Convivenza del beneficiario dell'assegno divorzile con un nuovo partner

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

Implicazioni della funzione perequativa dell'assegno divorzile

L'assegno divorzile è una misura di solidarietà post-coniugale che spetta, quindi, non a causa del divorzio, ma del pregresso rapporto matrimoniale matrimonio (Cass. I, n. 11504/2017).

In particolare, dopo la “svolta” operata dalla nuova giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass. S.U., n. 18287/2018), ove si ravvisi una rilevante disparità economico-patrimoniale tra i coniugi, ai fini della decisione sull'assegno richiesto da quello economicamente più debole occorrerà aver riguardo alla natura composita dell'assegno di divorzio, che ha valenza non solo assistenziale ma anche, e in prevalenza, carattere perequativo/compensativo.

Rilievo fondamentale assume la circostanza, dunque, del se lo squilibrio reddituale e patrimoniale si è determinato, o meno, per effetto delle scelte di vita operate concordemente dai coniugi durante il rapporto coniugale, specie ove tali scelte abbiano comportato per il richiedente un sacrificio delle aspettative professionali nell'interesse della famiglia, e ciò abbia comportato un incremento del patrimonio familiare.

In tale prospettiva, dunque, se il contributo diviene anche una modalità per “compensare” l'ex coniuge beneficiario di tali rinunce e sacrifici nell'interesse comune, è entrato in crisi il precedente “dogma”, coerente con la natura solo assistenziale tributata all'assegno divorzile, per il quale l'instaurazione da parte del beneficiario stesso di una nuova convivenza costituiva di per sé presupposto per la revoca dell'assegno (ex plurimis, Cass. VI, n. 25528/2016).

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
La nuova convivenza fa venir meno automaticamente il diritto all'assegno divorzile?

Orientamento tradizionale della Corte di Cassazione

La nuova convivenza fa venir meno automaticamente il diritto all'assegno

Da tempo, nella giurisprudenza di legittimità si era affermato, in modo nettamente prevalente, l'orientamento per il quale instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno divorzile a carico dell'altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza ma resta definitivamente escluso. Infatti, la formazione di una famiglia di fatto, costituzionalmente tutelata ai sensi dell'art. 2 Cost. come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell'individuo è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l'assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà post-matrimoniale con l'altro coniuge, il quale non può che confidare nell'esonero definitivo da ogni obbligo (Cass. VI, n. 25528/2016).

Orientamenti recenti della Corte di Cassazione

La conferma della tesi tradizionale dopo il revirement del 2018

Questa tesi secondo l'approccio dominante avrebbe dovuto essere confermata anche dopo che la pronuncia delle Sezioni Unite del 2018 (Cass. S.U., n. 18287/2018) ha tributato all'assegno divorzile una funzione di carattere prevalentemente perequati-vo/compensativa volta a colmare un accertato «gap reddituale e patrimoniale non altrimenti superabile» che si è venuto a determinare per scelte condivise e sacrificio della posizione professionale e personale di un coniuge a beneficio dell'altro o della famiglia, potrebbe dubitarsi che tale funzione possa venire meno per effetto di una successiva convivenza.

Sotto diverso profilo, peraltro, deve osservarsi che la convivenza costituisce un elemento che innovando il giudizio di “non superabilità” del divario e dello squilibrio creatosi per effetto delle scelte di vita effettuate durante il corso del matrimonio fa cessare il diritto all'assegno in quanto rescinde definitivamente ogni rapporto con la pregressa vicenda matrimoniale. Infatti la formazione di una famiglia di fatto da parte del coniuge beneficiario dell'assegno divorzile è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, con piena assunzione del rischio di una eventuale cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà postmatrimoniale da parte dell'altro coniuge, il quale non può che confidare nell'esonero definitivo da ogni obbligo (cfr. Cass. I, n. 11504/2017, cit.). Come osservato anche da Cass. S.U., n. 18287/2018, negare alla successiva formazione di un legame di fatto un effetto estintivo dell'assegno significherebbe restituire impropriamente all'assegno divorzile quella natura di ultrattività, frutto di una visione criptoindossolubilista del matrimonio.

Così, ad esempio, in una recente decisione, la S.C. aveva ritenuto che la prestazione di una garanzia fideiussoria da parte di un terzo per il pagamento del canone di locazione da parte del beneficiario dell'assegno divorzile fosse chiara espressione di un progetto di vita comune idoneo a far venir meno il diritto all'assegno stesso (Cass. VI-1, n. 12335/2021).

Nuovo orientamento delle Sezioni Unite

La nuova convivenza non fa venir meno ex se il diritto all'assegno

La Corte di cassazione, con ordinanza interlocutoria (Cass. ord. n. 28995/2020), aveva sollecitato l'intervento delle Sezioni Unite in merito alla questione se, instaurata la convivenza di fatto, definita all'esito di un accertamento pieno su stabilità e durata della nuova formazione sociale, il diritto dell'ex coniuge all'assegno di divorzile, sperequato nella posizione economica, si estingua comunque per un meccanismo ispirato ad automatismo, nella parte in cui prescinde di vagliare le finalità proprie dell'assegno, o se siano invece praticabili altre scelte interpretative che, guidate dall'obiettiva valorizzazione del contributo dato dall'avente diritto al patrimonio della famiglia dell'altro coniuge, sostengano dell'assegno divorzile, negli effetti compensativi suoi propri, la perdurante affermazione, anche, se del caso, per una modulazione da individuarsi, nel diverso contesto sociale di riferimento.

La revisione dell'orientamento tradizionale era richiesta nell'ordinanza interlocutoria in vista della necessità di scrutinare le conseguenze del canone dell'auto-responsabilità, sorretto dalla necessità dell'interprete di individuarne a pieno il portato applicativo, anche per quelli che ne sono i corollari: – nel dare disciplina agli aspetti economico-patrimoniali che conseguono alla pronuncia di divorzio, il principio di autoresponsabilità si trova ad operare non soltanto per il futuro, chiamando gli ex coniugi che costituiscano con altri una stabile convivenza a scelte consapevoli di vita e a conseguenti assunzioni di responsabilità e ciò anche a detrimento di pregresse posizioni di vantaggio di cui il nuovo stabile assetto di vita esclude una permanente ed immutata redditività; – il medesimo principio opera anche per il tempo passato e come tale sul fronte dei presupposti del maturato assegno divorzile là dove di questi si individua la funzione compensativa. In sostanza, proprio facendo leva sulla funzione anche compensativa che può essere oggi svolta dall'assegno divorzile, il Collegio rimettente segnala che va colta l'esigenza, piena, di dare all'assegno divorzile una lettura che, emancipandosi da una prospettiva diretta a valorizzare del primo la funzione assistenziale, segnata dalla necessità per il beneficiario di mantenimento del pregresso tenore di vita matrimoniale, resti invece finalizzata a riconoscere all'ex coniuge, economicamente più debole, un livello reddituale adeguato al contributo fornito all'interno della disciolta comunione di vita, nella formazione dei patrimonio della famiglia e di quello personale dell'altro coniuge. In sostanza, dopo una vita matrimoniale che si è protratta per un apprezzabile arco temporale, l'ex coniuge economicamente più debole, che abbia contribuito al tenore di vita della famiglia con personali sacrifici anche rispetto alle proprie aspettative professionali ed abbia in tal modo concorso occupandosi dei figli e della casa pure all'affermazione lavorativo-professionale dell'altro coniuge, acquista il diritto all'assegno divorzile, diritto che non potrebbe venire automaticamente e per l'intero qualora il beneficiario abbia instaurato una stabile convivenza di fatto con un terzo.

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass. S.U., n. 32198/2021) hanno sancito il nuovo fondamentale principio secondo cui l'instaurazione da parte dell'ex coniuge di una convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica e integrale del diritto all'assegno. Hanno in particolare evidenziato le Sezioni Unite a supporto della motivazione, così ponendosi nel solco tracciato dall'ordinanza interlocutoria, che «l'affermazione di una caducazione automatica del diritto all'assegno di divorzio, sia nella sua componente assistenziale, sia nella sua componente compensativa, nella sua integralità ed a prescindere dalle vicende del caso concreto, oltre che mancante di un saldo fondamento normativo attuale, non è neppure compatibile con la funzione dell'assegno divorzile, come delineata attualmente dalla giurisprudenza della Corte (da Cass. S.U., n. 18287/2018 in poi) come non esclusivamente assistenziale, ma anche compensativo-perequativa, come segnalato dalla più accorta dottrina matrimonialista, mentre sarebbe stata coerente con l'affermazione della funzione esclusivamente assistenziale dell'assegno, propugnata con un repentino cambiamento di giurisprudenza da Cass. I, n. 11504/2017, dalla quale tuttavia le Sezioni Unite hanno preso le distanze».

Di qui, hanno precisato le stesse Sezioni Unite, qualora sia giudizialmente accertata l'instaurazione di una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l'ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche dell'attualità dei mezzi adeguati o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, mantiene il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell'ex coniuge in funzione esclusivamente compensativa. A tal fine, il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare; della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio; dell'apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell'ex coniuge. Tale assegno, anche temporaneo su accordo delle parti, non è ancorato al tenore di vita endomatrimoniale né alla nuova condizione di vita dell'ex coniuge ma deve essere quantificato alla luce dei principi suesposti, tenuto conto, altresì della durata del matrimonio.

Di contro, qualora sia stata fornita la prova dell'instaurarsi di tale stabile convivenza, può ritenersi che cessi, in conseguenza del nuovo progetto di vita intrapreso, che indubbiamente costituisce una cesura col passato, e nell'ambito del quale l'ex coniuge potrà trovare e prestare reciproca assistenza, il diritto alla componente assistenziale dell'assegno, anche se il nuovo nucleo familiare di fatto abbia un tenore di vita che non sia minimamente paragonabile al precedente, e neppure a quello che sarebbe assicurato al convivente qualora potesse integrarlo con l'assegno divorzile. La caducazione della componente assistenziale dell'assegno corrisponde anche alla simmetrica esigenza, anch'essa meritevole di tutela, dell'ex coniuge di non vedersi ingiustificatamente limitato nel suo stesso progetto di vita futura dall'esigenza di continuare a corrispondere l'assegno a chi ha dato vita ad un progetto di vita del tutto distinto da quello precedente, costituendo un nuovo nucleo familiare benché di fatto all'interno del quale non solo coltiva un rapporto affettivo diverso, ma ha diritto anche all'assistenza.

Quanto alle modalità di corresponsione dell'assegno, che in questo caso potrebbe svolgere come detto una funzione esclusivamente compensativa, in una situazione in cui l'ex coniuge debole si è ricostruito una nuova famiglia, la stessa, hanno sottolineato ancora le Sezioni Unite, mal si concilia con la periodicità a tempo indeterminato dell'assegno, avente ad oggetto una prestazione complessiva non prevedibile, che è correlata ad un assegno che svolga anche funzione assistenziale. Sarebbe in sostanza più funzionale, sia sotto il profilo economico che in un'ottica di pacificazione e di prevenzione della conflittualità, attribuire all'ex coniuge debole, in funzione compensativa, una somma equitativamente determinata, un piccolo capitale di ripartenza, in unica soluzione o distribuito su un numero limitato di anni, sotto forma di assegno temporaneo. Le Sezioni Unite ricordano, tuttavia, che almeno allo stato attuale della legislazione, non è previsto che l'assegno di divorzio attribuito dal giudice possa essere temporaneo, essendone espressamente prevista la somministrazione periodica, a tempo indeterminato, poiché l'art. 5, comma 8, della l. n. 898/1970 riserva all'accordo dei coniugi la scelta di optare per la corresponsione dell'assegno in unica soluzione, salvo un controllo di equità da parte del tribunale, ritenendola una scelta della quale essi devono rimanere arbitri, nel valutare se la soluzione sia economicamente praticabile per l'onerato, e confacente al suo assetto di interessi per il beneficiario.

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

La circostanza che l'ex coniuge beneficiario dell'assegno divorzile si sia formato una nuova famiglia di fatto può essere dedotta dall'ex coniuge obbligato al versamento dell'assegno quale fatto sopravvenuto idoneo ad integrare un mutamento delle circostanze tale da comportare la revoca del contributo, per effetto del venir meno di qualsivoglia solidarietà post-coniugale.

Il relativo veicolo processuale sarà costituito dalla domanda di revisione o revoca dell'assegno divorzile per fatti sopravvenuti e quindi dal ricorso ex art. 9 l. n. 898/1970.

Aspetti preliminari

Negoziazione assistita

Ai sensi dell'art. 6, comma primo, del d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014, la convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra coniugi anche al fine di raggiungere una soluzione consensuale in ordine alla modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

Poiché la questione che riguarda la revoca dell'assegno divorzile nei soli confronti dell'ex coniuge non chiama in causa anche gli eventuali obblighi di mantenimento dello stesso ex coniuge che la chiede nei confronti dei figli, minorenni, maggiorenni non autosufficienti economicamente o portatori di handicap grave, il procedimento che può essere seguito è quello “semplificato”. Pertanto, l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3. L'accordo terrà luogo, nel caso, del provvedimento di revoca dell'assegno divorzile.

Competenza

La competenza a decidere su tutte le istanze di modifica e revoca dei provvedimenti in materia di separazione o divorzio, quando non è pendente la causa, spetta per materia al tribunale in composizione collegiale mentre, quanto alla competenza per territorio, operano i criteri generali degli artt. 18 e 20 c.p.c. (Cass. I, n. 22394/2008).

Pertanto, il procedimento può essere incardinato sia ex art. 18 c.p.c. di fronte al tribunale del luogo di residenza del coniuge convenuto sia, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., dinanzi al tribunale che ha pronunciato la sentenza di separazione o divorzio o ha omologato la stessa, da intendersi quale luogo in cui l'obbligazione è sorta (Cass. I, n. 8016/2013).

Legittimazione

La legittimazione attiva a proporre il ricorso appartiene all'ex coniuge obbligato al pagamento dell'assegno.

Profili di merito

Onere della prova

L'onere di dimostrare la sussistenza di una vera e propria convivenza more uxorio tra l'ex coniuge e il nuovo partner, ai fini della revoca o almeno della riduzione dell'assegno divorzile, deve essere assolto, in caso di contestazione, dal ricorrente, in omaggio al principio generale espresso dall'art. 2697 c.c.

A fronte di tale prova, per conservare, almeno in parte, il diritto all'assegno divorzile, il beneficiario dovrà dimostrare di essere privo anche all'attualità (cioè nonostante la nuova convivenza) di mezzi adeguati per il proprio sostentamento o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, nonché, stante la funzione compensativa dell'assegno, fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare; della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio; dell'apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell'ex coniuge.

In sostanza, secondo quanto precisato dalle Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 32198/2021) «deve ritenersi che il coniuge onerato dell'obbligo di corrispondere l'assegno possa limitarsi a provare l'altrui costituzione di una nuova formazione sociale familiare stabile, e che non sia onerato del fornire anche la prova (assai complessa da reperire, per chi è estraneo alla nuova formazione familiare) di una effettiva contribuzione, di ciascuno dei conviventi, al ménage familiare, perché la stessa può presumersi, dovendo ricondursi e fondarsi sull'esistenza di obblighi di assistenza reciproci».

Contenuto del ricorso

Il ricorso deve contenere le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Nel ricorso, prima della formulazione delle conclusioni, nelle quali l'istante chiede la revoca dell'assegno divorzile in quanto l'ex coniuge ha instaurato una nuova convivenza more uxorio, occorre dedurre analiticamente (e se possibile documentare) i fatti che denotano tale situazione di fatto.

Richieste istruttorie

Nell'ipotesi di contestazione della convivenza con il nuovo partner da parte dell'ex coniuge beneficiario dell'assegno di mantenimento, tali circostanze dovranno essere puntualmente dimostrate dal ricorrente sia mediante la produzione di documenti che con la richiesta di eventuali prove orali, salva la possibilità per l'autorità giudiziaria, trattandosi di un procedimento camerale, di disporre mezzi di prova anche d'ufficio.

4. Conclusioni

Quando l'ex coniuge beneficiario dell'assegno di mantenimento ha formato una nuova famiglia con un altro partner, come ha chiarito una recentissima pronuncia delle Sezioni Unite, non vengono automaticamente meno i presupposti della solidarietà cd. post-coniugale che giustificano la corresponsione dell'assegno divorzile.

Sebbene l'instaurazione di una nuova convivenza di fatto sia astrattamente idonea a costituire un fatto sopravvenuto idoneo a giustificare la revoca dell'assegno divorzile la stessa non è equiparabile, a tal fine, ad un nuovo matrimonio.

Di conseguenza il beneficiario dell'assegno potrà conservare il diritto a percepirlo, anche solo in parte o temporaneamente, ove dimostri di essere privo anche dell'attualità dei mezzi adeguati o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, e, stante la funzione compensativa dell'assegno, fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare; della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio; dell'apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell'ex coniuge.

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