Presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

L'assegno divorzile

Il Tribunale, ai sensi dell'art. 5, comma 6 della l. n. 898/1970, con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di versare periodicamente in favore dell'altro un assegno quando il beneficiario non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. A tale fine l'autorità giudiziaria è tenuta a considerare le condizioni dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, il reddito di entrambi, e ciò anche rispetto alla durata del matrimonio.

L'assegno di divorzio è un effetto non necessario della dissoluzione del vincolo matrimoniale.

Funzione dell'assegno divorzile

Secondo l'impostazione più recente (Cass., S.U., n. 18287/2018), l'assegno divorzile costituisce una misura di solidarietà post-coniugale che si concreta, in ogni caso, in un dovere di assistenza del coniuge economicamente più debole e che, ove quest'ultimo abbia concordemente rinunciato ad opportunità di studio e/o lavorative per contribuire alla formazione della famiglia e all'affermazione professionale dell'altro coniuge, assume anche una funzione compensativo/perequativa.

L'assegno divorzile assolve alla funzione etica e giuridica di riequilibrare la posizione economico patrimoniale dell'ex coniuge – che non disponga di mezzi adeguati o non possa procurarseli per ragioni oggettive – attraverso una attribuzione a carattere patrimoniale che lo compensi dello squilibrio reddituale e patrimoniale determinatosi in ragione delle scelte di vita matrimoniale operate concordemente dai coniugi durante la vita matrimoniale ovvero del sacrificio delle aspettative professionali effettuate nell'interesse della famiglia.

Accertamento del divario nelle posizioni economiche dei coniugi

Il divario tra le posizioni economiche complessive delle parti al momento del divorzio non deve necessariamente essere provato dal coniuge richiedente l'assegno, attesa la vis espansiva riconosciuta ai poteri ufficiosi del giudice.

Sul richiedente incombe in ogni caso un onere di allegazione.

Entrambe le parti dovranno depositare non solo le dichiarazioni dei redditi ma anche la documentazione inerente il patrimonio personale e quello comune – rendendo la dichiarazione prevista dell'art. 5, comma 9, l. n. 898/1970.

Il giudice può disporre indagini di Polizia Tributaria, effettuare ordini di esibizione ex art. 210 c.p.c. e autorizzare l'accesso alle banche bati previsto dall'art. 492 c.p.c., applicabile ai giudizi in materia familiare.

Il richiedente l'assegno è tenuto a dare la prova:

a) del contributo dato alla formazione del patrimonio comune e di quello dell'altro coniuge;

b) del nesso causale tra il divario e le scelte fatte in costanza di convivenza;

c) che il divario dipende dalle scelte di conduzione familiare, dai sacrifici fatti da una parte nell'interesse della famiglia e dell'assunzione del ruolo endofamiliare ricoperto.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Quali sono le funzioni dell'assegno divorzile?

Orientamento delle Sezioni Unite

Funzione solidaristica e talvolta perequativa

L'applicazione giurisprudenziale dell'art. 5 della l. n. 898/1970, dopo le modifiche introdotte dalla riforma del 1987, si era inizialmente caratterizzata per una netta contrapposizione di posizioni: da un lato, vi era chi sosteneva la necessità di ancorare il diritto all'assegno di divorzio esclusivamente all'accertamento di una condizione di non autosufficienza economica, variamente declinata come autonomia o indipendenza economica o anche capacità idonea a consentire un livello di vita dignitoso, dall'altro chi riteneva che la comparazione delle condizioni economico-patrimoniali delle parti non potesse dirsi esclusa dall'accertamento rimesso al giudice di merito, oltre al rilievo della sostanziale marginalizzazione degli indici contenuti nella prima parte della norma, ove l'accertamento fosse esclusivamente incentrato sulla condizione economico patrimoniale del creditore.

Risolvendo il contrasto le Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 11490/1990), sancirono il principio – rimasto fermo per quasi un trentennio – per il quale all'assegno divorzile deve essere riconosciuto carattere esclusivamente assistenziale sicché il presupposto per la sua concessione andava rinvenuto nell'inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante da intendersi come insufficienza degli stessi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità di cui possa disporre, a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio. Ai criteri indicati nella prima parte della norma venne riconosciuta dalla giurisprudenza indicata funzione esclusivamente determinativa dell'assegno da attribuirsi, tuttavia sulla base dell'esclusivo parametro dell'inadeguatezza dei mezzi.

A questo consolidato orientamento si è contrapposto quello espresso dalla Prima Sezione Civile della S.C. (Cass. I, n. 11540/2017, che, pur condividendo la premessa sistematica relativa alla rigida distinzione tra criterio attributivo e quello determinativo, ha individuato come parametro dell'inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, la non autosufficienza economica dello stesso ed ha stabilito che solo all'esito positivo accertamento di tale presupposto possano essere esaminati, in funzione ampliativa del quantum, i criteri determinativi dell'assegno indicati nella prima parte della norma. Tale pronuncia ha invero evidenziato che le rilevanti modificazioni sociali che hanno inciso sulla rappresentazione simbolica del legame matrimoniale e sulla disciplina giuridica dell'istituto hanno determinato l'esigenza di valutare criticamente il criterio attributivo dell'assegno cristallizzato nella nota sentenza delle S.U. , n. 11490/1990, cit., soprattutto in relazione al rischio di creare rendite di posizione disancorate dal contributo personale dell'ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune o dell'altro ex coniuge, ed a quello connesso della deresponsabilizzazione conseguente all'adozione di un criterio fondato solo sulla comparazione delle condizioni economico-patrimoniale delle parti.

Formatosi un nuovo contrasto interpretativo all'interno della giurisprudenza di legittimità, lo stesso è stato risolto dalle Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 18287/2018), la quale ha abbandonato la rigida distinzione tra criteri attributivi e determinativi dell'assegno di divorzio, alla luce di un'interpretazione dell'art. 5, comma 6, l. 898/1970 più coerente con il quadro costituzionale di riferimento costituito dagli artt. 2,3 e 29 Cost. Le Sezioni Unite hanno così riconosciuto all'assegno di divorzio una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa. In sostanza, il riconoscimento dell'assegno rende necessario l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte dell'art. 5 della l. n. 898/1970, i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto.

Come hanno sottolineato le Sezioni Unite, peraltro, l'intrinseca relatività del criterio dell'adeguatezza dei mezzi e l'esigenza di pervenire a un giudizio comparativo desumibile proprio dalla scelta legislativa di questo peculiare parametro inducono ad un'interpretazione dell'art. 5, comma 6, della l. n. 898/1970 diversa da quella degli orientamenti precedenti. Il fondamento costituzionale dei criteri indicati nell'incipit della norma conduce ad una valutazione concreta ed effettiva dell'adeguatezza dei mezzi e dell'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive fondata, in primo luogo, sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti. Il legislatore impone di accertare, preliminarmente, l'esistenza e l'entità dello squilibrio determinato dal divorzio mediante l'obbligo della produzione dei documenti fiscali dei redditi delle parti ed il potenziamento dei poteri istruttori officiosi attribuiti al giudice, nonostante la natura prevalentemente disponibile dei diritti in gioco. All'esito di tale preliminare e doveroso accertamento può venire già in evidenza il profilo strettamente assistenziale dell'assegno, qualora una sola delle parti non sia titolare di redditi propri e sia priva di redditi da lavoro.

Possono, tuttavia, riscontrarsi anche più situazioni comparative caratterizzate da una sperequazione nella condizione economico-patrimoniale delle parti, di entità variabile. Tale verifica è da collegare causalmente alla valutazione degli altri indicatori contenuti nella prima parte dell'art. 5, comma 6, l. n. 898/1970 al fine di accertare se l'eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all'atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio quindi delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell'assunzione di un ruolo trainante endofamiliare. Il tutto in relazione alla durata, fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell'altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale, anche in relazione all'età del coniuge richiedente ed alla conformazione del mercato del lavoro.

Pertanto, l'esigenza di valorizzare il principio dell'autoresponsabilità di ciascuno degli ex coniugi dovrà dirigersi verso la preminenza della funzione equilibratrice-perequativa dell'assegno di divorzio che andrà coniugata con la funzione assistenziale del medesimo. Il principio di solidarietà, posto a base del riconoscimento del diritto, impone che l'accertamento relativo all'inadeguatezza dei mezzi ed all'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive sia saldamente ancorato alle caratteristiche ed alla ripartizione dei ruoli endofamiliari, conferendo rilievo alle scelte ed ai ruoli sulla base dei quali si è impostata la relazione coniugale e la vita familiare. Tale rilievo ha l'esclusiva funzione di accertare se la condizione di squilibrio economico patrimoniale sia da ricondurre eziologicamente alle determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari, in relazione alla durata del matrimonio e all'età del richiedente. Ove la disparità abbia questa radice causale e sia accertato che lo squilibrio economico patrimoniale conseguente al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sull'assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all'interno della famiglia e dal conseguente contribuito fattivo alla formazione del patrimonio comune e a quello dell'altro coniuge, occorre tenere conto di questa caratteristica della vita familiare nella valutazione dell'inadeguatezza dei mezzi e dell'incapacità del coniuge richiedente di procurarseli per ragioni oggettive.

Così facendo l'elemento contributivo-compensativo si coniuga a quello assistenziale perché entrambi sono finalizzati a ristabilire una situazione di equilibrio che con lo scioglimento del vincolo era venuta a mancare. L'adeguatezza dei mezzi deve, pertanto, essere valutata, non solo in relazione alla loro mancanza o insufficienza oggettiva ma anche in relazione a quel che si è contribuito a realizzare in funzione della vita familiare e che, sciolto il vincolo, produrrebbe effetti vantaggiosi unilateralmente per una sola parte. In questo senso la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.

Pertanto, alla luce dei suesposti elementi, ai fini del riconoscimento o meno dell'assegno divorzile, occorre effettuare una valutazione che «partendo dalla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali dei due coniugi, deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l'autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell'età del richiedente. Il giudizio di adeguatezza ha, pertanto, anche un contenuto prognostico riguardante la concreta possibilità di recuperare il pregiudizio professionale ed economico derivante dall'assunzione di un impegno diverso. Sotto questo specifico profilo il fattore età del richiedente è di indubbio rilievo al fine di verificare la concreta possibilità di un adeguato ricollocamento sul mercato del lavoro». La comparazione delle condizioni dei coniugi è, dunque, solo un elemento, ma non quello dirimente ai fini del riconoscimento o meno dell'assegno divorzile.

Rilievo preponderante assume, alla luce del dictum delle Sezioni Unite, la valutazione dell'autonomia e dell'autosufficienza economica del coniuge, secondo un criterio di adeguatezza che tiene conto del ruolo svolto e del contributo apportato alla vita familiare ed all'eventuale assunzione, da parte di uno dei coniugi, di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all'interno della famiglia e del conseguente contribuito fattivo alla formazione del patrimonio comune e a quello dell'altro coniuge.

Domanda
L'assegno quando assolve una funzione perequativa?

Se il richiedente ha dato un contributo alla formazione del patrimonio familiare

Deve essere riconosciuta all'assegno divorzile funzione perequativa in quanto volto a ristorare il coniuge che, sulla base di scelte condivise assunte in costanza di matrimonio, ha sacrificato la propria carriera lavorativa e che, conseguentemente, al momento dello scioglimento del vincolo matrimoniale versa in una situazione economica deteriore (in sede applicativa, ex multis, Trib. Vicenza, II, 10 maggio 2021, n. 959; Trib. Venezia, II, 22 maggio 2021, n. 1017).

La Corte di cassazione ha così annullato una decisione di merito che, in presenza di uno squilibrio reddituale tra gli ex coniugi, aveva attribuito l'assegno divorzile in ragione dell'attività domestica svolta dalla ex moglie, a prescindere dall'allegazione e dalla prova della perdita di concrete prospettive professionali e di potenzialità reddituali conseguenti alla scelta di dedicarsi alle cure della famiglia ed omettendo, altresì, di considerare che il patrimonio della richiedente era formato in misura prevalente da attribuzioni compiute da parte dell'ex coniuge (Cass. VI-1, n. 29920/2022).

Se il ricorrente ha rinunciato a concrete opportunità di lavoro per le esigenze familiari

In tema di determinazione dell'assegno di divorzio, il principio secondo il quale, sciolto il vincolo coniugale, ciascun ex coniuge deve provvedere al proprio mantenimento, è derogato, oltre che nell'ipotesi di non autosufficienza di uno degli ex coniugi, anche nel caso in cui il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale dall'uno all'altro coniuge, "ex post" divenuto ingiustificato, che deve perciò essere corretto attraverso l'attribuzione di un assegno, in funzione compensativo-perequativa, adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali, che il richiedente l'assegno ha l'onere di indicare specificamente e dimostrare nel giudizio (Cass. I, n. 23583/2022, fattispecie nella quale la S.C. ha rilevato che la decisione di merito aveva rigettato la domanda volta ad ottenere il riconoscimento dell'assegno divorzile, senza considerare che la ex coniuge si era cancellata dalla Cassa dei dottori commercialisti per provvedere alle necessità dei due figli minori adottati dalla coppia, sacrificando pertanto le proprie aspettative professionali nell'interesse della famiglia).

Domanda
La decisione sul riconoscimento dell'assegno divorzile postula in ogni caso accertamenti d'ufficio a mezzo della polizia tributaria?

No, se l'istruttoria è completa a prescindere dagli stessi

In tema di divorzio, il potere officioso del giudice del merito di disporre, per il tramite della polizia tributaria ‒ ai sensi dell'articolo 5, comma 9, della l. n. 898/1970 ‒ indagini sui redditi e sui patrimoni dei coniugi e sul loro effettivo tenore di vita, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità, non trattandosi di un adempimento imposto dalla istanza di parte, purché esso sia correlabile anche per implicito a una valutazione di superfluità della iniziativa e di sufficienza dei dati istruttori acquisiti (Cass. I, n. 11794/2021).

Domanda
Il giudice può accordare un assegno divorzile di importo superiore a quello richiesto?

No, deve provvedere nei limiti della domanda

In tema di soluzione giudiziale della crisi familiare, le statuizioni che regolano gli aspetti economico-patrimoniali tra i coniugi incidono nell'area dei diritti a cd. disponibilità attenuata e soggiacciono alle regole processuali ordinarie con il corollario del limite invalicabile della domanda, in quanto presuppongono l'iniziativa della parte interessata e l'indicazione, a pena di inammissibilità, del petitum richiesto al giudice, potendo configurarsi come diritto indisponibile solo quello relativo alla parte del contributo economico connotata dalla finalità assistenziale. Ne deriva che nella quantificazione dell'assegno di divorzio il giudice non può spingersi oltre la richiesta dell'ex coniuge, giustificando il maggior importo con ragioni compensative, se non espressamente domandato dalla parte (Cass. I, n. 11795/2021).

Vanno considerati non soltanto gli introiti collegati allo svolgimento di attività lavorativa o imprenditoriale o quelli derivanti dal godimento di trattamenti pensionistici o assistenziali, ma anche l'eventuale titolarità di beni patrimoniali ed attività finanziarie, le quali, acquisite in corso di convivenza o frutto di miglioramenti successivi della situazione economica dell'obbligato, purché costituenti sviluppo naturale e prevedibile dell'attività svolta all'epoca, rilevano sia sotto il profilo statico, per l'immobilizzazione di capitali che tali forme d'investimento comportano, sia sotto il profilo dinamico, per le potenzialità economiche di cui costituiscono indice l'acquisto e la vendita, trattandosi di risorse economiche che esprimono la "ricchezza" complessivamente considerata di ciascuno dei coniugi ai fini dell'accertamento del significativo squilibrio delle condizioni economico-patrimoniali delle parti. Sez. 1 - , Ordinanza n. 9619 del 11/04/2023.

Domanda
Quando è deducibile l’assegno divorzile?

Solo se periodico, anche se corrisposto cumulativamente, e non anche quello una tantum

In tema di imposte dirette, la deducibilità dell'assegno periodico corrisposto al coniuge ex art. 10, comma 1, lett. c), T.U.I.R. é legata esclusivamente alla sua natura giuridica, e non alla scelta circa le modalità di adempimento, sicché, così come non può dedursi l'assegno divorzile una tantum, nonostante che le parti ne abbiano, con l'autorizzazione del giudice, stabilito il versamento in più tranches, allo stesso modo non può escludersi la deduzione degli assegni periodici di mantenimento stabiliti con la pronuncia di separazione personale solo perché oggetto di una corresponsione cumulativa da parte del contribuente che non abbia adempiuto al pagamento dei singoli assegni alle scadenze previste (Cass. trib., n. 7123/2024).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

Di regola, le questioni afferenti la sussistenza dell'obbligo di uno dei coniugi di corrispondere all'altro l'assegno divorzile viene in rilievo nel giudizio di divorzio (o cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario) giudiziale.

La relativa domanda sarà quindi proposta, a seconda della posizione processuale assunta in giudizio dal coniuge richiedente, in sede di ricorso per la separazione giudiziale ovvero di memoria di costituzione nel relativo procedimento.

Aspetti preliminari

Competenza

Nell'ipotesi di divorzio contenzioso il ricorso va proposto al Tribunale del luogo in cui il coniuge resistente ha residenza o domicilio. Qualora il coniuge convenuto sia residente all'estero o risulti irreperibile, la domanda si propone al Tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, se anche questi è residente all'estero, a qualunque Tribunale della Repubblica.

Tuttavia, per i procedimenti promossi dalla data del 28 febbraio 2023, il ricorso deve essere depositato, se la coppia ha figli minori, nel Tribunale del luogo di residenza abituale del minore.

Profili di merito

Onere della prova

In conformità alle regole generali espresse dall'art. 2697 c.c. il coniuge che richiede l'assegno è onerato – fermi i poteri istruttori officiosi del giudice, specie in punto di ricostruzione delle rispettive posizioni reddituali – della prova del complesso dei presupposti per il riconoscimento e la quantificazione dello stesso.

Va premesso che, con riferimento all'accertamento dei redditi dei coniugi, la S.C. ha precisato più volte che non ne è necessario un accertamento nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente una ricostruzione attendibile delle loro situazioni patrimoniali complessive (Cass., n. 605/2017).

Pertanto, ai fini del riconoscimento dell'assegno nel suo connotato assistenziale quale misura funzionale all'attuazione del principio di solidarietà post-coniugale, la parte richiedente è tenuta a dimostrare solo di trovarsi incolpevolmente a non disporre di un reddito minimo, tale da non consentirle una vita dignitosa.

Invece il riconoscimento dell'assegno divorzile anche nella sua componente compensativa o perequativa può avvenire nei soli casi in cui vi sia la prova – della quale è onerato lo stesso coniuge richiedente l'assegno – che la sperequazione reddituale in essere all'epoca del divorzio sia direttamente causata dalle scelte concordate di vita degli ex coniugi, per effetto delle quali un coniuge abbia sacrificato le proprie aspettative professionali e reddituali per dedicarsi interamente alla famiglia, in tal modo contribuendo decisivamente alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune.

Contenuto del ricorso o della comparsa di costituzione e risposta nel procedimento di divorzio giudiziale

Il ricorso deve contenere le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Gli stessi elementi devono essere contenuti, ove la domanda di riconoscimento dell'assegno di mantenimento sia proposta dal coniuge convenuto, nella comparsa di costituzione e risposta.

Richieste istruttorie

Una ricostruzione complessiva della situazione reddituale dei coniugi può essere effettuata, oggi, ai sensi del combinato disposto degli artt. 492-bis c.p.c. e 155-sexies disp. att. c.p.c.

Dopo alcuni contrasti emersi sulla questione nella giurisprudenza amministrativa, di recente l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito che è possibile, nell'ambito dei procedimenti di separazione e divorzio, esercitare l'accesso documentale difensivo – ed in particolare l'accesso difensivo ai documenti contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari, presenti nell'anagrafe tributaria – indipendentemente dalla previsione e dall'esercizio dei poteri processuali di esibizione istruttoria di documenti amministrativi e di richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione nel processo civile (disciplinati ai sensi degli artt. 210,211 e 213 c.p.c. e, nello specifico, dagli artt. 155-sexies disp. att. c.p.c. e 492-bis c.p.c.). (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 4/2021).

Morte del richiedente nel corso del giudizio

In coerenza con i più generali principi espressi dalle Sezioni Unite nella pronuncia n. 20494 del 2022, la S.C. ha puntualizzato che, in materia di assegno divorzile, ove sia proposto ricorso per cassazione avverso la decisione di merito riguardante tale assegno, la morte di uno di uno degli ex coniugi in corso di causa non determina l'improseguibilità del giudizio, sussistendo il giudicato sullo "status" con la conseguenza che il processo continua senza alcuna interruzione, producendo effetti nei confronti degli eredi, ai fini dell'accertamento della debenza del menzionato assegno sino al momento del decesso (Cass. I, n. 37898/2022).

4. Conclusioni

Superando un orientamento trentennale fondato sul criterio della conservazione, anche dopo il divorzio, di un tenore di vita analogo a quello goduto durante il matrimonio da parte del coniuge economicamente più debole, le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass. S.U., n. 18287/2018), hanno ritenuto di dover fornire un'interpretazione dell'art. 5, comma 6, l. n. 898/1970 più coerente con il quadro costituzionale di riferimento costituito dagli artt. 2,3 e 29 Cost. Di qui è stata riconosciuta all'assegno di divorzio una funzione non solo assistenziale ma anche compensativa e perequativa: ne deriva che il riconoscimento dell'assegno rende necessario l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte dell'art. 5 della l. n. 898/1970 i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto.

In sostanza, se il richiedente l'assegno può ottenere lo stesso nella misura volta a realizzarne la funzione assistenziale ove non disponga di redditi propri, neppure minimi, affinché l'assegno divorzile possa assolvere alla più ampia funzione perequativa/compensativa il coniuge più debole dovrà dimostrare che le scelte di vita, anche rinunciatarie rispetto ad occasioni di lavoro, erano state concordate nell'ambito della famiglia in una ripartizione dei ruoli all'interno della stessa che ha contribuito allo sviluppo della carriera dell'altro coniuge. A tal fine gioca un ruolo molto importante anche la durata del matrimonio.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario