Aumento dell'assegno per problemi di salute incidenti sulla capacità lavorativa del beneficiario1. Bussole di inquadramentoConseguenze della persistente funzione assistenziale dell'assegno divorzile Nella giurisprudenza di legittimità, negli ultimi anni, si è registrata un'evoluzione significativa rispetto alla ratio dell'assegno divorzile contemplato dall'art. 5 della l. n. 898/1970. Per effetto di tale evoluzione, a differenza di quanto avveniva in precedenza (Cass. S.U., n. 11490/1990), non può essere più tributata all'assegno periodico di divorzio una funzione escluviamente assistenziale, tale da far conservare al coniuge economicamente più debole il c.d. tenore di vita goduto durante il matrimonio. Nondimeno sebbene debba attribuirsi, oggi, all'assegno divorzile una funzione mista (Cass. S.U.n. 18287/2018), nell'ambito della quale assume una peculiare valenza quella perequativa, ne resta ferma una componente solidaristico/assistenziale. Pertanto, se il beneficiario dell'assegno – il cui importo era stato determinato anche in ragione di una capacità lavorativa totale o almeno parziale – per sopravvenuti problemi di salute non può più lavorare e non ha ancora raggiunto l'età pensionistica, questa circostanza è idonea a determinare un aumento del contributo dovuto dall'ex coniuge. Questo a prescindere dal minore o maggiore contributo apportato, durante le nozze, del beneficiario alla costruzione del patrimonio familiare, invece rilevante nella prospettiva perequativo/compensativa. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
L'aumento dell'assegno può essere chiesto per il peggioramento delle condizioni di salute?
Orientamento prevalente Sì, se impedisce di svolgere l'attività lavorativa La giurisprudenza, anche di merito, tende a ritenere che ai fini dell'aumento dell'importo dell'assegno divorzile lo stato di inoccupazione non è sufficiente, in quanto la richiesta di aumento, seppur modesta, non può essere accolta quando la richiedente non provi l'altro presupposto di legge, oltre la mancanza di mezzi adeguati ossia l'impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive che possono derivare anche dalle condizioni di salute (cfr. App. Napoli 22 febbraio 2018, n. 911). Tuttavia, il peggioramento dello stato di salute ha un'evidente ripercussione sulle potenzialità lavorative dell'ex coniuge beneficiario dell'assegno e legittima, di conseguenza, la richiesta di ottenere un aumento dell'assegno divorzile, seppur minimo, rivedendo le condizioni fissate all'epoca dello scioglimento del matrimonio. Secondo la Corte di cassazione, laddove venga posta in evidenza «l'esistenza di circostanze sopravvenute giustificanti un diverso assetto economico tra i coniugi divorziati» è giustificata la richiesta di revisione delle condizioni di divorzio. In particolare la S.C. (Cass., n. 20395/2017), ha posto a tal fine in evidenza «il notevole peggioramento della situazione della donna» che «prima poteva svolgere una qualche saltuaria attività» mentre successivamente «ha visto aggravarsi la propria condizione patologica, pur presente in misura minore anche precedentemente, tanto da rendere indispensabili alcuni ricoveri» e da obbligarla a fare ricorso all'«aiuto costante di terze persone». Resta fermo che ogni valutazione sulla determinazione concreta dell'assegno va compiuta in concreto, avuto riguardo comparativamente alla situazione delle parti.
Domanda
Quale funzione ha l'assegno divorzile nell'ipotesi di incapacità lavorativa di un coniuge?
Funzione assistenziale All'assegno divorzile viene oggi riconosciuta sia una funzione assistenziale, nelle ipotesi in cui l'ex coniuge non abbia capacità lavorativa e di conseguenza non sia economicamente autosufficiente, sia una funzione compensativa, per i casi di matrimonio di lunga durata, in cui uno dei due coniugi abbia sacrificato la sua attività lavorativa per dedicarsi alla famiglia, contribuendo in tal modo, comunque, a creare il patrimonio familiare (cfr. Trib. Ancona I, 15 febbraio 2019, n. 296, fattispecie nella quale il giudice ha rigettato la richiesta di assegno sul presupposto che la richiedente negli anni successivi alla separazione aveva intrapreso dei lavori, dimostrando di avere un'adeguata capacità lavorativa e nulla aveva dedotto per quanto riguarda gli altri presupposti che giustificano oggi il riconoscimento dell'assegno divorzile). 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizio La sopravvenienza di una malattia che incida negativamente sulla capacità lavorativa dell'ex coniuge già beneficiario dell'assegno può essere dedotta quale fatto sopravvenuto idoneo ad integrare un mutamento delle circostanze tale da comportare un aumento dell'assegno divorzile, nella prospettiva della solidarietà post-coniugale. Aspetti preliminari Negoziazione assistita Ai sensi dell'art. 6, comma 1, del d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014, la convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra coniugi anche al fine di raggiungere una soluzione consensuale in ordine alla modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. A partire dal 22 giugno 2022, per effetto dell'entrata in vigore delle norme immediatamente operative contemplate dalla l. n. 206/2021, la procedura di negoziazione assistita potrà essere utilizzata anche nei procedimenti di modifica delle condizioni di affidamento dei figli di una coppia non coniugata. Poiché la questione che riguarda la revoca dell'assegno divorzile nei soli confronti dell'ex coniuge non chiama in causa anche gli eventuali obblighi di mantenimento dello stesso ex coniuge che la chiede nei confronti dei figli, minorenni, maggiorenni non autosufficienti economicamente o portatori di handicap grave, il procedimento che può essere seguito è quello “semplificato”. Pertanto, l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3. L'accordo terrà luogo, nel caso, del provvedimento di revoca dell'assegno divorzile. Competenza La competenza a decidere su tutte le istanze di modifica e revoca dei provvedimenti in materia di separazione o divorzio, quando non è pendente la causa, spetta per materia al tribunale in composizione collegiale mentre, quanto alla competenza per territorio, operano i criteri generali degli artt. 18 e 20 c.p.c. (Cass. I, n. 22394/2008). Pertanto, il procedimento può essere incardinato sia ex art. 18 c.p.c. di fronte al tribunale del luogo di residenza del coniuge convenuto sia, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., dinanzi al tribunale che ha pronunciato la sentenza di separazione o divorzio o ha omologato la stessa, da intendersi quale luogo in cui l'obbligazione è sorta (Cass. I, n. 8016/2013). Legittimazione La legittimazione attiva a proporre il ricorso compete all'ex coniuge che richiede una revisione delle condizioni di divorzio che contempli un aumento dell'assegno in proprio favore. Profili di merito Onere della prova L'onere di dimostrare la sussistenza di uno stato di salute incidente in senso negativo sulla possibilità del coniuge richiedente di svolgere un'attività lavorativa e la sopravvenienza di tale stato rispetto al momento nel quale era stato determinato l'assegno divorzile compete, in omaggio alla regola generale enunciata dall'art. 2697 c.c., al ricorrente. Tale onere potrà essere assolto, in caso di contestazione, mediante la produzione di una consulenza medico-legale di parte ovvero di documentazione attestante il riconoscimento dell'invalidità da parte degli organi competenti (dovendosi, tuttavia, in quest'ultimo caso, considerare, ai fini della decisione sul ricorso, anche la percezione per effetto dell'invalidità riconosciuta di trattamenti previdenziali da parte del richiedente). Il Giudice potrebbe disporre, a fronte delle produzioni documentali del ricorrente, una consulenza tecnica d'ufficio medico-legale volta ad accertarne la permanente capacità lavorativa, anche in relazione alle attività di lavoro, manuale o intellettuali, coerenti con il percorso formativo e professionale del ricorrente. Contenuto del ricorso Il ricorso deve contenere le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione. Nel ricorso, prima della formulazione delle conclusioni, nelle quali l'istante chiede l'aumento dell'assegno divorzile per l'insorgere di una malattia o comunque per un peggioramento delle pregresse condizioni di salute che rende impossibile la prosecuzione o il reperimento di un'attività lavorativa, occorre dedurre analiticamente e possibile documentare i fatti che denotano tale situazione di fatto. Richieste istruttorie Potrebbe essere necessario effettuare una richiesta di prova testimoniale volta a dimostrare la necessità del coniuge ormai invalido di assistenza continuativa, con i conseguenti oneri economici. 4. ConclusioniLa sostituzione nell'evoluzione della giurisprudenza di legittimità del criterio del tenore di vita con quello della solidarietà post-coniugale nella determinazione dell'assegno divorzile implica una peculiare valutazione, in forza dei principi di eguaglianza e auto-responsabilità che permeano il rapporto coniugale anche sul piano costituzionale, della capacità lavorativa astratta dell'ex coniuge. Questo peraltro implica che, a fronte di una quantificazione dell'assegno (ovvero di un rigetto della relativa richiesta) fondata anche sulla possibilità dell'ex coniuge richiedente di reperire un'occupazione, il sopravvenire di uno stato di salute incompatibile con lo svolgimento di un'attività lavorativa è di norma un fatto nuovo idoneo a giustificare un incremento dell'assegno. Naturalmente l'autorità giudiziaria sarà chiamata a svolgere, al solito, una valutazione concreta che tenga conto sia della situazione dell'ex coniuge che sarebbe onerato del versamento dell'assegno sia di quella del richiedente, sia in ordine alla percezione di eventuali pensioni di invalidità che di altre fonti di reddito (ad esempio derivanti dalla percezione di canoni di locazioni o altre forme di rendita). |