Revisione o revoca dell'assegno divorzile nei matrimoni di breve durata

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

L'assegno divorzile e prova della sussistenza delle condizioni per la spettanza

Nella giurisprudenza di legittimità, negli ultimi anni, si è registrata un'evoluzione significativa rispetto alla ratio dell'assegno divorzile contemplato dall'art. 5 della l. l. n. 898/1970.

In coerenza con l'orientamento tradizionale, infatti, suffragato dalla fondamentale sentenza delle Sezioni Unite del 1990 (Cass. S.U., n. 11490/1990), l'assegno periodico di divorzio, nella disciplina introdotta dall'art. 10 della l. n. 74/1987, modificativo dell'art. 5 della l. n. 898/1970, ha carattere esclusivamente assistenziale (di modo che deve essere negato se richiesto solo sulla base di premesse diverse, quale il contributo personale ed economico dato da un coniuge al patrimonio dell'altro), atteso che la sua concessione trova presupposto nell'inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, da intendersi come insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità di cui possa disporre, a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza cioè che sia necessario uno stato di bisogno, e rilevando invece l'apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle precedenti condizioni economiche, le quali devono essere tendenzialmente ripristinate, per ristabilire un certo equilibrio.

Il criterio della conservazione del cd. tenore di vita avuto in costanza di matrimonio è stato posto in seguito in discussione dalla stessa S.C. (Cass. I, n. 11504/2017) e quindi rivisitato dalle stesse Sezioni Unite con la successiva pronuncia del 2018 (Cass. S.U. , n. 18287/2018).

In coerenza con i principi espressi da quest'ultima sentenza attualmente secondo il diritto vivente l'assegno periodico di divorzio ha una natura composita non solo assistenziale ma a carattere prevalentemente perequativo/compensativo, che non si fonda più solo sulla disparità economica dei coniugi (criterio del tenore di vita) e sulle condizioni soggettive del richiedente (criterio dell'autosufficienza economica), bensì, in omaggio ai principi di uguaglianza e di pari dignità dei coniugi e di autoresponsabilità degli stessi – principi costituzionalmente sanciti e sui quali il vincolo matrimoniale si fonda – impone una nuova lettura esegetica dell'art. 5 l. n. 898/1970 diretta alla valutazione in concreto dell'adeguatezza dei mezzi di ciascuno di essi e dell'incapacità di procurarseli.

L'assegno assolve pertanto alla funzione etica e giuridica di riequilibrare la posizione economico patrimoniale dell'ex coniuge – che non disponga di mezzi adeguati o non possa procurarseli per ragioni oggettive – attraverso una attribuzione a carattere patrimoniale che lo compensi dello squilibrio reddituale e patrimoniale determinatosi in ragione delle scelte di vita matrimoniale operate concordemente dai coniugi durante la vita matrimoniale ovvero del sacrificio delle aspettative professionali effettuate nell'interesse della famiglia.

Il divario tra le posizioni economiche complessive delle parti al momento del divorzio non deve necessariamente essere provato dal coniuge richiedente l'assegno, attesa la vis espansiva riconosciuta ai poteri ufficiosi del giudice.

Sul richiedente incombe in ogni caso un onere di allegazione.

Entrambe le parti dovranno depositare non solo le dichiarazioni dei redditi ma anche la documentazione inerente il patrimonio personale e quello comune – rendendo la dichiarazione prevista dell'art. 5, comma 9, l. n. 898/1970.

Il giudice può disporre indagini di Polizia Tributaria, effettuare ordini di esibizione ex art. 210 c.p.c. e autorizzare l'accesso alle banche bati previsto dall'art. 492 c.p.c., applicabile ai giudizi in materia familiare.

Il richiedente l'assegno è tenuto a dare la prova:

a) del contributo dato alla formazione del patrimonio comune e di quello dell'altro coniuge;

b) del nesso causale tra il divario e le scelte fatte in costanza di convivenza;

c) che il divario dipende dalle scelte di conduzione familiare, dai sacrifici fatti da una parte nell'interesse della famiglia e dell'assunzione del ruolo endofamiliare ricoperto.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
L'assegno divorzile può essere revocato nell'ipotesi di limitata durata del vincolo matrimoniale?

Orientamento più recente della Corte di Cassazione

Presupposti della revoca

La Corte di cassazione (Cass., n. 10647/2020) ha ritenuto che la limitata durata del vincolo matrimoniale può essere vagliata, anche alla luce della comparazione con il periodo nel quale l'assegno divorzile è stato poi corrisposto, al fine di giustificare potenzialmente una attualizzazione dell'assetto patrimoniale post-coniugale, in applicazione di un criterio, qual è quello della durata del matrimonio, rilevante anche ai fini della revisione delle condizioni patrimoniali degli ex coniugi.

Invero nella nuova concezione della funzione composita dell'assegno divorzile seguita al revirement delle Sezioni Unite del 2018 la durata del matrimonio può avere un'efficacia determinante, in quanto, se a fondamento dell'assunto per il quale il diritto all'assegno tragga origine non solo dallo squilibrio nelle situazioni economico-patrimoniali delle parti ma anche e in particolare dalle ragioni che lo abbiano determinato (e dalla correlata esigenza di bilanciare la qualità degli apporti e contribuzioni reciproche), risulta parimenti evidente che l'assegno meriti di essere tanto più riconosciuto nelle ipotesi in cui il matrimonio abbia avuto una lunga durata, poiché più lungo è il lasso temporale è più facile individuare un contesto di rinunce e sacrifici compiuti da un coniuge in favore della famiglia.

Se nei matrimoni di lunga durata è quindi più agevole la fissazione di un assegno, nei matrimoni che abbiano invece avuto breve durata, salvo che perduri la funzione assistenziale a motivo della totale insussistenza di mezzi adeguati in capo al coniuge richiedente, la Corte di cassazione sottolineato come il presupposto che di regola giustifica l'attribuzione di un assegno venga fortemente messo in discussione. La breve durata dà invero non soltanto conto di un matrimonio in cui le rinunce non possono verosimilmente essere state così significative e soprattutto irreversibili, ma al contempo è di solito altresì sintomatica (pur se questo non è scontato, perché i coniugi potrebbero arrivare all'altare anche in età avanzata) del fatto che il coniuge richiedente si trovi in un'età nella quale poter (e doverosamente) ancora mettere a frutto le proprie capacità e attitudini lavorative.

In sostanza la limitata durata del vincolo è tenuta in considerazione dalla Corte di cassazione ai fini della revisione parametrando la durata del matrimonio allo spatium temporis già intercorso dopo il divorzio e sino all'instaurazione del giudizio di revisione.

Domanda
Se l'ex coniuge beneficiario dell'assegno ha problemi di salute che gli impediscono di continuare a lavorare, di quali tutele dispone?

Può chiedere un aumento del contributo

L'ex coniuge beneficiario della corresponsione dell'assegno divorzile può richiedere, nell'ambito del procedimento di revisione delle condizioni di divorzio regolato dall'art. 9 della l. n. 898/1970, l'aumento dell'importo del contributo deducendo e dimostrando che i propri problemi sopravvenuti di salute gli impediscono di continuare l'attività lavorativa svolta o comunque di cercare un'occupazione.

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

La circostanza che il matrimonio è stato di breve durata e che già per un periodo di tempo uno degli ex coniugi ha beneficiato dell'assegno divorzile può costituire fatto idoneo a consentire all'obbligato di richiedere una revisione delle condizioni di divorzio e finanche una revoca del contributo dovuto, in quella che sembra essere la concezione di un assegno di mantenimento “a tempo” nella nuova elaborazione della giurisprudenza di legittimità.

Aspetti preliminari

Negoziazione assistita

Ai sensi dell'art. 6, comma 1, del d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014, la convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra coniugi anche al fine di raggiungere una soluzione consensuale in ordine alla modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

Poiché la questione che riguarda la revoca dell'assegno divorzile nei soli confronti dell'ex coniuge non chiama in causa anche gli eventuali obblighi di mantenimento dello stesso ex coniuge che la chiede nei confronti dei figli, minorenni, maggiorenni non autosufficienti economicamente o portatori di handicap grave, il procedimento che può essere seguito è quello “semplificato”. Pertanto, l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3. L'accordo terrà luogo, nel caso, del provvedimento di revoca dell'assegno divorzile.

Competenza

La competenza a decidere su tutte le istanze di modifica e revoca dei provvedimenti in materia di separazione o divorzio, quando non è pendente la causa, spetta per materia al tribunale in composizione collegiale mentre, quanto alla competenza per territorio, operano i criteri generali degli artt. 18 e 20 c.p.c. (Cass. I, n. 22394/2008).

Pertanto, il procedimento può essere incardinato sia ex art. 18 c.p.c. di fronte al tribunale del luogo di residenza del coniuge convenuto sia, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., dinanzi al tribunale che ha pronunciato la sentenza di separazione o divorzio o ha omologato la stessa, da intendersi quale luogo in cui l'obbligazione è sorta (Cass. I, n. 8016/2013).

Legittimazione

La legittimazione attiva a proporre il ricorso compete all'ex coniuge obbligato al pagamento dell'assegno.

Profili di merito

Onere della prova

Il peculiare giudizio demandato al Tribunale nella fattispecie casistica in esame è rimesso, piuttosto che all'operare della regola generale dell'onere della prova, ad una valutazione ponderata da parte del collegio avente ad oggetto la possibilità di continuare, dopo un periodo di corresponsione dell'assegno di divorzio che è stato magari più lungo di quello del matrimonio di breve durata, a ritenere sussistenti i presupposti per la revoca del contributo.

A tal fine assumerà rilevanza, dovendo ritenersi che l'assegno abbia in questi casi soprattutto funzione assistenziale, la possibilità per l'ex coniuge beneficiario dell'assegno, dal momento nel quale ha iniziato a percepire lo stesso, di inserirsi o reinserirsi nel mondo del lavoro, anche in ragione dell'età e delle condizioni di salute.

Contenuto del ricorso

Il ricorso deve contenere le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Nel ricorso, prima della formulazione delle conclusioni, nelle quali l'istante chiede la revoca dell'assegno divorzile in quanto l'ex coniuge nonostante le opportunità di lavoro correlate al proprio titolo di studio sia rimasto inoccupato.

4. Conclusioni

La nuova funzione composita tributata all'assegno divorzile nella giurisprudenza di legittimità porta con sé una serie di questioni “inedite” cui in questi anni i Tribunali e la stessa Corte di cassazione sono stati chiamati a fornire risposte.

Potrebbe, come sembra desumersi da un recente precedente di legittimità, configurarsi, nel sistema attuale, anche un assegno divorzile “a tempo”, specie per le ipotesi di rapporti matrimoniali di breve durata.

In sostanza l'ex coniuge onerato potrà richiedere la revoca del contributo rimettendo al Tribunale anche una valutazione ponderata in ordine alla durata del rapporto matrimoniale rispetto al periodo di avvenuta corresponsione dell'assegno.

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