Assegno divorzile e percezione del reddito di cittadinanza da parte del beneficiario

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

L'assegno divorzile e il reddito di cittadinanza

L'assegno divorzile è una misura di solidarietà post-coniugale che non spetta in virtù o a causa del divorzio, bensì in considerazione del pregresso matrimonio (Cass. I, n. 11504/2017).

In particolare, le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass. S.U., n. 18287/2018), rivisitando il pregresso criterio “tradizionale” del tenore di vita, hanno affermato che l'assegno periodico di divorzio ha una natura composita non solo assistenziale ma a carattere prevalentemente perequativo/compensativo.

Pertanto tale assegno non si basa più solo sulla disparità economica dei coniugi (criterio del tenore di vita) e sulle condizioni soggettive del solo richiedente (criterio dell'autosufficienza economica) ma assume un carattere prevalentemente perequativo/compensativo, atteso che il principio di uguaglianza e di pari dignità dei coniugi e di autoresponsabilità degli stessi – principi costituzionalmente sanciti e sui quali il vincolo matrimoniale si fonda – impone una nuova lettura esegetica dell'art. 5 l. n. 898/1970 diretta alla valutazione in concreto dell'adeguatezza dei mezzi e dell'incapacità di procurarseli.

In sostanza, dunque, l'assegno assolve alla funzione etica e giuridica di riequilibrare la posizione economico patrimoniale dell'ex coniuge ‒ che non disponga di mezzi adeguati o non possa procurarseli per ragioni oggettive ‒ attraverso una attribuzione a carattere patrimoniale che lo compensi dello squilibrio reddituale e patrimoniale determinatosi in ragione delle scelte di vita matrimoniale operate concordemente dai coniugi durante la vita matrimoniale ovvero del sacrificio delle aspettative professionali effettuate nell'interesse della famiglia.

Il d.l. n. 4/2019, conv. in l. n. 26/2019, ha introdotto nel nostro ordinamento il reddito di cittadinanza.

L'art. 1 definisce il reddito di cittadinanza quale misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro e di contrasto alla povertà, nonché come volta a favorire «il diritto all'informazione, all'istruzione, alla formazione e alla cultura» ai fini dell'inclusione sociale.

Secondo l'intenzione del legislatore, il reddito di cittadinanza quindi non è un mero sussidio statale ma ha il più ambizioso obiettivo di realizzare il diritto al lavoro.

In concreto, il reddito di cittadinanza si compone di due voci (art. 3, comma 1, d.l. n. 4/2019, conv., in l. n. 26/2019):

a) una componente che integra il reddito familiare, in modo tale che il nucleo che lo percepisce possa avere entrate pari a quelle indicate alla tabella d) (ad esempio un adulto senza reddito potrà chiedere un contributo di € 6.000,00 euro annui, cioè € 500,00 euro mensili; un adulto con un figlio minorenne a carico € 600,00 mensili e così via);

b) una componente destinata al pagamento del canone di locazione sino a un massimo di € 3.360,00 annui, cioè € 280,00 mensili netti; se il nucleo vive in casa di proprietà gravata da mutuo, il contributo è pari alla rata annua di mutuo sino al massimo di € 1.800,00 (€ 150,00 mensili).

Il beneficio economico non è soggetto a imposizione fiscale ed è dunque netto (art. 3, comma 4, d.l. n. 4/2019, conv., in l. n. 26/2019); ha una durata massima di 18 mesi continuativi rinnovabili (art. 3, comma 6, d.l. n. 4/2019).

L'ammontare massimo del reddito di cittadinanza non può mai essere superiore alle soglie indicate dal comma 4 dello stesso art. 3 d.l. n. 4/2019.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
La percezione del reddito di cittadinanza può incidere sul diritto e sull'entità dell'assegno divorzile?

Sì, può incidere ai fini di una riduzione o anche della revoca dell'assegno divorzile

L'applicazione giurisprudenziale dell'art. 5 della l. n. 898/970, dopo le modifiche introdotte dalla riforma del 1987, si era inizialmente caratterizzata per una netta contrapposizione di posizioni: da un lato, vi era chi sosteneva la necessità di ancorare il diritto all'assegno di divorzio esclusivamente all'accertamento di una condizione di non autosufficienza economica, variamente declinata come autonomia o indipendenza economica o anche capacità idonea a consentire un livello di vita dignitoso, dall'altro chi riteneva che la comparazione delle condizioni economico-patrimoniali delle parti non potesse dirsi esclusa dall'accertamento rimesso al giudice di merito, oltre al rilievo della sostanziale marginalizzazione degli indici contenuti nella prima parte della norma, ove l'accertamento fosse esclusivamente incentrato sulla condizione economico patrimoniale del creditore.

Risolvendo il contrasto le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass. S.U., n. 11490/1990) sancirono il principio – rimasto fermo per quasi un trentennio – per il quale all'assegno divorzile deve essere riconosciuto carattere esclusivamente assistenziale sicché il presupposto per la sua concessione andava rinvenuto nell'inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante da intendersi come insufficienza degli stessi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità di cui possa disporre, a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio. Ai criteri indicati nella prima parte della norma venne riconosciuta dalla giurisprudenza indicata funzione esclusivamente determinativa dell'assegno da attribuirsi, tuttavia sulla base dell'esclusivo parametro dell'inadeguatezza dei mezzi.

A questo consolidato orientamento si è contrapposto quello espresso dalla Prima Sezione Civile della S.C. (Cass. I, n. 11540/2017) che, pur condividendo la premessa sistematica relativa alla rigida distinzione tra criterio attributivo e quello determinativo, ha individuato come parametro dell'inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, la non autosufficienza economica dello stesso ed ha stabilito che solo all'esito positivo accertamento di tale presupposto possano essere esaminati, in funzione ampliativa del quantum, i criteri determinativi dell'assegno indicati nella prima parte della norma. Tale pronuncia ha invero evidenziato che le rilevanti modificazioni sociali che hanno inciso sulla rappresentazione simbolica del legame matrimoniale e sulla disciplina giuridica dell'istituto hanno determinato l'esigenza di valutare criticamente il criterio attributivo dell'assegno cristallizzato nella nota sentenza delle Sezioni Unite del 1990 (Cass. S.U., n. 11490/1990), soprattutto in relazione al rischio di creare rendite di posizione disancorate dal contributo personale dell'ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune o dell'altro ex coniuge, ed a quello connesso della deresponsabilizzazione conseguente all'adozione di un criterio fondato solo sulla comparazione delle condizioni economico-patrimoniale delle parti.

Formatosi un nuovo contrasto interpretativo all'interno della giurisprudenza di legittimità, lo stesso è stato risolto dalle Sezioni Unite (Cass., S.U., n. 18287/2018), la quale ha abbandonato la rigida distinzione tra criteri attributivi e determinativi dell'assegno di divorzio, alla luce di un'interpretazione dell'art. 5, comma 6, l. n. 898/1970 più coerente con il quadro costituzionale di riferimento costituito dagli artt. 2,3 e 29 Cost.. Le Sezioni Unite hanno così riconosciuto all'assegno di divorzio una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa: ne deriva che il riconoscimento dell'assegno rende necessario l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte dell'art. 5 della l. n. 898/1970 i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto.

Come hanno sottolineato le Sezioni Unite, peraltro, l'intrinseca relatività del criterio dell'adeguatezza dei mezzi e l'esigenza di pervenire ad un giudizio comparativo desumibile proprio dalla scelta legislativa di questo peculiare parametro inducono ad un'interpretazione dell'art. 5, comma 6, l. n. 898/1970 diversa da quella degli orientamenti precedenti. Il fondamento costituzionale dei criteri indicati nell'incipit della norma conduce ad una valutazione concreta ed effettiva dell'adeguatezza dei mezzi e dell'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive fondata, in primo luogo, sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti. Il legislatore impone di accertare, preliminarmente, l'esistenza e l'entità dello squilibrio determinato dal divorzio mediante l'obbligo della produzione dei documenti fiscali dei redditi delle parti ed il potenziamento dei poteri istruttori officiosi attribuiti al giudice, nonostante la natura prevalentemente disponibile dei diritti in gioco. All'esito di tale preliminare e doveroso accertamento può venire già in evidenza il profilo strettamente assistenziale dell'assegno, qualora una sola delle parti non sia titolare di redditi propri e sia priva di redditi da lavoro.

Possono, tuttavia, riscontrarsi anche più situazioni comparative caratterizzate da una sperequazione nella condizione economico-patrimoniale delle parti, di entità variabile. Tale verifica è da collegare causalmente alla valutazione degli altri indicatori contenuti nella prima parte dell'art. 5, comma 6, l. n. 898/1970 al fine di accertare se l'eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all'atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio quindi delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell'assunzione di un ruolo trainante endofamiliare. Il tutto in relazione alla durata, fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell'altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale, anche in relazione all'età del coniuge richiedente ed alla conformazione del mercato del lavoro.

Pertanto, l'esigenza di valorizzare il principio dell'autoresponsabilità di ciascuno degli ex coniugi dovrà dirigersi verso la preminenza della funzione equilibratrice-perequativa dell'assegno di divorzio che andrà coniugata con la funzione assistenziale del medesimo. Il principio di solidarietà, posto a base del riconoscimento del diritto, impone che l'accertamento relativo all'inadeguatezza dei mezzi ed all'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive sia saldamente ancorato alle caratteristiche ed alla ripartizione dei ruoli endofamiliari, conferendo rilievo alle scelte ed ai ruoli sulla base dei quali si è impostata la relazione coniugale e la vita familiare. Tale rilievo ha l'esclusiva funzione di accertare se la condizione di squilibrio economico patrimoniale sia da ricondurre eziologicamente alle determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari, in relazione alla durata del matrimonio e all'età del richiedente. Ove la disparità abbia questa radice causale e sia accertato che lo squilibrio economico patrimoniale conseguente al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sull'assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all'interno della famiglia e dal conseguente contribuito fattivo alla formazione del patrimonio comune e a quello dell'altro coniuge, occorre tenere conto di questa caratteristica della vita familiare nella valutazione dell'inadeguatezza dei mezzi e dell'incapacità del coniuge richiedente di procurarseli per ragioni oggettive.

Così facendo l'elemento contributivo-compensativo si coniuga a quello assistenziale perché entrambi sono finalizzati a ristabilire una situazione di equilibrio che con lo scioglimento del vincolo era venuta a mancare. L'adeguatezza dei mezzi deve, pertanto, essere valutata, non solo in relazione alla loro mancanza o insufficienza oggettiva ma anche in relazione a quel che si è contribuito a realizzare in funzione della vita familiare e che, sciolto il vincolo, produrrebbe effetti vantaggiosi unilateralmente per una sola parte. In questo senso la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.

Pertanto, alla luce dei suesposti elementi, ai fini del riconoscimento o meno dell'assegno divorzile, occorre effettuare una valutazione che «partendo dalla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali dei due coniugi, deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l'autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell'età del richiedente. Il giudizio di adeguatezza ha, pertanto, anche un contenuto prognostico riguardante la concreta possibilità di recuperare il pregiudizio professionale ed economico derivante dall'assunzione di un impegno diverso. Sotto questo specifico profilo il fattore età del richiedente è di indubbio rilievo al fine di verificare la concreta possibilità di un adeguato ricollocamento sul mercato del lavoro». La comparazione delle condizioni dei coniugi è, dunque, solo un elemento, ma non quello dirimente ai fini del riconoscimento o meno dell'assegno divorzile. Rilievo preponderante assume, alla luce del dictum delle Sezioni Unite, la valutazione dell'autonomia e dell'autosufficienza economica del coniuge, secondo un criterio di adeguatezza che tiene conto del ruolo svolto e del contributo apportato alla vita familiare ed all'eventuale assunzione, da parte di uno dei coniugi, di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all'interno della famiglia e del conseguente contribuito fattivo alla formazione del patrimonio comune e a quello dell'altro coniuge.

Alla luce di quanto premesso, la percezione del reddito di cittadinanza da parte del coniuge beneficiario può incidere sotto un duplice profilo ai fini di una riduzione o anche della revoca dell'assegno divorzile: ciò in quanto da un lato incrementa il reddito dell'ormai ex coniuge e da un altro la relativa legge prevede che debbano essere fornite al percettore concrete occasioni di reinserimento, attraverso politiche attive nel mondo del lavoro.

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

La circostanza che l'ex coniuge beneficiario dell'assegno divorzile percepisce il reddito di cittadinanza può essere fatta valere dall'ex coniuge obbligato al versamento del predetto assegno quale fatto sopravvenuto idoneo ad integrare un mutamento delle circostanze tale da comportare la revoca o almeno una riduzione del contributo.

Il relativo veicolo processuale sarà costituito dalla domanda di revisione o revoca dell'assegno divorzile per fatti sopravvenuti e quindi dal ricorso ex art. 9 l. n. 898/1970.

Aspetti preliminari

Negoziazione assistita

Ai sensi dell'art. 6, comma primo, del d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014, la convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra coniugi anche al fine di raggiungere una soluzione consensuale in ordine alla modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

Poiché la questione che riguarda la revoca dell'assegno divorzile nei soli confronti dell'ex coniuge non chiama in causa anche gli eventuali obblighi di mantenimento dello stesso ex coniuge che la chiede nei confronti dei figli, minorenni, maggiorenni non autosufficienti economicamente o portatori di handicap grave, il procedimento che può essere seguito è quello “semplificato”. Pertanto, l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3. L'accordo terrà luogo, nel caso, del provvedimento di revoca dell'assegno divorzile.

Competenza

La competenza a decidere su tutte le istanze di modifica e revoca dei provvedimenti in materia di separazione o divorzio, quando non è pendente la causa, spetta per materia al tribunale in composizione collegiale mentre, quanto alla competenza per territorio, operano i criteri generali degli artt. 18 e 20 c.p.c. (Cass. I, n. 22394/2008).

Pertanto, il procedimento può essere incardinato sia ex art. 18 c.p.c. di fronte al tribunale del luogo di residenza del coniuge convenuto sia, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., dinanzi al tribunale che ha pronunciato la sentenza di separazione o divorzio o ha omologato la stessa, da intendersi quale luogo in cui l'obbligazione è sorta (Cass. I, n. 8016/2013).

Legittimazione

La legittimazione attiva a proporre il ricorso appartiene all'ex coniuge obbligato al pagamento dell'assegno.

Profili di merito

Onere della prova

L'onere di dimostrare che la percezione del reddito di cittadinanza è una circostanza suscettibile di incidere sulle condizioni economiche dell'ex coniuge beneficiario dell'assegno nonché sulla concreta possibilità dello stesso di inserirsi o reinserirsi nel mondo del lavoro deve essere assolto dal ricorrente, in omaggio al principio generale espresso dall'art. 2697 c.c.: a tal fine sarà peraltro sufficiente produrre la relativa documentazione.

Qualora l'ex coniuge non ne fosse in possesso potrà richiedere al giudice l'emanazione, ai sensi dell'art. 210 c.p.c., di un ordine di esibizione nei confronti del beneficiario.

Assolto il relativo onere probatorio, spetterà all'ex coniuge beneficiario del contributo fornire la prova contraria. Quest'ultima potrà fondarsi sia sull'inadeguatezza del reddito percepito a sostituire l'assegno divorzile anche in ragione della funzione perequativo-compensativa di quest'ultimo, sia dell'impossibilità, comunque, di inserirsi nel mondo del lavoro derivante da offerte lavorative in luoghi lontani dalla residenza e incompatibili quindi con le esigenze di cura di figli minori (o altre esigenze rilevanti di carattere personale).

Rispetto alla prima questione ovviamente è diverso il caso in cui all'assegno sia riconosciuta esclusivamente assistenziale: in questa ipotesi la possibilità di accedere al reddito di cittadinanza deve essere valutata in termini più rigorosi, considerato che la situazione deteriore in cui il coniuge richiedente l'assegno si viene a trovare per effetto del divorzio dipende principalmente dalla sua inerzia, sia in campo lavorativo, sia in campo familiare.

Contenuto del ricorso

Il ricorso deve contenere le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Nel ricorso, prima della formulazione delle conclusioni, nelle quali l'istante chiede la revoca o la riduzione dell'assegno divorzile l'ex coniuge onerato del pagamento dello stesso dovrà evidenziare (e dimostrare) che il beneficiario non solo ne fa venir meno (o ne attenua) lo stato di bisogno (c.d. funzione assistenziale dell'assegno) ma può consentirne un reinserimento nel mondo del lavoro.

4. Conclusioni

Se l'ex coniuge beneficiario dell'assegno divorzile percepisce il reddito c.d. di cittadinanza tale circostanza può incidere sul persistente diritto dello stesso al contributo da parte dell'ex coniuge o comunque sull'entità dello stesso.

La corresponsione delle provvidenze del reddito di cittadinanza va infatti ad incrementare le risorse economiche del coniuge beneficiario e ciò potrebbe comportare un venir meno del diritto all'assegno, specie ove lo stesso abbia funzione eminentemente assistenziale, essendo invece più complesse le valutazioni da compiere nell'ipotesi di assegno con funzione compensativo-perequativa. Sotto quest'ultimo profilo, infatti, assumerà rilievo anche l'effettiva possibilità, in ragione dell'età, delle condizioni di salute e familiari, del beneficiario di reinserirsi nel mondo del lavoro (anche per effetto delle scelte concordate tra i coniugi durante il matrimonio, specie se di lunga durata).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario