare, che nell'ipotesi in cui venga proposta una domanda di corresponsione di una somma a titolo di indennità per miglioramenti sulla base degli artt. 192 c.c., 2033 c.c. e 936 c.c., il giudice non può qualificare l'azione ai sensi dell'art. 1150 c.c., poiché il riconoscimento del diritto ivi previsto postula l'allegazione e la prova del possesso del bene da parte del creditore (Cass., n. 22730/2019).

Orientamento precedente

Il coniuge non proprietario può ottenere la restituzione delle somme corrispondenti all'aumento di valore dell'immobile salvo che i lavori siano stati necessari per soddisfare le esigenze della famiglia

Per ottenere la restituzione di almeno una parte dell'importo corrisposto, secondo altra tesi, pure talora affermata nella giurisprudenza di legittimità, potrebbe farsi leva sull'art. 1150 c.c. che prevede l'attribuzione di un indennizzo per «riparazioni, miglioramenti e addizioni» effettuati su un immobile altrui. L'importo cui avrebbe diritto il coniuge non proprietario è commisurato all'incremento di valore patrimoniale dell'immobile e sempre a condizione che i lavori non siano stati necessari per soddisfare i bisogni della famiglia, altrimenti si ricadrebbe nel caso precedente. In sostanza, il coniuge non proprietario che abbia investito nella ristrutturazione dell'immobile altrui potrà ottenere un equo indennizzo in base al disposto di cui all'art. 1150 c.c., laddove dimostri che le spese sostenute abbiano aumentato il valore patrimoniale dell'immobile e che tali spese siano state poste in essere, se non esclusivamente, prevalentemente per questo fine e non per i bisogni della famiglia (cfr. Cass. n. 10942/2015; Cass. n. 13259/2009; Cass. n. 5866/1995).

Tuttavia il coniuge che ha effettuato le migliorie può invocare legittimamente il diritto all'indennità ex art. 1150 c.c. solo se assume la qualifica di compossessore e non di mero detentore: è consolidato, invero, il principio per il quale la tutela in questione non può essere riconosciuta in via analogica, 'costituendo l'art. 1150 c.c., che attribuisce al possessore all'atto della restituzione della cosa il diritto al rimborso delle spese fatte per riparazioni straordinarie (comma 1) ed all'indennità per i miglioramenti recati alla cosa (comma 2), una norma eccezionale (Cass. III, n. 13316/2015).

Domanda
Il coniuge non proprietario può esperire l'azione di ingiustificato arricchimento?

Orientamento recente

Il coniuge non proprietario può esperire l'azione di ingiustificato arricchimento se le spese sono sproporzionate rispetto al dovere primario di contribuzione

A fronte della predetta impostazione della giurisprudenza di legittimità, l'unica azione esperibile per il recupero, almeno in parte, degli esborsi sostenuti per la ristrutturazione della casa coniugale, di proprietà comune o esclusiva dell'altro coniuge, è quella di ingiustificato arricchimento, di carattere residuale, prevista dall'art. 2041 c.c.

Peraltro anche sotto tale profilo, la S.C. ha escluso che possa ritenersi sussistente un arricchimento ingiustificato (e quindi uno spostamento senza causa) allorquando la dazione delle somme del coniuge non proprietario sia destinata, in primis, all'adempimento delle esigenze famigliari: è quindi consentita la ripetibilità dei soli contributi economici connessi alle esigenze familiari (dovere di assistenza morale e materiale e di contribuzione proporzionale) che esulino dalle stesse secondo un criterio di adeguatezza e proporzionalità ai redditi delle parti (cfr. Cass. VI, n. 4659/2019).

Gli indici da considerare sono non solo la proporzionalità dell'elargizione erogata ma anche la contiguità temporale rispetto allo scioglimento del vincolo: ad esempio, se le opere di ristrutturazione dell'immobile di proprietà esclusiva dell'altro coniuge sono state radicali ed eseguite a ridosso della separazione, può ritenersi configurabile l'ingiustificato arricchimento del coniuge proprietario in danno di quello che ha sostenuto le spese.

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

La giurisprudenza più recente assume che non sussiste né ai sensi dell'art. 192 c.c. né dell'art. 1150 c.c. il diritto di uno dei coniugi, dopo la separazione, di richiedere all'altro la restituzione delle spese sostenute per la ristruttuazione della casa familiare in proprietà esclusiva (o condivisa) dell'altro coniuge.

L'unica azione proponibile, ove ne ricorrano i presupposti, è quella residuale di cui all'art. 2041 c.c. che presuppone tuttavia, ai fini dell'accoglimento, che venga dimostrato un ingiustificato arricchimento del coniuge proprietario, che si verifica nell'ipotesi di contribute economici che per la loro sproporzione non possono rientrare nel dovere primario di assistenza morale e materiale e contribuzione proporzionale tra i coniugi (Cass. VI, n. 4659/2019).

Il giudizio che si svolge nelle forme del procedimento ordinario di cognizione avrà quindi ad oggetto proprio tale aspetto.

In alternativa, rientrando nella competenza del Tribunale in composizione monocratico, può essere promossa nelle forme del procedimento sommario di cognizione.

Aspetti preliminari

Negoziazione assistita

Se l'azione è volta alla restituzione di importi inferiori ad euro 50.000 salvo che sia proposta nelle forme del ricorso per ingiunzione di pagamento, presuppone un tentativo obbligatorio di negoziazione assistita ex art. 3 del d.l. n. 132/2014, conv., con modif., in l. n. 162/2014, e ciò a pena di improcedibilità della domanda giudiziale.

Competenza

I criteri di collegamento della competenza sono quelli ordinari per valore e per territorio, questi ultimi exartt. 18 e 20 c.p.c.

Legittimazione

La legittimazione attiva a proporre la domanda compete all'ex coniuge che assume di aver sostenuto esborsi per la ristrutturazione dell'immobile di proprietà dell'altro esorbitanti, anche in considerazione del reddito familiare, rispetto al dovere di assistenza morale e materiale che caratterizza la vita coniugale.

Atti di parte

Contenuto dell'atto introduttivo

L'atto di citazione (nel caso ove l'azione venga promossa nelle forme del rito ordinario di cognizione) o il ricorso (se la causa è promossa nelle forme del procedimento sommario di cognizione) deve contenere le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Profili di merito

Onere della prova

In conformità ai principi generali ritraibili dall'art. 2041 c.c. la prova dei fatti costitutivi della pretesa restitutoria dovrà essere fornita sia nell'an che nel quantum dall'attore.

Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, trattandosi di pretese restitutorie nei confronti dell'ex coniuge, l'ingiustificato arricchimento potrà sussistere solo ove gli importi erogati per la ristrutturazione della casa familiare di proprietà dell'altro siano sproporzionati, avendo riguardo al reddito delle parti, rispetto al dovere di contribuzione primario nell'ambito della famiglia.

Richieste istruttorie

Le richieste istruttorie potranno essere formulate dall'attore, se la causa è stata promossa con atto di citazione nelle forme del processo ordinario di cognizione, sino alla seconda memoria di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c.

Qualora invece il giudizio sia stato incardinato nelle forme del procedimento sommario di cognizione è opportuno, anche ai fini della valutazione del giudice sulla “compatibilità” dell'istruttoria con il procedimento “prescelto” dal ricorrente, che vengano articolati sin dall'atto introduttivo anche i mezzi di prova (sebbene non scatti, in mancanza alcuna preclusione).

Ovviamente se il giudice adito deciderà, richiedendo la controversia un'istruttoria non sommaria, di mutare il rito in quello ordinario di cognizione, fissando l'udienza ex art. 183 c.p.c., ciascuna parte potrà articolare mezzi di prova in via diretta e contraria nelle successive memorie di cui al comma 6 di tale disposizione (n. 2 e n. 3).

I limiti entro i quali è ammessa la prova testimoniale dei pagamenti (art. 2726 c.c.) renderanno tale richiesta difficilmente accoglibile ove manchi un principio di prova scritta.

4. Conclusioni

Durante il matrimonio vi è un dovere di assistenza morale e materiale reciproco tra i coniugi (art. 143 c.c.).

Non di rado accade, nell'ipotesi di separazione, che uno dei coniugi richieda la restituzione delle somme corrisposte durante il matrimonio per la ristrutturazione della casa familiare di proprietà esclusiva dell'altro coniuge.

Nella più recente evoluzione della giurisprudenza di legittimità, l'unica azione ritenuta esperibile è a tal fine quella contemplata dall'art. 2041 c.c.

L'onere probatorio in ordine all'ingiustificato arricchimento del coniuge convenuto per effetto della ristrutturazione dell'immobile, che compete al soggetto il quale richiede la restituzione di somme, è molto delicato in quanto presuppone esborsi esulanti le elargizioni che possono ritenersi come ordinariamente funzionali alla reciproca assistenza materiale.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario