Diritto a un assegno periodico a carico dell'eredità

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

Il fondamento dell'attribuzione di un assegno periodico a carico dell'eredità dell'ex coniuge

La pronuncia di divorzio fa venir meno lo status di coniuge e cessano conseguentemente tutti i diritti che la legge riconnette allo stesso, sicché in caso di morte dell'ex coniuge, il coniuge divorziato, poiché è definitivamente venuto meno il vincolo matrimoniale, non avrà alcun diritto sull'eredità. Nondimeno, ove sussista uno stato di bisogno, il titolare dell'assegno divorzile potrà richiedere, ex art. 9-bis l. n. 898/1970, un assegno a carico dell'eredità.

In particolare, il coniuge divorziato al quale è stato riconosciuto il diritto alla corresponsione dell'assegno di mantenimento, può ottenere dal tribunale, anche dopo il decesso dell'obbligato, un assegno periodico a carico dell'eredità tenendo conto dell'importo delle somme già riconosciute, della entità del bisogno, dell'eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche.

L'assegno può essere liquidato anche in un'unica soluzione.

Il diritto cessa se viene meno lo stato di bisogno o se il beneficiario dell'assegno passa a nuove nozze.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Lo stato di bisogno deve essere valutato secondo i medesimi criteri previsti per l'assegno alimentare?

Orientamento prevalente

Lo stato di bisogno va parametrato a quello necessario per la spettanza dell'assegno alimentare ex art. 438 c.c.

Presupposto per l'attribuzione in favore del coniuge già beneficiario dell'assegno di mantenimento, dopo il decesso dell'ex coniuge, al fine di continuare a beneficiare di un assegno periodico a carico dell'eredità è la ricorrenza di uno stato di bisogno.

Come evidenziato, l'entità del bisogno del richiedente incide sia sull'an che sul quantum dell'importo spettante.

Nella giurisprudenza di legittimità è stato a riguardo chiarito che la misura del bisogno deve essere vagliata non già con riferimento alle norme dettate da leggi speciali per finalità di ordine generale di sostegno dell'indigenza ‒ le quali sono prive di ogni collegamento con ragioni di solidarietà familiare, che costituiscono, invece, il fondamento della norma in esame ‒, bensì in relazione al contesto socio-economico del richiedente e del de cuius, in analogia a quanto previsto dall'art. 438 c.c. in materia di alimenti (Cass., sez. I, n. 1253/2012; Cass., I, n. 9185/2004).

Con riferimento al predetto art. 438 c.c. la S.C. ha affermato che deve ravvisarsi lo stato di bisogno nell'ipotesi di impossibilità per il soggetto di provvedere al soddisfacimento dei suoi bisogni primari, quali il vitto, l'abitazione, il vestiario, le cure mediche, e deve essere valutato in relazione alle effettive condizioni dell'alimentando, tenendo conto di tutte le risorse economiche di cui il medesimo disponga, compresi i redditi ricavabili dal godimento di beni immobili in proprietà o in usufrutto, e della loro idoneità a soddisfare le sue necessità primarie (Cass. n. 25248/2013).

Inoltre, sempre con riguardo al diritto agli alimenti è stato precisato che il riconoscimento degli stessi è subordinato, anche in presenza di uno stato di bisogno, alla prova della impossibilità, per il richiedente, di provvedere, in tutto o in parte, al proprio sostentamento mediante l'esplicazione di un'attività lavorativa, sicché, ove l'alimentando non provi la propria invalidità al lavoro per incapacità fisica o l'impossibilità, per circostanze a lui non imputabile, di trovarsi un'occupazione confacente alle proprie attitudini e alle proprie condizioni sociali, la relativa domanda deve essere rigettata (Cass. n. 21572/2006).

Gli alimenti, sempre ai sensi dell'art. 438 c.c., devono essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli. L'assegno alimentare, tuttavia, non può superare quanto sia necessario per la vita dell'alimentando, avuto riguardo alla sua posizione sociale.

La percezione della pensione di reversibilità incide sullo stato di bisogno

Sotto altro e concorrente profilo, la S.C. ha evidenziato che, in ogni caso, poiché l'assegno a carico dell'eredità a favore dell'ex coniuge, già beneficiario dell'assegno di divorzio, postula che il medesimo versi in stato di bisogno, da intendersi quale carenza delle risorse economiche occorrenti per soddisfare le essenziali e primarie esigenze esistenziali, ove a costui venga attribuita parte della pensione di reversibilità, ai fini del riconoscimento dell'assegno in questione non può prescindersi da una valutazione del trattamento previdenziale conseguito, per il necessario riscontro della sua inadeguatezza, sommato con altre eventuali disponibilità, a tacitare i menzionati bisogni (Cass. I, n. 8687/1992).

Orientamento minoritario di merito

Lo stato di bisogno può essere valutato con criteri meno rigorosi rispetto a quelli dell'art. 438 c.c.

Talvolta la giurisprudenza di merito, sebbene in precedenti non recentissimi, si è invece mostrata incline a riconoscere in termini più ampi il diritto del richiedente, affermando che lo stato di bisogno dell'ex coniuge avente diritto all'assegno alimentare a carico dell'eredità può essere valutato in termini meno rigorosi di quelli richiesti dall'art. 438 c.c., così che il medesimo può configurarsi pur quando si sia in presenza di una situazione che non esclude in assoluto, in capo all'ex coniuge superstite, la sussistenza di risorse o disponibilità di mezzi astrattamente sufficienti ad un temporaneo e parziale soddisfacimento delle necessità primarie della vita (Trib. Pavia, 13 maggio 1993).

Domanda
In base a quali criteri deve essere quantificato l'importo dell'assegno a carico dell'eredità?

Occorre considerare l'esigenza di un adeguato soddisfacimento delle esigenze primarie di vita del beneficiario

L'assegno a carico dell'eredità, previsto dall'art. 9-bis l. n. 898/1970, va quantificato in relazione al complesso degli elementi espressamente indicati nello stesso art. 9-bis, cioè tenendo conto, oltre che della misura dell'assegno di divorzio, dell'entità del bisogno, dell'eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche (Cass. I, n. 1253/2012). Sulla scorta di tali criteri è stato affermato in sede applicativa che, pur avendo l'assegno a carico dell'eredità natura elettivamente assistenziale – e quindi dovendosi escludere che lo stesso possa essere identico, nella misura, all'assegno –, nondimeno lo stesso deve essere determinato in un importo tale da garantire alla ricorrente un adeguato soddisfacimento delle primarie esigenze di vita, abitative e di mantenimento (Trib. Milano IX, 5 aprile 2013).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

La controversia insorta a norma art. 9-bis l. n. 898/1970 fra l'ex coniuge divorziato e gli eredi dell'obbligato avente ad oggetto l'aumento dell'assegno liquidato con la sentenza di divorzio ha natura divorzile e, come tale, deve essere trattata con il rito camerale.

Il procedimento da seguire è, dunque, quello di cui agli artt. 737 ss. c.p.c., procedimento da introdurre con ricorso e definito, in forza delle predette regole generali, senza formalità predeterminate, con ampi poteri istruttori d'ufficio, dal collegio con decreto.

La delega contenuta nell'art. 1, comma 23, della l. n. 206/2021 dovrebbe comportare una nuova disciplina processuale unitaria, ove li si riconduca da parte del legislatore delegato ai procedimenti in materia di famiglia, anche di tali giudizi.

Aspetti preliminari

Tutela cautelare

Come avviene per l'alimentando, lo stato di bisogno dell'ex coniuge richiedente potrebbe essere tale da integrare i presupposti che nel giudizio di alimenti consentono, ai sensi dell'art. 446 c.c., di disporre un assegno provvisorio a carico dell'eredità (rectius degli eredi).

A tal fine, il ricorrente sarà onerato della dimostrazione dell'apparente fondatezza del proprio diritto (fumus boni juris), nonché dell'impossibilità di attendere la conclusione del procedimento, che potrebbe implicare la necessità di compiere accertamenti più puntuali, in ragione dell'entità elevata del bisogno. L'assegno provvisorio potrebbe essere concesso, ad esempio, se il richiedente, nelle more della decisione sul merito, rischierebbe di non poter soddisfare le proprie esigenze di vita più elementari (es. acquistare cibo, medicine e simili).

Competenza

La competenza a decidere sul ricorso camerale volto all'attribuzione di un assegno periodico a carico dell'eredità spetta per materia al tribunale in composizione collegiale mentre, quanto alla competenza per territorio, operano i criteri generali dell'art. 18 e 20 c.p.c.

Legittimazione

La legittimazione attiva a proporre il ricorso spetta all'ex coniuge che assume di trovarsi in uno stato di bisogno tale da giustificare la previsione di un assegno a carico dell'eredità dell'ex coniuge premorto.

Legittimati passivi sono gli eredi: dovrà quindi trattarsi non dei chiamati all'eredità, bensì di coloro i quali abbiano, espressamente o almeno tacitamente, accettato la vocazione ereditaria.

I legatari sono invece privi di legittimazione passiva.

Profili di merito

Onere della prova

L'onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti per l'attribuzione dell'assegno alimentare a carico dell'eredità verte, secondo le regole generali desumibili dall'art. 2697 c.c., in capo al richiedente.

Tuttavia se l'onere circa i fatti costitutivi della domanda (stato di bisogno che giustifica la richiesta di un assegno a carico dell'eredità anche in caso di premorienza dell'ex coniuge obbligato al pagamento dell'assegno) deve essere assolto dal ricorrente, quest'ultimo non può essere chiamato anche a provare, ad esempio, la capienza dell'eredità.

A tal fine, in virtù degli ampi poteri istruttori officiosi dei quali gode nei procedimenti in camera di consiglio, il giudice potrebbe disporre un ordine di esibizione della relativa documentazione a carico degli eredi convenuti che contestino la sussistenza di un asse ereditario attivo.

Nell'ipotesi invece in cui i convenuti deducano la colpevolezza dello stato di bisogno del richiedente, adducendo che lo stesso potrebbe svolgere un'attività lavorativa, sarà nuovamente onere del ricorrente dimostrare l'impossibilità di trovare un lavoro tanto per ragioni di salute quanto per altre circostanze che rendano impossibile o comunque altamente improbabile che ciò si realizzi.

Contenuto del ricorso

Il ricorso deve specificare le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Nel ricorso, prima della formulazione delle conclusioni, nelle quali l'istante chiede che venga disposto in proprio favore un assegno periodico a carico dell'eredità, dovrà essere dedotta e documentata la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del relativo diritto (ossia che il de cuius era obbligato al pagamento di un assegno di mantenimento in favore del richiedente e che quest'ultimo versa in stato di bisogno).

Richieste istruttorie

Nell'ipotesi di contestazione circa l'esistenza di un asse ereditario attivo, vi è la possibilità per l'ex coniuge richiedente di ottenere un ordine di esibizione dall'autorità giudiziaria nei confronti degli eredi (dall'inottemperanza al quale l'autorità giudiziaria potrà desumere elementi di prova sfavorevoli agli stessi).

Sin dalla proposizione del ricorso, invece, l'ex coniuge richiedente dovrà provare l'esistenza dei presupposti per ottenere le somme richieste, secondo quanto previsto dall'art. 9-bis l. n. 898/1970, ossia di essere stato prima della morte dell'ex coniuge titolare dell'assegno divorzile a carico dello stesso, di non aver contratto un nuovo matrimonio e di trovarsi in stato di bisogno.

Regime dei provvedimenti

Il decreto che decidendo su un diritto soggettivo di natura patrimoniale, pur nelle forme del procedimento camerale, definisce lo stesso è reclamabile ex art. 739 c.p.c. dinanzi alla Corte d'Appello.

Poiché il diritto a percepire un assegno periodico a carico dell'eredità dell'ex coniuge premorto è un diritto soggettivo di natura patrimoniale tale tesi trova applicazione anche nell'ipotesi considerata.

Di qui dovrà ritenersi, poi, che il provvedimento emesso sul reclamo dalla Corte d'Appello essendo decisorio e definitivo, a prescindere dalla veste formale, deve ritenersi sentenza c.d. in senso sostanziale contro la quale è esperibile il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. (Cass. I, n. 30200/2011).

4. Conclusioni

Il divorzio fa venire meno, con lo scioglimento definitivo del vincolo coniugale, i reciproci diritti ereditari degli ex coniugi.

Tuttavia, il principio di solidarietà che domina anche la fase successiva alla cessazione del matrimonio consente, come previsto dall'art. 9-bis l. n. 898/1970, in caso di premorienza dell'ex coniuge obbligato al pagamento dell'assegno di mantenimento, al beneficiario di richiedere un assegno periodico (o, in alternativa, liquidato in unica soluzione) a carico dell'eredità del de cuius.

Lo stato di bisogno che dovrà essere a tal fine dimostrato dal ricorrente, secondo quanto affermato nella giurisprudenza di legittimità dominante, è analogo a quello richiesto per ottenere gli alimenti a carico dei parenti dall'art. 438 c.c. e deve quindi essere valutato non in assoluto quanto in relazione al contesto socio-economico del richiedente e del de cuius.

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